mercoledì 26 marzo 2025
Per non cadere in tentazione di fronte al suicidio assistito e agli altri malanni del nostro tempo
lunedì 3 marzo 2025
Il "ritorno" della pena di morte in Toscana, grazie alle forze radicali. I cattolici nel PD (non solo toscano) si opporranno o faranno finta di niente?
Il Consiglio regionale della Toscana, guidato dal piddino Eugenio Giani, ha approvato a larga maggioranza - 27 voti a favore (Pd, Iv, M5s, gruppo misto) e 13 contrari (FdI, FI, Lega); una consigliera del Pd si è astenuta - la proposta di legge di iniziativa popolare “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n.242/2019” promossa dall'associazione radicale Luca Coscioni, di cui è tesoriere Marco Cappato.
La procedura prevista, ricalca difatti quanto a suo tempo stabilito dalla Corte costituzionale nella famosa sentenza 242/2019, che sciolse l’ipotesi di reato a carico di Marco Cappato, depenalizzando l’aiuto al suicidio e abolendo l’articolo 580 del Codice penale, che ne prevedeva una esplicita sanzione.
Rigettata in altri quattro consigli regionali (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lombardia), la legge mantiene il principio della morte assistita come «erogazione di una prestazione sanitaria suddivisa in più fasi» (preambolo della proposta di legge) ma è stata modificata così da perdere una parte del suo esplicito carico ideologico di affermazione di un preteso e inesistente “diritto di morire” (tra l'altro, formalmente negato dalla Corte costituzionale) e di presentare la descrizione di una “burocrazia della morte” che stabilisce il modo per ottenere «la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile».
Emerge, fin troppo, una situazione surreale: il sistema sanitario nazionale, che ha problemi a soddisfare le richieste di molti malati richiedenti aiuto nel vivere nel mondo migliore, dovrà accogliere e soddisfare le richieste di chi invece chiede di morire.
Così la Toscana ha perso quel primato che aveva guadagnato il 30 novembre 1786, ossia di essere stata il primo stato al mondo (all'epoca granducato sotto Pietro Leopoldo) ad aver abolito la pena di morte. Duecentotrent'anni dopo, l'ha reintrodotta e questa volta non per punire i colpevoli, ma bensì per scartare gli "indesiderati".
Una inquietante deriva contro cui hanno preso posizione prima i vescovi della Conferenza episcopale toscana con una nota e poi il loro presidente cardinale Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena, in una intervista ad Avvenire.
«Prendiamo atto - ha affermato sua eminenza - della scelta fatta dal Consiglio regionale della Toscana, ma questo non limiterà la nostra azione a favore della vita, sempre e comunque – ha dichiarato il cardinale a nome di tutti i vescovi –. Ai cappellani negli ospedali, alle religiose, ai religiosi e ai volontari che operano negli hospice e in tutti quei luoghi dove ogni giorno ci si confronta con la malattia, il dolore e la morte dico di non arrendersi e di continuare ad essere portatori di speranza, di vita. Nonostante tutto. Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti».
martedì 7 gennaio 2025
Riflessioni sul film Netflix "Storia di Maria"
martedì 22 agosto 2023
Polito stai sereno: lo spettro della CL anni '80 non si aggira per l'Italia
venerdì 16 giugno 2023
Cosa dobbiamo imparare dai Gay Pride
Esibizionisti, arroganti, bugiardi, vittimisti, prepotenti, fautori e complici di un’evoluzione in senso totalitario del sistema politico occidentale e della mutazione antropologica che porta dritti al transumano. Aggettivi e sostantivi per esecrare la forma e i contenuti dell’azione degli attivisti che ogni anno danno vita ai Gay Pride e delle forze politiche che li fiancheggiano si affollano alla mente e alla tastiera a ogni giugno che ci passa davanti. La pretesa che tutte le istituzioni di governo del territorio concedano il patrocinio a una manifestazione che ha un preciso programma politico, che non è condiviso dalla maggioranza degli italiani, è solo l’ultimo esempio della natura autoritaria e liberticida dello spirito che anima la pseudorivoluzione Lgbtqia+ e della sinistra (sinistra?) italiana che dice di appoggiarla. Ma esecrare non basta e rischia di apparire una forma di pigrizia intellettuale e politica se non ci si pone qualche domanda sui successi del movimento che sta dietro ai Gay Pride, sulla sua efficacia a livello di formazione delle mentalità (egemonia culturale) e di condizionamento del discorso politico generale. Cosa c’è da imparare dai Gay Pride e dai movimenti da cui essi nascono, preso atto del pericolo mortale per la natura umana, per la vita politica, per la civiltà che la realizzazione dei loro programmi comporta? Quale lezione in positivo richiamano a quanti vedono in essi lo stesso genere di minaccia totalitaria e antiumana che in passato fu incarnata dai movimenti comunista e fascista?
lunedì 1 maggio 2023
Ultime dal sinodo tedesco. La Chiesa è chiamata a seguire Cristo, non a stargli davanti – (Parte Seconda)
Lo scorso mese, sempre via Strumenti politici, chi scrive ha provato a far emergere le origini della situazione incresciosa provocata considerando alcune delle riflessioni ad hoc che Benedetto XVI aveva dedicato all’ambiente cattolico tedesco, in tempi non sospetti.
Esso è intriso – non tutto, come ricordano i “Sant’Atanasio bavaresi”, capitanati da Mons. Woelki, e in cui si trovano le 4 intellettuali che a fine febbraio hanno lasciato lo stesso sinodo – di progressismo e spirito mondano. “In Germania – asseriva il 265mo successore di Pietro – abbiamo un cattolicesimo strutturato e ben pagato, in cui spesso i cattolici sono dipendenti della Chiesa e hanno nei suoi confronti una mentalità sindacale. Per loro la Chiesa è solo il datore di lavoro da criticare. Non muovono da una dinamica di Fede”. Anche a causa della tassa…
Il processo di dissoluzione della concezione cristiana della morale
Parole consegnate al suo biografo Peter Seevald, in Ultime conversazioni. Un datore di lavoro giacché la Chiesa non è considerata in chiave soprannaturale, bensì terrena, quale una mera istituzione umana, i cui compiti si possano decidere a colpi di sinodalità e riforme. E, ancora, Negli Appunti del 2019, asseriva Benedetto: “Il processo di dissoluzione della concezione cristiana della morale, da lungo tempo preparato e che è in corso, negli anni ’60, come ho cercato di mostrare, ha conosciuto una radicalità come mai c’era stata prima di allora. Questa dissoluzione dell’autorità dottrinale della Chiesa in materia morale doveva necessariamente ripercuotersi anche nei diversi spazi di vita della Chiesa”.
Ultime dal sinodo tedesco. Quando le buone intenzioni lastricano la via dello scisma – (Prima parte)
Il 10 marzo, venerdì scorso, nei lavori in corso a Francoforte, i membri del sinodo tedesco (Synodaler Weg), a nome della chiesa tedesca, e dopo oltre un anno di cammino, hanno scelto di approvare a larghissima maggioranza il testo che apre alle celebrazioni per la benedizione delle coppie formate da persone dello stesso sesso (a partire dal marzo 202); ma non solo, perché hanno anche formulato una richiesta a papa Francesco di “riesaminare il nesso tra consacrazione e obbligo del celibato”.
Il testo è stato approvato dai laici con 176 voti favorevoli, 14 contrari e 12 astenuti; anche una netta maggioranza di vescovi ha votato a favore del documento conclusivo: 38 vescovi hanno votato sì, nove vescovi no e dodici si sono astenuti. Non essendo conteggiate le astensioni, ciò vuol dire che il consenso è stato formalmente dell’80 per cento. La delibera è arrivata dopo che lo scorso settembre i vescovi fiamminghi del Belgio, insieme al cardinale di Malines-Bruxelles (Mechelen-Brussel, in olandese) Jozef De Kesel, avevano pubblicato un documento che, affermando di ispirarsi all’Esortazione apostolica Amoris laetitia, autorizza la benedizione delle coppie dello stesso sesso. Occorre sottolineare: senza essere sottoposto prima della sua pubblicazione al vaglio della Santa Sede, come aveva riferito il portavoce della diocesi di Bruxelles.
sabato 19 agosto 2017
Cecchino: Charlie o no, siamo entrati nell'epoca post-umana. Lettera al direttore del settimanale Tempi
«L’innegabile tendenza della tecnoscienza a pensarsi come un potere universale che si impone dovrebbe renderci ancora più attenti a che non venga minacciata la realtà stessa della società politica quale comunità di liberi ed eguali, regolata da diritto e giustizia, e che non prevalga al suo posto una nuova forma di assolutismo: quello tecnoscientifico, la biocrazia di Comte, intesa come dominio sulla vita e insieme dominio dei tecnoscienziati sulla società». E poi l’autore afferma ancora: «Il rischio maggiore che la tecnoscienza presenta è di naturalizzare integralmente l’uomo, considerandolo infine un mero oggetto. Se la tecnica non può né trasformare l’essenza umana, né produrre la persona, può però trattare l’uomo come un oggetto naturale, e questo dipende dall’uomo stesso, non da supposte intenzioni della tecnica. Quando ciò accade, siamo molto oltre il progetto di Bacone secondo cui scienza e tecnica andavano intese come un aiuto fondamentale di ordine redentivo-restaurativo: “In seguito al peccato originale, l’uomo decadde dal suo stato e dal suo dominio sulle cose create. Ma entrambe le cose si possono recuperare, almeno in parte, in questa vita. La prima mediante la religione e la fede, la seconda mediante le tecniche e le scienze” (Bacone, Novum Organum, L. II, paragrafo 52). Oggi lo strumento di redenzione è divenuto padrone e la tecnica si è emancipata dalla religione. L’ideologia della tecnica favorisce tale distacco, come indicato nel mito di Prometeo. Questi, rubando il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini, dà inizio all’interpretazione ideologica della tecnica come hybris antidivina. La connessione tra conoscenza e potere è andata oltre quanto preconizzato da Bacone. La democrazia costituzionale e rappresentativa è oggi chiamata a confrontarsi con un potere assolutamente non rappresentativo quale è quello della tecnoscienza, che non nasce da un’elezione».
Prima consideriamo importanti le parole del professor Possenti e meglio è per tutti noi, e soprattutto per Charlie Gard e i tanti bisognosi di amore e di cure; i quali devono essere salvati dalla logica costi/benefici di un pernicioso efficientismo eugenetico. D'altronde, il grado di civiltà di una nazione si giudica proprio da come in essa vengono trattati i più deboli.
In Tempi 30/31 e Tempi.it
sabato 24 giugno 2017
Cecchino: Lettera a La Voce e Il Tempo
le scrivo per condividere le ragioni di quella che credo sia stata e continui ad essere una “buona battaglia” di civiltà. Mi sto riferendo alla veglia delle Sentinelle in Piedi, di cui si è data notizia anche su questo giornale. Da qualche anno a questa parte, con alcuni amici, sono tra i responsabili torinesi di tale movimento di popolo e apartitico; e poc'anzi alludevo proprio alla battaglia che chi si riconosce nella sua mission fa dal 2013.
Sabato 22 aprile siamo tornati in piazza per dire sì alla vita e alla dignità di ogni persona. Gesto che ripetiamo dall'agosto 2013 e tutte le volte in cui la libertà e il diritto di dire la verità sull'uomo è minacciata da disegni di legge ingiusti e perniciosi. In questo modo abbiamo contrastato il ddl Scalfarotto e il ddl Cirinnà. Il primo costituiva un attentato alla libertà di espressione (e noi giornalisti, come gli insegnati, abbiamo rischiato molto a causa di certi libretti e linee guida UNAR); il secondo una ferita terribile alla dignità della donna, perché apriva (e i fatti lo hanno dimostrato) alla pratica barbara dell'utero in affitto; una ferita al diritto dei bambini di avere madre e padre; una ferita all'uomo e alla donna, perché negava l'importanza della loro complementarietà.
Abbiamo detto i nostri sì ma anche il nostro no. No alla cultura della morte, contenuto nel disegno di legge sulle Dat-dichiarazioni anticipate di trattamento/testamento biologico, passato il 19 aprile alla Camera e ora in discussione al Senato. Una legge non orientata verso il favor vitae, che con sotterfugi aggira il buon senso comune e quei princìpi che tutelano la vita e la salute delle persone, come ricordano gli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e gli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Le questioni in gioco sono tante, le più importanti riguardano la vincolatività alle Dat per il medico, il quale rischia di non poter esprimere la giusta obiezione di coscienza, e la possibilità di sospendere idratazione e nutrizione, che non sono terapie ma sostegni vitali, in qualunque modo siano somministrati. Il testo del D.lgs, lo abbiamo letto più volte, è superficiale e mal scritto, pessimo sul piano tecnico (ricorda un'altra legge, altrettanto ideologica, Cirinnà bis). L’articolo 1 dell’attuale legge stabilisce che il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente e in conseguenza di ciò è esente da responsabilità civile o penale. Detto in parole povere: io paziente posso chiedere qualunque cosa e il medico è vincolato a fare quello che dico io; così salta la ratio del Servizio sanitario nazionale, che dovrebbe riconoscere appunto il favor vitae; si distrugge il principio di professionalità e deontologia del medico – che da professionista agisce “in scienza e coscienza” (che in questo testo non viene mai citata) diventa un mero esecutore delle scelte del malato –, ma anche verso una situazione di sanità assurda.
Dunque, rende “disponibile” il diritto alla vita, perché di fatto introduce l'idea che sia la cosiddetta qualità della vita a determinare se essa sia degna di essere vissuta oppure no. Prevede che la nutrizione e l'idratazione, cioè dare cibo e acqua a un malato, possano essere equiparati a trattamenti medici e di conseguenza possano essere arbitrariamente sospesi. Orienta la medicina non alla cura del paziente, ma all'assecondare una volontà di suicidio, che la legge impone anche alle cliniche e agli ospedali cattolici (pensiamo solo al San Camillo di Roma, ove di recente è stato imposto un medico non obiettore, e favorevole all'aborto), i cui dirigenti non avranno perciò il diritto all'obiezione di coscienza, perché costretti a garantire l'esecuzione di pratiche eutanasiche. Qualora passasse la legge si applicherebbe tra l'altro ai minorenni, quindi anche ai bambini, aprendo così la strada ad ogni arbitrio, come già avviene in altri Paesi quali Belgio, Olanda e Francia.
Paesi che qualcuno pensa di indicarci quale esempio di civiltà, dove invece è stato smarrito il senso di sacralità della vita e dove si è presto passati da un'eutanasia volontaria a quella imposta dall'arbitrio dei medici, i quali stabiliscono quali siano le vite degne di essere vissute e quelle da scartare, a volte perché troppo costose. Come sta avvenendo da ultimo nel Regno Unito, dove medici e giudici vogliono staccare la spina al piccolo Charlie di otto mesi, perfino contro la volontà dei genitori.
Allo stesso tempo, non può non destare preoccupazione, soprattutto in chi si occupa di comunicazione, ché deve stare ai fatti senza mistificazioni e omissioni, il tentativo di far passare in fretta e furia una legge che tocca la sacralità della vita umana, e quello di imbavagliare chiunque ricordi ciò e dica che con essa non si giochi.
Di fronte a queste sfide lanciate all'umano, noi Sentinelle non possiamo far finta di niente.
Per questo siamo scesi in piazza e continueremo a farlo, con “un cuore tenero, uno spirito forte” come i ragazzi della Rosa Bianca ci hanno insegnato. Per salvaguardare la libertà e la coscienza nostra e di ogni persona. Abbiamo scelto la piazza perché quello che non difendiamo oggi pubblicamente potremmo presto non poterlo più difendere lì dove si svolge la nostra vita quotidiana. Con la nostra presenza ferma e silenziosa ribadiamo quello che il pensiero unico non vuole sentire, ossia che esiste un bene e un male, esiste una verità sull'uomo che nessuna legge potrà mai cambiare.
Prima di concludere, vorrei ringraziarla a nome mio e delle altre sentinelle torinesi, per lo spazio e il supporto che abbiamo trovato sulla sua testata.
Ps. errata corrige: nell'articolo che ha annunciato la veglia di sabato 22 aprile, su La Voce e il Tempo scorso, è comparso: “le Sentinelle in piedi, vicine ad Alleanza Cattolica [...]”. Tale affermazione non è corretta, poiché sottintende che il movimento di popolo in questione sia identificabile soltanto con una precisa realtà. Certo, l'associazione AC dona un contributo inestimabile all'organizzazione degli eventi legati alle Sentinelle ma non è l'unica. Da quando sono nate, nell'agosto 2013, sulla scia dei “Veilleurs debout” (sentinelle) francesi, le Sentinelle in piedi, sono riuscite a innescare un movimento di popolo che in Italia ha coinvolto oltre trentamila persone – cattolici, evangelici, musulmani, non credenti –. Tutte unite da una preoccupazione: “non si può imbavagliare il diritto di ricordare ciò che la Verità sull'uomo rivela, come questi: un bambino ha bisogno di mamma e papà, la complementarietà di questi è fondamentale, la dignità umana è sacra, dal suo concepimento fino al momento supremo della sua morte”.