Qualche giorno fa, l’Espresso ha pubblicato un articolo sul degrado della periferia torinese, che altro non è che una scoperta dell’acqua calda.
L’argomento mi ha colpito particolarmente, dato che ho vissuto a Torino per tre anni durante il periodo degli studi universitari, e ho visitato e frequentato personalmente molti dei luoghi descritti nell’articolo.
Ebbene, avendo vissuto a Torino dal 2012 al 2015, direi che i nostri amici dell’Espresso sono arrivati con un notevole ritardo, dato che i fenomeni riportati erano tranquillamente visibili (almeno) già 6 anni fa.
Negli anni in cui ho abitato a Torino (che ricorderò sempre con grande affetto, anche grazie ai tanti amici conosciuti e ai legami che sono rimasti col passare degli anni) ho visto praticamente di tutto, e ricordo con precisione alcuni episodi e situazioni che in alcuni casi fanno ridere, ma ci sarebbe da piangere. Aggiungo che, per fortuna, ho sempre abitato in quartieri tutto sommato buoni dove non succedeva niente di così drammatico, ma bastava capitare nei posti giusti al momento sbagliato per vedere di tutto. Ad esempio:
- Tram 4, quello che taglia Torino da nord a sud (e viceversa). I controllori dovevano salire in coppia o addirittura a gruppi di tre perché una volta uno di loro era stato malmenato da alcuni passeggeri; lo stesso tram diventa praticamente un quartiere nordafricano non appena si esce dal centro per andare verso la Barriera. L’ho visto di persona perché l’ho preso praticamente tutte le mattine per un periodo di circa due mesi, e lo usavo per andare allo stabilimento della Iveco in zona Barriera;
- Porta Palazzo e Corso Giulio Cesare. È assurdo come appena si esca dal centro la vetrina della città si trasformi nella latrina della città. Il mercato di Porta Palazzo è una autentica giungla, dove è possibile essere borseggiati al minimo calo di attenzione. Tutta la zona di Corso Giulio Cesare è diventata di fatto un quartiere islamico, con zone di degrado assoluto e di spaccio. È tutto un fiorire di macellerie halal e negozi etnici, ed è come non essere più in Italia. Le numerose “sale di preghiera” musulmane sono diventate delle “safe houses” per i numerosi spacciatori della zona quando devono scappare dai poliziotti; un sondaggio di qualche anno fa fatto in quella zona della città riportava che molti dei suoi abitanti di fede musulmana fossero a favore dell’instaurazione della sharia in Italia e si dichiaravano supporter del Califfato Islamico di Raqqa;
- San Salvario. Zona famosa per la movida, cioè per risse a base di alcool e droghe varie, che è possibile reperire dai numerosi spacciatori non autoctoni presenti nelle vicinanze;
- Corso Massimo. Prostitute ovunque;
- Ex-Villaggio Olimpico. I palazzi che ospitarono le varie delegazioni nazionali alle Olimpiadi Invernali del 2006 sono ormai fatiscenti, e sono diventati rifugio di immigrati clandestini, microcriminalità e feccia varia. Esiste un vero e proprio racket gestito dai caporioni della mala africana per “l’assegnazione” delle unità abitative dei vari palazzi. La zona è tristemente famosa anche per alcuni stupri avvenuti nel corso degli anni.
Corso Giulio Cesare, 2015. I cittadini erano già stanchi, ma nessuno li ha ascoltati |
La lista potrebbe andare avanti ancora per molto, ma non è questo il punto. La questione è che se Torino oggi è in queste condizioni, qualcuno è responsabile di ciò. Sarebbe disonesto attribuire lo sfascio solo all’attuale amministrazione grillina, che pur ci sta mettendo del suo. Così come sarebbe disonesto attribuire lo sfascio al PD renziano, dato che le responsabilità vanno molto più indietro.
La colpa è sicuramente attribuibile alla classe dirigente della città (pare che a comporla siano 100 famiglie), liberale sotto i Savoia, legata al PCI durante la “Belle époque” agnelliana, e ora post-comunista radical chic. Per inciso: il sindaco Appendino proviene da questo mondo, che come ha foraggiato il PD, foraggia anche il M5S. Un sistema che regna e… governa attraverso di essi. Grillo lo sa bene, la rivoluzione si ferma per il tè nei salotti borghesi.
Tale classe dirigente non ha saputo frenare la fuga degli uomini d’impresa – gli Agnelli in primis – dando così avvio alla crisi della città. Nemmeno il cavallo (non) vincente della loro retorica finto-ottimistica, i Giochi Olimpici Invernali hanno portato la luce tanto promessa; anzi, ai torinesi hanno lasciato debiti e strutture abbandonate. Certo, una riqualificazione è stata fatta ma solo dei quartieri più importanti, mentre le periferie sono state lasciate a se stesse, colme di “macerie di vita”. Oggi come allora, pochi se ne curano, e l’establishment sicuramente non lo fa!
Le forze in grado di opporsi a ciò ci sarebbero ma sembrano troppo intorpidite per reagire. Le realtà cattoliche e le formazioni politiche avverse a quel sistema, come quelle di centrodestra, o sono troppo succubi a causa delle tante briciole mangiate sotto il tavolo del “sistema Torino”, o sono troppo barbare per avanzare una proposta di civiltà.
Si spera che si sveglino presto. Ma al momento, Torino rimane immobile, non in grado di offrire molto ai suoi abitanti. La sua classe dirigente pensa che basterà puntare sul turismo, su qualche fabbrica trasformata in atelier d’arte (per non parlare di bislacchi progetti di finanza islamica e altre cialtronerie del genere). Altro che solo questo: ci vuole un serio business plan che sappia coinvolgere centro e periferia, i due polmoni della città, in un grande progetto capace di dare al capoluogo piemontese sicurezza, sviluppo economico, culturale e turistico, in un clima di vera e sana pluralità. È l’ora di farla finita con la sola sinistra post-comunista con in mano cultura, scuole e fondazioni.
Ovviamente, tutto questo processo deve mettere al centro l’investimento sulla famiglia. I torinesi, come tutti gli italiani, vanno aiutati a fare figli. Per fare i figli in maniera tranquilla, è necessario che sia favorita, ad esempio, la possibilità di accedere all’affitto agevolato degli alloggi. A giugno 2014, venivano contate 49283 abitazioni “vuote”, cioè sfitte. Come mai nessun rappresentante delle istituzioni si è premurato di mettere in contatto i proprietari e i potenziali affittuari, per mettere in campo una soluzione relativa alle varie emergenze abitative? È forse preferibile continuare con il solito circolo vizioso di occupazioni abusive, sfratti e manifestazioni dei centri sociali con tutto il degrado e la delinquenza che accompagnano queste situazioni?
E soprattutto, è possibile che una città come Torino registri ancora oggi certi dati relativi alla disoccupazione?
Se nessuno prende sul serio questi problemi, la città è destinata a non uscire più dal baratro in cui si trova.
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