Questo testo fa parte di "La politica, per chi, per cosa", supplemento a "il Sabato" n. 22 del 30 maggio 1987, p.74-75
Luigi Sturzo da «La libertà di insegnamento»
«Il problema della libertà d'insegnamento è pari e in un certo senso più sentito e più forte: attinge alla profonda concezione di essa si aderge lo stato moderno: lo stato laico latino, lo stato di prima della guerra. Ciò avviene per doppia conseguenza; una logica: dalla concezione panteistica dello stato, sorge e deriva il concetto dello stato unico educatore e insegnante che deve a sua immagine e somiglianza creare i cittadini; l'altro concetto, politico: la difesa che lo stato laico opera contro l'influenza religiosa, che esso si rappresenta come potere nemico, nella gelosia di un predominio morale che gli spetta.
Tutta la nostra legislazione scolastica sull'insegnamento pubblico e privato è tendenziosa: mira a sopprimere o ridurre all'impotenza le iniziative private, e a imporre un tipo unico, uniforme, meccanico di insegnamenti e di programmi, e a centralizzate ogni attività locale e individuale. È andato perduto così il contatto effettivo, educativo, morale della scuola col popolo; si è creato un ambiente professionale e di carriera nell'insegnante; si è eliminato l'elemento religioso come estraneo e ostile; si è spinta la tendenza più che allo studio alla conquista del diploma, come un qualsiasi passaporto per la vita civile ed economica, indipendentemente dalla formazione spirituale e intellettiva della gioventù studiosa».
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