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mercoledì 26 marzo 2025

Per non cadere in tentazione di fronte al suicidio assistito e agli altri malanni del nostro tempo

Si continua a riflettere sulla scorta di quanto affermato qui.

Usiamo la Ragione (con la Fede, ala che permette di giungere a Dio), stando di fronte ai fatti. Ovunque (ad es. in Olanda e in Belgio) sia stato approvato il suicidio assistito, si è passati dal colpire persone in situazioni estreme (usate come "cavalli di Troia") a persone praticamente sane, meramente afflitte da depressione e solitudine: problemi che un fraterno abbraccio, nonché una visione poetica della realtà in grado di far comprendere la bellezza e preziosità di ogni vita, avrebbe potuto risolvere. D'altronde, e parafrasando madre Teresa di Calcutta durante il conferimento a lei del Nobel per la pace nel 1979, con la possibilità di abortire e il suicidio assistito, in una società sempre più scristianizzata, potenzialmente, chi può impedire a ciascuno di noi di uccidere il prossimo?







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lunedì 3 marzo 2025

Il "ritorno" della pena di morte in Toscana, grazie alle forze radicali. I cattolici nel PD (non solo toscano) si opporranno o faranno finta di niente?

 Lo scorso 11 febbraio, il consiglio regionale della Toscana ha approvato la prima legge in Italia che consente l'accesso al suicidio assistito. È la prima volta nel nostro Paese che un principio come quello costituzionale del diritto alla salute viene derogato per far spazio alla facoltà depenalizzata di chiedere e ottenere presso l'Asl la morte medicalmente assistita come prestazione ordinaria garantita da sanitari delle istituzioni pubbliche, pur all’interno delle limitate condizioni dettate dalla Corte costituzionale.

Il Consiglio regionale della Toscana, guidato dal piddino Eugenio Giani, ha approvato a larga maggioranza - 27 voti a favore (Pd, Iv, M5s, gruppo misto) e 13 contrari (FdI, FI, Lega); una consigliera del Pd si è astenuta - la proposta di legge di iniziativa popolare “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n.242/2019” promossa dall'associazione radicale Luca Coscioni, di cui è tesoriere Marco Cappato.

La procedura prevista, ricalca difatti quanto a suo tempo stabilito dalla Corte costituzionale nella famosa sentenza 242/2019, che sciolse l’ipotesi di reato a carico di Marco Cappato, depenalizzando l’aiuto al suicidio e abolendo l’articolo 580 del Codice penale, che ne prevedeva una esplicita sanzione.

Rigettata in altri quattro consigli regionali (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lombardia), la legge mantiene il principio della morte assistita come «erogazione di una prestazione sanitaria suddivisa in più fasi» (preambolo della proposta di legge) ma è stata modificata così da perdere una parte del suo esplicito carico ideologico di affermazione di un preteso e inesistente “diritto di morire” (tra l'altro, formalmente negato dalla Corte costituzionale) e di presentare la descrizione di una “burocrazia della morte” che stabilisce il modo per ottenere «la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile». 

Emerge, fin troppo, una situazione surreale: il sistema sanitario nazionale, che ha problemi a soddisfare le richieste di molti malati richiedenti aiuto nel vivere nel mondo migliore, dovrà accogliere e soddisfare le richieste di chi invece chiede di morire. 

Così la Toscana ha perso quel primato che aveva guadagnato il 30 novembre 1786, ossia di essere stata il primo stato al mondo (all'epoca granducato sotto Pietro Leopoldo) ad aver abolito la pena di morte. Duecentotrent'anni dopo, l'ha reintrodotta e questa volta non per punire i colpevoli, ma bensì per scartare gli "indesiderati".

Una inquietante deriva contro cui hanno preso posizione prima i vescovi della Conferenza episcopale toscana con una nota e poi il loro presidente cardinale Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena, in una intervista ad Avvenire.

«Prendiamo atto - ha affermato sua eminenza - della scelta fatta dal Consiglio regionale della Toscana, ma questo non limiterà la nostra azione a favore della vita, sempre e comunque – ha dichiarato il cardinale a nome di tutti i vescovi –. Ai cappellani negli ospedali, alle religiose, ai religiosi e ai volontari che operano negli hospice e in tutti quei luoghi dove ogni giorno ci si confronta con la malattia, il dolore e la morte dico di non arrendersi e di continuare ad essere portatori di speranza, di vita. Nonostante tutto. Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti».







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martedì 7 gennaio 2025

Riflessioni sul film Netflix "Storia di Maria"

Tale film (semplicemente Mary, nella versione originale) ha debuttato sulla piattaforma streaming di Netflix lo scorso 6 dicembre. È stato diretto dal regista DJ Caruso. Nel tentativo di raggiungere l'autenticità, Caruso ha scelto per il ruolo di Maria l'attrice israeliana (non è l'unica) Noa Cohen (appropriato, siccome la Madonna era ebrea) e per Giuseppe l’attore Ido Tako (di bell’aspetto). Il nome più celebre accreditato è il premio Oscar Sir Anthony Hopkins, il quale interpreta Erode.

Senza indugi, e proprio perché ha la pretesa di veridicità storica, lo stronco. Il film attinge ampiamente da un mix di fonti bibliche ed extrabibliche per raccontare la storia di Maria, in particolare dal Protovangelo non canonico di Giacomo, prendendosi una buona dose di libertà creative che confondono di molto il confine tra la cronologia biblica e la libertà (a)poetica hollywoodiana, tutta politically correct.

Fin dall'inizio del film, c'è un'atmosfera assai cupa: la musica piena di suspense e la fotografia dark, sebbene apparentemente belle, non danno l’idea di un’opera “iperdulìca” nei confronti di Maria e al servizio del "lieto annunzio" (Euangélion). L'interpretazione di Erode da parte di Hopkins ricorda la follia oscura del Re shakespeariano Riccardo III e quella del Grande Inquisitore de I Fratelli Karamazov (ci possono stare); per non parlare dei cameo di Lucifero e di un insolitamente minaccioso Arcangelo Gabriele, i quali sono altrettanto inquietanti. Non vi è alcun "brivido di Speranza" per il mondo stanco del I secolo a.C. e sicuramente nessuna gioia.

Il regista, per quanto si definisca cattolico e abbia sperato di rendere la storia di Maria (fin troppo) accessibile alle persone, non è riuscito a raccontare la grazia che Dio ha concesso in modo unico a Maria; anzi, ha enfatizzato la nube oscura di sofferenza che sembrava incombere su di lei per tutto il film. Non a caso, il produttore dello stesso è lo statunitense Joel Osteen, pastore e telepredicatore protestante.

Certo, la vita sulla terra è anche una “valle di lacrime”: la realtà del peccato e l’oscurità che getta sul mondo non rendono pienamente felice lo stare qui sulla terra; d’altronde, qui siamo solo di passaggio; però, nonostante l'oscurità, la Speranza rimane. Il cattolico sa, per dirla con Tolkien, che la vita è “eucatastrofica”: il dolore, il male, alla fine della storia subiranno la sconfitta definitiva; vittoria difatti ravvisabile nel “centuplo quaggiù” assicuratoci da Cristo Stesso, che Egli aveva già fatto assaporare a Giobbe e che nel “Sì” di Maria è divenuto ancora più grande.

Onde evitare di svelare tutte le parti della trama, si può sottolineare come alcune delle scene e delle parole più belle inerenti alla Natività, a iniziare da quelle riportate da San Luca, non siano presenti o, se lo sono, siano distorte.

Lascio da parte questa carrellata di ipotesi romanzate: da Maria rappresentata come una sorta di “femminista autodeterminata”, da Lucifero (sottolineo: troppo bello) che La tenta, dallo scontro tra questi e l’Arcangelo Gabriele (sottolineo: troppo brutto), una brutta copia dei duelli con spada laser di Star Wars (ho troppo a cuore George Lucas per sopportare questo), dal censimento romano non pervenuto, dal motivo per cui Maria e Giuseppe non trovano posto a Betlemme: in tanti si erano recati lì, perché certi che il Messia vi sarebbe nato, quando si sa che non è così (d’altra parte, censimento romano assente), dal fatto che nessuna creatura angelica spieghi a San Giuseppe come mai Maria sia incinta, il quale non mostra neanche un briciolo di curiosità nei confronti del Padre del nascituro, al modo in cui Giuseppe incontra Maria: dopo essere stato condotto a Lei da una strana figura avvolta in una tunica blu, l’Arcangelo Gabriele, il padre putativo di Gesù finisce per bussare alla porta dei santi suoceri affermando che Maria è Sua moglie. Altamente improbabile, considerate le precise norme di corteggiamento ebraiche dell'epoca.

Le lascio da parte per soffermarmi maggiormente sul "cuore" del film. Quando l’Arcangelo Gabriele viene a portare a Maria il miglior messaggio possibile, è una figura oscura e spaventosa con il volto per lo più coperto, per niente simile a un magnifico Arcangelo. Perché l'oscurità? Nessuna raggio di luce, un simbolo perfetto per un annuncio così gioioso?

Gabriele le dice che Suo Figlio regnerà sulla casa di Davide. Ma viene tralasciata la Sua eloquente spiegazione di come quel Figlio “sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide Suo padre. Egli regnerà sulla casa di Giacobbe per sempre, e il Suo regno non avrà fine. Sarà chiamato Figlio di Dio” (Luca 1,32-35). Maria risponde: «Lascia che sia io». Eppure Luca scrive che Maria rispose a Gabriele: «Ecco la serva del Signore; avvenga di me secondo la tua parola».

Lo stesso vale per l'eccezionale visita di Maria alla cugina Elisabetta. Qui, è molto breve, ambientata in uno spazio buio simile a una caverna illuminata solo da una piccola fiamma da cucina. Elisabetta è felice, ma non trasmette la descrizione di Luca di un'Elisabetta "piena di Spirito Santo e che esclamò a gran voce”: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo». Mancano tutte le preziose parole di Maria immortalate duemila anni fa nel Magnificat, le quali mostrano la Sua obbedienza alla volontà di Dio e la Sua comprensione di come quegli eventi risuoneranno nei secoli dei secoli.

E giungiamo all’errore più grave che stride pienamente con la Dottrina Cattolica e gli insegnamenti della Chiesa; ovvero, alla scena in cui Maria partoriente viene mostrata sofferente. Fin dall'inizio, i Padri e i dottori della Chiesa, tra cui i Santi Ambrogio, Agostino, San Bernardo da Chiaravalle e Tommaso d'Aquino, hanno insegnato che solo Ella sarebbe stata esente da tali dolori come segno della Sua santità unica: Lei sola non ha avuto peccato originale e le sue conseguenze (sine labe originali concepta). Sant'Ireneo, nel secondo secolo, fece riferimento alla profezia di Isaia: «Prima di essere in travaglio ha partorito; prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un figlio. Chi ha mai sentito parlare di una cosa simile? Chi ha mai visto cose simili?» (Isaia 66,7). Sempre Isaia afferma: «Ecco, la giovane concepirà, partorirà un figlio, e lo chiamerà Emmanuele (Dio con noi)» (Is 7,14).

Per spiegare come ciò è potuto avvenire, i Padri e i dottori della Chiesa ricordano che se è vero che nell’ora della Trasfigurazione Gesù mostrò, anticipando l’evento della Risurrezione, il suo corpo glorioso ai tre Apostoli, di conseguenza non si può negare che abbia potuto rendere glorioso il suo corpo anche al momento del parto, e anticipando proprio il miracolo del Tabor. E un ulteriore aiuto ce lo dà la Sacra Scrittura quando asserisce che Gesù risorto passò attraverso i muri del Cenacolo, ove si trovavano gli Apostoli la sera del giorno della Sua risurrezione. Sant’Alberto Magno – e così mi avvio alla conclusione -, maestro di San Tommaso, per mostrare la verginità della Madonna durante il parto fa riferimento proprio a questo fatto: «Maria è una stella perché come la stella emette il raggio, così la Vergine genera il Figlio con lo stesso splendore: né la stella viene menomata dall’emissione del raggio, né la madre dal generare il Figlio. […]. Colui che camminò sulle onde del mare senza affondarvi, Colui che uscì dal sepolcro senza infrangere il sigillo della pietra – essa fu ribaltata, come dice il Vangelo (Mt 28,2), da un angelo e non dal Signore -, Colui che si presentò ai discepoli a porte chiuse, poté anche nascere da una Madre vergine senza violarle il pudore verginale. Per questo chiamiamo stella la Vergine Maria» (S. Alberto Magno, Trattato sulla natura del bene, cap. 142).

Ora, non resta che sperare che un giorno a Maria SS. potranno finalmente dedicare dei film ad hoc, sulla scorta di capolavori cinematografici e televisivi quali Ben Hur, I Dieci Comandamenti, Il Re dei re, La tunica, Il quarto re, La Passione di Cristo.






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martedì 22 agosto 2023

Polito stai sereno: lo spettro della CL anni '80 non si aggira per l'Italia






Recensendo tempestivamente il libro di Marco Ascione "La profezia di Cl", Antonio Polito lancia l’allarme: il sistema di potere ciellino potrebbe conoscere un ritorno di fiamma, c’è la possibilità che Roberto Formigoni si candidi alle Europee con Fratelli d’Italia, mentre don Julian Carron che tanto bene aveva fatto al movimento ecclesiale imponendo allo stesso quella “scelta religiosa” che per più di trent’anni esso aveva respinto in nome della soggettività storica e politica dei cattolici, è stato ostracizzato, dopo essere stato costretto alle dimissioni per una somma di fattori. 

Qui vorremmo – dopo esserci fatti una bella risata – tranquillizzare l’ex redattore dell’Unità divenuto editorialista di punta del grande quotidiano della borghesia italiana, il Corriere della Sera: dell’eventuale candidatura di Formigoni non sappiamo nulla, ma possiamo garantirgli che non torneranno i tempi del buon governo formigoniano della Lombardia, che era sempre all’avanguardia delle politiche che poi venivano adottate dalle altre Regioni (anche rosse), non torneranno i tempi del primo Family Day, non torneranno i Meeting di Rimini degli anni Ottanta che lanciavano il guanto di sfida al laicismo e alla massoneria, non torneranno i giorni gloriosi del Movimento Popolare che -parole del segretario della DC già partigiano Benigno Zaccagnini – nel 1976 spostò 1 milione di voti alle elezioni politiche ed evitò il sorpasso del PCI sulla DC. 

Non torneranno perché il mondo è cambiato, la società è diventata liquida, l’Occidente è sprofondato nell’individualismo e nel nichilismo. Non è questione di Carron o non Carron – qualunque sia il giudizio, positivo o negativo, che si voglia dare sul fatto che costui ha riconvertito CL alla scelta religiosa: i cristiani soggetto politico e storico in ragione della loro esperienza esistenziale del cristianesimo (questa è la definizione non denigratoria di ciò che da CL è derivato a livello politico e di presenza pubblica fra la data di nascita e il 2012) non si ripresenteranno più sulla scena per la stessa ragione per cui non esistono più i partiti italiani di massa, i sindacati rappresentano soprattutto i pensionati, le chiese si svuotano e i seminari già sono vuoti, la gente non si sposa più né in chiesa né in comune, ecc.: il popolo non esiste più, esistono solo individui; quelle che il Movimento Popolare chiamava “unità di popolo nel pluralismo” non esistono più, non esiste più il popolo comunista, quello socialista e nemmeno quello cattolico. Anche nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali si assiste, con qualche lodevole eccezione, a quel “trionfo del terapeutico” che Philip Rieff aveva già individuato nel contesto americano nel 1966: molti di coloro che si avvicinano all’esperienza religiosa, compresa quella cristiana, lo fanno per stare bene emotivamente e per trovare la rete di sicurezza sociale e psicologica della comunità, non perché affascinati da una fede che vuole investire il mondo e cambiarlo anche nel modo di governare le cose umane. 

Il cristianesimo come avvenimento integrale, che riguarda tutte le dimensioni dell’esistenza – dunque anche la politica – non è più sperimentato perché disintegrata è la persona essendo state prima disintegrate le società naturali nelle quali la persona nasceva e cresceva. Le profezie di Pasolini e di Del Noce si sono realizzate, il consumismo ha trionfato distruggendo la pluralità umana delle culture italiane e la rivoluzione si è suicidata, il programma di Gramsci si è realizzato soltanto sul versante della secolarizzazione, non su quello dell’emancipazione del popolo dall’egemonia della borghesia. Fanno tenerezza tutti i riferimenti ai peccati di CL in tema di tentazione all’egemonia, in un’epoca caratterizzata dalla spietata egemonia borghese, che ha realizzato il sogno liberal-radicale di una società di soli individui, deculturata, avendo trionfato sui suoi rivali, il Partito comunista italiano e la Chiesa cattolica. Trionfo tanto più grande in quanto li ha resi culturalmente subalterni, ha ottenuto che il grosso dei comunisti e dei cattolici interiorizzassero l’impostazione individualista della vita, che accettassero la dicotomia fra fede e vita pubblica.

Polito si stupisce del fatto che nessuno nel mondo intellettuale e della comunicazione – che in Italia è quasi tutto laico – si prenda a cuore la causa di Julian Carron ostracizzato dal dibattito delle idee e dei valori. Eppure il suo punto di osservazione dovrebbe garantirgli una facile risposta. L’immagine del ruolo di Carron e più in generale del cristianesimo nella società post-moderna che Polito ha, coincide con quella che ne aveva la borghesia in epoca moderna: alla Chiesa si chiedeva di disciplinare le masse, di assicurare quella formazione morale e umana che permettesse di avere una classe operaia esente dai mali dell’alcolismo, del vagabondaggio sessuale, dell’oziosità, ecc., che danneggiavano la produzione e quindi il profitto. In cambio, si concedeva all’élite ecclesiale di far parte dell’establishment, di godere di buona stampa e di mantenere qualche privilegio secolare – fermo restando che né il clero né i laici cristiani dovevano sognarsi di gestire in prima persona il governo della società o di aspirare a farlo. Oggi il patto verrebbe aggiornato sostituendo all’alcolismo le nuove dipendenze e aggiornando la formazione morale e umana impartita dalla Chiesa ai bisogni psicologici indotti dalla liquefazione dei legami sociali. Ma Polito dovrebbe sapere bene che il sistema capitalista globalizzato si regge sull’intensificazione dei consumi, sia materiali che virtuali, e questo richiede un’ulteriore riduzione delle pretese morali della Chiesa e la frammentazione e costante metamorfosi dell’individuo stesso: l’ideologia di genere, che auspica la fluidità della vita sessuale e affettiva, è organica alla logica capitalista del profitto ed è in contraddizione frontale anche col genere di cristianesimo che Polito predilige. Il Carron di Polito – che non coincide necessariamente con quello reale, anzi – è totalmente inutile alla logica egemonica della borghesia odierna, per le stesse ragioni per cui lo era già la Chiesa di Paolo VI (lo ha spiegato efficacemente Pasolini proprio sulle pagine del Corriere della Sera, quasi cinquant’anni fa). Perciò stia pure tranquillo, l’editorialista di punta del Corriere della Sera: l’egemonia borghese non corre alcun pericolo dall’esterno. Può solo distruggersi da sé, e questo noi lo speriamo ancora.

Rodolfo Casadei






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venerdì 16 giugno 2023

Cosa dobbiamo imparare dai Gay Pride


Esibizionisti, arroganti, bugiardi, vittimisti, prepotenti, fautori e complici di un’evoluzione in senso totalitario del sistema politico occidentale e della mutazione antropologica che porta dritti al transumano. Aggettivi e sostantivi per esecrare la forma e i contenuti dell’azione degli attivisti che ogni anno danno vita ai Gay Pride e delle forze politiche che li fiancheggiano si affollano alla mente e alla tastiera a ogni giugno che ci passa davanti. La pretesa che tutte le istituzioni di governo del territorio concedano il patrocinio a una manifestazione che ha un preciso programma politico, che non è condiviso dalla maggioranza degli italiani, è solo l’ultimo esempio della natura autoritaria e liberticida dello spirito che anima la pseudorivoluzione Lgbtqia+ e della sinistra (sinistra?) italiana che dice di appoggiarla. Ma esecrare non basta e rischia di apparire una forma di pigrizia intellettuale e politica se non ci si pone qualche domanda sui successi del movimento che sta dietro ai Gay Pride, sulla sua efficacia a livello di formazione delle mentalità (egemonia culturale) e di condizionamento del discorso politico generale. Cosa c’è da imparare dai Gay Pride e dai movimenti da cui essi nascono, preso atto del pericolo mortale per la natura umana, per la vita politica, per la civiltà che la realizzazione dei loro programmi comporta? Quale lezione in positivo richiamano a quanti vedono in essi lo stesso genere di minaccia totalitaria e antiumana che in passato fu incarnata dai movimenti comunista e fascista?






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lunedì 1 maggio 2023

Ultime dal sinodo tedesco. La Chiesa è chiamata a seguire Cristo, non a stargli davanti – (Parte Seconda)

 



Lo scorso mese, sempre via Strumenti politici, chi scrive ha provato a far emergere le origini della  situazione incresciosa provocata  considerando alcune delle riflessioni ad hoc che Benedetto XVI aveva dedicato all’ambiente cattolico tedesco, in tempi non sospetti.

Esso è intriso – non tutto, come ricordano i “Sant’Atanasio bavaresi”, capitanati da Mons. Woelki, e in cui si trovano le 4 intellettuali che a fine febbraio hanno lasciato lo stesso sinodo – di progressismo e spirito mondano. “In Germania – asseriva il 265mo successore di Pietro – abbiamo un cattolicesimo strutturato e ben pagato, in cui spesso i cattolici sono dipendenti della Chiesa e hanno nei suoi confronti una mentalità sindacale. Per loro la Chiesa è solo il datore di lavoro da criticare. Non muovono da una dinamica di Fede”. Anche a causa della tassa…

Il processo di dissoluzione della concezione cristiana della morale

Parole consegnate al suo biografo Peter Seevald, in Ultime conversazioni. Un datore di lavoro giacché la Chiesa non è considerata in chiave soprannaturale, bensì terrena, quale una mera istituzione umana, i cui compiti si possano decidere a colpi di sinodalità e riforme. E, ancora, Negli Appunti del 2019, asseriva Benedetto: “Il processo di dissoluzione della concezione cristiana della morale, da lungo tempo preparato e che è in corso, negli anni ’60, come ho cercato di mostrare, ha conosciuto una radicalità come mai c’era stata prima di allora. Questa dissoluzione dell’autorità dottrinale della Chiesa in materia morale doveva necessariamente ripercuotersi anche nei diversi spazi di vita della Chiesa”.







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Ultime dal sinodo tedesco. Quando le buone intenzioni lastricano la via dello scisma – (Prima parte)



Il 10 marzo, venerdì scorso, nei lavori in corso a Francoforte, i membri del sinodo tedesco (Synodaler Weg), a nome della chiesa tedesca, e dopo oltre un anno di cammino, hanno scelto di approvare a larghissima maggioranza il testo che apre alle celebrazioni per la benedizione delle coppie formate da persone dello stesso sesso (a partire dal marzo 202); ma non solo, perché hanno anche formulato una richiesta a papa Francesco di “riesaminare il nesso tra consacrazione e obbligo del celibato”.


Il testo è stato approvato dai laici con 176 voti favorevoli, 14 contrari e 12 astenuti; anche una netta maggioranza di vescovi ha votato a favore del documento conclusivo: 38 vescovi hanno votato sì, nove vescovi no e dodici si sono astenuti. Non essendo conteggiate le astensioni, ciò vuol dire che il consenso è stato formalmente dell’80 per cento. La delibera è arrivata dopo che lo scorso settembre i vescovi fiamminghi del Belgio, insieme al cardinale di Malines-Bruxelles (Mechelen-Brussel, in olandese) Jozef De Kesel, avevano pubblicato un documento che, affermando di ispirarsi all’Esortazione apostolica Amoris laetitia, autorizza la benedizione delle coppie dello stesso sesso. Occorre sottolineare: senza essere sottoposto prima della sua pubblicazione al vaglio della Santa Sede, come aveva riferito il portavoce della diocesi di Bruxelles.





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sabato 19 agosto 2017

Cecchino: Charlie o no, siamo entrati nell'epoca post-umana. Lettera al direttore del settimanale Tempi

Il “caso” Charlie Gard sta facendo emergere, finalmente, sia nell’aula dell’Alta Corte britannica sia nelle sale del Great Ormond Street Hospital, la tirannia del nostro tempo: la tirannia della tecnoscienza, che fa credere a chi la impone, medici magistrati politici proprietari di multinazionali (per esempio Facebook, Google, Microsoft) di essere demiurghi, divinità. Ecco il post-umano che avanza. Per capire bene, si legga cosa asserisce il filosofo Vittorio Possenti all’interno della sua opera La rivoluzione biopolitica. La fatale alleanza tra materialismo e tecnica (pagg. 130-132):

«L’innegabile tendenza della tecnoscienza a pensarsi come un potere universale che si impone dovrebbe renderci ancora più attenti a che non venga minacciata la realtà stessa della società politica quale comunità di liberi ed eguali, regolata da diritto e giustizia, e che non prevalga al suo posto una nuova forma di assolutismo: quello tecnoscientifico, la biocrazia di Comte, intesa come dominio sulla vita e insieme dominio dei tecnoscienziati sulla società». E poi l’autore afferma ancora: «Il rischio maggiore che la tecnoscienza presenta è di naturalizzare integralmente l’uomo, considerandolo infine un mero oggetto. Se la tecnica non può né trasformare l’essenza umana, né produrre la persona, può però trattare l’uomo come un oggetto naturale, e questo dipende dall’uomo stesso, non da supposte intenzioni della tecnica. Quando ciò accade, siamo molto oltre il progetto di Bacone secondo cui scienza e tecnica andavano intese come un aiuto fondamentale di ordine redentivo-restaurativo: “In seguito al peccato originale, l’uomo decadde dal suo stato e dal suo dominio sulle cose create. Ma entrambe le cose si possono recuperare, almeno in parte, in questa vita. La prima mediante la religione e la fede, la seconda mediante le tecniche e le scienze” (Bacone, Novum Organum, L. II, paragrafo 52). Oggi lo strumento di redenzione è divenuto padrone e la tecnica si è emancipata dalla religione. L’ideologia della tecnica favorisce tale distacco, come indicato nel mito di Prometeo. Questi, rubando il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini, dà inizio all’interpretazione ideologica della tecnica come hybris antidivina. La connessione tra conoscenza e potere è andata oltre quanto preconizzato da Bacone. La democrazia costituzionale e rappresentativa è oggi chiamata a confrontarsi con un potere assolutamente non rappresentativo quale è quello della tecnoscienza, che non nasce da un’elezione».

Prima consideriamo importanti le parole del professor Possenti e meglio è per tutti noi, e soprattutto per Charlie Gard e i tanti bisognosi di amore e di cure; i quali devono essere salvati dalla logica costi/benefici di un pernicioso efficientismo eugenetico. D'altronde, il grado di civiltà di una nazione si giudica proprio da come in essa vengono trattati i più deboli.

In Tempi 30/31 e Tempi.it





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sabato 24 giugno 2017

Cecchino: Lettera a La Voce e Il Tempo

Gentile direttore,

le scrivo per condividere le ragioni di quella che credo sia stata e continui ad essere una “buona battaglia” di civiltà. Mi sto riferendo alla veglia delle Sentinelle in Piedi, di cui si è data notizia anche su questo giornale. Da qualche anno a questa parte, con alcuni amici, sono tra i responsabili torinesi di tale movimento di popolo e apartitico; e poc'anzi alludevo proprio alla battaglia che chi si riconosce nella sua mission fa dal 2013.

Sabato 22 aprile siamo tornati in piazza per dire sì alla vita e alla dignità di ogni persona. Gesto che ripetiamo dall'agosto 2013 e tutte le volte in cui la libertà e il diritto di dire la verità sull'uomo è minacciata da disegni di legge ingiusti e perniciosi. In questo modo abbiamo contrastato il ddl Scalfarotto e il ddl Cirinnà. Il primo costituiva un attentato alla libertà di espressione (e noi giornalisti, come gli insegnati, abbiamo rischiato molto a causa di certi libretti e linee guida UNAR); il secondo una ferita terribile alla dignità della donna, perché apriva (e i fatti lo hanno dimostrato) alla pratica barbara dell'utero in affitto; una ferita al diritto dei bambini di avere madre e padre; una ferita all'uomo e alla donna, perché negava l'importanza della loro complementarietà.

Abbiamo detto i nostri sì ma anche il nostro no. No alla cultura della morte, contenuto nel disegno di legge sulle Dat-dichiarazioni anticipate di trattamento/testamento biologico, passato il 19 aprile alla Camera e ora in discussione al Senato. Una legge non orientata verso il favor vitae, che con sotterfugi aggira il buon senso comune e quei princìpi che tutelano la vita e la salute delle persone, come ricordano gli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e gli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Le questioni in gioco sono tante, le più importanti riguardano la vincolatività alle Dat per il medico, il quale rischia di non poter esprimere la giusta obiezione di coscienza, e la possibilità di sospendere idratazione e nutrizione, che non sono terapie ma sostegni vitali, in qualunque modo siano somministrati. Il testo del D.lgs, lo abbiamo letto più volte, è superficiale e mal scritto, pessimo sul piano tecnico (ricorda un'altra legge, altrettanto ideologica, Cirinnà bis). L’articolo 1 dell’attuale legge stabilisce che il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente e in conseguenza di ciò è esente da responsabilità civile o penale. Detto in parole povere: io paziente posso chiedere qualunque cosa e il medico è vincolato a fare quello che dico io; così salta la ratio del Servizio sanitario nazionale, che dovrebbe riconoscere appunto il favor vitae; si distrugge il principio di professionalità e deontologia del medico – che da professionista agisce “in scienza e coscienza” (che in questo testo non viene mai citata) diventa un mero esecutore delle scelte del malato –, ma anche verso una situazione di sanità assurda.

Dunque, rende “disponibile” il diritto alla vita, perché di fatto introduce l'idea che sia la cosiddetta qualità della vita a determinare se essa sia degna di essere vissuta oppure no. Prevede che la nutrizione e l'idratazione, cioè dare cibo e acqua a un malato, possano essere equiparati a trattamenti medici e di conseguenza possano essere arbitrariamente sospesi. Orienta la medicina non alla cura del paziente, ma all'assecondare una volontà di suicidio, che la legge impone anche alle cliniche e agli ospedali cattolici (pensiamo solo al San Camillo di Roma, ove di recente è stato imposto un medico non obiettore, e favorevole all'aborto), i cui dirigenti non avranno perciò il diritto all'obiezione di coscienza, perché costretti a garantire l'esecuzione di pratiche eutanasiche. Qualora passasse la legge si applicherebbe tra l'altro ai minorenni, quindi anche ai bambini, aprendo così la strada ad ogni arbitrio, come già avviene in altri Paesi quali Belgio, Olanda e Francia.

Paesi che qualcuno pensa di indicarci quale esempio di civiltà, dove invece è stato smarrito il senso di sacralità della vita e dove si è presto passati da un'eutanasia volontaria a quella imposta dall'arbitrio dei medici, i quali stabiliscono quali siano le vite degne di essere vissute e quelle da scartare, a volte perché troppo costose. Come sta avvenendo da ultimo nel Regno Unito, dove medici e giudici vogliono staccare la spina al piccolo Charlie di otto mesi, perfino contro la volontà dei genitori.

Allo stesso tempo, non può non destare preoccupazione, soprattutto in chi si occupa di comunicazione, ché deve stare ai fatti senza mistificazioni e omissioni, il tentativo di far passare in fretta e furia una legge che tocca la sacralità della vita umana, e quello di imbavagliare chiunque ricordi ciò e dica che con essa non si giochi.

Di fronte a queste sfide lanciate all'umano, noi Sentinelle non possiamo far finta di niente.
Per questo siamo scesi in piazza e continueremo a farlo, con “un cuore tenero, uno spirito forte” come i ragazzi della Rosa Bianca ci hanno insegnato. Per salvaguardare la libertà e la coscienza nostra e di ogni persona. Abbiamo scelto la piazza perché quello che non difendiamo oggi pubblicamente potremmo presto non poterlo più difendere lì dove si svolge la nostra vita quotidiana. Con la nostra presenza ferma e silenziosa ribadiamo quello che il pensiero unico non vuole sentire, ossia che esiste un bene e un male, esiste una verità sull'uomo che nessuna legge potrà mai cambiare.

Prima di concludere, vorrei ringraziarla a nome mio e delle altre sentinelle torinesi, per lo spazio e il supporto che abbiamo trovato sulla sua testata.


Ps. errata corrige: nell'articolo che ha annunciato la veglia di sabato 22 aprile, su La Voce e il Tempo scorso, è comparso: “le Sentinelle in piedi, vicine ad Alleanza Cattolica [...]”. Tale affermazione non è corretta, poiché sottintende che il movimento di popolo in questione sia identificabile soltanto con una precisa realtà. Certo, l'associazione AC dona un contributo inestimabile all'organizzazione degli eventi legati alle Sentinelle ma non è l'unica. Da quando sono nate, nell'agosto 2013, sulla scia dei “Veilleurs debout” (sentinelle) francesi, le Sentinelle in piedi, sono riuscite a innescare un movimento di popolo che in Italia ha coinvolto oltre trentamila persone – cattolici, evangelici, musulmani, non credenti –. Tutte unite da una preoccupazione: “non si può imbavagliare il diritto di ricordare ciò che la Verità sull'uomo rivela, come questi: un bambino ha bisogno di mamma e papà, la complementarietà di questi è fondamentale, la dignità umana è sacra, dal suo concepimento fino al momento supremo della sua morte”.





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