In queste ore è giunta la notizia che mai avremmo voluto avere. Le condizioni di Charlie Gard si sono aggravate e il piccolo è “stato affidato agli Angeli”, come hanno detto i suoi genitori, Connie Yates e Chris Gard. La responsabilità della morte non è solo della malattia, bensì anche del clima ideologico creatosi attorno loro, a causa di medici e giudici ‘demiurghi’, i quali hanno impedito ai Gard di partire per gli Stati Uniti, dove avrebbero potuto somministrare al figlio una nuova cura. Certo, la situazione era delicata, però i margini di miglioramento c’erano. Purtroppo, i 10 mesi in cui sono stati tenuti in ostaggio, dal Great Ormond Street Hospital e dall'Alta Corte britannica, sono stati fatali, e forse più della malattia.
Però, al di là degli aspetti inquietanti di tutta la vicenda, delle varie ombre su di essa – di cui si è ampiamente discusso su Vita Diocesana Pinerolese, il blog La Baionetta e su altre autorevoli testate – è doveroso soffermarsi su quanto significativa per ciascuno di noi sia stata la vita di Charlie Gard; breve ma straordinaria. «Ebbene, non dirò: non piangete, perché non tutte le lacrime sono un male», dice Gandalf alla fine del Signore degli anelli; parole che faccio mie e rivolgo a voi lettori, con il cuore commosso per il nostro piccolo compagno. L’importante è che il nostro pianto non sia carico di disperazione.
Vedete, Charlie Gard non si congeda da questo mondo da vinto, ma da vincitore. Per capirlo occorre considerare i tanti cuori che ha saputo conquistare. Di migliaia di persone, di specialisti, del presidente degli Stati Uniti, di Papa Francesco. Ma prima ancora, e affinché si possa capire bene quanto detto, è necessario fare affidamento sulla Speranza in noi e nella positività del reale. Sì, di fronte al mistero della vita, Charlie ci testimonia che questo mistero è buono, nonostante tutto.
Ha combattuto una grande battaglia, donando attraverso i suoi dolci occhietti amore e serenità alla mamma e al papà, e a noi, che siamo stati svegliati dal torpore di una cultura mortifera e violenta.
Ci hai fatto capire quanto sia perniciosa la tecnoscienza postumana, la quale in modo sempre più dispotico pervade il nostro mondo.
Hai fatto rimettere in moto la macchina della solidarietà nel cuore dei popoli. Abbiamo ritrovato la gioia per l’essere parte di un movimento di popolo, mosso da sani ideali. Gli Stati Uniti, l’Europa, in particolare l’Italia e lo Stato del Vaticano, hanno collaborato come non succedeva da anni. Così abbiamo capito che un movimento nazionale e internazionale per costruire la civiltà dell’amore e della vita è davvero possibile, perché è l’umanità della persona umana a chiederlo.
Abbiamo capito che due degli aspetti più importanti della battaglia per vita, sia per cattolici sia per i non credenti non affetti da laicismo invalidante, riguardano gli ospedali:
1) luoghi esteticamente belli, a misura d’uomo. E non “obitori” per vivi;
2) luoghi sicuri: il rapporto medico-paziente, non può essere sostituito dal rapporto costi-benefici. Il medico non può dimenticarsi del giuramento di Ippocrate, per questo farà tutto il possibile per salvare, curare la vita del paziente che gli è affidato .
Caro Charlie, hai fatto gettare la maschera a quei medici e a quei giudici che appaiono come sempre attenti al cosiddetto “bene dei singoli” e che invece giocano a fare le divinità con la dignità irriducibile di ogni vita umana.
Con la tua presenza hai permesso ai tuoi genitori di essere un faro di Speranza di un bene oggettivo e più grande, in questo tempo in cui le madri e i padri possono uccidere senza remore i figli, visti come errori, pesi, difettosi; di essere uniti, quando attorno a loro è un continuo smarrire le fondamentali evidenze antropologiche: l’uomo e la donna sono fatti per completarsi, non sono un semplice oggetto della natura, di cui si possa abusare e disporre arbitrariamente. Uomini e donne non si programmano attraverso la genetica o l’eugenetica. I bambini non si comprano e gli uteri non si affittano.
Tu hai permesso a tua mamma e a tuo papà di far vedere il contrario di tutto questo.
Ora riposa, mio amato fratello maggiore. Mio e di tanti. Maggiore perché in te abbiamo visto quanto la vita umana diventi nobile nel momento più supremo, quello della morte; e attraverso di te abbiamo visto quella vetta a cui l’uomo può arrivare quando compie il bene. D'altronde, l’uomo così raggiunge la vera allegrezza, la vera pienezza.
Questa è l’eredità che ci lasci, la quale ci invita a continuare a sperare che tu sia già in Paradiso, ove ammiri e sei abbracciato dall'amor «che move il sole e l’altre stelle». Perciò, mandaci conforto e aiutaci a continuare la buona battaglia per te, per i tuoi genitori e per tutti coloro che sono nel bisogno e che non hanno voce per difendersi.
Concludo pensando agli Annali dei Re e Governatori, La storia di Aragorn e Arwen, riportati nelle appendici de Il Signore degli anelli di Tolkien: «In tristezza dobbiamo lasciarci, ma non nella disperazione. Guarda! Non siamo vincolati per sempre a ciò che si trova entro i confini del mondo, e al di là di essi vi è più dei ricordi». Arrivederci Charlie Gard, ci ritroveremo.
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