sabato 23 gennaio 2016

Lettera dal fronte: Invito al Family Day

Siamo quattro studenti universitari di Perugia e abbiamo voluto raccogliere le motivazioni della nostra partecipazione alla manifestazione del 30 gennaio partendo da alcune delle obiezioni che abbiamo sentito contro il Family Day.

La manifestazione non è una risposta adeguata al dramma degli omosessuali e alle domande poste alla nostra società dalla deriva antropologica a cui assistiamo.
Nessuno, o almeno non noi, crede di poter rispondere alla deriva antropologica lottando per leggi giuste. È chiaro che sarebbe un tentativo illusorio, ed è chiaro che andare in piazza senza testimoniare la bellezza di un’altra proposta di vita è assolutamente parziale. Tuttavia qui non si tratta di risolvere il problema della ferita degli omosessuali, ma di tentare di far avere delle leggi buone al nostro Stato.
Non è un sostituire un fare o scivolare nell'attivismo, ma rispondere ad una sfida (una legge ingiusta) con un metodo adeguato all'oggetto (qualcosa che tenti di fermare la legge).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega bene come, seppur il primo compito del cristiano è una testimonianza di bellezza che può convertire l’altro, questo non è in contrasto con il tentativo di portare la propria visione etica nella gestione dello Stato: “La priorità riconosciuta alla conversione del cuore non elimina affatto, anzi impone l'obbligo di apportare alle istituzioni e alle condizioni di vita, quando esse provochino il peccato, i risanamenti opportuni, perché si conformino alle norme della giustizia e favoriscano il bene anziché ostacolarlo” (dal Catechismo della Chiesa Cattolica, paragrafo 1888).

Non siamo perduti se passa la legge, né ci sarà impedito di continuare a costruire una famiglia come desideriamo noi. 
La nostra consistenza, grazie a Dio, non è nella vittoria politica o nell'assetto di leggi che il nostro Stato ha. Ma può essere questo un motivo di disimpegno? Non siamo definiti dalla conduzione buona o meno della nostra Università, ma per questo forse rinunciamo a candidarci e a portare la nostra visione di bene negli organi universitari? 
Saremo liberi di costruire la famiglia come vogliamo noi, ci mancherebbe, ma non è vero che questa legge non tocca la nostra libertà. Anzi, a nostro avviso, la tocca nel punto in cui più siamo stati educati a porre attenzione: la libertà di educazione. 
Se diventerà una legge dello Stato il fatto che non esiste un solo tipo di famiglia, ma anche le unioni omosessuali sono una scelta riconosciuta, i progetti che confondono i bambini nelle scuole riguardo l’identità sessuale non saranno più da considerare extra-curricolari. A cosa potranno appellarsi i gruppi di coraggiosi genitori che fino ad ora hanno impedito questa deriva nelle scuole? 
La legge inoltre non solo riconosce processi già in atto, ma contribuisce a formare la coscienza di un popolo: anche opporsi ad una legge sbagliata è in questo senso occuparsi dell’educazione del proprio popolo. 
Infine c’è un fattore economico. Una delle più grandi necessità che tutti riconosciamo nella nostra società è di sostenere le famiglie e la natalità. Come si potranno dare aiuti alle famiglie se “famiglia” diventa qualsiasi tipo di unione? 

Nessuno ci ha chiesto di andare.
Il nostro Cardinale Bassetti ha pubblicamente espresso condivisione per l’organizzazione della manifestazione e ha inviato tutti a partecipare, addirittura dando un avviso prima della benedizionea Messa.
Ha detto espressamente che ci attende prima di tutto come uomini di buona volontà e poi come appartenenti ad una realtà ecclesiale. 

La Chiesa non si è schierata su questa manifestazione. 
La Chiesa non ha partecipato attivamente all'organizzazione e non ha dato indicazioni vincolanti alla partecipazione per rispetto della natura di questo gesto che parte dall'iniziativa di laici cristiani e tale deve rimanere. 
Tuttavia le più importanti cariche e realtà della Chiesa sono tutt'altro che neutre. 
Oltre al già citato Cardinale Bassetti: 
- La Conferenza Episcopale Umbra ha pubblicato sul suo sito l'invito a partecipare alla manifestazione 
- Il Cardinale Bagnasco (presidente della Cei) ha definito la manifestazione “condivisibile” edalle finalità “assolutamente necessarie”
Secondo Kiko (fondatore e responsabile del Cammino Neocatecumenale), Bagnasco lo avrebbe addirittura chiamato per incoraggiare la partecipazione del suo movimento.
- Mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio ci ricorda, nel suo messaggio di invito, che “le decisioni gravissime che si stanno prendendo nei confronti della famiglia, su cui è fondata la convivenza sociale […] rendono necessaria una presenza esplicita, impegnata e responsabile del popolo cristiano. Invito pertanto le famiglie, le comunità parrocchiali, i gruppi, i movimenti, le associazioni […] ad assecondare questa iniziativa con il massimo dell'impegno e della generosità.”
- I più numerosi movimenti ecclesiali hanno aderito ufficialmente alla manifestazione. 
Oltre ai Neocatecumenali ha aderito il Rinnovamento nello Spirito,  mentre l’Azione Cattolica ha pubblicamente espresso il suo dissenso alla legge Cirinnà, lasciando il giudizio sulla partecipazione a ciascuno.
- I membri del comitato “Difendiamo i nostri figli” hanno tenuto centinaia di incontri in giro per l’Italia dopo il 20 giugno, la maggior parte dei quali organizzati da parrocchie e associazioni ecclesiali, con il supporto e la gratitudine dei Vescovi locali. 
Ad esempio a Perugia il presidente del comitato prof. Gandolfini ha tenuto un incontro accolto ed introdotto dal Cardinale.
- Il Papa non si è mai pronunciato, coerentemente con la sua linea che su questi temi non debba essere la Chiesa a “pilotare” i laici, ma che debbano essere i laici cattolici ad assumere in prima persona la responsabilità di agire. Difficile però credere che se avesse giudicato ideologica e controproducente una così grande mobilitazione di tanti cattolici non avrebbe fatto sentire la sua voce. 

La manifestazione è solo un evento di opposizione e non contribuisce a costruire ponti nella società.
Il presidente del comitato organizzatore ha definito così le finalità della manifestazione: “Andremo a dire che cosa crediamo: la visione della famiglia secondo la Costituzione italiana ed i principi dell’antropologia e dell’etica cristiana”. Non quindi contro qualcuno ma contro un’ideologia che è contraria a quello a cui crediamo. 
Un sacerdote durante un intervento della direzione del comitato ha spiegato bene questo errore: “Ma un punto, insidioso, merita ancora attenzione. Ci poniamo talvolta il problema di agire in modo da evitare di provocare spaccature. Ebbene, noi dovremo evitare il livore, l’arroganza, la mancanza di buon gusto; però, abbiamo abbastanza buona educazione da poter rimanere signorili senza diventare muti e confusi. Dicono: «costruiamo ponti, non eleviamo muri». Ma ora la questione sono proprio i ponti. Qui la questione è che i ponti fondamentali, quelli che fanno vivere una società, li stanno facendo saltare vergognosamente coloro che propongono la confusione di genere o i disegni di legge di genere confuso. Fanno saltare i ponti tra famiglia e scuola, tra l’identità psicologica e la propria carne, tra amore e responsabilità, tra i vincoli e i patti di cui una società vive e le sue leggi. Noi non eleviamo muri: noi ricostruiamo i ponti minati!”.
In ultimo, la manifestazione non è un evento fine a se stesso e che si conclude il 30 gennaio. I membri del comitato “Difendiamo i nostri figli” hanno tenuto centinaia di incontri dopo la manifestazione del 20 giugno, per continuare un’opera educativa diffusa e quotidiana.

Anche se non lo è nelle intenzioni degli organizzatori, la manifestazione verrà percepita come divisiva.
Il Meeting di Rimini, il gesto per eccellenza improntato al dialogo e all'apertura che il Movimento propone, è presentato dalla maggior parte della stampa e percepito da molti come uno sfoggio del potere economico e politico di una lobby e quindi “divisivo” e “contro”. Eppure noi, certi che non sia così, non metteremmo mai in discussione la costruzione del Meeting per questo motivo.

La manifestazione non serve a nulla. 
La previsione dell'impatto della manifestazione è una valutazione politica difficile a priori. Ma alcuni elementi sono da tenere in considerazione: 
- La legge Cirinnà era stata presentata nel giungo scorso come se ne fosse ormai ineluttabile l’approvazione. Tuttavia a partire dalla convocazione della manifestazione del 20 giugno è stata oggetto di continui rinvii fino ad oggi. 
Non sarà di certo merito soltanto della manifestazione, ma è difficile negare un ruolo anche ad essa. 
- Anche nelle settimane scorse la legge era presentata come ormai inevitabile e blindata ad eventuali modifiche. Tuttavia dal momento della convocazione della manifestazione si sono succeduti rinvii, distinguo e ipotesi di modifica.
- Se anche la soluzione fosse una mediazione, dimostrare che una buona fetta di popolo non vuole questa legge darebbe più “forza contrattuale” a chi media per disinnescare la bomba di questa legge.
- In ultimo una manifestazione coronata da successo potrebbe convincere i parlamentari tiepidi ad opporsi fermamente alla legge. In particolare coloro che sono divisi tra l’appoggio al governo e la contrarietà alla legge (es il gruppo NCD) potrebbe, vedendo in piazza tanti potenziali elettori persi in caso di un comportamento ambiguo, arrivare a minacciare apertamente la crisi di governo in caso di approvazione della Cirinnà. 
A parte queste considerazioni, la manifestazione sarà un successo se riaffermerà la possibilità e il dovere dei cristiani di incidere nella politica italiana, rivendicando uno spazio che gli si vorrebbe negare in nome di una fede ridotta allo spazio privato. 
La manifestazione, come già accaduto per il 20 giugno può contribuire al risveglio della coscienza di tanti cristiani e non di fronte alle sfide dei tempi. Come ha affermato il sacerdote già citato prima: “Non possiamo essere ingenui: se non si reagisse, se non si prendesse posizione con chiarezza, anche chi ha un pensiero nitido rischierebbe di non essere più sicuro di quel che pensa”. 

Se ci opponiamo oggi a questa legge, tra poco ne faranno una peggiore.
A detta dei proponenti, questa legge al contrario serve appunto per essere superata presto in favore di leggi che prevedano il matrimonio gay egualitario. 
Ad oggi il popolo italiano è ancora in maggioranza contro il matrimonio gay ma quando le unioni civili avranno legalizzato la creazione di queste famiglie si dirà “ma ormai ci sono, hanno i figli, perché non dovremmo farli sposare?”. 
Se passasse questa legge non solo non si fermerà la richiesta di nuovi diritti, ma anzi questa sarà favorita. 


Daniele Botta 
Lucia Montemarani 
Luca Marroni 
Luca Schillaci






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