Questo sentimento si trova alla base delle più svariate motivazioni del comportamento umano, e può manifestarsi in ogni possibile scelta, ma soprattutto nelle non scelte. Essa può anche essere considerata come il motore essenziale degli affetti, delle relazioni, della storia, come del diritto, dell'economia e degli ultimi ritrovati dell'elettronica: gli antifurti, i metal detectors, i satelliti artificiali, le porte blindate, le videocamere, sempre più presenti nelle nostre città, trovano nella paura la loro ragion d'essere. Per non parlare poi dell'ultimo decennio, così segnato dall'aumento di attacchi terroristici.
Tali parole possono fornire una spiegazione dei tristi fatti avvenuti in piazza San Carlo sabato 3 giugno. Ora, alle migliaia di feriti usciti dalla piazza, bisogna purtroppo aggiungere la morte di una donna, avvenuta di recente.
A provocare dispiaceri non vi sono solo queste notizie, vi è anche l'irrispettoso comportamento dei media. I servizi giornalistici non sono riusciti a offrire nessun tipo di confort; anzi, sulla scia di una inefficace reazione politica, tutta polemica e niente più, hanno alimentato ancora di più le paure, sfruttando addirittura quanto poi è accaduto oltre Manica, più o meno nelle stesse ore, dove la furia islamista ha provocato nuove vittime. Slogan come “la paura di essere uccisi in ogni luogo”, “la paura dell'isis”, usati come mantra dai giornalisti, sono stati usati per trovare rapidamente un responsabile, la paura appunto.
D'altronde la paura e la morte spesso non sono occasione per mostrare rispetto umano e fornire rassicurazioni e speranza, ma al contrario, l'opportunità per vendere di più, sfruttando la spettacolarizzazione dei fatti. Per i media “sciacalli”, cartacei e digitali, è un'occasione ghiotta nella quale vendere di più.
Siamo nell'aerea della consapevolezza diffusa del rischio, definita così dallo studioso Anthony Giddens, la quale ci permette di capire che i mass media hanno un ruolo fondamentale nel modulare e determinare le percezioni dei pericoli e delle minacce: spesso essi stessi enfatizzano le notizie di disastri o di attacchi terroristici, cedendo alla spettacolarizzazione e al sensazionalismo; in tal modo, contribuiscono a creare un clima di terrore e di attesa del pericolo. Non a caso, molti sociologi politologi definiscono quanto appena detto come la variabile innovativa, per alcuni addirittura una vittoria, del terrorismo attuale.
Però, nel caso di Torino, pare proprio che la scusa “paura per attentati” abbia fatto comodo al sindaco Chiara Appendino e a tutti i membri dell'establishment torinese che l'appoggiano (sì, e conta più della “rete di Grillo”; amici 5S prima lo capite e meglio è). E questo potrebbe spiegare perché La Stampa e La Repubblica non abbiano mosso una vera guerra contro di lei.
Per fare un buon servizio, i media avrebbero dovuto spostare l'attenzione dalla psicosi per il fondamentalismo islamico all'incapacità, alla dabbenàggine dell'amministrazione 5Stelle. Può anche starci che degli scemi abbiano profittato del clima di paura per scatenare il fini mondo, tuttavia, rimarrebbe un fatto ineludibile: “qualcuno” gli ha fornito il pretesto, costipando in una piccola piazza troppe persone, oltre la sua capacità di accoglienza massima. Perciò, si può dire che anche dal capoluogo piemontese, dopo Roma Parma Livorno, giungono prove dell'incapacità loro di amministrare le città.
E non solo incapacità, anche irresponsabilità, perché in una piccola piazza come San Carlo non si fanno entrare migliaia di persone e non si risponde con una nota di questo tipo, in pieno stile 'scarica barile': “Il soggetto organizzatore, Turismo Torino (ente pubblico che si occupa della promozione della città, ndr) ha operato con le medesime modalità messe in atto nel 2015 in occasione della finale proiettata il 6 giugno”. Come dire, 'beh, prima di noi, l'han fatto quelli del PD'. Verrebbe da dire che bella coppia di somari, PD-M5S.
Di conseguenza, non possono non nascere alcune domande. Perché il sindaco non ha permesso la visione della partita allo stadio della Juventus? Forse Allianz Italia, che darà il nome allo stesso, non ha voluto?
Perché non ha permesso che più piazze ospitassero dei maxi-schermo per la partita? Piazza Castello, Piazza Vittorio Veneto sarebbero stati luoghi perfetti e anche ben difendibili. Si spera che non sia trionfata la logica tutta grillina e molto ideologica del "pareggio di bilancio": per non avere ulteriori debiti, si fanno tagli, anche alle manifestazioni pubbliche, oltre che ai trasporti e alle scuole.
Perché non ha firmato un'ordinanza in grado di vietare qualsiasi tipo di vendita abusiva di bibite?
Se qualcuno avesse dubbi sulla colpevolezza del sindaco, risponderei citando Agatha Christie: «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova».
Certo, i fatti di piazza San Carlo non sono stati eventi funesti cercati e voluti. Questo no. Vale la pena ripeterlo, è stata una disgrazia provocata dall'incapacità e dall'irresponsabilità. E la situazione per Appendino si aggrava, se si ricorda che lei fino al 12 giugno ha tenuto la delega alla polizia municipale alla sicurezza e alle attività e manifestazioni culturali (delega che esercitava attraverso il suo capo di gabinetto Paolo Giordana, le cui competenze sono ora ridimensionate).
Ora, si spera che i membri dell'opposizione sia al Palazzo Rosso che nella società civica, cattolici e non, animato dal buon senso comune, sappiano costruire una sana resistenza, siccome il PD è inaffidabile nella stessa misura dei 5S, per i principi e i (dis)valori che diffonde e giacché nel 2015 ha rischiato una situazione altrettanto difficile, e lanciare un progetto politico/un'alternativa valida affidabile e chiara (senza Appendino) ora e per le prossime elezioni. Magari puntando a far cadere il sindaco prima, chissà.
Uniche note positive di tutta la faccenda: grazie a Dio, il servizio di soccorso è stato impeccabile, nonostante un luogo poco strategico e una folla disordinata, prestando subito soccorso. Altrimenti, ci sarebbero state problematiche ben peggiori.
Per finire, non si può non leggere la lettera che Laura Cefalo ha scritto per onorare Erika, la ragazza che è mancata a causa della "stampede" del 3 giugno:
«Le persone muoiono nei modi più disparati. Malattie, incidenti.Fatti che onorano la patria italiana, hanno donato e donano Speranza in un momento storico così ricco di angosce.
Eppure sono sempre realtà aliene, sfighe altrui, un brivido lungo la schiena e un lampo che ti attraversa la mente "sono fortunata".
Stavolta è diverso.
Anche stavolta è toccato a qualcun altro, ma in un modo così randomico che il brivido non basta.
In quella piazza eravamo decine di migliaia, e, come Erika, eravamo in tante ad aver fatto un gesto d'amore e sopportato caldo, ressa e sudore solo per far vivere ai nostri fidanzati una serata magica, nel bene o nel male.
Era una festa.
Era l'unico modo, pensavamo, per affrontare serenamente anche una sconfitta.
Almeno si potrà consolare con altri come lui, che lo capiscono, invece di rompere a me con fuorigioco, azioni sospette, scelte tecniche sbagliate. "Ma cosa vuoi da me, io non so cosa dirti, è solo una partita, parlane con i tuoi amici tifosi."
Forse, Erika, eri la bionda dietro di me che ha messo la maglietta di Amauri perché "il mio ragazzo dice che porta fortuna".
O forse eri la ragazza che ha cucinato i maccheroni col pomodoro, ha portato parmigiano e piatti di carta per mangiare in piazza, con fidanzato e amici, seduti in cerchio per terra. "È tradizione!". Mi hai detto di fronte al mio sguardo stupito e divertito.
Mi hai strappato un sorriso, quel maledetto giorno.
Non so chi fossi, Erika.
Ma so che eri come me.
Una giovane donna. Magari avevi appena comprato casa anche tu. Magari pensavi a un bimbo col tuo fidanzato juventino, tra una lettura di gazzetta e uno sproloquio contro l'Inter.
Chissà che lavoro facevi, dove ti piaceva andare il sabato sera.
Tu eri me. E io sono te, potevo essere te.
Quella maledetta sera una mano invisibile ha fatto una conta beffarda.
Per la prima volta, la morte ha preso una persona a caso in una situazione in cui sarei potuta essere, benissimo, anche io.
E piango, piango per te perché non è giusto, è assurdo, nessuno pagherà.
Piango per i tuoi genitori, chissà quanto sono stati in pensiero quando hai detto loro che avresti visto la partita in piazza.
"Di questi tempi.. Non puoi evitare?". Quante volte me l'ha detto mia mamma.
Piango per il tuo ragazzo. Il mio ha i sensi di colpa da quel giorno, solo per lo shock che ho vissuto "a causa sua".
Ma non è causa sua, non è colpa vostra, le colpe sono tante ma non di chi voleva solo passare una serata diversa, potenzialmente bellissima.
E piango per me. Perché una storia così assurda non si può metabolizzare.
Io che ero patita di concerti, una da front row, ora sono terrorizzata dalla folla.
Perché in quei 20 minuti di follia in cui correvo senza scarpe, sui vetri, sporca di sangue non mio, la gente intorno a me che urlava "sparano, sparano", ero sicura che sarei morta. Ero lucida, ma atterrita. Pensavo solo a mia mamma, che dolore le avrei dato.
È così che succede, ho pensato.
No, non è così che succede, non tu, Laura. Ma è così che è successo per te, Erika.»
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