Gentile
direttore,
le
scrivo per condividere le ragioni di quella che credo sia stata e
continui ad essere una “buona battaglia” di civiltà. Mi sto
riferendo alla veglia delle Sentinelle in Piedi, di cui si è data notizia anche su questo giornale. Da qualche anno a questa parte, con alcuni amici,
sono tra i responsabili torinesi di tale movimento di popolo e
apartitico; e poc'anzi alludevo proprio alla battaglia che chi si
riconosce nella sua mission fa dal 2013.
Sabato
22 aprile siamo tornati in piazza per dire sì alla vita e alla
dignità di ogni persona. Gesto che ripetiamo dall'agosto 2013 e
tutte le volte in cui la libertà e il diritto di dire la verità
sull'uomo è minacciata da disegni di legge ingiusti e perniciosi. In
questo modo abbiamo contrastato il ddl Scalfarotto e il ddl Cirinnà.
Il primo costituiva un attentato alla libertà di espressione (e noi
giornalisti, come gli insegnati, abbiamo rischiato molto a causa di
certi libretti e linee guida UNAR); il secondo una ferita terribile
alla dignità della donna, perché apriva (e i fatti lo hanno
dimostrato) alla pratica barbara dell'utero in affitto; una ferita al
diritto dei bambini di avere madre e padre; una ferita all'uomo e
alla donna, perché negava l'importanza della loro complementarietà.
Abbiamo
detto i nostri sì ma anche il nostro no. No alla cultura della
morte, contenuto nel disegno di legge sulle Dat-dichiarazioni
anticipate di trattamento/testamento biologico, passato il 19 aprile
alla Camera e ora in discussione al Senato. Una legge non orientata
verso il favor vitae, che con sotterfugi aggira il buon senso
comune e quei princìpi che tutelano la vita e
la salute delle persone, come ricordano gli articoli 2, 13 e 32 della
Costituzione e gli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea.
Le questioni in gioco
sono tante, le più importanti riguardano la vincolatività alle Dat
per il medico, il quale rischia di non poter esprimere la giusta
obiezione di coscienza, e la possibilità di sospendere idratazione e
nutrizione, che non sono terapie ma sostegni vitali, in qualunque
modo siano somministrati. Il
testo del D.lgs, lo abbiamo letto più volte, è superficiale e mal
scritto, pessimo sul piano tecnico (ricorda un'altra legge,
altrettanto ideologica, Cirinnà bis). L’articolo 1 dell’attuale
legge stabilisce che il medico è tenuto a rispettare la volontà
espressa dal paziente e in conseguenza di ciò è esente da
responsabilità civile o penale. Detto in parole povere: io paziente
posso chiedere qualunque cosa e il medico è vincolato a fare quello
che dico io; così salta la ratio del Servizio sanitario nazionale,
che dovrebbe riconoscere appunto il favor
vitae;
si distrugge il principio di professionalità e deontologia del
medico – che da professionista agisce “in scienza e coscienza”
(che in questo testo non viene mai citata) diventa un mero esecutore
delle scelte del malato –, ma anche verso una situazione di sanità
assurda.
Dunque,
rende “disponibile” il diritto alla vita, perché di fatto
introduce l'idea che sia la cosiddetta qualità della vita a
determinare se essa sia degna di essere vissuta oppure no. Prevede
che la nutrizione e l'idratazione, cioè dare cibo e acqua a un
malato, possano essere equiparati a trattamenti medici e di
conseguenza possano essere arbitrariamente sospesi. Orienta la
medicina non alla cura del paziente, ma all'assecondare una volontà
di suicidio, che la legge impone anche alle cliniche e agli ospedali
cattolici (pensiamo solo al San Camillo di Roma, ove di recente è
stato imposto un medico non obiettore, e favorevole all'aborto), i
cui dirigenti non avranno perciò il diritto all'obiezione di
coscienza, perché costretti a garantire l'esecuzione di pratiche
eutanasiche. Qualora passasse la legge si applicherebbe tra l'altro
ai minorenni, quindi anche ai bambini, aprendo così la strada ad
ogni arbitrio, come già avviene in altri Paesi quali Belgio, Olanda
e Francia.
Paesi
che qualcuno pensa di indicarci quale esempio di civiltà, dove
invece è stato smarrito il senso di sacralità della vita e dove si
è presto passati da un'eutanasia volontaria a quella imposta
dall'arbitrio dei medici, i quali stabiliscono quali siano le vite
degne di essere vissute e quelle da scartare, a volte perché troppo
costose. Come sta avvenendo da ultimo nel Regno Unito, dove medici e
giudici vogliono staccare la spina al piccolo Charlie di otto mesi,
perfino contro la volontà dei genitori.
Allo
stesso tempo, non può non destare preoccupazione, soprattutto in chi
si occupa di comunicazione, ché deve stare ai fatti senza
mistificazioni e omissioni, il tentativo di far passare in fretta e
furia una legge che tocca la sacralità della vita umana, e quello di
imbavagliare chiunque ricordi ciò e dica che con essa non si giochi.
Di fronte a queste
sfide lanciate all'umano, noi Sentinelle non possiamo far finta di
niente.
Per questo siamo scesi
in piazza e continueremo a farlo, con “un cuore tenero, uno spirito
forte” come i ragazzi della Rosa Bianca ci hanno insegnato. Per
salvaguardare la libertà e la coscienza nostra e di ogni persona.
Abbiamo scelto la piazza perché quello che non difendiamo oggi
pubblicamente potremmo presto non poterlo più difendere lì dove si
svolge la nostra vita quotidiana. Con la nostra presenza ferma e
silenziosa ribadiamo quello che il pensiero unico non vuole sentire,
ossia che esiste un bene e un male, esiste una verità sull'uomo che
nessuna legge potrà mai cambiare.
Prima
di concludere, vorrei ringraziarla a nome mio e delle altre
sentinelle torinesi, per lo spazio e il supporto che abbiamo trovato
sulla sua testata.
Ps.
errata corrige: nell'articolo che ha annunciato la veglia di sabato
22 aprile, su La
Voce e il Tempo scorso,
è comparso: “le Sentinelle in piedi, vicine ad Alleanza Cattolica
[...]”. Tale affermazione non è corretta, poiché sottintende che
il movimento di popolo in questione sia identificabile soltanto con
una precisa realtà. Certo, l'associazione AC dona un contributo
inestimabile all'organizzazione degli eventi legati alle Sentinelle
ma non è l'unica. Da quando sono nate, nell'agosto 2013, sulla scia
dei “Veilleurs
debout” (sentinelle) francesi,
le Sentinelle in piedi, sono riuscite a innescare un movimento di
popolo che in Italia ha coinvolto oltre trentamila persone –
cattolici, evangelici, musulmani, non credenti –. Tutte unite da una
preoccupazione: “non si può imbavagliare il diritto di ricordare
ciò che la Verità sull'uomo rivela, come questi: un bambino ha
bisogno di mamma e papà, la complementarietà di questi è
fondamentale, la dignità umana è sacra, dal suo concepimento fino
al momento supremo della sua morte”.
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