Un sequel è sempre un azzardo, soprattutto quando si tratta di un film che è ber rimasto nelle coscienze degli spettatori, magari con qualche battuta o scena che fa scuola a tutto il cinema che verrà dopo. Se poi il film è Independence Day quel sequel diventa una vera impresa: non solo perché sono passati ben 20 anni, ma perché il regista Roland Emmerich realizzò la fusione di un genere, quello fantascientifico, con il suo talento per il catastrofismo; la sua idea che si riassume in quella magistrale scena che era la distruzione vera e propria della Casa Bianca per mano di una grande astronave aliena. Una formula che ebbe un grande successo, ed oggi sempre Emmerich ci riprova proponendo un seguito alla sua storia.
Nel nuovo capitolo la Terra è tecnologicamente più avanzata, sfruttando i resti delle varie navi extraterrestri rimaste distrutte dopo il primo conflitto; gli alieni però non sono rassegnati e attaccano ancora, e questa volta sono armati fino ai denti e molto arrabbiati. L’umanità si deve quindi nuovamente difendere e nonostante i suoi successi in campo tecnologico deve ritrovarsi ancora una volta inferiore all’agguerrito avversario. La trama non dissimula molto dalla prima tuttavia gioca proprio sul fatto di un ritrovato senso del limite (appunto gli umani che credono di giocare ad armi pari ma si ritrovano nettamente deboli), in più aggiunge elementi nuovi che danno un sapore più fantascientifico alla storia (la sfera di un’altra civiltà aliena che chiede aiuto); inoltre il film viene dà meno spazio a quel senso patriottico all’americana che spesso e volentieri aveva nauseato nel primo: è una guerra dell’umanità, non della sola America.
Buono è anche il cast tra vecchie e nuove comparse: c’è Jeff Goldblum ancora una volta scienziato fondamentale nel decidere gli esiti della guerra, Bill Pullman più uomo e meno presidente soldato alla Trump, Brent Spinner è lo schizzato Okun (a cui tra l’altro spettano i momenti di humor della pellicola) e infine Judd Hirsch nei panni questa volta di un energico anziano sempre dispendioso di buoni consigli; tra i nuovi sono in evidenza Liam Hemsworth nei panni del pilota Jake Morrison e la brava Maika Monroe nel ruolo di figlia del presidente e fidanzata di Morrison (anche se la sua interpretazione migliore resta ancora quella di It Follows), un po’ in ombra resta invece il giovane Jessie Usher nel ruolo del figlio del mai dimenticato Steven Hiller che era interpretato da un certo Will Smith (bisogna farne di strada prima di superare un gigante…).
La resa visiva e grafica sono straordinari: con le nuove tecnologie cinematografiche oggi a disposizione Emmerich può dare ancora meglio una resa superiore rispetto al precedente. Quando va a toccare il suo suolo sacro, le catastrofi per appunto, ecco che il film dà dei veri e propri effetti di immedesimazione e sgomento. Inoltre, anche grazie alla nuova trama che vede gli umani sfrecciare nello spazio in nuovi mezzi aerei, può realizzare scene di battaglie che strizzano l’occhio alle memorabili battaglie aeree di cult come Guerre Stellari o Star Trek. La battaglia finale prende gli elementi del primo film celebrando al tempo stesso il poco conosciuto genere kaijū nipponico (i film con i mostri tipo Godzilla).
Insomma il sequel è un buon prodotto che fa bene leva sui capisaldi del precedente e migliora la resa visiva grazie ai vantaggi tecnologici del nuovo cinema di oggi. Attenzione perché c’è odore di un altro sequel, ma su questo solo il tempo saprà dirci…
Di Nunno Antonello
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