Il Consiglio regionale della Toscana, guidato dal piddino Eugenio Giani, ha approvato a larga maggioranza - 27 voti a favore (Pd, Iv, M5s, gruppo misto) e 13 contrari (FdI, FI, Lega); una consigliera del Pd si è astenuta - la proposta di legge di iniziativa popolare “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n.242/2019” promossa dall'associazione radicale Luca Coscioni, di cui è tesoriere Marco Cappato.
La procedura prevista, ricalca difatti quanto a suo tempo stabilito dalla Corte costituzionale nella famosa sentenza 242/2019, che sciolse l’ipotesi di reato a carico di Marco Cappato, depenalizzando l’aiuto al suicidio e abolendo l’articolo 580 del Codice penale, che ne prevedeva una esplicita sanzione.
Rigettata in altri quattro consigli regionali (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lombardia), la legge mantiene il principio della morte assistita come «erogazione di una prestazione sanitaria suddivisa in più fasi» (preambolo della proposta di legge) ma è stata modificata così da perdere una parte del suo esplicito carico ideologico di affermazione di un preteso e inesistente “diritto di morire” (tra l'altro, formalmente negato dalla Corte costituzionale) e di presentare la descrizione di una “burocrazia della morte” che stabilisce il modo per ottenere «la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile».
Emerge, fin troppo, una situazione surreale: il sistema sanitario nazionale, che ha problemi a soddisfare le richieste di molti malati richiedenti aiuto nel vivere nel mondo migliore, dovrà accogliere e soddisfare le richieste di chi invece chiede di morire.
Così la Toscana ha perso quel primato che aveva guadagnato il 30 novembre 1786, ossia di essere stata il primo stato al mondo (all'epoca granducato sotto Pietro Leopoldo) ad aver abolito la pena di morte. Duecentotrent'anni dopo, l'ha reintrodotta e questa volta non per punire i colpevoli, ma bensì per scartare gli "indesiderati".
Una inquietante deriva contro cui hanno preso posizione prima i vescovi della Conferenza episcopale toscana con una nota e poi il loro presidente cardinale Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena, in una intervista ad Avvenire.
«Prendiamo atto - ha affermato sua eminenza - della scelta fatta dal Consiglio regionale della Toscana, ma questo non limiterà la nostra azione a favore della vita, sempre e comunque – ha dichiarato il cardinale a nome di tutti i vescovi –. Ai cappellani negli ospedali, alle religiose, ai religiosi e ai volontari che operano negli hospice e in tutti quei luoghi dove ogni giorno ci si confronta con la malattia, il dolore e la morte dico di non arrendersi e di continuare ad essere portatori di speranza, di vita. Nonostante tutto. Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti».