Il quale integro con queste parti:
In conclusione, condivido due aneddoti personali. Conobbi Giovanni Lindo Ferretti in due occasioni. La prima indirettamente, allorquando, nel maggio 2013, la mia fidanzata mi propose di andare a vedere Fedele alla linea (cliccare qui per trovarlo), docufilm a metà strada tra punk-montano e “nostos” eroico, siccome infine di Ferretti esso narra il ritorno a quella “casa” che sta tra il focolare e il Cielo: «Senza famiglia e Chiesa non si vive». Un continuo invito a mettersi alla ricerca delle proprie radici, della propria identità, spingendo al forte desiderio di comunità
Da allora, giacché colpito dalla sua profondità artistica e spirituale, iniziò per me la lettura dei suoi libri e l'ascolto delle sue canzoni. Una storia, la sua, che mi ha sempre ricordato quella di Giuni Russo, che è passata dalle vette della musica a quelle più alte del Carmelo.
Libri quali, ad esempio, Reduce, passando per Bella gente d’Appennino, Barbarico etc, fino a Óra. Difendi conserva prega. Come si evince dal secondo testo citato poc’anzi, la Provvidenza ha sempre incalzato o “seminato” (per dirla con San Giustino martire) Grazia nella sua vita, a iniziare dalla sua infanzia, quando con la madre e la nonna presenziava alla Santa Messa: «In chiesa il priore officiava in latino e io imparavo le sequenze liturgiche che mi hanno legato ai secoli dei secoli. Kyrie Confiteor Gloria Credo Sanctus et Miserere... abbi misericordia di me, De profundis... dal profondo a te grido Signore... Celebravamo con la Santa Messa il sacrificio perfetto: l’agnello immacolato che offrendosi libera gli uomini riconciliandoli a Dio. Vivi, morti, Santi e ogni creatura cara al Creatore: c’eravamo tutti e noi, i presenti, forse i meno importanti. La vertigine, ancora oggi, mi coglie al suono del nome Melchisedech, già Sommo Sacerdote al cospetto di Dio quando nostro Padre Abramo muoveva i primi passi e tutto ciò che sarebbe stato poi, fino ad oggi, era solo promessa, progetto. Una vertigine che colpisce chi si affaccia dall’orlo dei propri giorni sul tempo: i secoli dei secoli... omnia saecula saeculorum. Amen. Così è»
Con l’amore, il coraggio e la gratitudine di chi ha potuto e saputo ritrovare radici e tradizione (“le radici profonde non gelano”, ricorda Tolkien), come dimostra il suo profondo rapporto con la madre: «D’inverno il buio cala presto e cresce a dismisura l’angoscia da spaesamento propria di quell’ora, il nostro tormento. Ci salva, ogni sera, il suono della campana dell’Ave Maria. Ci salva, ogni sera, la recita del Santo Rosario. A Lei la corona, a me l’enunciazione dei misteri e, in un latino ecclesiastico scampato ai secoli e all’ignoranza, Lei scandisce le litanie, io la sostengo qua e là ma molto poco. Ogni sera la preghiera più semplice, la pratica religiosa più umile, ci restituisce a noi stessi, alla nostra storia, al mondo intero. (...) Il rosario ha retto le disgrazie, le catastrofi, le guerre, l’occupazione nazista. Reggerà l’alzheimer» (ancora in Bella Gente d’Appennino).
E poi ci fu il secondo incontro, e questa volta di persona; difatti, sembrò un premio per l’impegno messo nel leggere i principali scritti di Ferretti. Sempre con fidanzata e un nostro caro amico (negli anni abbiamo saputo fare promozione) riuscimmo a raggiungerlo a Cerreto Alpi nell’aprile 2022, ricevendo perfino l’onore di essere ospitati a casa sua, la stessa che fa da location principale al docufilm.
Egli ci testimonia, dunque, come vivere su una soglia, vivere dentro una ferita, il coraggio, o il destino, di abitare il dolore fino in fondo. Se in passato con rabbia a causa dell’ideologia: «Giovanotto – ricorda ancora Lindo in Bella gente d’Appennino - sono stato succube e agente di una ideologia falsificante che estirpava, in baldanzosa marcia, ogni legame organico. Pietas, liturgia, vocazione e virtù ridotti a banalizzazione rancorosa e derisoria della propria storia plasmata con difficoltà, nei secoli, a civiltà della cristianità». Oggi, con gratitudine e speranza, essendo uomo rappacificato in e corroborato da Cristo.
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