Per
il sesto anno di seguito, l’Italia è in recessione. Lo ha
certificato anche l’ISTAT ma pochi giornali ne hanno parlato:
TelevideoRai ha riportato la notizia nelle rubriche secondarie e non
nella celebre pagina ‘103’ dove vanno a finire le notizie più
importanti e clamorose. Solamente Avvenire se n’è accorto e, ad
onor del vero, è dal novembre/dicembre che cerca di sensibilizzare
la società e gli altri media su questa tematica fornendo studi,
cifre, dati, riflessioni di esperti. Perché è stata scelta questa
linea editoriale da parte dell’intero mondo dell’informazione
italiano? Perché, attenzione, l’Italia non è in recessione
economica per il sesto anno di seguito: l’Italia
è in recessione demografica!
Non solo gli italiani non procreano più, ma neanche adottano più
bambini (in particolare nel sistema delle adozioni internazionali).
Se Atene piange, inoltre, Sparta non ride: anche gli stranieri
infatti procreano sempre di meno. E l’ISTAT per far ingollare
meglio la pillola non parla più di abitanti ma di residenti,
falsando cioè il dato reale in quanto (non neghiamolo) il concetto
di residenza e di domicilio in Italia sono agli antipodi una
dall'altra. Allo stesso modo, probabilmente per la prima volta, per
non mostrare il vero e proprio vuoto che si sta creando tra la
popolazione italiana l’ISTAT si esprime in termini percentuali
millesimali, abbandonando la tipica percentuale a due zeri che ci
hanno insegnato alle elementari. Oltre a questo, aumenta
di anno in anno il numero dei morti
che,
ormai, ha superato anche le cifre spaventose degli anni 1916/1917:
poiché in quel biennio ci furono le più dure battaglie della Grande
Guerra cosicché lo scenario è ancora più preoccupante e
logicamente assurdo. Ormai l’indice di sostituzione (il fatto cioè
che ogni anno ad ogni morto corrisponda almeno un nuovo vivo) è
semplice teoria dei manuali statistici: la realtà ci dice altro.
La
domanda di sopra, tuttavia, rimane: perché non si da importanza ad
una notizia (ormai una vera e propria “serie storica”) che
riguarda sia il presente che il futuro, prossimo come anteriore, di
tutta la Nazione? La verità, come accade spesso, è tanto semplice
quanto amara: è meglio tacere questi argomenti, o parlarne
velocemente, perché altrimenti bisognerebbe richiudere il Vaso
di Pandora
da cui sono usciti fuori tutti i problemi che ci stanno portando
sempre più ad una vera e propria era
glaciale demografica
che sembra non avere fine e che sarà sempre più drammatica. Ogni
anno spariscono dal nostro Paese intere comunità, e quelle che
resistono invecchiano sempre di più. I legami si spezzano e tra poco
non sarà strano trovare persone che vivranno senza avere accanto né
familiari diretti né parenti più o meno prossimi.
Noi
stiamo assistendo ai frutti di una cultura individualistica, nonché
radicalmente pessimista e/o nichilista, ed il più lontana possibile
da una concezione di identità e comunità aristotelicamente intesa:
l’uomo non è più un animale politico, cioè sociale, ma bensì la
concretizzazione del celebre assioma di Lucrezio ed Hobbes homo
homini lupus.
Ci troviamo dinanzi ad una vera e propria cultura
della morte
che, volenti o nolenti, ci condiziona in ogni nostro agire e di
pensare. Non dobbiamo meravigliarci infatti se in Italia non si
procrea più e se non ci si cura dell’aumento vertiginoso degli
anziani se, infatti, fin da piccoli siamo portati a considerare come
modelli da seguire delle persone che a 40 o 50 anni (se non ancora di
più) ancora non hanno legami stabili e rifiutano categoricamente di
sostenere una gravidanza preferendo invece ricorrere a scappatelle di
ogni genere, purché ovviamente di breve durata, per poter soddisfare
i propri bisogni affettivi e sessuali. Non ci si deve meravigliare se
in Italia c’è l’inverno demografico quando consideriamo che i
prodotti anticoncezionali (rivolti sia ad un pubblico femminile che
maschile) siano a disposizione anche nei bagni pubblici delle
stazioni e degli autogrill (cosa anche molto discutibile: se entro in
un bagno pubblico, magari a pagamento, non penso che avrò da
espletare funzioni sessuali). Non dobbiamo meravigliarci di quanto
detto sopra perché esiste una legge, la celeberrima 194, che
permette di uccidere il frutto del rapporto tra un uomo ed una donna:
come si può parlare di tutela della vita se una Legge dello Stato ha
depenalizzato ed esteso l’aborto anche a soggetti che preferiscono
andare a fare la bella vita piuttosto che prendersi cura di una
creatura appena nata? Come è possibile non capire la stretta
connessione che esiste tra il tracollo del numero dei matrimoni cioè
della formazione di una coppia stabile, nucleo fondamentale della
comunità più ampia che è la Nazione? Come è possibile non vedere
la correlazione tra l’aumento vertiginoso dei rapporti sessuali
consumati occasionalmente e l’assenza di gravidanze tra i giovani?
Come è possibile non considerare che le cosiddette precauzioni
durante questo tipo di rapporti sono essenzialmente precauzioni di
natura anti-concezionale? E come si possono spacciare per farmaci
quelli che sono dei veri e propri veleni? Se ci trovassimo in ambito
fitosanitario o veterinario, ad esempio, i prodotti di
sterilizzazione sarebbero vietati all’uso comune: nel caso umano,
invece, vengono venduti liberamente, spesso anche senza ricetta di
prescrizione. Di cosa dobbiamo meravigliarci se ormai la figura
sociale, culturale e professionale
delle escort
e dei gigolò
è ormai entrata nel linguaggio comune delle persone e viene
riproposta a piè sospinto, e sempre senza alcun tipo di giudizio
bensì in maniera sempre positiva e propositiva, nella gran parte
delle produzioni televisive e cinematografiche italiane, in
particolare prodotte o trasmesse dalla RAI? Come si può minimamente
immaginare di crescere, e per tutta la vita, un frugoletto fin dal
concepimento se (in particolare dall'approvazione della Legge sul
Divorzio) si sostiene in tutti i modi che i legami più sono liquidi
più saremo felici? Come è possibile invogliare i giovani a
procreare se esiste una legge (la famosa 40) che permette di
ricorrere a qualsiasi tecnica pur di avere figli anche in un’età
considerata generalmente e scientificamente non fertile? In che modo
si può concepire un figlio, che sarà della coppia per tutta la loro
vita, e non a tempo o solo quando se ne ricorderanno, se l’età
media dei rapporti di matrimonio diminuisce di anno in anno per la
gioia degli avvocati, dei sociologi, dei politici e degli psicologi
che ci spiegano che il fatto di rompere la routine di coppia porta
grandi benefici sia al corpo che allo spirito dei divorziandi? E come
è possibile parlare di vita, e dunque di natalità, se lo Stato si
sta impegnando in prima persona per la diffusione, autorizzata!,
delle cosiddette droghe leggere? Ma se sono droghe, come possono
essere leggere? Esiste per caso un omicidio leggero ed un omicidio
pesante? O esiste semplicemente una gradualità nell'efferatezza o
nella gravità del reato commesso?
Nei
giorni scorsi, come ormai non accadeva da diverso tempo, si è
tornato a parlare della condizione della vita umana, della sua
fragilità e del rapporto tra la vita e la morte sia all'origine
della vita sia alla sua fine: eutanasia, aborto, fecondazione in
vitro, creazione di ibridi e concepimenti completamente artificiali.
Tutto insieme, letteralmente. Non è stato un confronto facile né
tanto meno pacifico. Si è parlato spesso più con la pancia che con
la ragione. Sono stati fatti paragoni a momenti tristi della storia
umana, e si è cercato anche di immaginare un futuro diverso da
quello che si pensava di poter vivere fino a pochi(ssimi) anni fa.
Sono state messe in contrapposizione società e legge, fede e
ragione, cultura elitaria e cultura popolare, partiti di destra e
partiti di sinistra, medicina ed etica. Ci si è accapigliati,
scontrati, anche presi a male parole per (siamo sinceri) non
risolvere granché del grande mistero che abbiamo dinanzi. Perché di
questo si tratta, ci piaccia o non ci piaccia: la vita (ed in
particolare la vita umana) è un mistero. E come tale fino a pochi
anni fa era vista, osservata, ammirata, studiata, venerata. Ma ora
non è così: si sono ribaltati completamente sia i giudizi che il
metro di paragone per parlare e valutare questo mistero. Si ama e si
desidera, per sé ma soprattutto per gli altri, ciò che era
considerato impensabile mettendo insieme, anche lessicalmente,
nozioni agli antipodi ed concettualmente stridenti come diritto
e
morte.
E lo si fa nei bar, nelle piazze, nei circoli culturali, con gli
amici, sulle riviste di moda, nei giornali, nei video di YouTube,
finanche in Parlamento. E tutto come se fosse una cosa normale e
senza conseguenze più o meno pesanti, più o meno evidenti. Ma su
una cosa concordano tutti gli attori in scena: si tratta di un
cambiamento epocale della società (e quindi della cultura e dei
giudizi, senza contare il modo di intendere la propria identità, la
propria storia, il modo di immaginare il proprio futuro) paragonabile
ad una vera e propria rivoluzione.
E questa rivoluzione coincide con il Vaso di Pandora cui accennavamo
sopra.
Combattere
la cultura
della morte significa
combattere in favore della cultura
della vita,
alzando lo stendardo dell’amore per propria Patria, per i propri
concittadini, per le future generazioni come anche per le categorie
più svantaggiate e deboli. Dobbiamo ammettere infatti che se la
cultura
della morte dilaga
è anche perché non si è saputo proporre, ed anche difendere,
efficacemente la cultura
della vita.
Fare
questo significa affermare verità scomode che nessuno vuole
ascoltare: e per farsi sentire allora bisogna gridare. E la storia e
l’esperienza ci insegnano che non c’è grido più efficace che
quello elevato durante una marcia: la storia dei sindacati, dei
partiti politici, dei gruppi religiosi, dei gruppi per i diritti
civili etc è piena di manifestazioni di questo tipo che hanno spesso
portato a grandi conquiste per tutta l’umanità.
C’è
la possibilità di marciare per dire NO alla cultura
della morte
e SI alla cultura
della vita:
è la Marcia per la Vita che si svolgerà a Roma il 20 Maggio
prossimo. La risposta alla negatività sarà la nostra personale
risposta affermativa alla vita per mezzo del nostro grido a
squarciagola.
Che
aspetti? Vieni anche tu a marciare e gridare con noi il tuo personale
SI ALLA VITA.
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