Per
quanto riguarda i peccati, la Chiesa Cattolica afferma delle verità
semplicissime sebbene oggigiorno ignorate dai più: essi sono causati
dal Diavolo («Rinunciate
a Satana, origine e causa di ogni peccato?»),
sono tollerati da Dio all’interno del suo imperscrutabile piano
provvidenziale di salvezza e sono personali,
ossia
commessi
dal singolo uomo che volontariamente non accetta la Legge di Dio
sintetizzata nei Dieci Comandamenti. Esistono altresì peccati
collettivi
ma
ciò non vuol dire che la colpa è ripartita equamente tra le parti,
bensì che una collettività espressamente ha deciso di non aderire
alle Leggi divine («Per
mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa»:
la liturgia non lascia scampo a giustificazioni diverse): stesso
discorso si può fare per i meriti e le preghiere.
Logicamente,
poiché «a
chi ha, sarà dato e sarà nell’abbondanza»,
i peccati di un uomo di governo sono più gravi di quelli di un
semplice cittadino poiché egli deve avere una condotta atta a far si
che nelle sue azioni si rifletta l’opera del Sommo Giudice e
Creatore del Mondo che è Iddio: se, dunque, i peccati degli uomini
di governo sono pubblici e portano a peccare tutta la collettività
(come avviene nel caso della difesa, o nella propaganda, o
nell’introduzione di leggi contrarie alla Legge naturale e/o
divina) questi saranno ancora più gravi e con il passare del tempo,
in virtù dell’intrinseco carattere pedagogico di qualsiasi legge,
quella società si troverebbe nella condizione di peccare
collettivamente
più o meno consciamente e i pochi timorati di Dio dovranno
barcamenarsi, come la nave scossa dalla tempesta, per viver in una
società ingiusta che li spinge a peccare o, quantomeno, ad omettere
il più possibile le azioni meritorie.
Altra
precisazione dovuta riguarda il fatto che, poiché tutta la natura
umana è stata ferita dal peccato originale (e non solamente una sua
parte come potrebbe essere una singola facoltà), i peccati che
discendono da esso possono riguardare tutta la vita dell’uomo ossia
«pensieri,
parole, opere e omissioni»:
di conseguenza, anche le buone opere riguardano tutta la vita umana
poiché Cristo ha assunto e redento per intero la natura umana
giacché non è possibile che il Figlio di Dio compisse qualcosa in
maniera incompleta in quanto verrebbe meno alla sua perfetta natura
divina.
Se,
dunque, ogni singola azione dell’uomo potrebbe essere (condizionale
d’obbligo) soggetta al peccato, ne consegue che anche l’esercizio
della politica e del moderno diritto di voto è fonte di meriti o
demeriti e potrebbe favorire o inficiare la salvezza dell’anima di
quella persona: non esistono infatti due persone mentre si commette
un’azione (A fa il bene / A’ fa il male) bensì come una sola è
la persona, così saranno personali le azioni, meritorie o dannose,
che la riguardano.
Poiché
Iddio ha fatto, e continua a fare, ogni cosa con somma sapienza
volendo salvare tutti gli uomini, non solo ha inviato il Suo
Unigenito a redimere l’umana
generazione
ma ha permesso che dopo la sua Ascensione al Cielo ogni uomo possa
godere dell’aiuto divino sia per mezzo dei Sacramenti sia con la
trasmissione e la custodia della fede prima tramite gli Apostoli e,
dopo la loro morte, per mezzo dei loro successori, ossia i Vescovi,
tra cui spicca, logicamente, il Successore di Pietro nella Sede di
Roma, ovvero il Papa, il quale, per esplicito mandato di Cristo, deve
confermare e custodire i suoi fratelli e tutte le pecore del gregge
dell’unico vero divino Pastore.
Nel
Nuovo Testamento, il ritratto a tutto tondo del Vescovo è data da
San Paolo in diverse sue Lettere le quali, essendo Parola di Dio, non
possono essere lette in maniera storicistica (ossia ritenendole
proprie di quel
tempo
e
quella cultura):
se, dunque, Paolo afferma che il Vescovo debba intervenire in
maniera opportuna ed in maniera inopportuna
per contrastare e confutare le
velenose favole
che sorgeranno contro la retta dottrina, il suo insegnamento non si
riferisce solo alle eresie del primo secolo bensì a tutta la Chiesa
di tutti i tempi. Il Vescovo, inoltre, secondo le parole di Cristo
stesso, deve essere Pastore e non mercenario «che
vede venire il lupo e fugge»;
non si deve dimenticare, poi, che il Vescovo, essendo successore
degli Apostoli, sa bene che essi hanno preferito «obbedire
a Dio piuttosto che agli uomini»
contravvenendo ai divieti imposti dai “principi di questo mondo”
decidendo di testimoniare pubblicamente Cristo fino al martirio.
Appare
evidente – senza doverlo né specificare né descrivere
minuziosamente – come sia scomparsa dalla predicazione della Chiesa
sia la nozione di peccato
che di peccato
collettivo
e che, contemporaneamente, si stia prepotentemente affermando l’idea
che il Vescovo non debba più correggere ma al massimo indirizzare
sia il suo clero che il suo gregge, sottintendendo pertanto che non
esiste differenza ontologica bensì solo funzionale tra le membra
della Chiesa: cosi non può essere, però, per il semplice fatto che
il Vescovo, in quanto ha la pienezza sacerdotale, è essenzialmente
superiore (ed in un certo senso differente) sia dal clero che dai
fedeli laici.
Se
il sacerdote deve solamente accompagnare,
il Vescovo al massimo può gestire
una determinata Diocesi ed entrambi sono
passati ad essere da dispensatori della grazia di Dio a meri
funzionari amministrativi che si limitano alla celebrazione
eucaristica
(di
Confessione e altri Sacramenti manco a parlarne). Similmente ci si
rifiuta di ammettere a tutti i livelli che se il popolo è smarrito,
è innanzi tutto colpa del clero che o ha cessato di essere guida o
ha insegnato impunemente errori più o meno gravi da diversi anni a
questa parte: è altresì chiaro (ma ovviamente negato “dai piani
alti”), inoltre, che le nuove generazioni che si formano nei
seminari sono a loro volta indotte all’errore da parte di falsi
maestri
che
insegnano favole
(in altri termini, eresia chiama altra eresia) formatisi nei
tristemente anni della “fantasia al potere”.
Fatta
questa duplice quanto lunga premessa, veniamo a noi: il prossimo 4
Marzo ci saranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento italiano
ed è chiaro che ci sono partiti, coalizioni e singoli candidati (la
maggioranza, in verità) che sfidano apertamente sia la Legge
Naturale che la Legge Divina ed è ulteriormente vero che ve ne sono
altrettanti che sono conniventi con chi predica, pratica, autorizza,
propone, propaga la Cultura della Morte ed i (presunti) diritti della
Scimia
Dei.
Ma
c’è un Partito, ed una persona, che spicca per la protervia con
cui si istiga, si cerca e si propugna la pratica di pubblici peccati
ed il sovvertimento di ogni Diritto insito nel cuore dell’uomo: è
il Partito Radicale (che ora si chiama +Europa) la cui Leader, Emma
Bonino, ha deciso di candidarsi nel Collegio del Centro di Roma: non
vi è alcun dubbio che la sua scelta è stata voluta e ricercata,
come se fosse sulla scia dell’universo anticattolico ed
anticlericale che, invasa Roma nel 1870, si mise ad erigere
monumenti, chiese protestanti e altri ammennicoli contrari alla
Chiesa in prossimità o nei medesimi luoghi cari alla fede dei primi
martiri e trasmessa dai successori degli Apostoli e dai Romani
Pontefici.
Ma
c’è anche da aggiungere un’altra questione, passata in sordina,
ossia il fatto che in alcune Regioni ci sarà anche il rinnovo della
Giunta e del Consiglio regionale e tra queste spicca il Lazio con la
probabile riconferma di Nicola Zingaretti. Per chi non fosse
aggiornato, Zingaretti ha lavorato ogni giorno della sua
amministrazione per poter allargare le possibilità di abortire nel
Lazio, guidando una vera e propria guerra all’obiezione di
coscienza sia a livello ambulatoriale che ospedaliero. Il fratello di
Montalbano, come lo chiamano i suoi, ha anche all’attivo altre
nefandezze contro la Legge Naturale e/o Divina ma già questo suo
intervento a gamba tesa sulla questione dell’omicidio di Stato
dovrebbe essere un campanello di allarme per chiunque abbia a cuore i
cosiddetti “valori non negoziabili” e il rispetto della dignità
di ogni persona umana.
Non
si è invece alzata pressoché nessuna voce autorevole in difesa dei
Diritti di Dio, della Chiesa e dell’Uomo: soprattutto, non si è
alzata la voce dei Pastori i quali non hanno messo in guardia il
proprio gregge da questi invasori che non sono altro che mercenari al
soldo di Mammona.
Solamente
qualche coraggioso l’ha fatto, come chi ha scelto volutamente
(Adinolfi e Iadicicco) di candidarsi contro la Bonino in quel
Collegio sfidando ad una vera e propria battaglia valoriale tra la
Sfera
e la Croce.
Ma le voci autorevoli dovevano essere ben altre!
I
Vescovi, compreso il Vicario del Santo Padre, sono stati muti, ma non
come fu muto “l’agnello di Dio condotto al macello”, bensì
come i conniventi con il peccato denunciati da Geremia.
I
Presuli laziali, infatti, non sembra che abbiano parlato apertamente
contro gli attuali nemici di Dio, agendo come ordina Paolo, ossia
opportune
et inopportune
– beninteso: qualora sia avvenuto siamo pronti a scusarci
pubblicamente!
Ci
dispiace dover dire queste cose perché accanto a Vescovi pavidi e
attenti più all’audience mediatica che alla salus
animarum
(“si dice il peccato, non il peccatore”) ve ne sono nel Lazio
altri che – siamo certi – darebbero la vita senza tentennamenti
pur di salvare una sola anima dalle grinfie del Demonio.
Poiché,
tuttavia, come diceva Santa Giovanna d’Arco, «bisogna
dar battaglia affinché Dio conceda la vittoria»
non era bene che il Pastore alzasse il proprio Pastorale indicando
chiaramente contro quale nemico si combatte (benché non
di carne e sangue,
come direbbe sempre l’Apostolo)?
E
le domande che si presentano nella mente di un semplice fedele sono
due, lapidarie quanto drammatiche: 1) Perché avete taciuto? 2) Siamo
certi che il buon Don
Camillo Ruini sarebbe stato muto?
sabato 3 marzo 2018
Conversazione al fronte: Intervista a Fabio Torriero: «Le categorie destra e sinistra sono morte, le ideologie ottocentesche finite; l’unico vero bipolarismo oggi è tra bene e male, falso e vero, verità ed errore, cultura della vita e della morte»
QUINTA PUNTATA DELL’INCHIESTA SUL VOTO CATTOLICO. Anche
Fabio Torriero è stato invitato a dare ragione della battaglia
culturale e politica del Popolo della Famiglia. Autorevole
giornalista professionista, comunicatore e spin doctor di
parlamentari e ministri, con un "compito speciale": girare
in lungo e in largo l'Italia, per curare la formazione sulla comunicazione e la politica dei militanti del PDF. Ha scritto diversi
libri, tra cui: Il futuro dei cattolici in politica. Dalla DC al
family day, la sfida alla società radicale di massa; L'illuminismo è
finito... ma non andiamo in pace. I cattolici tra il califfo
(l'ISIS), Robespierre (il laicismo) e Frankenstein (il gender)
[inchiesta
nata dalla sinergia tra i siti La Baionetta Pepe e The Debater]
Dottor Torriero, valeva la pena far nascere il PDF: qual è il contributo che PDF porta alla cultura e potrebbe portare alla politica italiana ed europea?
Ne valeva certamente la pena. Al di là del risultato del 4 marzo, che noi auspichiamo positivo (ossia, il raggiungimento della soglia del 3% e quindi, la formazione di una cospicua pattuglia omogenea di credenti in parlamento), il processo storico di sensibilità antropologica è comunque iniziato e non si fermerà. Il contributo che porta il Popolo della Famiglia è innanzitutto politico. Ma la sua battaglia non può non determinare anche una grande rivoluzione culturale, destinata a incidere nelle coscienze. Puntare sulla famiglia vuol dire far rinascere i valori e l’economia. L’Italia può diventare un modello storico alternativo, basato sul primato del diritto universale a nascere, sul diritto di un figlio ad avere un padre e una madre, sul diritto dei malati, dei piccoli e degli anziani a non essere lasciati soli, sulla centralità della famiglia. Sto parlando dei principii non negoziabili che dovrebbero essere la base di una comunità umana organizzata. Così in Italia, cosi pure in Europa, visto che la Ue ha rinunciato a fondare il suo dna (il preambolo della Costituzione) sulle radici cristiane, partendo unicamente da quelle illuministe.
Crede che dopo il 5 marzo, qualsiasi risultato raccolgano Popolo della Famiglia e Comitato Difendiamo i Nostri Figli, sarà possibile un'esperienza di riavvicinamento e condivisione tra di essi?
Non ci sarà un riavvicinamento perché non c’è stato un allontanamento. Si tratta semplicemente della presa d’atto di due strategie totalmente diverse. Il Cdnf ha esaurito la sua funzione. Era legato alla contestazione di piazza di leggi contrarie al diritto naturale e al magistero della Chiesa, e ora in occasione delle elezioni ha ritenuto opportuno (per questo la sua esperienza si è conclusa) inserire alcuni suoi esponenti nelle liste di quei partiti del centro-destra, che per Gandolfini possono ancora svolgere un ruolo positivo. Chi invece, tra gli altri responsabili del Cdnf, Mario Adinolfi, Gianfranco Amato, Nicola Di Matteo, ha dato vita al Pdf, pensa che al contrario, un soggetto politico unitario dei credenti, aperto pure ai non credenti, ma nella comune lotta per difendere e affermare i principii non negoziabili, sia più efficace per rispondere al laicismo, alla società radicale di massa che i provvedimenti approvati (divorzio breve, unioni civili, biotestamento) e quelli che vogliono approvare (gender nelle scuole, liberalizzazione delle droghe, adozioni gay, matrimoni egualitari), stanno imponendo con la velocità del turbo.
Io penso che la posizione del Cdnf sia insufficiente ed estremamente pericolosa. Per due ragioni. Primo, consigliare i partiti che hanno tradito il Family Day è un errore (basta ricordare come si sono comportati alla Camera e al Senato quando si è votato per le suddette leggi). Fdi, Lega e Fi ormai sono totalmente laiciste. L’identità antropologica è assolutamente secondaria e marginale rispetto alla matrice modernista (la Bongiorno nelle liste della Lega, la proposta di aprire le case di tolleranza; gli errori lessicali e culturali della Meloni a proposito di famiglia tradizionale e non naturale; la pascalizzazione di Fi etc). Secondo, senza una traduzione politica, credenti con credenti e non con liberisti, statalisti, atei, nazionalisti, europeisti, massoni, il Family Day rischia di trasformarsi in un’eterna occasione mancata. Una sorta di ruggito del topo, frustrato e impotente. A cosa è servita la grande mobilitazione del Circo Massimo contro la Cirinnà, subito tradita dai cosiddetti cattolici nei partiti? A nulla. Molto meglio l’opzione Pdf.
Inoltre, siete consapevoli che occorrerà lavorare non solo per “mantenere sani” i rapporti con il Comitato DNF e le altre forze disposte a fare la strada insieme a voi, bensì anche per costruire un fronte della vita, che sappia rappresentare i principi e i valori universali importanti per tutti gli uomini dotati di buon senso comune, cattolici e non? Ormai, categorie come centro-destra e centro-sinistra risultano obsolete, a causa di uno scenario internazionale e nazionale in cui è evidente l'attacco della “cultura della morte” o partito radicale di massa (come avrebbe detto Augusto del Noce) alla giusta visione antropologica della vita e della realtà.
Ripeto, sono due visioni opposte. Se diverranno o torneranno complementari non so dirlo. Per ora c’è un’urgenza, una priorità epocale. Siamo in una repubblica parlamentare e le cattive leggi fanno costume, rovinano la società e la vita dei nostri figli. Mi sembra che la strategia politica del Pdf sia più seria. L’altra, movimentista o associativa, gioca troppo sul lungo periodo. Per carità, ognuno la pensa come vuole. Certamente il nemico è lo stesso. Le categorie destra e sinistra sono morte, le ideologie ottocentesche finite; l’unico vero bipolarismo oggi è tra bene e male, falso e vero, verità ed errore, cultura della vita e della morte. Rendiamocene conto. Chi resta dentro le categorie del novecento (cattolici liberali, cattolici conservatori, cattolici progressisti), sta fermo. Il pensiero unico laicista, nella sua esplicazione legislativa, fa bloccato subito, e lo si fa col voto, non nei salotti o con la mera raccolta di firme e petizioni.
Lei è un esperto di comunicazione e si è occupato molto della formazione culturale e politica dei militanti del PDF. Quali autori e opere “di pensiero forte” consiglierebbe a cattolici e non cattolici di buona volontà? E a riguardo dei soli cattolici, quanto ritiene fondamentale la loro unità culturale e teologica?
Per quanto riguarda i cattolici, suggerisco Edith Stein, che dà un grande contributo a ricomporre la diaspora tra cattolici della morale e cattolici del sociale, tra cattolici della verità e cattolici della misericordia, che oggi possiamo declinare nel falso scontro tra muri e ponti. La Stein diceva che non c’è verità senza amore, ma non c’è amore senza verità. Per il disegno antropologico consiglio a tutti i libri di Marcello Veneziani, specialmente Tramonti, nel quale centra perfettamente la crisi del cristianesimo oggi e offre degli spunti per risalire la china. Poi, tutti i libri di Bernanos.
Ha anche scritto un interessante libro: Il futuro dei cattolici in politica. Dalla DC al family day, la sfida alla società radicale di massa. Ce ne può parlare brevemente? Sbaglio o nel titolo è presente un riferimento proprio ad Augusto Del Noce? Se sì, quanto ne considera importante il pensiero?
Un grande maestro. Il termine poi, è stato perfezionato da Pasolini nei suoi libri Scritti Corsari e Lettere Luterane. Si tratta di autori profetici. Il 1974 non ha visto la vittoria del divorzio come vittoria dei diritti civili, ma dei diritti del consumatore: il perfetto consumatore non può non essere - dicevano - un perfetto divorzista e abortista. I due giganti hanno unito l’influenza malefica del modello economico liberista, il dominio della tecnica e il libertarismo del ’68. Un mix esplosivo che ha partorito i mali della società attuale.
Nel mio libro opero una riflessione generale sulla crisi della modernità illuminista, che nel nome del cosmopolitismo e del cittadino globale, si nasconde l’apolide (l’etno-sostituzione, senza identità storica, culturale, religiosa; il precario, senza un’identità lavorativa e sociale; e il liquido, senza un’identità sessuale e biologica; arrivando a porre la questione dei credenti in politica, dopo il fallimento dello schema-Ruini (i cattolici nei partiti). C’è da riprendere e attualizzare il lascito del Ppi di don Sturzo e del Family Day per preparare la Solidarnosc italiana.
Lettera dal fronte: Una lettera aperta a noi
Cari amici de "La
Baionetta", di “The Debater" e di "Pepe",
sin dalla comparsa nella blogosfera, caratterizzati da quella "lieta baldanza" di cui spesso noi giornalisti non abbiamo nemmeno memoria, siete un'imprescindibile lettura per chiunque voglia abbeverarsi a una fonte schietta d'informazione "non conforme" (sicuramente per me, che cerco di non soffocare la curiosità). La serie di interviste sul "voto cattolico" che ci state proponendo come aiuto al giudizio, in questi ultimi giorni pre-elettorali, sono un'ulteriore e significativa conferma della qualità e del valore del vostro lavoro da autentico "samizdad". Proprio la lettura di questi dialoghi con autorevoli campioni dell'impegno o dell'analisi politica, mi ha suscitato le riflessioni che mi permetto d'inviarvi in forma di lettera. Se lo riterrete di qualche utilità, onorato dell'eventuale pubblicazione sulle vostre "colonne virtuali".
Mi piace condividere alcuni (s)punti in merito alla circostanza del prossimo voto politico, da cui ci separa ormai poco. Non un endorsement (ammesso che conti qualcosa l'annuncio della mia opzione, devo autodenunciarmi ancora appartenente alla categoria degli "indecisi") e nemmeno un esercizio di stile. Proprio solo delle notarelle di un "soldato semplice".
Provo a procedere con un po' di ordine.
1) Il nostalgismo di (mai esistite) "età dell'oro".
Non è fuori luogo, con voi, citare Tolkien. In particolare, la risposta che Gandalf dà a Frodo quando questi rassegnato ammette che "Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni!". La guida della Compagnia gli replica: "Anch'io come d'altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato".
Lo Scudocrociato, la Lira, piuttosto che "i gloriosi anni di Ruini e Ratzinger": tante, troppe cose rimpiangiamo, maledendo questo tempo e il suo spirito, nel nostro sempre più "meramente reattivo" mondo di cattolici non dimentichi della Tradizione e della Dottrina. Sembra non esserci una capacità di presenza nelle "condizioni date". Ma la politica non può non partire da una realistica considerazione di queste. Anche per cambiarle (non tutto è gestione o tecnicalità). L'unica nostalgia buona è quella "del futuro". La lezione di Antoine de Saint-Exupéry dovrebbe sempre esserci presente: "Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare".
2) Il purismo e, all'opposto, il tatticismo del seggio "octroyée". Due cose sbagliate non ne fanno una giusta.
I cattolici italiani, per calcolo o per minorità, accettata come ineluttabile la "diaspora politica", hanno consumato le loro energie o in velleitari tentativi (identitari, veterodemocristiani o moderatisto) o nella ricerca, in ultimo sempre dentro logiche cortigiane e piegati al tatticismo dell'algebra elettoralistica, di posti concessi. Questo, incapaci di un virtuoso extraparlamentarismo intensamente politico o di una difesa della rappresentanza "dal basso", non sono (non siamo, ché non si può pilatescamente lavarsene le mani e fuggire al dovere dell'autocritica) stati capaci d'innescare processi che conducessero all'addensarsi in un vero "movimento popolare", in e da cui scaturissero "nuovi leader".
I "Family Day" autoconvocati sono stati un'occasione smarrita. Non di meno lo è l'incapacità di dare consistenza e conseguenza politica al poliedrico agire sociale organizzato (e "le opere" diventano neutri "servizi").
3) La falsa contrapposizione tra identità e responsabilità. Tra Salvini e Alfano, Tertium datur (o almeno dovrebbe).
La difesa della "Libertas Ecclesiae", cioè della libertà che tutte le libertà davvero tutela e garantisce, chiede il giusto realismo. Uscire da ogni "necessità dello stare al governo", ma anche rifiutare il mero "spirito d'opposizione a tinte complottiste".
Ciò considerando, una domanda: perché si è lasciato l'europeismo alla Bonino, cioè si è ultimamente collaborato a consentire la sola sua declinicazione tecnocratica e totalitariamente relativista?
E un'altra: non si poteva avere una colonna sonora meno stracciona di Povia e delle sue hit complottarde?
4) Quelli che... votiamo grillino, sarà la tempesta perfetta. L'importante è "mai coi rossi"
A Torino ci hanno messo poco a cambiare idea (ma a dire "ci siamo sbagliati" sembrano non riuscirci) gli "anticomunisti per Appendino". Quelli che ci spiegavano che "il nemico del mio nemico è mio amico", e che ora si trovano con in mano un pugno di mosche.
Anche qui, una domanda (alla Giuliano Ferrara): perché non si riesce a far tesoro, con patriottismo costituzionale e repubblicano, di ciò che si può salvare di montismo e renzismo?
Si vota in forza di un'identità, ma non è ciò che votiamo ad essere identità. Se no, finiamo col ridurci al tifo.
5) Che fare? Dal 5 marzo
Ci sarà, molto probabilmente, un'ulteriore fase di "larghe intese". I partiti e gli schieramenti si scomporranno e rimoduleranno. I cattolici, accogliendo appieno il "magistero politico" di Papa Francesco, potrebbero giocare un ruolo non secondario (finalmente!). Ritrovando un'unità di dottrina e di azione, liberandosi dall'idea che "la politica è tutto" (anche se "tutto è politica") essere capaci di una cura della "cosa pubblica" e di una riabilitazione della politica (e della democrazia) generando "istituzioni nuove". Su questa sfida realtà come "La Baionetta" (non c'è politica senza cultura) potranno essere avanguardia.
Finiamola qui, forse sono stato anche troppo lungo. Davvero, però, il vostro lavoro è pro-vocante.
Un abbraccio, cari amici
Marco Margrita
sin dalla comparsa nella blogosfera, caratterizzati da quella "lieta baldanza" di cui spesso noi giornalisti non abbiamo nemmeno memoria, siete un'imprescindibile lettura per chiunque voglia abbeverarsi a una fonte schietta d'informazione "non conforme" (sicuramente per me, che cerco di non soffocare la curiosità). La serie di interviste sul "voto cattolico" che ci state proponendo come aiuto al giudizio, in questi ultimi giorni pre-elettorali, sono un'ulteriore e significativa conferma della qualità e del valore del vostro lavoro da autentico "samizdad". Proprio la lettura di questi dialoghi con autorevoli campioni dell'impegno o dell'analisi politica, mi ha suscitato le riflessioni che mi permetto d'inviarvi in forma di lettera. Se lo riterrete di qualche utilità, onorato dell'eventuale pubblicazione sulle vostre "colonne virtuali".
Mi piace condividere alcuni (s)punti in merito alla circostanza del prossimo voto politico, da cui ci separa ormai poco. Non un endorsement (ammesso che conti qualcosa l'annuncio della mia opzione, devo autodenunciarmi ancora appartenente alla categoria degli "indecisi") e nemmeno un esercizio di stile. Proprio solo delle notarelle di un "soldato semplice".
Provo a procedere con un po' di ordine.
1) Il nostalgismo di (mai esistite) "età dell'oro".
Non è fuori luogo, con voi, citare Tolkien. In particolare, la risposta che Gandalf dà a Frodo quando questi rassegnato ammette che "Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni!". La guida della Compagnia gli replica: "Anch'io come d'altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato".
Lo Scudocrociato, la Lira, piuttosto che "i gloriosi anni di Ruini e Ratzinger": tante, troppe cose rimpiangiamo, maledendo questo tempo e il suo spirito, nel nostro sempre più "meramente reattivo" mondo di cattolici non dimentichi della Tradizione e della Dottrina. Sembra non esserci una capacità di presenza nelle "condizioni date". Ma la politica non può non partire da una realistica considerazione di queste. Anche per cambiarle (non tutto è gestione o tecnicalità). L'unica nostalgia buona è quella "del futuro". La lezione di Antoine de Saint-Exupéry dovrebbe sempre esserci presente: "Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare".
2) Il purismo e, all'opposto, il tatticismo del seggio "octroyée". Due cose sbagliate non ne fanno una giusta.
I cattolici italiani, per calcolo o per minorità, accettata come ineluttabile la "diaspora politica", hanno consumato le loro energie o in velleitari tentativi (identitari, veterodemocristiani o moderatisto) o nella ricerca, in ultimo sempre dentro logiche cortigiane e piegati al tatticismo dell'algebra elettoralistica, di posti concessi. Questo, incapaci di un virtuoso extraparlamentarismo intensamente politico o di una difesa della rappresentanza "dal basso", non sono (non siamo, ché non si può pilatescamente lavarsene le mani e fuggire al dovere dell'autocritica) stati capaci d'innescare processi che conducessero all'addensarsi in un vero "movimento popolare", in e da cui scaturissero "nuovi leader".
I "Family Day" autoconvocati sono stati un'occasione smarrita. Non di meno lo è l'incapacità di dare consistenza e conseguenza politica al poliedrico agire sociale organizzato (e "le opere" diventano neutri "servizi").
3) La falsa contrapposizione tra identità e responsabilità. Tra Salvini e Alfano, Tertium datur (o almeno dovrebbe).
La difesa della "Libertas Ecclesiae", cioè della libertà che tutte le libertà davvero tutela e garantisce, chiede il giusto realismo. Uscire da ogni "necessità dello stare al governo", ma anche rifiutare il mero "spirito d'opposizione a tinte complottiste".
Ciò considerando, una domanda: perché si è lasciato l'europeismo alla Bonino, cioè si è ultimamente collaborato a consentire la sola sua declinicazione tecnocratica e totalitariamente relativista?
E un'altra: non si poteva avere una colonna sonora meno stracciona di Povia e delle sue hit complottarde?
4) Quelli che... votiamo grillino, sarà la tempesta perfetta. L'importante è "mai coi rossi"
A Torino ci hanno messo poco a cambiare idea (ma a dire "ci siamo sbagliati" sembrano non riuscirci) gli "anticomunisti per Appendino". Quelli che ci spiegavano che "il nemico del mio nemico è mio amico", e che ora si trovano con in mano un pugno di mosche.
Anche qui, una domanda (alla Giuliano Ferrara): perché non si riesce a far tesoro, con patriottismo costituzionale e repubblicano, di ciò che si può salvare di montismo e renzismo?
Si vota in forza di un'identità, ma non è ciò che votiamo ad essere identità. Se no, finiamo col ridurci al tifo.
5) Che fare? Dal 5 marzo
Ci sarà, molto probabilmente, un'ulteriore fase di "larghe intese". I partiti e gli schieramenti si scomporranno e rimoduleranno. I cattolici, accogliendo appieno il "magistero politico" di Papa Francesco, potrebbero giocare un ruolo non secondario (finalmente!). Ritrovando un'unità di dottrina e di azione, liberandosi dall'idea che "la politica è tutto" (anche se "tutto è politica") essere capaci di una cura della "cosa pubblica" e di una riabilitazione della politica (e della democrazia) generando "istituzioni nuove". Su questa sfida realtà come "La Baionetta" (non c'è politica senza cultura) potranno essere avanguardia.
Finiamola qui, forse sono stato anche troppo lungo. Davvero, però, il vostro lavoro è pro-vocante.
Un abbraccio, cari amici
Marco Margrita
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venerdì 2 marzo 2018
Conversazione al fronte: Intervista a Eugenia Roccella
QUARTA
PUNTATA DELL’INCHIESTA SUL VOTO CATTOLICO. L’onorevole uscente,
Eugenia Roccella, storico difensore della vita e della famiglia,
invita con forza tutto il mondo cattolico, in particolare la piazza
del Family Day, a esigere una posizione chiara e netta ai politici su
Biotestamento e Cirinnà. Soprattutto ai leader del Centrodestra,
unico luogo dove i cattolici secondo lei possono avere agibilità. [A
cura dei siti Pepe, The
Debater e La
Baionetta]
Lei ha scritto sull’Occidentale che i cattolici sono diventati irrilevanti nell’ultima legislatura. E ora che cosa è cambiato? Perché dovremmo ancora votare quel Centrodestra che ha fatto passare Cirinnà, divorzio breve e eutanasia per fame e per sete?
Veramente queste leggi sono dovute a quel piccolissimo margine che ha regalato la maggioranza alla sinistra nelle elezioni del 2013: grazie a quel 0,37 % in più che il Centrosinistra ha preso rispetto al Centrodestra – veramente un pugno di voti – lo stesso Centrosinistra ha avuto il premio di maggioranza, quindi ha vinto e ha fatto le leggi contro la vita e la famiglia. Quando in passato il centrodestra ha governato nessuna di queste leggi è passata.
Però alcune leggi – tipo divorzio breve e biotestamento – sono passate con maggioranza bulgare, quindi anche con il voto del Centrodestra.
Evidentemente in tutti i partiti del centro-destra ci sono aree laiche. Ma il problema non è questo. La vera questione è: in quale schieramento i cattolici hanno agibilità politica? I cattolici ormai sono minoranza politicamente parlando, ma nel centrodestra sono in grado di avere spazio e alla fine anche di trascinare tutto lo schieramento quando fanno battaglie forti. Io penso ad esempio al caso di Eluana Englaro, quando siamo arrivati ad avere lo scontro tra la Presidenza del Consiglio e il Presidente della Repubblica, che poi non ha firmato il decreto per salvare la vita ad Eluana.
Non pensa quindi che l’elemento decisivo di differenza sia il protagonismo diverso della CEI, che allora riusciva a unificare i cattolici sparsi nelle varie coalizioni sui temi della vita e della famiglia e che ora invece sono affidati a se stessi?
Questo certamente è un fattore fondamentale, non marginale. Però io penso che nonostante anche questa diversa attitudine delle gerarchie, il punto fondamentale è che all’interno del centro-destra c’è quest’agibilità. Le faccio un altro esempio. Quando c’è stata all’inizio di questa legislatura la legge sull’omofobia, c’era un accordo già fatto tra il PdL e il PD. Ebbene, in due sole persone – una ero io e l’altra era Alessandro Pagano, ora nella Lega – ripeto in due persone siamo riusciti a far cambiare il voto del PdL che alla fine alla camera ha votato No. Questa decisione è poi stata fondamentale per fermare la legge al Senato e infatti quella legge non fu fatta. Se c’è una cosa buona di questa legge elettorale (che a me non piace) è proprio il fatto che ripropone con chiarezza la scelta fra le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra. E abbiamo visto che il centro-sinistra (vista anche la presenza di Emma Bonino alleata) è totalmente occupato da questa ideologia dei cosiddetti nuovi diritti e non c’è il minimo spazio per i cattolici. Tanto è vero che quando abbiamo fatto la legge sul biotestamento, nell’area dei cattolici del PD nemmeno una persona si è alzata per dire una cosa contraria, né tanto meno ha proposto un emendamento. Nemmeno uno.
Su quest’ultimo aspetto concorda anche Mario Adinolfi del Popolo della Famiglia, il quale però ha una ricetta diversa per difendere i principi non negoziabili: lui dice che tutti gli schieramenti politici hanno tradito il Family Day e quindi il popolo del Family Day deve andare di persona in Parlamento con un soggetto unico a fare le sue battaglie e ad allearsi ad esempio con il Centrodestra per condizionarlo dall’esterno. In che cosa sbaglia?
Per allearsi col Centrodestra bisogna farlo prima. A meno che non si riesca a prendere il 3%, infatti, non c’è spazio. Invece all’interno del Centrodestra lo spazio c’era.
Lui dice: Se io mi alleo “dopo” posso condizionare il Centrodestra con la forza dei miei voti, invece se mi alleo prima sono condizionato dall’alleanza a priori che ho scelto.
Io sto raccontando quello che è successo nella legislatura passata e che succede anche in questa. All’interno del centro-destra c’è la possibilità di fare una battaglia che porti tutti poi a una posizione profamily o prolife. Sono convinta che questo si possa fare perché l’ho già vissuto. Il problema casomai è che invece tutto il Family Day non ha avuto sufficiente dialogo con la politica, fin dall’inizio. Per questo non è riuscito a condizionare la legislatura politica. Quando in passato io sono stata portavoce del Family Day (nel 2007 – N.d.R.) la prima cosa che abbiamo fatto è statoavere incontri con tutti i partiti per far loro prendere posizione,per premiare esplicitamente quelli che avevano una posizione pro-family e punire quelli che avevano una posizione diversa. Il Family Day recente è stato un pochino “grillino” diciamo cioè non ha avuto un rapporto con la politica, un dialogo per snidare i leader dei partiti. Da parte mia, invece, ho lanciato all’incontro di Alleanza Cattolica sulla denatalità la proposta di abrogare o radicalmente riformare le due leggi peggiori di Renzi e Gentiloni: le unioni civili e il biotestamento. I giornalisti naturalmente hanno subito cominciato a chiedere ai leader se erano d’accordo e tutti hanno cercato di sfumare, di svicolare: la Meloni e Salvini hanno detto quello che importa è evitare le adozioni gay ma non la legge sulle unioni civili, Berlusconi ha detto prima sì e poi no (con la Carfagna che premeva). Ebbene, a questo punto io mi aspetterei che da fuori si stringessero questi leader e si dicesse loro: “Allora le volete abrogare o no queste leggi perché se le abrogate vi votiamo, sennò non vi votiamo”. Invece, nulla. Dal popolo del Family Day nessuno ha fatto questo. Tutti si accontentano del fatto che Salvini sventoli il rosario ma nessuno gli ha chiesto conto e ragione del fatto che vuole o no abrogare quelle leggi.
Probabilmente non c’è più fiducia in molte di queste persone che sono venute al Family Day e poi molti di loro hanno tradito quella piazza, ovvero hanno votato per la legge Cirinnà e anche per il biotestamento.
Io non parlerei di tradimento in politica. Lo ripeto mille volte, nel Centrodestra c’è lo spazio per i cattolici, ma quello spazio va conquistato.
Spieghi per favore ai nostri lettori perché nella scorsa legislatura questo spazio non è stato conquistato.
Non è stato conquistato perché anche da parte del mondo cattolico che si mobilitava mon c’è stato un dialogo forte con la politica, una pressione forte sulla politica. Il problema è che fin dall’inizio il popolo del Family Day – anche se non è esatto dire questo – aveva già una sorta di sfiducia o di disinteresse nei confronti della politica. Sull’omofobia e su Eluana Englaro abbiamo combattuto la battaglia in poche persone e abbiamo convinto anche gli altri, anche un intero Consiglio dei Ministri. Il problema è che la politica va utilizzata, non la si può considerare come una cosa che non convince e poi magari si dice: facciamo il partito dei cattolici.
Quindi lei non crede a un’unità dei cattolici sui temi fondamentali? Non pensa che ci sia bisogno di più unità in questo momento storico dove non c’è più la “guida” della CEI?
Io penso che se il popolo avesse dato quello 0,37% al centrodestra e non al centro-sinistra, non sarebbero passate queste leggi. E’ da lì che è nato tutto. Quindi, la prima cosa da fare è collocarsi in uno schieramento che possa vincere e in cui ci sia possibilità per i cattolici di fare una battaglia. Se poi il centrodestra non vince per lo 0,4%…?
Che cosa risponde su questo punto a chi dice che con questo sistema elettorale è quasi impossibile che vinca il centrodestra per la presenza delle regioni rosse e che la nuova legge elettorale è stato scritta appositamente per preparare le larghe intese?
Le regioni rosse si stanno sgretolando, adesso vedremo. Ma il problema è che noi non sappiamo. Gli esperti su questo hanno idee molto differenti. Questa legge elettorale dà la possibilità di scegliere o da una parte o dall’altra ed è molto differente scegliere il centro-destra o il centro-sinistra. In mezzo non c’è niente perché questa legge non lo consente se il centro-destra ha già difficoltà a vincere figuriamoci un piccolo partito cattolico che cosa può fare. Comunque io non voglio fare polemiche con il Popolo della Famiglia.
Lei dopo il voto è disposta a unire le forze a ripensare un po’ il posizionamento dei cattolici e le loro battaglie alla luce dei risultati ottenuti?
Io intanto sono presidente del comitato che ha depositato i quesiti per abrogare la legge sulle unioni civili con uno schieramento trasversale di parlamentari. Non abbiamo potuto fare la raccolta delle firme perché non si può fare entro un anno dall’appuntamento elettorale. Adesso vediamo nella prossima legislatura che cosa succede: innanzitutto solleciteremo il leader del centro-destra ad abrogare queste leggi (dovremmo già chiederglielo adesso, io insisto ogni volta che posso); se invece questo non succede allora possiamo fare una battaglia fuori dal Parlamento per raccogliere le firme. Io sono convinta che il problema è però entrare nella politica, ma non nel senso di fare i parlamentari, bensì nel senso di dialogare fortemente con la politica, condizionarla, pressarla. Non è che la si condiziona solo facendo un partito, già la piazza avrebbe dovuto condizionarla. Insisto, perché non si pressano questi leader e non si chiede se vogliono o no abrogare queste leggi? I politici sono appiccicati al consenso: se si fa vedere che il consenso dipende da queste cose non sono così indifferenti, perché non hanno fatto spallucce in altre occasioni. Una volta l’unità era favorita dai pastori, adesso tocca a noi laici.
giovedì 1 marzo 2018
Conversazione al fronte: Intervista a Gianfranco Amato
TERZA PUNTATA DELL’INCHIESTA SUL VOTO CATTOLICO.
Gianfranco Amato, segretario del Popolo della Famiglia
(nonché presidente di Giuristi per la Vita), spiega che
solo il PDF oggi è in grado di condizionare la politica e di essere
coerente su quei principi non negoziabili sui quali,
invece, tutti gli altri partiti hanno “negoziato” negli
ultimi 24 anni. Obiettivo dichiarato? «Mettere il chiodo nella
coda del serpente». [A cura dei siti Pepe, The
Debater e La Baionetta]
Avvocato Amato, il mettere al centro solo la famiglia non rischia di rendere il PDF un partito monotematico, oppure è davvero “il prisma” attraverso cui considerare l'uomo e le sue esigenze: nel concreto cosa significa; come si può collegare ciò alle varie questioni che un partito deve affrontare per il bene comune: all'economia, all'Europa, alla politica estera, alla sicurezza nazionale...?
Quella del “prisma” è una splendida metafora utilizzata da San Giovanni Paolo II il 31 gennaio 1998 quando parlò ai membri dell’Assemblea e della Giunta del Lazio. In quell’occasione il Santo Padre disse, infatti, che «ogni buon amministratore pubblico, a maggior ragione se egli fa riferimento ad un'etica cristiana, non può non tenere la famiglia quale “prisma”, per così dire, attraverso cui considerare tutti i problemi sociali».
La famiglia è la cellula della società, e quindi tutto passa attraverso di essa. Un giovane non può sposarsi e fare famiglia se non ha un lavoro. Una giovane coppia non può fondare una famiglia se non ha una casa. I figli di una famiglia debbono avere una sana istruzione. L’economia, il lavoro, l’educazione, l’impresa, l’edilizia, il credito, la salute sono tutti aspetti che attraversano la famiglia. Quando siamo apparsi nel panorama politico per la prima volta nel giugno 2016 tutti ci accusavano di essere “monotematici” o addirittura fuori tema. Continuavamo a sentirci ripetere sempre la stessa domanda e la medesima obiezione: «Ma cosa centra la famiglia? I temi che interessano la gente e di cui la politica deve occuparsi sono l’economia, il lavoro, la sicurezza, l’ambiente».
Beh, è davvero una soddisfazione poter constatare che oggi tutti hanno capito. Faccio alcuni esempi. Cominciamo dal candidato premier del movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio: «Noi siamo una forza pragmatica, riconosciamo che la famiglia è una forza del Paese e la sosteniamo, senza farci sopra tanti ricami teorici», e «rispetto alle coalizioni fantasma che ancora non hanno un contenuto da offrire al Paese, noi possiamo dire con forza che la famiglia e la natalità sono il filo rosso che unisce le nostre idee su fisco, scuola, sanità, lavoro». Che dire, poi, dell’ineffabile sottosegretario Maria Elena Boschi, che ha avuto parole per quello che sta diventando il vero punto focale della campagna elettorale: «Il Partito Democratico farà del tema del sostegno alle famiglie una bandiera della campagna elettorale e un argomento centrale per il primo anno di governo. Tornare alla famiglia non deve essere la bandiera identitaria dei cattolici in politica, ma la sfida di tutti i cittadini. Una visione che tenga insieme laici e cattolici sul piano della cittadinanza». Non poteva mancare neppure Matteo Salvini: «La Lega propone di concentrare le risorse sul sostegno alla famiglia e alla natalità», attraverso misure concrete che prevedono «la gratuità degli asili nido sul modello francese, forti assegni per le famiglie di cittadini italiani che danno alla luce figli oltre il secondo e una fiscalità a misura di famiglia». E Giorgia Meloni: «Da sempre Fratelli d’Italia sostiene la necessità di avviare una rivoluzione del welfare che metta al centro la famiglia e consenta alla nostra nazione di invertire i dati demografici. Per questo una volta al governo Fratelli d’Italia metterà in campo il più grande piano a sostegno della natalità mai visto in Italia. Tra i nostri obiettivi: asilo nido gratuito per tutti; istituzione del “reddito bimbo”; quoziente familiare; congedo parentale coperto all’80% fino ai sei anni di età del bambino; incentivi alle aziende che assumono donne in età fertile; progressiva eliminazione dell’IVA sui prodotti dell’infanzia come i pannolini e latte in polvere. Fratelli d’Italia vuole essere il partito di riferimento della famiglia e di chi ha a cuore il futuro dell’Italia». Per finire con Silvio Berlusconi: «meno tasse, meno burocrazia, meno Stato, più persona, più impresa».
Quest’anno ha voluta aggiornare la ricetta: «meno tasse, meno burocrazia, meno Stato, più persona, più impresa, più famiglia, perché Forza Italia, quale partito moderato, si riconosce «nel primato della persona e delle sue libertà, nel privilegio accordato alla famiglia e alla società rispetto allo Stato». Beh, insomma, ora tutti – ma proprio tutti – da destra a sinistra, grillini inclusi, oggi parlano di famiglia.
Dite anche di “voler portare” la Dottrina Sociale della Chiesa in politica: come pensate di riuscirvi?
Applicandone i principi. Ho scoperto, girando in questi anni, che la stragrande maggioranza dei cattolici non sa cos’è il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Alcuni, male intrepretando il termine “dottrina”, pensano si tratti di questioni religiose, di dogmi, sacramenti, teologia. Il Compendio è invece un vero e proprio programma politico che affronta temi come l’economia, il lavoro, il fisco, la salute, l’immigrazione, l’ambiente, e molto altro. Il Popolo della Famiglia è l’unico partito in Italia che ha assunto ufficialmente, formalmente e integralmente il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa come proprio programma politico valoriale. Noi ci ispiriamo a quei principi e per la prima volta nella storia italiana voglia porre il contenuto del Compendio al centro dell’azione politica.
Non bastavano Lega FI e FdI per contrastare l'attuale deriva antropologica? Perché il voto al PDF non è un voto inutile e non rischia di far vincere il centro-sinistra o il Movimento 5 Stelle?
Che senso ha il Popolo della Famiglia? Perché insistere nella necessità di una nuova formazione politica?
Ci sono due risposte a questa domanda. Una sul piano pragmatico e una sul piano etico.
La prima risposta è che senza una presenza strutturata e visibile all’interno di una coalizione di governo, molti dei temi a noi cari resterebbero delle mere petizioni di principio o semplici promesse elettorali dantesche. Le celebri «lunghe promesse con l’attender corto», di cui parlava il Sommo Poeta nella sua Divina Commedia (Inf. XXVII). Un solo esempio fra tanti. Nel 2008 il programma di Forza Italia contemplava espressamente il cosiddetto “quoziente familiare”. Com’è noto, purtroppo, questa promessa venne sonoramente disattesa da Berlusconi. E non valse a dissuaderlo neppure una petizione popolare di ben 1.071.348 firme. Se questo milione di cittadini italiani fosse stato rappresentato da una forza politica del 3% all’interno della maggioranza, oggi quel tanto auspicato strumento di giustizia fiscale in favore della famiglia sarebbe già un istituto del nostro ordinamento giuridico. Non dobbiamo mai dimenticare, peraltro, che l’attuale compagine elettorale del centrodestra ha già ampiamente governato il nostro Paese con esecutivi granitici e maggioranze bulgare in parlamento. Eppure, facciamo fatica a ricordare provvedimenti legislativi seri in materia di vita, famiglia o educazione. Ricordiamo, ad esempio, che la giovane Giorgia Meloni – il cui impegno politico iniziò venticinque anni fa (1992) – frequenta il parlamento dal 2006 ed è stata pure ministro nel governo Berlusconi dal 2008 al 2011. Facciamo però qualche fatica a veder una pur piccola traccia lasciata da Giorgia su vita, famiglia o educazione. Neppure la larva di una proposta nonostante la sua presenza all’interno del Consiglio dei ministri.
Ora, dopo ventiquattro anni di alternanza alla guida del nostro Paese tra centrodestra e centrosinistra, che garanzie abbiamo che i partiti che hanno già governato l’Italia possano realizzare la prossima volta ciò che non hanno fatto negli ultimi cinque lustri? Nessuna. A meno che non ci sia una forza politica strutturata e visibile in grado di condizionare un futuro governo di centrodestra. Questa è la funzione che Il Popolo della Famiglia si prefigge.
Seconda risposta alla obiezione sulla necessità del nostro partito.
Per noi è semplicemente inconcepibile – se non addirittura immorale – che su quelli che il grande ed indimenticato Benedetto XVI definiva «principi non negoziabili», si possa parlare di libertà di coscienza, di astensione o di fuga pilatesca. Qui sta la vera grande differenza tra il Popolo della Famiglia e gli altri partiti del centrodestra. Un esempio tra tutti. Prendiamo l’ultima nefandezza della legislatura che, fortunatamente, è appena morta: il cosiddetto testamento biologico, alias “eutanasia all’italiana”. Una vera polpetta avvelenata, il colpo di coda della più sciagurata legislatura della storia repubblicana.
Prendiamo quello che è successo il 20 aprile 2017 quando alla Camera dei Deputati è stato approvato il testo di legge. Movimento 5 Stelle: 55 deputati presenti, zero contrari, 55 voti granitici per l’eutanasia. Mdp: 24 deputati presenti, zero contrari, 24 voti granitici per l’eutanasia. Sinistra Italiana: 9 deputati presenti, zero contrari, 9 voti granitici per l’eutanasia.
Vediamo adesso come si sono comportati i partiti di centrodestra.
Il capolavoro è riuscito a compierlo Forza Italia: 33 deputati si sono dati alla macchia, mentre i 17 presenti sono riusciti a votare in tutte le maniere. Tre favorevoli, dodici contrari, due astenuti.
Prendiamo, invece, Fratelli d’Italia che secondo alcuni dovrebbe essere la forza politica più vicina ai nostri valori e sulla quale noi dovremmo convergere i nostri voti. Degli undici deputati di quel partito ben sei non si sono presentati, mentre dei restanti cinque uno ha persino votato a favore dell’eutanasia. Ecco, se al posto di Fratelli d’Italia ci fosse stato Il Popolo della Famiglia la situazione sarebbe stata la seguente: 11 deputati, 11 deputati presenti, zero favorevoli e 11 voti granitici contro l’eutanasia. Questa è la differenza! E se qualche deputato del Popolo della Famiglia si fosse sentito male, sarebbe stato accompagnato in ambulanza a Montecitorio e avrebbe votato dalla barella! E, per cortesia, che non si venga a parlare di assenze giustificate o impegni in missioni. Non c’è giustificazione o missione che tenga quando in parlamento si legifera di vita o di morte. Sui principi non negoziabili purtroppo, sinistra e grillini hanno dimostrato di essere molto più seri di quella strana “Arca di Noè” che è il centrodestra.
E per comprendere meglio cosa intendiamo quando parliamo di principi non negoziabili, usiamo le stesse parole pronunciate da Benedetto XVI nel discorso tenuto il 30 marzo 2006 ai partecipanti al convegno promosso dal partito popolare europeo: «Tra i principi non negoziabili emergono chiaramente i seguenti: – protezione della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del suo concepimento fino alla morte naturale; – riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, e la sua difesa di fronte ai tentativi di far sì che sia giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo ruolo sociale insostituibile; – la protezione del diritto dei genitori ad educare i loro figli». E lo stesso Ratzinger spiegava, a scanso di equivoci, che difendere quei principi non significa essere dei bigotti: «Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede; essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità», per questo l’azione dei cristiani «nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa». E tale azione «è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa».
Non si tratta di essere “fissati” sui temi etici. Si tratta di essere seri con gli elettori che tengono a quei temi, con il popolo che è sceso in piazza per difendere quei temi, con la propria coscienza che crede in quei temi, con la ragione umana che riconosce l’importanza di quei temi, con la verità della persona umana difesa da quei temi, con la propria fede e con Dio. Per chi ci crede.
In politica occorre un partito che su questi principi tenga la barra dritta e costringa un futuro governo ad attuare politiche concrete rispetto alla vita, alla famiglia e alla libertà d’educazione. Il Popolo della Famiglia si candida a questo ruolo di «chiodo piantato nella coda del serpente».
Lei, Adinolfi e gli altri vostri colleghi vi auspicate che dal 5 marzo in poi, qualsiasi risultato ottengano il Comitato Difendiamo i Nostri Figli e il Popolo Della Famiglia, che le due realtà possano tornare a concorre – insieme – al bene comune?
Il 5 marzo, qualunque sarà il risultato ottenuto dal Popolo della Famiglia, accadrà un fatto storico. Nessuno potrà più dire che non esiste un partito di riferimento dei cristiani in Italia. Dobbiamo solo attendere i risultati e poi cominciare tutti insieme a completare il progetto di una presenza strutturata, autonoma e visibile di una forza politica capace di concorrere al bene comune secondo una prospettiva antropologica cristiana.
Avete ricevuto sostegno anche da uomini di Chiesa? In questo modo non vi è il rischio di “strumentalizzare” le parrocchie?
Ci ha commosso l’appello a sostegno del Popolo della Famiglia sottoscritto da più di duecento sacerdoti, religiose e religiosi. Ci ha commosso anche il sostegno paterno di alcuni Vescovi.
Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario del 18 aprile 1948. La domanda che io pongo sempre è questa: «In quella fatidica e storica elezione politica la Chiesa ha fatto bene o ha fatto male ad entrare a gamba tesa nella competizione?». Io credo che abbia fatto bene e che abbia contribuito a scongiurare un grande pericolo per il nostro Paese. Ma allora era in gioco la libertà di un popolo. Ora che, invece, è in gioco la distruzione stessa dell’uomo, mi domando come possa la Chiesa restare indifferente rispetto ad una rivoluzione antropologica che sta avvenendo per via legislativa. Oggi la politica, ed in particolare il parlamento, è il luogo dove si decide la visione antropologica dell’uomo: come nasce (fecondazione artificiale), come muore (eutanasia), chi è (identità di genere), cos’è il matrimonio (nozze gay), e via proseguendo. Come fa uno che ha la grazia della fede a non avvertire l’esigenza di portare in quel luogo, la luce della fede, della Verità, del Vangelo e, direi pure, della ragione?
Per questo ritengo essenziale l’unità dei cristiani in politica. Occorre mettere in atto una controrivoluzione culturale capace di opporsi al tentativo di distruzione dell’uomo.
Tra l'altro, lei ha scritto un significativo libro con don Gabriele Mangiarotti sul servo di Dio don Giussani: Per l'umano e per l'eterno-il dialogo con don Giussani continua. Quanto ritiene importante per la sua formazione e il suo impegno politico l'insegnamento del sacerdote di Desio?
La maturazione della mia fede è avvenuta grazie all’incontro avvenuto quarant’anni fa con don Luigi Giussani. Avevo solo sedici anni e fui affascinato da come quell’uomo di Dio riuscisse a spiegare a degli adolescenti la grandezza dell’esperienza cristiana.
Quattro cose, soprattutto, mi colpirono della sua originale proposta: la ragionevolezza della fede; la capacità di giudicare la realtà e tutto ciò che accade; la differenza tra moralità e moralismo; la dimensione culturale della fede. Ma quello che più mi affascinava era l’impeto militante per la Verità. Don Giussani amava ripeterci che non esistono mai «battaglie perse in partenza», se sono battaglie intraprese «per amore al Vero».
Proprio la dimensione culturale della fede, che ho imparato da Giussani, mi è divenuta ancora più chiara quando lessi un passaggio, poi divenuto celebre, del discorso tenuto da San Giovanni Paolo II il 16 gennaio 1982 ai partecipanti al congresso nazionale del MEIC: «Una fede che non diventa cultura non è pienamente accolta, interamente pensata, fedelmente vissuta». E come mi spiegò un giorno il compianto cardinal Carlo Caffarra – un altro vero Maestro – «la fede non può non generare cultura in quanto non è un fatto privato» ed è «il meridiano che attraversa tutti i paralleli, tutte le grandi esperienze dell’umano quali il lavoro, l’amore tra un uomo e una donna, la società civile, l’esercizio del potere politico», poiché «tutte le grandi esperienze umane c’entrano con la fede». Per questo motivo mi invitò ad essere «ben vigilante» di fronte al grande tentativo oggi in atto di ridurre la fede al fatto privato, una «tendenza molto forte che non bisogna mai accettare». «La Chiesa», mi spiegava sempre quel grande cardinale, «non ha mai scelto volontariamente di andare nelle catacombe; c’è andata e c’è stata nelle catacombe, ma quando l’hanno mandata con la forza, mai di propria scelta, perché il suo Sposo fondatore, Gesù, aveva detto: “Predicate sui tetti ciò che io vi ho detto segretamente. Predicatelo sui tetti”». E Caffarra si lamentava giustamente del fatto che «oggi si tende a tacere, perché così si può andare d’accordo, e non si capisce, però, che il presupposto non è quello di andare d’accordo!». Lui insisteva nel dire che uno dei segni che la fede è viva è rappresentato dal fatto che essa generi fatti culturali straordinari. Ebbene proprio l’idea di una fede che è capace di diventare cultura, che è capace di essere il «meridiano che attraversa tutti i paralleli», ha sempre destato in me il desiderio di intervenire nella realtà, di agire, di operare.
mercoledì 28 febbraio 2018
Conversazione al fronte: Intervista a Rodolfo Casadei
Il giornalista e inviato speciale di Tempi, Rodolfo Casadei, parla della lettera che ha scritto con alcuni amici, per dare un giudizio sulle imminenti elezioni, e risponde alle domande riguardanti Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, le due realtà nate dal Family Day: il Comitato Difendiamo i Nostri Figli e il Popolo della Famiglia, l’importanza dell’unità dei cattolici. [Seconda puntata dell’inchiesta sul voto cattolico, frutto della collaborazione tra i siti Pepe, The Debater e La Baionetta]
Dottor Casadei,
So che con alcuni amici ha realizzato una sorta di “tazebao” per esprimere un giudizio sulle imminenti elezioni: ce ne può parlare, per quale motivo lo avete scritto, a chi è rivolto?
Siamo un gruppo di amici che vivono un’esperienza di approfondimento della fede e che si sono ritrovati nel carisma di don Luigi Giussani incontrato in Comunione e Liberazione. Ci siamo dati come nome il motto benedettino “Quaerere Deum”. Abbiamo maturato ed espresso pubblicamente un giudizio comune sul momento politico che vive il nostro paese e in vista delle elezioni politiche del 4 marzo. Più ancora che per i suoi contenuti, il manifesto che abbiamo scritto insieme è importante perché incarna il metodo che abbiamo imparato in Comunione e Liberazione, e che mons. Luigi Negri ha sottolineato in una delle ultime Scuole di Comunità: l’esperienza di umanità che si fa nella comunità cristiana spinge a mettere tutto in comune, quindi anche il giudizio e l’azione politica. «Tutto quello che viene sottratto al dialogo comune è sottratto a Dio e, quindi, viene gestito individualisticamente e soggettivamente». Si dialoga perché siamo certi di poter essere aiutati dalla comunità e perché desideriamo l’unità fra di noi. Sappiamo che l’unità fra noi è una dimensione fondamentale della testimonianza di Cristo che siamo chiamati a dare al mondo. Non un’unità che avviene meccanicamente, o per un’imposizione verticistica: in politica, poi, sarebbe deleterio. Quel che ci sembra sia venuto meno è la tensione all’unità, col prevalere di un criterio individualistico. La tensione all’unità, dentro a un rapporto umano serio e vivace, genera unità come esito di una storia.
Nello specifico, col volantino abbiamo voluto rischiare un giudizio sul momento storico che stiamo vivendo: ci pare che la liberaldemocrazia stia imboccando una strada che è quella totalitaria. La libertà di educazione, il diritto all’obiezione di coscienza, la libertà stessa di scegliere il linguaggio con cui vogliamo parlare e chiamare le cose sono sotto assalto da parte di chi vuole imporre conformismo e omologazione. Stiamo assistendo a un’ideologizzazione della vita privata e pubblica e contro di essa abbiamo fatto appello a credenti e non credenti che riconoscano come punto di riferimento la legge naturale, il buon diritto e il bene comune. Il bene comune non è servito da leggi di impostazione individualista ed egualitarista come quelle sulla famiglia e sulla vita che sono state approvate durante la scorsa legislatura, alle quali altre potrebbero aggiungersi nella prossima.
Quindi, accoglie e condivide la linea del Comitato Difendiamo i Nostri Figli?
Anche noi nel nostro piccolo diamo indicazione di votare per i partiti del centrodestra, anche se i loro programmi non ci soddisfano interamente e non tutto il loro personale politico appare affidabile. Ma bisogna essere realisti tenendo conto del sistema elettorale vigente. Se si disperdono i voti in altre direzioni, aumenta la probabilità che le elezioni le vinca la coalizione di centrosinistra o che si creino maggioranze trasversali per nuove leggi dirompenti sui temi bioetici. Per questo riteniamo più saggio votare centrodestra.
Dato che personalità contrarie ai e poco inclini alla difesa dei principi non negoziabili militano nei partiti Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia e cosiddetta IV gamba, e penso alla Bongiorno, alla Pascale, alla Prestigiacomo, a Lupi, i cattolici non corrono il rischio di essere poco supportati nella loro giusta lotta per fermare la deriva antropologica e secolarizzante? Oppure, c'è ancora speranza?
Consiglierei di guardare collegio per collegio chi ha probabilità di essere eletto. Certo, se mi trovassi nella situazione per la quale il mio voto determinerebbe l’elezione della Buongiorno o della Brambilla, in quel caso non voterei o annullerei la scheda. Molto dipende dal collegio nel quale si è chiamati a votare. La nostra indicazione per il centrodestra è di carattere generale.
Non la spaventa la possibilità, come fanno presagire certe mosse di Berlusconi e di Renzi, e l'attuale legge elettorale, di veder nascere un governo delle larghe intese, co-abitato dai cosiddetti centro-destra e centro-sinistra?
Sì, temo un governo di larghe intese che sarebbe caratterizzato, più che da compromessi fra centrodestra e centrosinistra, dall’influenza delle grandi banche europee, della Germania, delle burocrazie di Bruxelles, ecc. Per evitare questo possibile esito, bisogna impegnarsi per una vittoria elettorale del centrodestra che gli permetta di conquistare una maggioranza parlamentare autosufficiente.
Non si poteva scommettere sul Popolo della Famiglia, che al contrario si presenta come difensore senza mediazioni dei quei principi e valori cari a tutti gli uomini dotati di buon senso comune, cattolici e non?
Non mi ritrovo nell’operazione politica del Popolo della Famiglia per molte ragioni. La prima è la genesi del partito, nato con uno strappo violento e con una fuga in avanti rispetto al gruppo di persone che ha lavorato e sofferto per dare vita ai due Family Day del luglio 2015 e del gennaio 2016. Bisognava continuare a decidere tutti insieme, trovo umanamente sbagliato l’aver creato divisioni e contrapposizioni dentro allo stesso mondo di coloro che riconoscono il primato dei temi della famiglie e della vita. Il secondo errore è quello di essersi messi nella condizione di essere contati da parte degli avversari; fare il partito dei duri e puri vuol dire farsi contare dagli avversari, e questa non è mai una buona politica. Domani potranno dire: a non volere le adozioni per le coppie omosessuali è solo l’1, o il 3 per cento degli italiani! In terzo luogo, col sistema elettorale attuale il voto al PdF rischia di essere un voto disperso che favorisce la vittoria della sinistra, e quindi un risultato controproducente per tutti i temi che stanno a cuore al PdF. Io credo invece che bisognerebbe fare un’operazione molto diversa: bisognerebbe creare una forte componente politica improntata alla dottrina sociale della Chiesa dentro a uno dei partiti più grandi del centrodestra, o magari addirittura del centrosinistra. Bisognerebbe cioè poter condizionare dall’interno la politica e le chances di successo elettorale dei grandi partiti, perché per trattenere il nostro voto il partito adatterebbe la sua linea sui temi bioetici alle nostre richieste, per evitare il rischio della sconfitta elettorale perdendo quei voti che potrebbero essere decisivi. Con questa strategia si potrebbe contare a livello di decisioni politiche più di quanto si conta numericamente nel paese.
Secondo lei sarebbe importante che dal 5 marzo in poi, qualsiasi risultato raccolgano, il Comitato Difendiamo i Nostri Figli e il Popolo Della Famiglia provassero a riavvicinarsi? Potrebbero aiutare i cattolici a ritrovare l'unità in politica e nella cultura, arginando quella frattura venutasi a creare tra cattolici del sociale e cattolici della morale, di cui peraltro ha fatto menzione il cardinal Bassetti nella sua prima prolusione il 25 settembre scorso?
Non si può non desiderarlo. Il perdurare delle divisioni non solo fa il gioco del nemico, ma avvelena i rapporti personali fra persone che condividono la stessa antropologia e nella grande maggioranza dei casi anche la stessa fede cristiana.
lunedì 26 febbraio 2018
Conversazione al fronte: Intervista a Mario Adinolfi: «Se vi piacciono Cirinnà ed eutanasia, votate come nel 2013. Sennò l’unica novità è il PDF»
Il
presidente del PDF, Mario Adinolfi, risponde alle accuse che un certo
mondo cattolico gli rivolge sul "partitino monotematico",
sul "voto utile", sui suoi rapporti con il PD e con Monti,
sulla spaccatura del Family Day e molto altro. E, infine, apre ad uno
scenario inedito dopo le elezioni. [Prima
puntata dell’inchiesta sul voto cattolico in collaborazione con Pepe e TheDebater]
Credi davvero che in Italia ci siano tante persone interessate a dire no alle unioni di due gay o all'aborto o alla possibilità di staccare la spina a chi soffre? Vale la pena fare un partito per questo?
Che ci siano è indubbio perché le abbiamo viste: siamo tutti San Tommaso, non credevamo fosse possibile e invece abbiamo visto un popolo che si è mosso in due Family Day semplicemente e solo contro la legge Cirinnà. Se siamo scesi in piazza per difendere i nostri figli e la famiglia naturale e quindi la dignità della persona, a maggior ragione difendevamo il debole offeso dall'omicidio di Stato per fame e per sete con la legge sul biotestamento. Quindi, io credo che questa domanda abbia una risposta evidente nella mobilitazione e nella radice profonda che questo paese ha di natura culturale - quella sensibilità caratteristica dell'italiano - e anche di una matrice religiosa che non possiamo negare.
Per rispondere a questa deriva basta un movimento appena nato come il Popolo della Famiglia? Può la salvezza dell’Italia venire dalla politica e per di più da un singolo partito?
Non mettetemi in bocca quello che non ho mai detto. Non credo che si salva l'Italia con il Popolo della Famiglia. Io credo che bisogna cercare di evitare il secondo tempo di un film il cui primo tempo abbiamo già visto nella scorsa legislatura. Il primo tempo - la diciassettesima legislatura appena conclusa – ha visto la nascita di leggi per minare il senso stesso di famiglia (Cirinnà), leggi che introducono l'eutanasia (biotestamento), leggi che picconano l'unità familiare (divorzio breve), leggi che introducono la cannabis terapeutica pronta a diventare cannabis ricreativa e quindi presto droga libera. Chi ritiene queste norme molto pericolose – come io credo, portatrici di una dimensione infernale - ha una sola possibilità il 4 marzo per evitare la realizzazione di questo scenario e cioè votare il Popolo della Famiglia.
Uno può ritenere che queste non siano emergenze: il 90% degli italiani sicuramente ritiene questi aspetti un elemento marginale della politica e pensa più a questioni economiche o occupazionali o ad altri temi sicuramente importantissimi, ma a mio avviso secondari rispetto al conflitto di natura antropologica che è in atto.
Però lo dico con molta chiarezza, chi invece si è battuto per la salvaguardia di questi principi non ha altra scelta che il Popolo della Famiglia, ne sono convinto. Se uno il 4 marzo va a votare per l'esistente, inevitabilmente la conseguenza sarà che avremo la stessa legislatura che si è aperta nel 2013: è una ovvietà!
Chi pensa che sia giusto cercare una discontinuità può votare il solo elemento di novità rispetto al 2013 che è la presenza sulla scheda del simbolo del Popolo della Famiglia.
Invece vari cattolici pro-vita sostengono proprio il contrario: che il voto al PDF sia inutile, se non dannoso. Se voti il PDF, infatti - dicono i sostenitori del cosiddetto “voto utile” - rischi di far vincere il Centrosinistra o il Movimento 5 Stelle, che sono un po' peggio del Centrodestra sui temi di cui sopra, lo ammetterai. Spiegaci perché hanno torto.
Non solo ammetto che il Centrodestra è come impostazione sicuramente migliore del Centrosinistra e dei 5 Stelle, ma affermo che il mio obiettivo politico è proprio mandare all'opposizione il Centrosinistra, che è il vero motore delle leggi che hanno costituito il primo tempo di cui sopra. La domanda è: come si manda all'opposizione il Partito Democratico di Matteo Renzi (così faccio nomi e cognomi)? Io ho fatto innalzare nella piazza del Family Day gli striscioni politici della manifestazione, tra cui il famoso "Renzi ci ricorderemo". Ebbene, Renzi ha completamente tradito le aspettative della piazza e io non credevo che si spingesse fino a tanto: a Porta a Porta ha detto che l'ha fatto perché ha giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo ma in realtà ha tradito sia la Costituzione che il Vangelo Dunque, ora, il mio obiettivo politico è che la Sinistra di questo paese vada all'opposizione per non fare più danni.
Ripeto, come si raggiunge questo obiettivo? Chi vota per le coalizioni prevalenti in questo momento vota per le grandi intese, perché la legge elettorale (Rosatellum) è stata scritta esattamente per rendere impossibile tecnicamente la maggioranza assoluta di una coalizione sola in un sistema tripolare: la presenza delle regioni rosse rende matematicamente impossibile una maggioranza assoluta di Centrodestra, a meno che non prenda il 70%.
Quindi chi vuole mandare la sinistra all'opposizione deve far sorgere il “cigno nero” ovvero quell'elemento che nessuno si aspetta, totalmente imprevedibile, che rompe il meccanismo delle larghe intese. E questo cigno nero si chiama Popolo della Famiglia, che se entra con decine di parlamentari (perché se supera il 3% non porta due parlamentari ma decine) crea le condizioni per una maggioranza di governo che può prescindere dal Centrosinistra.
Quindi, il voto disperso, dannoso, inutile è il voto al partito abituale, al sistema abituale, perché il sistema abituale produce effetti abituali. E infatti dal 2011 governano delle compartecipazioni fra Centrodestra e Centrosinistra.
Da diavoletto insisto: ma scusa, non basterebbe il Centrodestra da solo? In passato i cattolici nel Centrodestra sono riusciti a fermare la legge 40, i Dico, il divorzio breve. Perché non potrebbero riuscirci di nuovo nella prossima legislatura, senza il Popolo della Famiglia?
Perché bisogna anche qui avere cultura politica. La legge 40 fu un'iniziativa di Francesco Rutelli e della Margherita. Allo stesso modo, i Dico vengono abbandonati perché l’opposizione ad essi era anche dentro allo stesso governo di Sinistra che li aveva proposti: Giuseppe Fioroni, ministro del PD, e Matteo Renzi erano al Family Day. La stessa Paola Binetti protagonista della battaglia sulla legge 40 era un deputato eletto a Sinistra. Soprattutto, c'era un protagonismo determinante della Conferenza Episcopale Italiana.
Oggi devi affidarti a un'unica forza che è questo Centrodestra ambiguo, che ha come capolista in 5 circoscrizioni della Lega - la quale doveva essere la più vicina alle nostre posizioni... - una nemica esplicita del Family Day come Giulia Bongiorno, una che ha voluto orgogliosamente per se stessa la fecondazione assistita negando al figlio il padre, una che vuole la legge Scalfarotto (legge che dovremo ribattezzare nel 2018 Bongiorno-Scalfarotto).
Io mi chiedo come si possa dar credito a Silvio Berlusconi “in Francesca Pascale” (prima tessera dell'Arcigay) o a Giulia Bongiorno o peggio ancora ai traditori del Family Day – la cosiddetta “Quarta Gamba”- e affidare a questi ancora una volta la rappresentanza politica di un popolo che è stato già tradito dal Centrodestra. Perché abbiamo questa coazione a ripetere gli errori ? Ancora una volta, o sorge il cigno nero o lo schema è già scritto: il Centrodestra insieme al Centrosinistra non solo farà le larghe intese, ma, poiché sulle emergenze del paese hanno ricette opposte, si troveranno d'accordo sui nuovi diritti civili. Già ci sono partiti che si sono detti pronti a fare il baratto tra la legge sull'omofobia e l'autonomia per esempio. E una volta che quel tipo di leggi saranno varate, per il mondo Profamily e Prolife la storia della sua agibilità democratica è finita, si conclude. E allora chi vota il 4 marzo si ricordi bene che responsabilità si assume e quale rimpianto avrebbe a non approfittare di una condizione storica unica: una legge proporzionale a sbarramento bassissimo per far arrivare in Parlamento una pattuglia di parlamentari capaci di fare da presidio sui principi essenziali.
Il solito diavoletto mi suggerisce che che tu eri nel Centrosinistra col PD, poi sei andato con Monti e, perso questo treno, hai dovuto per forza crearti diciamo un posto al sole con un partitino fatto ad hoc Cosa rispondi?
Che non è vero. Non ho dovuto farlo per forza. Mi sarebbe bastato semplicemente firmare un foglio nel dicembre 2012 per candidarmi alle parlamentarie del partito e avrei vinto in carrozza perché ero di gran lunga il deputato più noto della circoscrizione regionale e oltretutto ero anche un renziano della prima ora. Insomma, potevo stare tranquillo a guadagnarmi 750.000 euro di indennità parlamentari per 5 anni e non sobbarcarmi questa infinita fatica in un mondo cattolico, per altro, dove le serpi non sono presenza irrilevante... Con Monti non sono mai stato: è una fake news, non mi sono mai iscritto a Scelta Civica. Semplicemente, come tutti i parlamentari di Centrodestra di Centrosinistra, ho votato i provvedimenti del governo Monti (ricordiamo che Berlusconi s’è votato da solo la legge Severino) e poi, avendo lasciato il PD, ho dato il mio appoggio alla cosiddetta "agenda Monti" che era il programma conseguente all'attività parlamentare che avevamo svolto.
E, comunque, se avessi firmato quel famoso foglio con cui continuavo a fare il deputato del PD, tutta questa discussione non sarebbe semplicemente esistita. Quando mi troveranno uno che per ragioni di valori, di principio, di idee rinuncia al seggio di parlamentare e sta fermo un giro allora dopo possono accusare me. Ma me ne devono ancora trovare uno.
Le serpi che citavi – amiche del diavoletto di cui sopra – hanno un po’ di dubbi sui sondaggi del PDF che tu citi. Si chiedono ad esempio da dove prendi il consenso del 2,6%, che hai rivendicato per il PDF, visto che dai sondaggi che si leggono sui vari giornali, invece, la percentuale accreditata al PDF pare essere intorno all’1%?
I sondaggi sono oroscopi: io non credo al 2,6% e non credo all'1%: le cose le decideranno gli elettori. Poi, è ancor più difficile indovinare al decimale una forza così piccola come la nostra e che sta dentro la forchetta di errore che è sempre del 1-3%. Se poi ci aggiungiamo che i sondaggi si bloccano 15 giorni prima del voto e che nelle ultime elezioni sono sempre stati sballati, capiamo che non si tratta di un dato interessante.
C’è invece un altro aspetto statistico che credo sia significativo: il “flusso in entrata” del voto al PDF, cioè “da dove” prendiamo i nostri voti, pochi o tanti che siano. Uno studio di Ixé (che collabora anche con Rai e Huffington Post) afferma che i nostri voti verranno principalmente dall'area dell'astensionismo (0,9%), dal Movimento 5 Stelle (0,5%) e dal Centrosinistra (0,3%). Poi ci sono percentuali piccole da Fratelli d'Italia (0,1%), dalla Lega (0,2%) e da Forza Italia (0,3%).
È un sondaggio commissionato dal PDF?
Sì. Volevamo capire che tipo di elettorato andare a "colpire" e quanti ci conoscevano. Così, abbiamo scoperto grazie al sondaggio che il 70% degli italiani non ci conosceva (questo il vero limite del Popolo della Famiglia), quindi abbiamo dovuto fare un lavoro molto vasto per riuscire a ridurre questo Gap di non conoscenza. Durante la campagna elettorale questo lavoro è stato compiuto: oggi ad esempio ne ho avuto un segno quando all'ennesimo viaggio alla stazione Termini un tassista mi ha indicato come “quello del Popolo della Famiglia”...
Vorrei tornare alla questione annosa dell'origine del Popolo della Famiglia: non si poteva proprio far nascere il partito in una maniera diversa, più collaborativa, soprattutto con Gandolfini (portavoce di CDNF, il comitato organizzatore del Family Day), che era un po’ il garante dell’unità del Family Day? Perché questa fuga in avanti, se c'è stata? Non si poteva in nessun modo fare un’unica “casa politica comune”?
Per fortuna l’ha spiegato Gandolfini: c'è un meraviglioso video [per chi volesse vederlo, eccolo qui - N.d.R.] in cui lo stesso Gandolfini – che forse non sa di essere ripreso - ammette candidamente che del PDF gli era stata offerta la leadership: è la verità dei fatti che tutti conoscono. Era inevitabile, dopo il tradimento dei politici ai danni del Family Day, che la piazza del Family Day si costituisse in progetto politico per difendere le proprie istanze. A Gandolfini è stato proposto di guidare questo processo – lo dice chiaramente lui stesso -, ma lui ha rifiutato perché voleva tentare la strada della trattativa lobbistica con il Centrodestra. Gli abbiamo detto che se non avesse fatto un soggetto e avesse tentato la strada lobbistica, i partiti lo avrebbero fregato, anzi umiliato, ed è andata esattamente così: infatti, l’unico risultato ottenuto è stato il quarto posto – ineleggibile - di Simone Pillon nella lista della Lega capeggiata da Giulia Bongiorno, nemico dichiarato del Family Day. Oggi, tutti i candidati politici della piazza del Circo Massimo (a parte Pillon) sono nelle liste del Popolo della Famiglia: andate a vedere, fate il fact checking di quella manifestazione se non ci credete.
Qualsiasi sia il risultato, il 4 marzo centinaia di migliaia di cattolici manifesteranno il loro consenso a una linea netta sui principi essenziali per la vita e per la famiglia. Questo sarà un enorme e storico risultato, che ci sia l'ingresso in Parlamento o meno: i Radicali sono riusciti a condizionare l'agenda della politica anche senza stare in Parlamento, ma bisogna avere una legittimazione nelle urne. Solo da qui viene la legittimazione, altrimenti ti fai presidente di un comitato che è diventato il comitato per l'elezione di Simone Pillon in Parlamento. Poca roba. Praticamente il CDNF si è auto-sciolto.
Dopo il voto sei disposto a collaborare con tutte le forze in campo, compreso il Comitato Difendiamo i Nostri Figli (CDNF) e tutti quelli con cui adesso ci si prende diciamo un po' a schiaffi prima delle elezioni?
Dopo il voto, il 5 marzo, il Popolo della Famiglia, legittimato dal voto di centinaia di migliaia di persone a essere il centro di gravità di un percorso che va sicuramente ampliato, aprirà tutte le porte a chiunque voglia collaborare.
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