Il
20 maggio scorso si è svolta a Roma la VII Marcia nazionale per
Vita, che ha sfilato da Piazza della Repubblica fino a Piazza
Venezia: giunti davanti all'Altare della Patria tutti i partecipanti
hanno ascoltato le testimonianze di uomini e donne che con la loro
esperienza di vita si mettono in gioco personalmente e
quotidianamente per difendere quella degli altri, altri che non hanno
voce come i bambini non nati. In altre sedi si è scritto per filo e
per segno come si è svolta la giornata, per cui anziché fare
l’ennesimo resoconto, si vuole proporre una riflessione a riguardo.
Viviamo
in tempi assurdi, in cui è diventato difficile poter parlare di cose
semplici fino a pochi anni fa evidenti: quando un concetto elementare
come quello di rispetto della vita umana deve essere difeso così
strenuamente vuol dire che in un qualche momento della storia il
mondo ha perso. Quando non è più un fatto istintivo, naturale e
ovvio proteggere un bimbo nel grembo della madre, il mondo ha perso.
Ha perso il significato che si deve dare alla Vita, il valore
profondo dell’esistenza di ognuno che va al di là di quanto può
essere calcolato esternamente. Oggigiorno sentiamo ripetere ovunque
che se una donna rimane incinta in seguito a uno stupro deve avere il
diritto di uccidere suo figlio; se una donna sa che suo bimbo nascerà
menomato, o con qualche possibilità che sia malato, deve avere il
diritto di non farlo nascere affatto; se una donna non è pronta a
prendersi la responsabilità di una nuova vita deve avere il diritto
di disfarsi di quel
peso.
I pro-choice fanno un gran parlare di libertà di scelta, ma
dimenticano un piccolo sebbene cruciale dettaglio: la vita della
quale si discute non è quella della donna, ma del bambino, e nessuno
può sapere che cosa lui o lei vorrà farne finché non nascerà e
non imparerà quantomeno a parlare. La libertà di scelta del
bambino non viene minimamente calcolata.
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Fortunatamente
c’è chi si batte per ricordare alle coscienze tutto questo, per
smuovere gli animi e riaccendere il sano desiderio della Vita, ed è
quello che fanno coloro che marciano ogni anno sotto il sole e la
pioggia sacrificando tempo, denaro e fatica. E non si tratta solo di
uomini e donne adulti o anziani (come spesso si pensa o si sente
dire), ma anche di giovani, che si spendono per organizzare,
informare e partecipare con entusiasmo, l’entusiasmo proprio di chi
ha speranza e voglia di costruirsi un futuro in una società che non
voglia uccidere se stessa. Far credere di essere soli contro tutti è
una strategia infida per minare la determinazione di chi prende una
posizione. Con eventi come questo della Marcia, però, possiamo
benissimo renderci conto che non siamo soli, non siamo pochi, non
siamo deboli, e possiamo cambiare le cose in modo positivo e,
nonostante tutto, sempre con il sorriso sulle labbra. La
particolarità di tutte le persone che hanno sfilato è la loro
allegria, la stessa allegria che vediamo in ogni bambino che viene al
mondo.
Anna
Fagiolo
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