lunedì 19 maggio 2025

La vita dentro una ferita di Giovanni Lindo Ferretti (versione con aggiunte)


È il titolo di questo articolo scritto per Tempi: 


Il quale integro con queste parti:

In conclusione, condivido due aneddoti personali. Conobbi Giovanni Lindo Ferretti in due occasioni. La prima indirettamente, allorquando, nel maggio 2013, la mia fidanzata mi propose di andare a vedere Fedele alla linea (cliccare qui per trovarlo), docufilm a metà strada tra punk-montano e “nostos” eroico, siccome infine di Ferretti esso narra il ritorno a quella “casa” che sta tra il focolare e il Cielo: «Senza famiglia e Chiesa non si vive». Un continuo invito a mettersi alla ricerca delle proprie radici, della propria identità, spingendo al forte desiderio di comunità

Da allora, giacché colpito dalla sua profondità artistica e spirituale, iniziò per me la lettura dei suoi libri e l'ascolto delle sue canzoni. Una storia, la sua, che mi ha sempre ricordato quella di Giuni Russo, che è passata dalle vette della musica a quelle più alte del Carmelo.

  Libri quali, ad esempio, Reduce, passando per Bella gente d’Appennino, Barbarico etc, fino a Óra. Difendi conserva prega. Come si evince dal secondo testo citato poc’anzi, la Provvidenza ha sempre incalzato o “seminato” (per dirla con San Giustino martire) Grazia nella sua vita, a iniziare dalla sua infanzia, quando con la madre e la nonna presenziava alla Santa Messa: «In chiesa il priore officiava in latino e io imparavo le sequenze liturgiche che mi hanno legato ai secoli dei secoli. Kyrie Confiteor Gloria Credo Sanctus et Miserere... abbi misericordia di me, De profundis... dal profondo a te grido Signore... Celebravamo con la Santa Messa il sacrificio perfetto: l’agnello immacolato che offrendosi libera gli uomini riconciliandoli a Dio. Vivi, morti, Santi e ogni creatura cara al Creatore: c’eravamo tutti e noi, i presenti, forse i meno importanti. La vertigine, ancora oggi, mi coglie al suono del nome Melchisedech, già Sommo Sacerdote al cospetto di Dio quando nostro Padre Abramo muoveva i primi passi e tutto ciò che sarebbe stato poi, fino ad oggi, era solo promessa, progetto. Una vertigine che colpisce chi si affaccia dall’orlo dei propri giorni sul tempo: i secoli dei secoli... omnia saecula saeculorum. Amen. Così è»

Con l’amore, il coraggio e la gratitudine di chi ha potuto e saputo ritrovare radici e tradizione (“le radici profonde non gelano”, ricorda Tolkien), come dimostra il suo profondo rapporto con la madre: «D’inverno il buio cala presto e cresce a dismisura l’angoscia da spaesamento propria di quell’ora, il nostro tormento. Ci salva, ogni sera, il suono della campana dell’Ave Maria. Ci salva, ogni sera, la recita del Santo Rosario. A Lei la corona, a me l’enunciazione dei misteri e, in un latino ecclesiastico scampato ai secoli e all’ignoranza, Lei scandisce le litanie, io la sostengo qua e là ma molto poco. Ogni sera la preghiera più semplice, la pratica religiosa più umile, ci restituisce a noi stessi, alla nostra storia, al mondo intero. (...) Il rosario ha retto le disgrazie, le catastrofi, le guerre, l’occupazione nazista. Reggerà l’alzheimer» (ancora in Bella Gente d’Appennino).

E poi ci fu il secondo incontro, e questa volta di persona; difatti, sembrò un premio per l’impegno messo nel leggere i principali scritti di Ferretti. Sempre con fidanzata e un nostro caro amico (negli anni abbiamo saputo fare promozione) riuscimmo a raggiungerlo a Cerreto Alpi nell’aprile 2022, ricevendo perfino l’onore di essere ospitati a casa sua, la stessa che fa da location principale al docufilm.

Egli ci testimonia, dunque, come vivere su una soglia, vivere dentro una ferita, il coraggio, o il destino, di abitare il dolore fino in fondo. Se in passato con rabbia a causa dell’ideologia: «Giovanotto – ricorda ancora Lindo in Bella gente d’Appennino - sono stato succube e agente di una ideologia falsificante che estirpava, in baldanzosa marcia, ogni legame organico. Pietas, liturgia, vocazione e virtù ridotti a banalizzazione rancorosa e derisoria della propria storia plasmata con difficoltà, nei secoli, a civiltà della cristianità». Oggi, con gratitudine e speranza, essendo uomo rappacificato in e corroborato da Cristo.

 

 

 







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mercoledì 26 marzo 2025

Per non cadere in tentazione di fronte al suicidio assistito e agli altri malanni del nostro tempo

Si continua a riflettere sulla scorta di quanto affermato qui.

Usiamo la Ragione (con la Fede, ala che permette di giungere a Dio), stando di fronte ai fatti. Ovunque (ad es. in Olanda e in Belgio) sia stato approvato il suicidio assistito, si è passati dal colpire persone in situazioni estreme (usate come "cavalli di Troia") a persone praticamente sane, meramente afflitte da depressione e solitudine: problemi che un fraterno abbraccio, nonché una visione poetica della realtà in grado di far comprendere la bellezza e preziosità di ogni vita, avrebbe potuto risolvere. D'altronde, e parafrasando madre Teresa di Calcutta durante il conferimento a lei del Nobel per la pace nel 1979, con la possibilità di abortire e il suicidio assistito, in una società sempre più scristianizzata, potenzialmente, chi può impedire a ciascuno di noi di uccidere il prossimo?







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lunedì 3 marzo 2025

Il ritorno della "pena di morte" in Toscana, grazie alle forze radicali. I cattolici nel PD (non solo toscano) si opporranno o faranno finta di niente?

 Lo scorso 11 febbraio, il consiglio regionale della Toscana ha approvato la prima legge in Italia che consente l'accesso al suicidio assistito. È la prima volta nel nostro Paese che un principio come quello costituzionale del diritto alla salute viene derogato per far spazio alla facoltà depenalizzata di chiedere e ottenere presso l'Asl la morte medicalmente assistita come prestazione ordinaria garantita da sanitari delle istituzioni pubbliche, pur all’interno delle limitate condizioni dettate dalla Corte costituzionale.

Il Consiglio regionale della Toscana, guidato dal piddino Eugenio Giani, ha approvato a larga maggioranza - 27 voti a favore (Pd, Iv, M5s, gruppo misto) e 13 contrari (FdI, FI, Lega); una consigliera del Pd si è astenuta - la proposta di legge di iniziativa popolare “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n.242/2019” promossa dall'associazione radicale Luca Coscioni, di cui è tesoriere Marco Cappato.

La procedura prevista, ricalca difatti quanto a suo tempo stabilito dalla Corte costituzionale nella famosa sentenza 242/2019, che sciolse l’ipotesi di reato a carico di Marco Cappato, depenalizzando l’aiuto al suicidio e abolendo l’articolo 580 del Codice penale, che ne prevedeva una esplicita sanzione.

Rigettata in altri quattro consigli regionali (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lombardia), la legge mantiene il principio della morte assistita come «erogazione di una prestazione sanitaria suddivisa in più fasi» (preambolo della proposta di legge) ma è stata modificata così da perdere una parte del suo esplicito carico ideologico di affermazione di un preteso e inesistente “diritto di morire” (tra l'altro, formalmente negato dalla Corte costituzionale) e di presentare la descrizione di una “burocrazia della morte” che stabilisce il modo per ottenere «la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile». 

Emerge, fin troppo, una situazione surreale: il sistema sanitario nazionale, che ha problemi a soddisfare le richieste di molti malati richiedenti aiuto nel vivere nel mondo migliore, dovrà accogliere e soddisfare le richieste di chi invece chiede di morire. 

Così la Toscana ha perso quel primato che aveva guadagnato il 30 novembre 1786, ossia di essere stata il primo stato al mondo (all'epoca granducato sotto Pietro Leopoldo) ad aver abolito la pena di morte. Duecentotrent'anni dopo, l'ha reintrodotta e questa volta non per punire i colpevoli, ma bensì per scartare gli "indesiderati".

Una inquietante deriva contro cui hanno preso posizione prima i vescovi della Conferenza episcopale toscana con una nota e poi il loro presidente cardinale Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena, in una intervista ad Avvenire.

«Prendiamo atto - ha affermato sua eminenza - della scelta fatta dal Consiglio regionale della Toscana, ma questo non limiterà la nostra azione a favore della vita, sempre e comunque – ha dichiarato il cardinale a nome di tutti i vescovi –. Ai cappellani negli ospedali, alle religiose, ai religiosi e ai volontari che operano negli hospice e in tutti quei luoghi dove ogni giorno ci si confronta con la malattia, il dolore e la morte dico di non arrendersi e di continuare ad essere portatori di speranza, di vita. Nonostante tutto. Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti».







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martedì 7 gennaio 2025

Riflessioni sul film Netflix "Storia di Maria"

Tale film (semplicemente Mary, nella versione originale) ha debuttato sulla piattaforma streaming di Netflix lo scorso 6 dicembre. È stato diretto dal regista DJ Caruso. Nel tentativo di raggiungere l'autenticità, Caruso ha scelto per il ruolo di Maria l'attrice israeliana (non è l'unica) Noa Cohen (appropriato, siccome la Madonna era ebrea) e per Giuseppe l’attore Ido Tako (di bell’aspetto). Il nome più celebre accreditato è il premio Oscar Sir Anthony Hopkins, il quale interpreta Erode.

Senza indugi, e proprio perché ha la pretesa di veridicità storica, lo stronco. Il film attinge ampiamente da un mix di fonti bibliche ed extrabibliche per raccontare la storia di Maria, in particolare dal Protovangelo non canonico di Giacomo, prendendosi una buona dose di libertà creative che confondono di molto il confine tra la cronologia biblica e la libertà (a)poetica hollywoodiana, tutta politically correct.

Fin dall'inizio del film, c'è un'atmosfera assai cupa: la musica piena di suspense e la fotografia dark, sebbene apparentemente belle, non danno l’idea di un’opera “iperdulìca” nei confronti di Maria e al servizio del "lieto annunzio" (Euangélion). L'interpretazione di Erode da parte di Hopkins ricorda la follia oscura del Re shakespeariano Riccardo III e quella del Grande Inquisitore de I Fratelli Karamazov (ci possono stare); per non parlare dei cameo di Lucifero e di un insolitamente minaccioso Arcangelo Gabriele, i quali sono altrettanto inquietanti. Non vi è alcun "brivido di Speranza" per il mondo stanco del I secolo a.C. e sicuramente nessuna gioia.

Il regista, per quanto si definisca cattolico e abbia sperato di rendere la storia di Maria (fin troppo) accessibile alle persone, non è riuscito a raccontare la grazia che Dio ha concesso in modo unico a Maria; anzi, ha enfatizzato la nube oscura di sofferenza che sembrava incombere su di lei per tutto il film. Non a caso, il produttore dello stesso è lo statunitense Joel Osteen, pastore e telepredicatore protestante.

Certo, la vita sulla terra è anche una “valle di lacrime”: la realtà del peccato e l’oscurità che getta sul mondo non rendono pienamente felice lo stare qui sulla terra; d’altronde, qui siamo solo di passaggio; però, nonostante l'oscurità, la Speranza rimane. Il cattolico sa, per dirla con Tolkien, che la vita è “eucatastrofica”: il dolore, il male, alla fine della storia subiranno la sconfitta definitiva; vittoria difatti ravvisabile nel “centuplo quaggiù” assicuratoci da Cristo Stesso, che Egli aveva già fatto assaporare a Giobbe e che nel “Sì” di Maria è divenuto ancora più grande.

Onde evitare di svelare tutte le parti della trama, si può sottolineare come alcune delle scene e delle parole più belle inerenti alla Natività, a iniziare da quelle riportate da San Luca, non siano presenti o, se lo sono, siano distorte.

Lascio da parte questa carrellata di ipotesi romanzate: da Maria rappresentata come una sorta di “femminista autodeterminata”, da Lucifero (sottolineo: troppo bello) che La tenta, dallo scontro tra questi e l’Arcangelo Gabriele (sottolineo: troppo brutto), una brutta copia dei duelli con spada laser di Star Wars (ho troppo a cuore George Lucas per sopportare questo), dal censimento romano non pervenuto, dal motivo per cui Maria e Giuseppe non trovano posto a Betlemme: in tanti si erano recati lì, perché certi che il Messia vi sarebbe nato, quando si sa che non è così (d’altra parte, censimento romano assente), dal fatto che nessuna creatura angelica spieghi a San Giuseppe come mai Maria sia incinta, il quale non mostra neanche un briciolo di curiosità nei confronti del Padre del nascituro, al modo in cui Giuseppe incontra Maria: dopo essere stato condotto a Lei da una strana figura avvolta in una tunica blu, l’Arcangelo Gabriele, il padre putativo di Gesù finisce per bussare alla porta dei santi suoceri affermando che Maria è Sua moglie. Altamente improbabile, considerate le precise norme di corteggiamento ebraiche dell'epoca.

Le lascio da parte per soffermarmi maggiormente sul "cuore" del film. Quando l’Arcangelo Gabriele viene a portare a Maria il miglior messaggio possibile, è una figura oscura e spaventosa con il volto per lo più coperto, per niente simile a un magnifico Arcangelo. Perché l'oscurità? Nessuna raggio di luce, un simbolo perfetto per un annuncio così gioioso?

Gabriele le dice che Suo Figlio regnerà sulla casa di Davide. Ma viene tralasciata la Sua eloquente spiegazione di come quel Figlio “sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide Suo padre. Egli regnerà sulla casa di Giacobbe per sempre, e il Suo regno non avrà fine. Sarà chiamato Figlio di Dio” (Luca 1,32-35). Maria risponde: «Lascia che sia io». Eppure Luca scrive che Maria rispose a Gabriele: «Ecco la serva del Signore; avvenga di me secondo la tua parola».

Lo stesso vale per l'eccezionale visita di Maria alla cugina Elisabetta. Qui, è molto breve, ambientata in uno spazio buio simile a una caverna illuminata solo da una piccola fiamma da cucina. Elisabetta è felice, ma non trasmette la descrizione di Luca di un'Elisabetta "piena di Spirito Santo e che esclamò a gran voce”: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo». Mancano tutte le preziose parole di Maria immortalate duemila anni fa nel Magnificat, le quali mostrano la Sua obbedienza alla volontà di Dio e la Sua comprensione di come quegli eventi risuoneranno nei secoli dei secoli.

E giungiamo all’errore più grave che stride pienamente con la Dottrina Cattolica e gli insegnamenti della Chiesa; ovvero, alla scena in cui Maria partoriente viene mostrata sofferente. Fin dall'inizio, i Padri e i dottori della Chiesa, tra cui i Santi Ambrogio, Agostino, San Bernardo da Chiaravalle e Tommaso d'Aquino, hanno insegnato che solo Ella sarebbe stata esente da tali dolori come segno della Sua santità unica: Lei sola non ha avuto peccato originale e le sue conseguenze (sine labe originali concepta). Sant'Ireneo, nel secondo secolo, fece riferimento alla profezia di Isaia: «Prima di essere in travaglio ha partorito; prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un figlio. Chi ha mai sentito parlare di una cosa simile? Chi ha mai visto cose simili?» (Isaia 66,7). Sempre Isaia afferma: «Ecco, la giovane concepirà, partorirà un figlio, e lo chiamerà Emmanuele (Dio con noi)» (Is 7,14).

Per spiegare come ciò è potuto avvenire, i Padri e i dottori della Chiesa ricordano che se è vero che nell’ora della Trasfigurazione Gesù mostrò, anticipando l’evento della Risurrezione, il suo corpo glorioso ai tre Apostoli, di conseguenza non si può negare che abbia potuto rendere glorioso il suo corpo anche al momento del parto, e anticipando proprio il miracolo del Tabor. E un ulteriore aiuto ce lo dà la Sacra Scrittura quando asserisce che Gesù risorto passò attraverso i muri del Cenacolo, ove si trovavano gli Apostoli la sera del giorno della Sua risurrezione. Sant’Alberto Magno – e così mi avvio alla conclusione -, maestro di San Tommaso, per mostrare la verginità della Madonna durante il parto fa riferimento proprio a questo fatto: «Maria è una stella perché come la stella emette il raggio, così la Vergine genera il Figlio con lo stesso splendore: né la stella viene menomata dall’emissione del raggio, né la madre dal generare il Figlio. […]. Colui che camminò sulle onde del mare senza affondarvi, Colui che uscì dal sepolcro senza infrangere il sigillo della pietra – essa fu ribaltata, come dice il Vangelo (Mt 28,2), da un angelo e non dal Signore -, Colui che si presentò ai discepoli a porte chiuse, poté anche nascere da una Madre vergine senza violarle il pudore verginale. Per questo chiamiamo stella la Vergine Maria» (S. Alberto Magno, Trattato sulla natura del bene, cap. 142).

Ora, non resta che sperare che un giorno a Maria SS. potranno finalmente dedicare dei film ad hoc, sulla scorta di capolavori cinematografici e televisivi quali Ben Hur, I Dieci Comandamenti, Il Re dei re, La tunica, Il quarto re, La Passione di Cristo.






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