“Il credente è minus habens perché incapace di interiorizzare autonomamente la scelta pro-democrazia e in grado di riconoscerla solo affidandosi all'autorità religiosa di riferimento... La democrazia è atea imprescindibilmente”. Sembrano le parole dell'imperatore Giuliano ma non è così. Sono state dette, anzi scritte, nell'ottobre del 2013, non nel 362 d.C., dal leader italiano del radicalchiccismo, nonché direttore di MicroMega, Paolo Flores d'Arcais. Fanno parte del saggio che scrisse per la collana Idolà della casa editrice Laterza, “La democrazia ha bisogno di Dio. Falso!”
L'autore così ha voluto sbattere la porta dell'impegno pubblico in faccia ai tanti per i quali, da Tocqueville in poi, la democrazia non sta in piedi senza Dio. I credenti secondo lui vanno isolati.
In questo decennio, specialmente, non è l'unico a pensare in questo modo, però, è colui che meglio di tutti gli altri rappresenta bene il fronte degli atei militanti e ideologici. Non a caso, sotto il suo stendardo marciano personaggi come Piergiorgio Odifreddi (ex seminarista), sempre pronto a dare del cretino ai cattolici, a incolparli di essere la causa dei mali della società. Sulla scia di Voltaire, tollerante per finta, anche perché verso gli ebrei era poco carino e sul commercio degli schiavi africani aveva costruito le sue grandi fortune. Forse un avo di Obama potrebbe essere stato venduto per arricchire il maitre à penser del suo mondo liberal. Troviamo pure Cecchi Paone e Luxuria, che incapaci di levarsi i paraocchi di un'ideologia radicale soffocante, accusano i cattolici di “oscurantismo” quando dicono una delle verità più universali e più certe (valida per credenti e non): i bambini nascono da una mamma e un papà, che amandosi si completano e aprono alla vita.
Riassumendo, i credenti, soprattutto i cattolici sarebbero dei deficienti, un problema per la democrazia, oscurantisti... Ma è proprio così? Niente di più falso.
Il mondo, soprattutto la parte europea, ha scoperto grazie al cristianesimo l’armonia e la collaborazione tra ragione e fede. Ed anche la considerazione delle opinioni altrui: come insegna San Tommaso, ricordato di recente dal domenicano p. Carbone in un'intervista per la NBQ, il cristiano deve dar prova di conoscere e prendere sul serio le tesi degli altri. Non le liquida mai scrivendo “è un’idiozia” (ndr cosa che amano fare Odifreddi e d'Arcais quando vogliono imbavagliare chi trovano antipatico: comportamento da bimbi, poco scientifico). Ma le studia, cerca in esse qualche elemento di verità e anche se sono opinioni erronee dimostra razionalmente dov’è l’errore. Questo perché è convinto che «Omne verum a quocumque dicatur a Spiritu Sancto est» cioè «Ogni verità, da chiunque sia stata detta, proviene dallo Spirito Santo; ed è anche convinto che se amo il bene della persona che mi sta accanto, dovrò impegnarmi a cercare con lei il vero e a fuggire il falso. Questa resta sempre un’opera di misericordia intellettuale.
Lungi da ciò si generano i mostri come la secolarizzazione della religione, la disumanizzazione della politica, dell'economia, dell'intera società, fino alla rivoluzione biopolitica, di cui il gender, prassi violenta, è uno degli aspetti; e si aggiungono ad essa l'eutanasia, l'aborto, il controllo delle nascite: biobusiness, grazie al quale la potentissima Planned Parenthood fa grossi affari, sì, vendendo organi di bimbi abortiti. Mostri che trovano sostegno nel M5S e nel PD, i due volti della stessa medaglia, il 'Partito radicale di massa'. Per ricordare del Noce. Appunto, oggi “La questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica” (Benedetto XVI Caritas in veritate, 75).
La lettura delnociana, unita a quella di Benedetto XVI e di altri autorevoli maestri, quali il già citato San Tommaso d'Aquino, San Tommaso Moro, l'Abate di Solesmes Prosper Guéranger, Chesterton, Leone XIII, padre McNabb, Hilaire Belloc, don Luigi Sturzo, Gustave Thibon, Giovannino Guareschi, don Baget Bozzo, Cornelio Fabro, Augusto del Noce, don Luigi Giussani, Card. Giacomo Biffi, Mons. Antonio Livi, Fabrice Hadjadj, Vittorio Possenti, permette di scoprire la bellezza e la ragionevolezza dell'impegno politico per il bene comune, di credenti e non. Una delle forme più alte della Carità (Populorum Progressio).
Perciò, nel seguire le loro strade, si scopre che il cristianesimo è un fatto, un incontro; l'Incarnazione. Rende felici non solo nell'altra vita ma anche in questa, con il centuplo quaggiù. Perfino Montesquieu lo riconosce in un denso capitolo del suo Esprit des Lois (24.3). Il cristianesimo abbraccia tutto, proprio perché il Cristo non ebbe ritegno alcuno nell'assumere natura umana: l'uomo e quanto lo riguarda (sia come individuo che come membro di una comunità, familiare, politica o ecclesiale) è come posto sotto l'amorevole cura di Dio, perché nulla che in esso si possa dare di buono corra il rischio di andare perduto. In questo modo, perfino il male può avere un senso e può essere compreso con intelligenza, fronteggiato con coraggio e al limite superato vittoriosamente.
È per questo che, posto a confronto con le esigenze della politica, il fatto cristiano è in grado di mostrare tutta la sua fecondità, perché è vita! Il modo in cui insegna San Tommaso, il cristiano è e deve essere un realista, perché è stato salvato a ben caro prezzo e perché il solo sminuire tale prezzo, sia pure in minima parte, sarebbe una colpa imperdonabile. Questa consapevolezza non mi ha mai fatto cedere a nessuna forma di pessimismo e di scelta religiosa: sarei diventato cieco, incapace di percepire la quantità di bene di cui è intessuta la vita del mondo e avrei corso il rischio di cedere all'accidia, a quella tentazione di inerzia che non è solo psicologica, ma ontologica, perché equivale a non riconoscere nella creazione l'impronta divina che la contraddistingue.
“La prima politica è vivere”, giacché la vita di ciascuno è come l'impegno pubblico: è fatto di scelte che richiedono il miglior bene, privato e comune. Dunque, il realismo cristiano è necessario al bene di una comunità. Altrimenti, non avremo avuto la famosa lettera “Spesse Volte” che Leone XIII scrisse il 5 agosto 1898, quando uno stato liberale accentrato sopprimeva la società civile e arrestava chi scendeva in piazza per chiedere solo il pane. Che tanto fece per liberare la società civile dai soprusi di una classe dirigente laicista e massonica. Assieme alla Rerum Novarum, fu capace di influenzare l'opera di Sturzo e di quei cattolici che a Camaldoli gettarono le basi per la ripresa dell'Italia, dopo il disastro della II Guerra Mondiale, e che ispirarono, con De Gasperi, l'dea di sussidiarietà all'Europa.
Quindi, la bellezza la bontà e la verità sono la forza della Tradizione bimillenaria della Chiesa. Che Ella mette a disposizione di tutti, indipendentemente dal credo di ciascuno.
I cattolici, soprattutto quelli tentati dalla scelta religiosa o da complessi di inferiorità per colpe inesistenti, devono ridestarsi con fierezza e farsi guidare da quella certezza. Una certezza che abbraccia la verità immutabile sull'uomo e sul mondo: è l'unica in grado di fondare su di una onesta conoscenza della realtà quella laicità che consente ai cristiani di essere operosi nel mondo, non per massimizzare i propri interessi confessionali, ma per realizzare il bene di tutti.
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