Questo testo fa parte di "La politica, per chi, per cosa", supplemento a "il Sabato" n. 22 del 30 maggio 1987, p. 45-46
Pio XI, Divini Redemptoris, n. 47, 49
La giustizia e la carità cristiana non sempre sono state vissute nella pratica quotidiana
47. Ma quando vediamo da un lato una folla di indigenti per varie ragioni indipendenti da loro veramente oppressi dalla miseria, e dall'altro lato, accanto ad essi, tanti che si divertono spensieratamente e spendono enormi somme in cose inutili, non possiamo non riconoscere con dolore che non solo non è ben osservata la giustizia ma che pure il precetto della carità cristiana non è approfondito abbastanza, non è vissuto nella pratica quotidiana. Desideriamo pertanto, Venerabili Fratelli, che venga sempre più illustrato con la parola e con gli scritti questo divino precetto, preziosa tessera di riconoscimento lasciata da Cristo ai suoi veri discepoli; questo precetto, che ci insegna a vedere nei sofferenti Gesù stesso e ci impone di amare i nostri fratelli come il divin Salvatore ha amato noi, cioè fino al sacrificio di noi stessi, e, se occorre, anche della propria vita. Si meditino poi da tutti e spesso queste parole, per una parte consolanti ma per l'altra terribili, della sentenza finale, che pronuncerà il Giudice Supremo nel giorno dell'estremo Giudizio: «Venite, o benedetti dal Padre mio... Perché io ebbi fame, e voi mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere... In verità vi dico, che tutte le volte che avete fatto qualche cosa a uno di questi minimi tra i miei fratelli, l'avete fatto a me». E di contro: «Andate via da me, maledetti nel fuoco eterno... perché io ebbi fame, e voi non mi deste da mangiare; ebbi sete, e non mi deste da bere... Io vi dico in verità che tutte le volte che voi non l'avete fatto a uno di questi minimi tra i miei fratelli, non l'avete fatto a me».
Carità e giustizia debbono operare insieme
49. Ma la carità non sarà mai vera carità se non terrà sempre conto della giustizia. L'Apostolo insegna che «chi ama il prossimo, ha adempiuto la legge»; e ne dà la ragione: «poiché il Non fornicare, Non uccidere, Non rubare... e qualsiasi altro precetto, si riassume in questa formula: Amerai il tuo prossimo come te stesso». Se dunque, secondo l'Apostolo, tutti i doveri si riducono al solo precetto della vera carità, anche quelli che sono di stretta giustizia, come il non uccidere e il non rubare; una carità che privi l'operaio del salario a cui ha stretto diritto, non è una carità, ma un vano nome e una vuota speranza di carità. Né l'operaio ha bisogno di ricevere come elemosina ciò che a lui tocca per giustizia; né si può tentare di esimersi dai grandi doveri imposti dalla giustizia con piccoli doni di misericordia. Carità e giustizia impongono dei doveri, spesso circa la stessa cosa, ma sotto diverso aspetto; e gli operai, a questi doveri altrui che li riguardano, sono giustamente sensibili per ragione della loro stessa dignità.
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