venerdì 24 giugno 2016

Obice: Da dove proviene l'ideologia che ancora oggi infesta le scuole e la società?

Nessuna cosa al mondo è priva di origini, tutto ha sempre un inizio, come nel caso delle ostiche ideologie che oggi ci troviamo ad affrontare così cocciutamente proposte nelle scuole e nella società italiane, da parte dell'establishment che guida il Paese, Repubblica e amici docet!

Inciso: saremmo quasi tentati di chiedere l'abolizione della scuola dell'obbligo, in ricordo pure di un famoso articolo del 18/10/1975 di Pasolini, ma ci freniamo, poiché crediamo ancora che nulla sia perduto, poiché tanti sono i genitori (chi meglio di loro!?) preoccupati del bene dei loro figli e interessati a far valere la propria “sovranità” educativa. In questo senso i Family Day, i Comitati DNF art. 26 sono segni di Speranza.

Tornando al discorso iniziale, le sfide odierne all'uomo sono molte: il gender, uno sviluppo tecnico-scientifico spesso usato per fare il male: dalla manipolazione genetica all'utero in affitto, un umanesimo “drammaticamente” ateo materialista e consumistico, la confusione dottrinale teologica nel popolo cattolico etc, ma tutte si ritrovano sotto un unico stendardo, quello della deriva antropologica. La maggior parte di esse ha avuto origine, sebbene alcune provengano da più lontano, tra gli anni '60 e '70; un decennio di tormenti e rivoluzioni, che tutt'oggi continuano, grazie soprattutto alla "rieducazione da PCUS" nelle scuole, il vero punto di partenza per ogni regime totalitario.

Per comprendere meglio ciò, ci faremo aiutare da un testo tratto dalla terza parte di un'inchiesta realizzata da Antonio Socci e Roberto Frontolan per il Sabato, sul finire degli anni Ottanta. Dunque, vi proporremo Tredici anni della nostra storia (1974-1987, supplemento a Il Sabato, anno X, n. 38).


Foto di gruppo con spranghe

La scuola. Per anni si avallò e si giustificò la dilagante, quotidiana e sistematica violenza di spranghe e catene degli ultrà. Ma ancora più perniciosa fu la manipolazione e l'istigazione ideologica della stessa scuola di Stato. C'è da restare senza fiato, oggi, a rileggersi due memorabili volumetti (L. Lami, La scuola del plagio e G.A. Mazzola, La scuola della resa, ed. Armando) che raccolgono un'antologia di un centinaio di libri di testo circolanti in quegli anni nelle scuole statali.

Libri di lettura per le elementari, ad esempio, pieni di lettere di Gramsci, discorsi di Allende, fumetti su Il Manifesto di Marx, racconti sull'attentato di Piazza Fontana, scritti di Che Guevara, ricerche «con la documentazione dei consigli di fabbrica» fino a Marcuse, la Rossanda e Dario Fo.

«Il mio fucile ammazzerà tutti i tiranni» si poteva apprendere nel sussidiario Devi sapere (ed. Atlas). Ed ancora: «I padroni tagliavano i fili della luce per vendere le candele» (ed. Ottaviano). Il libro di lettura per le elementari Uomo come (Fratelli Fabbri editore, attualmente del gruppo Agnelli) catechizzava con Engels («le rivoluzioni sono una conseguenza necessaria...») e spiegava: «E' necessario passare alla lotta di classe... lotta che la prepotenza dei padroni rende necessariamente violenta».

Ma un capolavoro di sensibilità pedagogica fu l'enciclopedia scolastica Io e gli altri tutta volta a spiegare «che la polizia serve per spaccare le teste degli studenti e degli operai, che i bambini non nascono sotto i cavoli, che il lavoro può essere noioso e il capoufficio imbecille... noi proponiamo una visione marxista del mondo». Per questo testo «i preti, gli insegnanti e gli uomini politici dovrebbero essere arrestati, giudicati e condannati per plagio».

Quando nel '73 partirono alcune denunce da varie parti d'Italia per le mascalzonate contenute in quell'enciclopedia, L'Espresso -subito seguito dal coro unanime di tutta la stampa- lancia una «crociata antifascista» (NdR: lo stesso linciaggio che hanno subito e ancora subiscono coloro che negli ultimi tre anni hanno smacherato i pericolosi programmi dell'UNAR, fatto ritirare i libretti pro gender, si pensi al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro; coloro che difendono la famiglia, lottano contro l'utero in affitto, si pensi alla Miriano, ad Adinolfi, Gandolfini...): «È certo una enciclopedia laica, e, se vogliamo, di sinistra, ma più ancora è una enciclopedia moderna, che mette in gioco tutti i portati delle nuove scienze, dall'etologia all'antropologia culturale... è stata lodata perfino da Famiglia Cristiana» (Anche Il Popolo ne tessè le lodi!). Naturalmente gli autori furono ampiamente prosciolti e celebrati come martiri antifascisti. Così i ragazzi nelle scuole di Stato poterono continuare ad apprendere che «gli italiani per obbedire alla Chiesa e al Papa votano Dc» (da Un bel paese, edizioni Zanichelli), e che «dobbiamo finirla con questa società di merda» (da Il Cile non è una favola edizioni piani Ottaviano). E studiare su antologie scolastiche come Armi improprie (si noti il titolo) le cui sezioni erano: «Giustificazione del delitto: l'assassino innocente. Virgilio, uno dei più sinistri rompiscatole. Censura (seguita dal finale di «Ultimo tango a Parigi», scena di brutale assassinio). Il guerrigliero: un riformatore sociale. La borghesia fa massacrare gli operai. Lessico marxista Anarchici e ribelli nei canti del popolo. La classe operaia come potere esecutivo dello Stato».

Era stato per palmo Umberto Eco, dalle colonne dell'Espresso a lanciare la crociata iconoclasta contro i vecchi libri di testo. Per riconoscenza molte nuove antologie stamparono il suo celebre Elogio di Franti, dove un Eco anarco-marxista tesseva le lodi del cattivo Franti che altri non sarebbe se non il «grande» Gaetano Bresci!

«I piccoli vizi della viltà sono più distruttivi di quelli della ferocia» diceva Vincenzo Cuoco, e il vergognoso ottuso conformismo di cui fecero mostra gli «audaci» intellettuali italici (quasi tutti) in quegli anni ebbe infatti i suoi perniciosi effetti.





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Obice: Il futuro dell'occidente: Nel modello romano la salvezza dell'Europa, un saggio da custodire


Ogni buon combattente libero e forte che desidera ardentemente la Verità e il bene il bello sublimi che da essa derivano, deve curare una buona raccolta di libri per almeno due motivi. Il I è legato a un celebre detto monastico “Una casa senza libri è come una fortezza senza armi”, il II a un detto attribuito a San Tommaso d'Aquino: “Cave ab homine unius libri: Guardati dall'uomo che ha letto un solo libro”.

Quindi, per non andare contro questi preziosi suggerimenti, sarà cosa buona e giusta leggere e custodire molti libri, soprattutto i testi fondamentali, come il saggio che dà il titolo a questo articolo, che in Italia apparve nel 1998 per i tipi di Rusconi. Si presenta come un agile suggestivo e autorevole saggio, perché autorevole è il suo autore, il filosofo e medievista francese Rémi Brague, il quale già vent'anni fa intuiva i grandi scossoni della contemporaneità, come la crisi identitaria dell'Europa alle prese con l'islam. Questioni più che attuali. La chiave di volta dell'identità europea è il riconoscere la sua “romanità”: «l’Europa non è soltanto greca, né solo ebraica, e nemmeno greco-ebraica. Essa è altrettanto e decisamente romana. Atene e Gerusalemme, certo, ma anche Roma».

Brague è molto chiaro, è nel modello romano che si trova la salvezza dell’Europa. La romanità è al centro della sua tesi, perché è visto come il vero modello culturale dell’Europa; non è quello greco. Ma cosa significa romanità? Anzitutto capacità di ricevere, conservare e trasmettere quello che altri hanno elaborato: «A differenza dei Greci, che del non dover niente a nessuno, del non aver avuto maestri, fanno un punto d’onore, i Romani riconoscono invece volentieri ciò che devono agli altri».

Tale confessione dell'essere debitori e la conseguente apertura all’universale sono il carattere dell’esperienza romana, un modello vitale per l’Europa di oggi. Roma è “vaso” capace di accogliere, conservare e trasmettere, così come il cristianesimo “contiene” l’ebraismo e l’Antica Alleanza.

L'unico ostalo per la verità ricordata dal filosofo è rappresentato dall'attuale cultura europea, che secondo Brague non è in grado di sapersi pensare se non nella categoria della contemporaneità, perché ha scelto di eseguire una cesura con il passato, con le proprie radici classiche. L’Europa sta rischiando sempre più di uscire dal solco di questa “romanità” e di diventare un universo chiuso, autoreferenziale.

È quello che Brague definisce «marcionismo culturale e tecnico». L’eretico Marcione intendeva recidere le radici ebraiche del cristianesimo rigettando in toto l’Antico Testamento. «Ho definito marcionismo culturale l’atteggiamento che pretende una totale rottura col passato, considerato come non più in grado di insegnarci nulla» scrive Brague. «Ora, ci possiamo chiedere se la modernità non sia minacciata in modo molto particolare da questa eresia. È in ogni caso ciò che dovrà succedere se la modernità è veramente inseparabile dall’idea di un progresso che permetterebbe di dare un congedo definitivo a un passato ritenuto oscuro».

Lo stesso rischio è presente nel rapporto che lega l’uomo alla natura: «La tecnica moderna si basa sul postulato secondo cui bisogna rifare il mondo. Significa dunque che il mondo è fatto male. In questo modo la modernità ha accettato una premessa fondamentale della gnosi: il mondo naturale è malvagio, o in ogni caso non buono. [...] È interessante notare che questa visione del mondo coesiste con il marcionismo in alcuni dei suoi rappresentanti più coerenti. Per esempio Spinoza, che riassorbe nelle leggi della natura in generale l’eccezione che l’uomo sembra costituire, è anche l’autore del Trattato teologico-politico, implicante il rigetto dell’Antico Testamento a profitto di ciò che egli chiama il Cristo».





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mercoledì 22 giugno 2016

Obice: I 5 stelle, un sistema talmente perfetto da non aver bisogno di essere Santi

Dopo i dati ufficiali e i pianti delle persone che amano Torino ci ritroviamo con i pentastellati che governano più di trenta comuni d’Italia.

Invece di essere contenti che finalmente non ci sono più la scie chimiche e non piove più alle 17 di ogni giorno, tutti a lamentarsi e a dire che Torino è destinata al fallimento! Lasciamoli lavorare, #adessotoccaaloro

A beneficio dei nostri lettori proponiamo un breve riepilogo degli eventi che a Torino ci hanno portato fino a qui.

Abbiamo attraversato una campagna elettorale in cui l’elettore medio si è ritrovato spaesato: oltre alle bellissime liste come “AutomobiLista”, “Forza toro”, “Amici 4 zampe” ecc. si è notato uno strano spostamento da destra a sinistra di un nutrito numero di voti, mentre i voti rimasti a destra sono risultati pochi e ininfluenti, poiché i dirigenti locali ( nonché quelli nazionali ) non sono riusciti a mettersi d’accordo, preferendo perdere ognuno per conto proprio.

Per tutta la campagna elettorale infatti Rosso, Napoli e Morano hanno tenuto il centro destra torinese diviso. Un tradimento dell’ideale del centro-destra che è chiamato ad unirsi e a darsi una identità politica chiara. La chiave di volta per questaa identità politica chiara è la priorità architettonica dei principi della vita, della famiglia e di educazione. Questo tradimento è più pericoloso delle vittorie dei pentastellati, perché, da una parte abbandona il centro-destra ad un destino populista e liberale, dall’altra lascia i cattolici, gli appartenenti ad altre confessioni e i non credenti, che condividono la visione antropologica dei primi, privi di una casa "ospitale", in balia di un partito/movimento che assieme al PD costituisce le due facce della stessa medaglia del partito radicale di massa.

Fassino invece si è mosso apparentemente meglio, riuscendo a raccogliere l’appoggio dei mondi più svariati dai kebabbari ai cattolici e passando per tutto quello che può stare nel mezzo.

Tra i cattolici, il più vicino a coloro che stanno scrivendo è Silvio Magliano che, rinnegando il suo passato con il centrodestra torinese, ha deciso di lasciarlo in questo momento di fatica e di bisogno e di scendere in campo tra le fila dei Moderati, storica lista organica al PD che riesce egregiamente a compiere la sporca pratica di prendere i voti a destra e spostarli a sinistra.

Il danno più grave, infatti, è stato la legittimazione da parte dei cattolici della sinistra, ormai il concetto di “meno-peggio” si è trasformato da “male minore” (e quindi male, cioè da evitare) a “scelta saggia”, cioè quella scelta che permette ai cattolici di mantenersi il loro recinto in cui possono continuare a giocare a fare i buoni e caritatevoli. I cattolici, cioè, si sono auto-declassati ad animale in via di estinzione, che accetta di vivere in cattività purché gli sia data la possibilità di sopravvivere.
In questo senso non appare appropriata neanche l’iniziativa "ghetto" del Popolo della famiglia.

Nonostante queste mosse da manuale la coalizione cosiddetta di "centro-sinistra" non ha vinto al primo turno e neanche al secondo. Fassino non è riuscito a guadagnare nessun voto tra il primo ed il secondo turno, mentre Appendino è riuscita a risalire molto, probabilmente perché in molti sono andati a votare solo al secondo turno e una parte della destra ha deciso di appoggiarla.
Il centro-destra Torinese, diviso e privo di radici, ha colto l'ennesima occasione per dimostrare la sua pochezza e inconsistenza politica, dilapidando l’esiguo numero di voti raccolti al primo turno e svendendolo ai cinque stelle senza chiedere nulla in cambio.

Nella desolazione totale il Movimento ha colto la palla al balzo proponendosi come partito della protesta ma allo stesso tempo come forza seria realmente in grado di cambiare il sistema Torino, o almeno la prima che è arrivata al ballottaggio dal lontano 2001.
Vedremo se il nuovo sistema Torino soddisferà gli elettori che hanno votato in massa la nuova sindaca di tutti.
Le aspettative non sono delle migliori, sappiamo già che nello staff di Appendino sono presenti i leader del mondo LGBT come Battaglia, Giusta e Giordana. Speriamo che non siano presenti anche i controllori della raccolta differenziata, come invece è accaduto a Parma.

Cosa più importante di tutte speriamo che oltre al ripristino della forca ci sia anche e soprattutto un santo alla Cafasso.





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Congedo con onore: The Giver: Se non possiamo sentire, vivere che senso ha?







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martedì 21 giugno 2016

Come eravamo: La libertà di scuola

Questo testo fa parte di "La politica, per chi, per cosa", supplemento a "il Sabato" n. 22 del 30 maggio 1987, p.77-78
Aldo Moro, da «Civitas», 5 maggio 1952 

Ora appunto la libertà d'iniziativa scolastica, così com'è stata or ora delineata (e corrisponde ad un ordinamento sociale di vera e sostanziale ispirazione liberale), non sarebbe compiuta e concreta, se, pur data a tutti la possibilità di insegnare in accordo con le scelte ideologiche proprie della società, non fosse poi attribuita a tutte le iniziative che hanno una reale intrinseca efficienza educativa un pari valore sociale, un'eguale efficacia discriminativa in rapporto alla funzione selettiva e qualificativa che alla scuola, specie nelle forme moderne di organizzazione ed in ispecie in Italia, viene attribuita. Ciò vuol dire in via preliminare un riconoscimento appunto di efficienza di idoneità specifica a svolgere nella società il proprio ufficio educativo, e poi in modo significativo l'attribuizione di un potere selettivo degli educandi in rapporto ai compiti che essi sono chiamati ad assolvere nella società. Accanto alla scuola il cui libero funzionamento è consentito e che può essere prescelta in vista del suo modo d'istruire e di educare vi è dunque una scuola qualificata in ragione della sua efficienza organizzativa e didattica e dell'attitudine ad essa riconosciuta in conseguenza di rilasciare titoli validi per l'assolvimento dei compiti sociali. Una vera attuazione del principio di libertà scolastica, una interpretazione non formalistica ma sostanziale di esso richiedono che questo riconoscimento di efficienza spetti a tutte le scuole che lo meritino, quale che sia l'iniziativa, pubblica o privata, alla quale esse fanno capo, e che egualmente a tutte sia affidato il compito fiduciario di discriminare, per conto della collettività, i capaci dagli incapaci. 






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Come eravamo: Comunità intermedie di libertà

Questo testo fa parte di "La politica, per chi, per cosa", supplemento a "il Sabato" n. 22 del 30 maggio 1987, p.76
Aldo Moro, intervento all'Assemblea Costituente, 24 marzo 1947 

Il parlare (...) di diritti dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali, mette in chiaro che la tutela accordata a queste formazioni non è niente altro che una ulteriore esplicazione, uno svolgimento dei diritti di autonomia, di dignità e di libertà che sono stati riconosciuti e garantiti in questo articolo (art. 2) costituzionale all'uomo come tale. Si mette in rilievo cioè la fonte della dignità, dell'autonomia e della libertà di queste formazioni sociali, le quali sono espressioni della libertà umana, espressione dei diritti dell'uomo, e come tali debbono essere valutate e riconosciute. In questo modo noi poniamo un coerente svolgimento democratico, poiché lo Stato assicura veramente la sua democraticità, ponendo a base del suo ordinamento il rispetto dell'uomo guardato nella molteplicità delle sue espressioni, l'uomo che non è soltanto singolo, che non è soltanto individuo, ma che è società nelle sue varie forme, società che non si esaurisce nello Stato. Lo Stato veramente democratico riconosce e garantisce non soltanto i diritti dell'uomo isolato, che sarebbe in realtà un'astrazione, ma i diritti dell'uomo associato secondo una libera vocazione sociale.





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