Da
settimane stiamo assistendo ad un vero miracolo. La grande
mobilitazione per il bene di Charlie Gard, che da due settimane sta
bloccando il delirio di onnipotenza dei giudici della Corte Suprema
Britannica, CEDU e dei medici del Great Ormond Hospital, i quali
giocano a fare i “demiurghi” contro il piccolo e i suoi genitori.
Nel mentre si è potuto anche leggere sul giornale Avvenire
un commento al vetriolo del presidente dell'istituto Luca Coscioni,
rivolto loro.
Per
approfondire meglio tutto ciò, abbiamo contattato Alberto Gambino,
presidente dell'Associazione Scienza & Vita - che trae la
sua origine da quella dell’omonimo Comitato che è stato
protagonista, dal febbraio al giugno del 2005, dei referendum sulla
legge 40 -. Inoltre, Gambino è professore ordinario di Diritto
privato, docente di Filosofia del diritto nella Facoltà di
Giurisprudenza e Direttore del Dipartimento di Scienze Umane
dell’Università Europea di Roma; Avvocato civilista (dal 1996).
Come
giudica le dichiarazioni su Avvenire
di Maria Antonietta Farina Coscioni, presidente dell'istituto Luca Coscioni?
Sono
dichiarazioni che mescolano tre situazioni molto diverse: il caso
Charlie, il caso Englaro e l'obbligo di vaccinazione. Mettere queste
tre vicende sullo stesso piano è fallace. Nel caso Charlie siamo
davanti ad una richiesta da parte dei medici di interruzione del
presidio vitale, ratificata dai giudici. Nel caso Englaro, la
richiesta proveniva dal tutore che era anche il padre. Per i vaccini
si tratta di un rifiuto di trattamento sanitario obbligatorio. Sono
tre situazioni che corrispondono a principi diversi, rispettivamente:
una presunta sproporzione della cura; un testamento biologico
presunto; un illegittimo rifiuto a trattamento obbligatorio. Metterle
insieme significa fare confusione, forse con intenti strumentali.
I
genitori di Charlie Gard sono davvero egoisti, perché vogliono
tutelare il proprio figlio contro le sentenze dei tribunali e le
scelte dei medici?
Affermare
che i genitori di Charlie sono "inconsapevolmente" (la
sig.ra Coscioni mitiga così il suo giudizio) egoisti ritengo non
sia né corretto, né rispettoso. Comunque, risponderei con le
parole di Papa Francesco: "Chi sono io per giudicare?".
Che
giudizio dà alla scelta del direttore Tarquinio di ospitare sul
quotidiano Cei quel commento? Chiedo visto che ha provocato diverse
polemiche.
Aldilà dei motivi per cui è stato dato spazio alla signora
Coscioni, constato che la risposta del direttore di Avvenire è stata
ferma e completa.
Qual
è il giudizio di Scienza
& Vita su
quanto sta accadendo al piccolo Charlie: la sua situazione configura
realmente un caso di accanimento terapeutico?
Il giudizio di Scienza & Vita è stato ufficialmente espresso in
un Comunicato dove si esprime dissenso con la decisione dei medici,
avallata dai giudici inglesi e dalla Corte Europea per i Diritti
Umani. Charlie non è un malato terminale, né – a quanto è dato
capire – ventilazione, nutrizione e idratazione artificiali sono
per lui tanto gravose da consigliarne la sospensione.
Perché,
allora, un bimbo gravemente malato, pur avviato ad un esito
infausto, dovrebbe essere fatto morire in anticipo sottraendo
presidi vitali indispensabili? La giustificazione della irrevocabile
sentenza di morte che ha colpito Charlie è che questo sarebbe il
suo “miglior interesse”.
Si
intravede, dietro questa decisione, un atteggiamento mentale che sta
inquinando alle radici la pratica medica, le legislazioni e il
sentire diffuso: l'idea che gli esseri umani con bassa qualità di
vita abbiano una dignità e un valore inferiore agli altri e che sia
irragionevole sprecare per essi preziose risorse che potrebbero
essere destinate altrove. È la cultura dello scarto di cui il caso
Charlie è diventato tragico simbolo.
Il
caso creatosi attorno Charlie Gard suggerisce a noi italiani di non
abbassare la guardia di fronte alle DAT? Se sì, per quale motivo?
In effetti dobbiamo fare molta attenzione a quanto sta accadendo in
Parlamento: quanto deciso dai giudici della Cedu è esattamente ciò
che avverrà anche in Italia con l’applicazione della legge sul
biotestamento.
Nell'attuale
versione che sta per essere approvata definitivamente dal Senato si
è scritto infatti che nel caso di paziente con ‘prognosi infausta
a breve termine’ il medico ‘deve astenersi da ogni ostinazione
irragionevole nella somministrazione delle cure’, ma ostinazione e
irragionevolezza sono parametri, ambigui e soggettivi che, in
realtà, si possono giudicare solo dopo un tentativo di cura, non
prima.
Ritenere,
invece, che il medico, in queste situazioni, debba sempre astenersi
dalla cura significa che lo deve fare anche contro la volontà del
paziente e dei familiari. Tutto questo implicherà, inoltre, che se
non si precisano questi termini in modo più rigoroso, ci sarà una
evidente deresponsabilizzazione dei sanitari e una spinta verso
l’abbandono terapeutico, per di più in un quadro strutturale di
una sanità attanagliata dall'esigenza del risparmio dei costi e,
dunque, talvolta incline a fare ciniche scelte efficentiste.
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