lunedì 24 luglio 2017

Giornale murale: Il campo aperto degasperiano

Per gentile concessione dell'autore, condividiamo questa pregevole riflessione sulla presenza politica dei cattolici fuori dalla camicia di forza destra/sinistra, che è un'imposizione di uno schema estraneo a tutta la tradizione più originale dell'impegno laico cristianamente ispirato.


“Partito di centro che guarda a sinistra”, questa è la citazione delle parole di Alcide De Gasperi, riferite alla Democrazia Cristiana, che ricorre spesso, anche in questi giorni, soprattutto per giustificare questa o quella azione o, soprattutto, collocazione politica.

Potremmo dire parole giuste, contesti ed interpretazioni sbagliate!

Innanzitutto è utile ragionare sulla linea di continuità politica tra don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi, pur in contesti storici diversi.

Nel suo discorso di Caltagirone del 1905 dal titolo “i problemi della vita nazionale dei cattolici italiani”, infatti, il primo afferma che “non la monarchia, non il conservatorismo, non il socialismo riformista ci potranno attirare nella loro orbita: noi saremo sempre, e necessariamente, democratici e cattolici. La necessità della democrazia del nostro programma? Oggi io non la saprei dimostrare, la sento come un istinto; è la vita del pensiero nostro. I conservatori sono dei fossili, per noi, siano pure dei cattolici: non possiamo assumerne alcuna responsabilità. Ci si dirà: ciò scinderà le forze cattoliche. Se è così, che avvenga. Non sarà certo un male quello che necessariamente deriva da ragioni logiche e storiche, e che risponde alla realtà del progresso umano... Nell'affermazione di un programma specifico sociale, il partito cattolico diviene partito vitale, assurge alla potenzialità di moderno combattente, che ha vie precise e finalità concrete. È logico dunque l'affermare che il neo-partito cattolico dovrà avere un contenuto necessariamente democratico-sociale, ispirato ai principi cristiani: fuori di questi termini, non avrà mai il diritto a una vita propria: esso diverrà una appendice del partito moderato”.

Dunque le coordinate tracciate da Sturzo, sincero democratico, che fonderà il Partito Popolare Italiano quattordici anni dopo, sono chiare, anti-moderate, certamente alternative a posizioni conservatrici, indisponibili, per usare le parole che ritroviamo decenni dopo in interventi di don Primo Mazzolari “ad andare a prestito di rivoluzioni” come quelle liberali e socialiste: insomma delinea una strada originale ed autonoma radicata nell'ideale democratico cristiano (“essa, la democrazia cristiana, è un ideale e un programma che va divenendo, anche senza il nome, evoluzione di idee, convinzione di coscienze, speranza di vita; essa non può essere una designazione concreta di forze cattoliche, ma una aspirazione collettiva, sia pure ancora vaga e indistinta”: ecco che qui si inizia ad intravvedere il popolarismo).

Poteva De Gasperi virare completamente da questa traccia, pur in condizioni contingenti diverse e legate alla necessità dell'unità politica dei cattolici dovuta alla massiccia presenza social-comunista? Possiamo, come molti fanno, ritenere lo sguardo a sinistra del partito di centro come una semplicistica indicazione a sostegno di una alleanza a senso unico? Naturalmente le risposte sono negative: innanzitutto per la testimonianza cristiana dello statista trentino che, per usare un pensiero di Niccolò Tommaseo, vive il cristianesimo come principio moderatore, non come una fazione di moderati. Questo cattolico, ben radicato nella realtà in cui gli è dato di vivere, non intende abbandonare la strada che ha percorso con Sturzo, ma la porta nel presente e le dà lo slancio per il futuro, quindi non viene mai meno nelle sue azioni politiche l'originalità della tradizione del popolarismo e dell'idea democratico cristiana da cui il primo è germogliato.

Allora quando parla di “sinistra” cosa intende? Innanzitutto occorre notare che non ha inteso mettere l'articolo, insomma non si tratta di guardare “la” sinistra, chi piega questo pensiero degasperiano ad un viatico ad una alleanza senza scampo lo forza e lo tradisce. Nella definizione data c'è l'aspirazione di un partito interlclassista, solidarista, non confessionale ma cristianamente ispirato, che si muove verso i deboli perché nessuno rimanga indietro o intrappolato in ideologie disumane o populismi senza speranza. De Gasperi non agisce rinchiudendosi in un recinto da conservare, ma sta in campo aperto e accetta le sfide del suo tempo non nascondendo mai la sua identità che lo porta a mettere sempre al centro la persona umana difendendo e perseguendo libertà, giustizia e verità.

Oggi quella definizione è il segnale che occorre rinnovare la presenza dei cattolici democratici che non possono abbandonare la propria originalità e non possono permettersi di continuare a farsi rinchiudere nelle gabbie imposte della destra e della sinistra, pena l'infedeltà alla tradizione popolare e democratico cristiana (naturalmente e liberamente chi si ritiene conservatore o progressista è altra cosa, senza pensare di fare confusione con criteri cristiani, come quello del lievito, che non hanno valenza politica).

Nell'epoca attuale quindi più che cercare di giustificare forzosamente le scelte del momento estrapolando parole a caso di grandi testimoni, sarebbe tempo di rimettersi in cammino per ridarne coerente testimonianza che non prescinde dal ritrovarsi come comunità politica unita da valori e visione.

Punto di partenza? Smetterla di scindere artificialmente la visione di cui si è portatori: la lotta contro la crisi antropologica è battaglia di giustizia e l'impegno per la giustizia sociale è antidoto contro ideologie disumane, anti-famigliari e per nulla civili. Insomma seguendo Sturzo e De Gasperi spostiamo il punto d'osservazione in alto facendo ricorso a quel principio di non appagamento teorizzato da Aldo Moro.








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