Quante volte si sente dire dagli adulti frasi denigratorie attorno al Natale tipo “non vedo l’ora che finiscano le feste!”, “non se ne può più di questi regali”, “che sono tutti questi sprechi?” e simili? Non giriamoci intorno, infatti, e non nascondiamoci dietro ad un dito: quello che abbiamo descritto sopra è un’amara verità in cui siamo tutti immersi, volenti o nolenti. Tendiamo infatti ad antecedere le cose da fare a come e perché farle, e preferiamo correre a destra e sinistra anziché fermarci un momento. Fermare: un verbo tanto natalizio quanto oggigiorno negato. Si, esatto: un vero e proprio verbo natalizio. E posso affermare questa cosa a ragion veduta: cos'è, infatti, in ultima istanza il Natale se non la sospensione (e, dunque, l’inversione) di tutte le leggi dell’universo nel momento in cui è avvenuto «il misterioso scambio di doni»[1] tra l’eterno e il finito?
Entriamo qui logicamente in quello che per il mondo contemporaneo è un vero e proprio campo minato che, secondo il cosiddetto pensiero politicamente corretto, è meglio evitare: che cos'è il Natale? Noi, invece, non curandoci minimamente di questi problemi (che, anzi, riteniamo dannosi in quanto non aprono la mente umana alla conoscenza di tutte le realtà, costringendo l’intelletto in legacci difficili da sciogliere) vogliamo cercare di rispondere non solo alla domanda di prima ma, anzi, rispondere in maniera ancor più radicale, andando alla radice (per l’appunto) del problema: cos'è, veramente, profondamente, realmente, il Natale? La risposta, ci piaccia o non ci piaccia, è semplice: è la festa cristiana (e non potrebbe essere altrimenti) che celebra la nascita sulla terra di Gesù, che sarà successivamente detto Cristo, ovvero il Figlio di Dio inviato nel mondo per la redenzione di tutti gli uomini, avvenuta circa 2000 anni fa in un villaggio dell’attuale Palestina, Betlemme. Nessun altro avvenimento è pertanto minimamente paragonabile a quello che i cristiani festeggiano, e da sempre, in questo 25 Dicembre: non si festeggia infatti la nascita di un profeta o di un filosofo: a Natale si festeggia la nascita di Dio.
Partendo da questo evento è chiaro cosa volevamo dire prima: se si accetta pienamente la nascita di Cristo, infatti, è ovvio che ci si porrà in maniera differente dinanzi alla celebrazione delle festività natalizie: facendolo e meditandolo, inoltre, si capisce l’affermazione che il verbo ‘fermare’ è un verbo tipicamente natalizio. Ci è nuovamente utile il Prefazio citato poco sopra: in questa preghiera, che si recita nelle chiese cattoliche il giorno di Natale, infatti, è spiegato nel dettaglio il mistero che si celebra, vale a dire «il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale». Questo è infatti il Natale: l’inversione delle leggi non solo umane e sociali[2] bensì anche quelle fisiche, vale a dire delle leggi che da sempre governano l’universo intero. I cristiani non dovrebbero mai stancarsi di sottolineare questo aspetto perché è la testimonianza diretta dell’intervento di Dio nella storia dell’uomo: la nascita di Cristo, infatti, è un vero e proprio miracolo, vale a dire il sovvertimento delle leggi fisiche per diretto intervento di Dio. Per usare termini filosofici, possiamo dire giustamente che l’infinito entra nel finito. Anzi, sceglie di vivere in maniera finita (tant'è che Cristo morirà, come tutti gli uomini). Ma se vi è il sovvertimento delle leggi fisiche vuol dire che esse, almeno per un determinato tempo, sono state sospese: si sono, pertanto, fermate.
A ragion veduta infatti tutta la tradizione della Chiesa comunica questo aspetto in svariati modi perché è espressione dell’amore di Dio nei confronti degli uomini. Ad onor del vero, in ogni mistero che la Chiesa celebra rimanda ad una situazione di miracolo e di sovvertimento delle leggi fisiche[3] ma che, senza ombra di dubbio, si è sempre preoccupata di sottolineare per la festa del Natale fin nei minimi particolari: dai canti popolari (In Notte placida) ad opere altrettanto popolari di un Dottore della Chiesa (Fermarono i cieli di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori) per approdare ad un fenomeno tradizionale come il presepio. Attesa, sosta, meraviglia, calma: ogni cosa ci riporta sempre alla radice profonda del mistero del Natale, sebbene sia difficile da immaginare presi come siamo a fare i regali oppure a fare il presepe.
Già, fare il presepe. Un altro grande discorso che si apre anche per chi si dice cristiano perché spesso non è chiaro che cosa si debba e cosa non si debba raffigurare: quanti personaggi? E quali? Si vedono infatti in giro dei presepi (spesso smerciati come opere di ‘grandi artisti’ o ‘maestri’) che spesso hanno difficilmente anche i personaggi necessari perché ci sia un presepe, senza contare ambientazioni e raffigurazioni molto discutibili. Anche qui dobbiamo lasciarsi guidare dai fatti che sono per loro natura duri a morire: in un presepe degno di questo nome deve essere presente almeno Gesù, Giuseppe, Maria, l’Asino, il Bue, la Stella Cometa, un Angelo, un Pastore, tre Re Magi. Se è vero che il presepio nasce non come elemento liturgico (sottoposto quindi a rigide regolamentazioni da parte di un’Autorità) ma come espressione della cosiddetta pietà popolare (e che, pertanto, può essere declinato in maniera diversa nel tempo e nello spazio), è altrettanto vero che ci sono secoli di tradizione che ci dicono come fare un vero presepio: in esso infatti, sono sempre stati presenti elementi desunti dalla Sacra Scrittura (Gesù, Giuseppe, Maria, Stella Cometa, Angelo, Pastori, Re Magi) ma anche dalla Tradizione (Bue, Asino, Tre Re Magi). Per questo motivo li ho messi insieme sopra ed ad ognuno ho attribuito la lettera maiuscola riconoscendo dunque loro una dignità profonda e vera. La caratteristica principale del presepe, tuttavia, non è solamente quella di attingere sia dalla Tradizione che dalla Scrittura[4] ma è anche quella di rendere visibile l’invisibile. Il presepe inoltre raffigura non solo la nascita del Figlio di Dio ma anche lo stupore[5] di cui parlavamo sopra: ogni statua è infatti ferma, attonita, stupita dinanzi allo stupore del creato per la nascita di Cristo. E’ molto improprio, per quanto molto suggestivo e affascinante, riempire il presepio di effetti speciali: se vi è stupore come è possibile concepire che tutti (o la maggior parte[6]) dei personaggi continui imperterrito a fare il proprio mestiere?
Ma è legittimo fare il presepe, anche in luoghi pubblici? Da un punto di vista profondamente laico e razionale è doveroso rispondere positivamente a questa domanda: esso infatti è espressione di evento realmente accaduto (la nascita di Gesù) cui, ovviamente, i credenti attribuiscono un’accezione teologica (la nascita del Figlio di Dio). Ma rappresenta nondimeno anche la nascita di Gesù, vale a dire di una persona che ha presentato se stesso come Figlio di Dio cui si può liberamente credere e non credere. Nel caso italiano, inoltre, esso rappresenta la nostra comune italianità: anche questa è un’affermazione che non facciamo partendo da un’impostazione teologica bensì da un fatto avvenuto nel Natale 1944 nel Lager tedesco di Wietzendorf dove vennero rinchiusi tantissimi militari italiani[7]. Il Colonnello Pietro Testa, responsabile dei prigionieri italiani di quel campo, volendo «combattere la depressione dei suoi uomini […] ai suoi militari aveva ordinato approssimandosi il Natale: “Qui bisogna fare in modo che in tutte le Stube ci sia un segno del nostro Natale che è il presepio[8]». Il presepio più originale venne realizzato clandestinamente da Tullio Battaglia ed “inaugurato” durante la Messa della Vigilia di Natale (altrettanto clandestina) celebrata avendo come tovaglia d’altare la bandiera italiana tenuta nascosta dai prigionieri. Come ha testimoniato lo stesso Battaglia «Nessuno può dimenticare la Messa di quella notte, celebrata ai piedi di questo presepio. Nessuno lo può dimenticare, nemmeno l’ateo convinto che era stato fino allora malinconico»[9].
Papa Francesco Giovedì 22 Dicembre ha telefonato in diretta ad UnoMattina. I conduttori hanno chiesto al Pontefice un messaggio per l’imminente Natale e Francesco ha augurato a tutti «un Natale cristiano, come è stato il primo, quando Dio ha voluto capovolgere i valori del mondo, si è fatto piccolo in una stalla, con i piccoli, con i poveri, con gli emarginati… La piccolezza. In questo mondo dove si adora tanto il dio denaro, che il Natale ci aiuti a guardare la piccolezza di questo Dio che ha capovolto i valori mondani».
Cerchiamo anche noi di vivere questo Natale come è stato il primo: mentre andiamo in giro per presepi, cerchiamo quindi anche i primi pastori che hanno adorato il Bambino Gesù assumendo lo stesso loro stupore e la loro stessa meraviglia per questo Bambino che è nato per noi.
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[1] Messale Romano, Prefazio di Natale III, Il misterioso scambio di doni.
[2] Sintetizzate efficacemente da Maria nel Magnificat: «l’Onnipotente […] ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli uomini; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote»
[3] Basti pensare al miracolo per eccellenza, testimonianza della validità e della veridicità dell’annuncio cristiano, cioè la Pasqua.
[4] Quelle che la Chiesa Cattolica definisce come le fonti della Rivelazione. Non per nulla il presepio è un fenomeno, con le dovute varianti dovute al tempo ed allo spazio, tipicamente cattolico.
[5] In alcune tradizioni presepiali presente addirittura la definizione di meraviglia per alcune determinate figure.
[6] Sebbene in alcune tradizioni presepiali siano presenti delle figure, ad esempio voltate di spalle alla Natività, simboleggiando il passo del Vangelo di Giovanni «venne tra i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto».
[7] Si tratta degli Internati Militari Italiani, vale a dire soldati italiani che dopo l’8/09/1943 rifiutarono di collaborare con il Reich tedesco scegliendo di prendere la via dei campi di prigionia e di lavoro per non tradire la Patria natia. Ci riproponiamo di tornare in futuro su questo argomento tanto glorioso quanto sconosciuto che ha riguardato i nostri nonni./>
[8] Anna Maria Casavola, Natale 1944 a Wietzendorf in Noi del Lager ottobre/dicembre 2012, cit. in Testimonianze, a cura di Carla Marmo, Asti 2014, p. 6. Il presepe nel 1944 venne visto come segno del NOSTRO Natale. Oggigiorno viene bandito dai luoghi pubblici, in primis le scuole.
[9] Conclude Battaglia:«il Presepio di Wietzendorf continua a raccontare la storia di umili e fieri soldati d’Italia che non accettarono compromessi. Forti del loro giuramento per l’onore militare non lasciarono cadere le loro stellette nel fango». Si tratta di una brevissima pubblicazione, distribuita in fotocopia nel Museo del Tesoro di Sant’Ambrogio dov’è esposto attualmente il Presepe del Lager.
[2] Sintetizzate efficacemente da Maria nel Magnificat: «l’Onnipotente […] ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli uomini; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote»
[3] Basti pensare al miracolo per eccellenza, testimonianza della validità e della veridicità dell’annuncio cristiano, cioè la Pasqua.
[4] Quelle che la Chiesa Cattolica definisce come le fonti della Rivelazione. Non per nulla il presepio è un fenomeno, con le dovute varianti dovute al tempo ed allo spazio, tipicamente cattolico.
[5] In alcune tradizioni presepiali presente addirittura la definizione di meraviglia per alcune determinate figure.
[6] Sebbene in alcune tradizioni presepiali siano presenti delle figure, ad esempio voltate di spalle alla Natività, simboleggiando il passo del Vangelo di Giovanni «venne tra i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto».
[7] Si tratta degli Internati Militari Italiani, vale a dire soldati italiani che dopo l’8/09/1943 rifiutarono di collaborare con il Reich tedesco scegliendo di prendere la via dei campi di prigionia e di lavoro per non tradire la Patria natia. Ci riproponiamo di tornare in futuro su questo argomento tanto glorioso quanto sconosciuto che ha riguardato i nostri nonni./>
[8] Anna Maria Casavola, Natale 1944 a Wietzendorf in Noi del Lager ottobre/dicembre 2012, cit. in Testimonianze, a cura di Carla Marmo, Asti 2014, p. 6. Il presepe nel 1944 venne visto come segno del NOSTRO Natale. Oggigiorno viene bandito dai luoghi pubblici, in primis le scuole.
[9] Conclude Battaglia:«il Presepio di Wietzendorf continua a raccontare la storia di umili e fieri soldati d’Italia che non accettarono compromessi. Forti del loro giuramento per l’onore militare non lasciarono cadere le loro stellette nel fango». Si tratta di una brevissima pubblicazione, distribuita in fotocopia nel Museo del Tesoro di Sant’Ambrogio dov’è esposto attualmente il Presepe del Lager.