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Planned Parenthood: cento anni di genocidio silenzioso
Le vere risposte di mons. Bux nell’intervento pubblicato da “La Stampa”
La Stampa, Galeazzi, Tornielli, Introvigne. C’è un nuovo “cattivo” da mettere alla gogna: chi critica Bergoglio e apprezza Putin. Ma soprattutto c’è il tentativo (goffo) di inoculare un veleno più sottile
STOP Utero in affitto in Francia: il video della Manif Pour Tous
E’ morto Dario Fo. Io piango Sergio, Virgilio e Stefano
Se a Bruxelles Passa la Manovra Economica 2016/17, Vuole Dire che Il Fantomatico Rigore è Finito
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Rai, l’eterno centauro della competizione sussidiata
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Mortificazione del principio di sussidiarietà
Se la Chiesa marcia con i Radicali
La CEI aderisce alla Marcia dei radicali. Si chiama tradimento. Se Bagnasco è un uomo, si dimetta
sabato 22 ottobre 2016
giovedì 20 ottobre 2016
mercoledì 19 ottobre 2016
Obice: Voler essere santi non vuol dire essere fondamentalisti
Guardiamoci attorno, ora, di fronte a noi non si nota un atteggiamento pratico della maggior parte dei cattolici, dal semplice fedele al sacerdote, fino al cardinale. Non è possibile riconoscere un cristiano da un normale devoto al mondo consumista, cioè da un qualsiasi non credente. Da sottolineare, lo stesso Papa Francesco ne parla spesso: del consumismo che cosifica, mercifica le persone, rendendole schiave, cancellando la loro irriducibile dignità, per merito di Cristo; consumismo alimentato da imperi dal volto sconosciuto (perfino Tornielli ne ha parlato nel libro Papa Francesco: questa economia uccide).
Dicevo, è difficile riconoscere un cristiano da un normale devoto al mondo consumista, cioè da un qualsiasi non credente, perché guardano gli stessi programmi televisivi, le stesse pubblicità, fanno la spesa negli stessi supermercati. La Fede in Dio che si è incarnato come può non incarnarsi nella vita quotidiana? Provi ad "incarnarla" per il bene tuo e loro, i tuoi fratelli, ed ecco che spuntano Maurizio Vitali di Nuova Europa, Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi di Vatican-Insider con i loro articoli pieni di rimbrotti per te. Non hanno nessuna autorevolezza e veridicità. Giacché la Chiesa, la sposa di Cristo, la Sua tradizione gloriosa e bimillenaria affermano il contrario, confermando che fai bene; anzi, che fare opere come soddisfare la fame, la sete materiale e spirituale dei poveri, scendere in piazza per difendere la famiglia, proteggere i giovani da ogni ideologia spacciata per educazione (per esempio il gender), aver cura dei tesori di una patria, di un popolo e di conseguenza lottare contro ogni menzogna e legge iniqua, non solo è giusto ma è necessario affinché la Fede resti viva e non muoia. San Giacomo (2,14-24.26) docet.
Oggi è facile ascoltare: ma chi te lo fa fare, tanto con questi gesti non cambi il cuore e la mentalità del tuo prossimo; la testimonianza e l'impegno pubblico devono essere separati, altrimenti rischiamo di sollevare muri... Ovviamente, le osservazioni sono sempre lecite, allo stesso tempo, non è detto che siano sempre giuste. E in questo caso non lo sono, perché l'insegnamento e l'attività dello stesso Cristo, degli Apostoli e dei Santi dimostrano il contrario: “Le forze che cambiano il corso della storia sono le stesse che cambiano il cuore dell'uomo”. Citazione che si trova ne La ballata del cavallo bianco di Chesterton, ben conosciuta da don Giussani, che la faceva ripetere ai suoi.
I veri cristiani sanno che vale nella realtà, non solo sulla carte del libro. Inoltre, essendo uomini dotati di sano realismo, come i benedettini, sanno bene che il male imperversa nel mondo e perciò occorre costruire le mura per custodire cosa c'è di più caro, la Fede, fondamentale per difendere l'uomo dalla corruzione del diavolo. Tranquilli, quel tipo di mura prevede porte, le stesse che han permesso ai monaci del periodo dei regni romano-barbarici di uscire per incontrare il prossimo, educarlo e compiere, senza mai separarle, opere spirituali e materiali, le stesse che han permesso di creare le fondamenta della più grande civiltà del mondo, quella europea. Motore e centro di tutto questo era ed è Cristo; a cui il monaco si univa nel Sacrificio Supremo della Santa Messa, e qui gli era possibile capire il vero significato della misericordia e della giustizia di Dio: misericordia e giustizia vere, rivelate da Cristo e non suggerite da una mera e sentimentale compassione. Frutto meraviglioso di tutto questo, la Carità. Ecco perché molti storici sono concordi nel definire il periodo tra il 1050 e il 1300 come quello in cui è regnato un grado di solidarietà internazionale forse mai eguagliato nella storia.
Anche se sei nel giusto, e vivi quanto detto poc'anzi, Vitali, Tornielli e Galeazzi ti rimproverano lo stesso, accusandoti di essere un integralista, fondamentalista. Perché sei troppo zelante nel rispettare i compiti spettanti ad ogni cristiano, leggere giornali, seguire siti ed ascoltare autorevoli personalità, quali Monsignor Negri, il Cardinal Caffarra, Giuseppe Rusconi, Sandro Magister; che in modo ragionevole e nel pieno rispetto del Papa, del diritto canonico (penso al canone 212), e per amore dei fedeli, sottolineano alcune criticità dell'attuale pontificato. Temo che l'attacco dei tre giornalisti (gli ultimi due numeri di Nuova Europa e la Stampa del 16/10 lo dimostrano) non sia frutto di casualità, ma parte di una strategia accurata e impiegata da tempo.
Fateci caso: appare sempre ammantata di logica la giustificazione che le persone come i giornalisti appena citati usano per processare chi etichettano come avversario: ad esempio, ne sanno qualcosa Antonio Livi, cacciato nel marzo 2012 da Avvenire, per aver distrutto, filosoficamente e teologicamente, la peana - un inno di vittoria - di Enzo Bianchi nei confronti dell'eretico compare Küng, Vittorio Messori massacrato per aver espresso in modo ragionevole perplessità sull'attuale pontificato, Sandro Magister "espulso" dalla sala stampa vaticana, per aver spiegato un giorno prima dell'uscita la Laudato sì, quando ormai molti ne parlavano da giorni, se non settimane... etc... poi arriviamo ad oggi, alla lista di proscrizione, con tanto di schemino colorato per ebeti; i motivi principali? Putin, Salvini, Le Pen nipotina, e quello che Vitali fa dire al prof. Introvigne nel primo articolo speciale di Nuova Europa sul presunto fondamentalismo cattolico; nel quale si sostiene che le divisioni, i problemi oggi nella Chiesa siano causati da chi critica il Papa; ovviamente, senza distinguere chi lo fa con ragioni vere, lecite, da chi lo fa per ideologia.
Dunque, le giustificazioni addotte sinceramente fanno ridere e sono prive di logica - per logica intendo ciò che è radicato nell'oggettività: aspetto di vedere i documenti che attestano i finanziamenti putiniani; ed è poco probabile che coloro che conoscono e custodiscono la tradizione della Chiesa si facciano irretire da Salvini, Putin e simili, giacché conoscono bene i limiti di questi - perché sono semplici pretesti (da ministero della censura, e quelli di Nuova Europa dovrebbero saperne qualcosa, dato che aiutavano i dissidenti) per imbavagliare chi non è gradito ad una certa fazione all'interno della Chiesa, quella che Fulton Sheen definirebbe come pròdromo della "contro-chiesa, la scimmia di Dio". Andiamo più a fondo, oltre l'elenco di siti e nomi. Ovvio che quegli articoli nascondono un avvertimento minaccioso e meschino ai cattolici autentici. Colpiscono alcuni per dare una dimostrazione di forza a tutti.
E mentre ti rimproverano, ingiustamente, perché cerchi quei giornalisti, teologi, prelati i quali hanno il coraggio di dire la Verità, per amore di Cristo e della Chiesa, i cattolici sono sempre più in balìa della confusione: i media, il laicismo imperante, l'ecumenismo senza Cristo e Maria, il secolarismo e il protestantesimo dentro la Chiesa non danno loro tregua. Credo di poter sostenere che si è diffusa l'abitùdine, grazie proprio al comportamento ambiguo e irresponsabile dei sedicenti cattolici, a dividere l'esistenza in due zone: da una parte l'anima con la Santa Messa, le Preghiere, alcune opere di misericordia, dall'altra il mondo lasciato nelle mani degli esperti della “trasformazione delle pietre in pani a fin di bene”. Si è persa di vista la capacità di riconoscere il bene dal male e di capire di conseguenza che la modernità non si può accettare in toto e acriticamente, perché spesso entra in contrasto col Vangelo: i riferimenti etici, teologici e il senso del limite non si confanno alla sua natura.
Non a caso la modernità iniziava nel momento in cui il domenicano e servo di Dio Girolamo Savonarola veniva giustiziato (con il placet di certi cattolici alla Vitali-Tornielli: grande errore), reo di aver indicato il legame tra etica e arte, etica e politica, etica ed economia, fondamento essenziale di una civiltà umana. Da allora la divaricazione fra vita quotidiana e preghiera, corpo e anima, ha cominciato a diffondersi grazie anche alla successiva riforma protestante, che ha rotto l'unità cristiana in Europa - un po' alla volta in ogni campo: politico, universitario, medico... fino ad arrivare alla cosiddetta globalizzazione che ha messo il mondo nelle mani, appunto, di imperi dal volto sconosciuto, che prendono anche il nome di corporazioni transnazionali, guidate da uomini che odiano la cultura, la spiritualità dei popoli e prima di tutto la Chiesa, l'unico vero baluardo a difesa loro. Assediati da questo mondo, i cattolici sembrano vacillare e dimenticare che Cristo è Dio incarnato e per questo entrato nella storia, e che quindi tutto c'entra con Lui.
Manca un certo realismo cattolico, che permetta di conoscere il vero significato della santificazione della vita quotidiana; che permetta ad essa di "incarnarsi", esprimersi attraverso l'impegno pubblico, e non la semplice testimonianza da pacca sulla spalla e sorrisi, perché vorrebbe dire non prendere sul serio la propria missione, la persona di fronte e l'ambiente in cui si vive.
Bisogna mettere la propria faccia in piazza, a scuola, all'università, in parlamento, all'ospedale e in ogni altro luogo pubblico, ove è necessaria la testimonianza dei Santi, per salvare chi vive nelle tenebre.
Ricordiamoci che questa società vive dei frammenti dell'antica civiltà cristiana che le rivoluzioni non hanno ancora spazzato via, e che la misericordia di Dio ha salvato finora dal naufragio. Mostriamoci dunque come siamo nel profondo, cattolici convinti. Chi non è cattolico ci temerà per un po' di tempo. Se li aduleremo adottandone il linguaggio, li divertiremo per un istante, poi ci dimenticheranno perché non avremo fatto loro un impressione profonda. Si riconosceranno in noi e, siccome hanno poca fiducia in se stessi, ne avranno altrettanto poca in noi. C'e una grazia legata alla professione piena e completa della Fede. Questa professione è la salvezza, ci ricorda San Paolo (per esempio si veda in Rm capp. 10 e 11; 1 Ts 1), di coloro che la fanno e l'esperienza dimostra che è anche la salvezza di coloro che l'ascoltano. Siamo dunque cattolici e soltanto cattolici, rifuggiamo i sostenitori di un dialogo utopico e saremo il lievito di cui il Signore dice che fa fermentare il pane. E così fu all'inizio, quando Cristo scelse i Suoi Apostoli, e così è tutt'ora: la salvezza della società può venire solo dalla fermezza dei cristiani. E' un dato di fatto che il cristianesimo si impone non con la violenza, bensì per l'autorevolezza del fatto storico che lo anima, e di chi lo testimonia attraverso le opere.
Due assi guidano il cristiano nella sua fede e nel comportamento che ne deriva; il primo asse riguarda la sua adesione al Dio unico, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore, redentore e santificatore. Si tratta dell'asse teologale unitario. Il secondo asse è l'adesione a Gesù Cristo, Messia, Verbo di Dio Incarnato, nuovo Adamo, che è venuto a redimere l'uomo per restaurarlo nella nuova creazione. Per questo il cristiano colloca tutta la sua attività sotto lo sguardo di Dio, quindi per lui la cultura, la scienza, la politica, il diritto, la società, sono dati basilari nella sua vita. Il cristiano deve partecipare in modo attivo a tutti i livelli della vita della città, dei paesi, della campagna; deve farlo affermando la propria visione cristiana. Spinto e animato dalla sua Fede e dalla sua antropologia - questa può essere accolta anche dai non credenti che riconoscono l'esistenza del diritto e delle virtù naturali; Cicerone è un esempio - il cristiano diventa propulsore, motore di una vita più vera, buona e bella. Il centuplo quaggiù, un assaggio della gloria del Paradiso. La storia è ricca di testimonianze che confermano quanto appena detto: tutti i popoli che hanno abbracciato il cristianesimo hanno visto una proposta di giustizia, razionalità, fraternità, morale, cultura, bene comune, mai eguagliata da alcuno nella storia dell'umanità. E mai lo sarà.
Non accettare questo calice (quanto appena riportato), non combattere apertamente - come pare facciano Vitali Tornielli and Co - il potere ben rappresentato da diverse ideologie: consumismo, gender, relativismo etc, che cerca costantemente di governare i desideri dell'uomo, perché il desiderio è l'emblema della libertà, diceva don Luigi Giussani, è venir meno di fronte a Dio. Mi spiace usare toni forti, ma questa scelta porta inevitabilmente ad un'altra religione, che scimmiotta (ricordando Fulton Sheen) l'unica vera, la Chiesa cattolica.
Questa è pertinènte solo a una strada facile. Afferma Chesterton in Cosa c'è di sbagliato nel mondo: ”L'ideale cristiano non è stato messo alla prova e trovato manchevole: è stato giudicato difficile, e non ci si è mai provati ad applicarlo. L'autore inglese, quasi un profeta del nostro tempo, conosceva molto bene i protestanti, primi ad aver abbandonato la Chiesa di Roma per presunte difficoltà... E' vero la vita cristiana non è una passeggiata, però noi cattolici abbiamo una marcia in più rispetto a tutti, quella che ci fa sperare contro ogni speranza: la Grazia santificante. Il Signore dà le croci, però, non dimentica di dare le Grazie per portarle. Occorre lavorare, faticare, per Dio che è con noi: la meraviglia, lo stupore, la Speranza non mancheranno. Un grande poeta irlandese, Patrick Kavanagh esprime tale Verità con una splendida poesia to the wonder: Per una crepa troppo ampia non passa alcuna meraviglia, solo una stanza oscura, il pane nero e il tè senza zucchero potranno ridonarci la bellezza gloriosa dell'animo di un bambino." Non a caso i bambini sanno meravigliarsi e non perdere la Speranza.
Dicevo, è difficile riconoscere un cristiano da un normale devoto al mondo consumista, cioè da un qualsiasi non credente, perché guardano gli stessi programmi televisivi, le stesse pubblicità, fanno la spesa negli stessi supermercati. La Fede in Dio che si è incarnato come può non incarnarsi nella vita quotidiana? Provi ad "incarnarla" per il bene tuo e loro, i tuoi fratelli, ed ecco che spuntano Maurizio Vitali di Nuova Europa, Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi di Vatican-Insider con i loro articoli pieni di rimbrotti per te. Non hanno nessuna autorevolezza e veridicità. Giacché la Chiesa, la sposa di Cristo, la Sua tradizione gloriosa e bimillenaria affermano il contrario, confermando che fai bene; anzi, che fare opere come soddisfare la fame, la sete materiale e spirituale dei poveri, scendere in piazza per difendere la famiglia, proteggere i giovani da ogni ideologia spacciata per educazione (per esempio il gender), aver cura dei tesori di una patria, di un popolo e di conseguenza lottare contro ogni menzogna e legge iniqua, non solo è giusto ma è necessario affinché la Fede resti viva e non muoia. San Giacomo (2,14-24.26) docet.
Oggi è facile ascoltare: ma chi te lo fa fare, tanto con questi gesti non cambi il cuore e la mentalità del tuo prossimo; la testimonianza e l'impegno pubblico devono essere separati, altrimenti rischiamo di sollevare muri... Ovviamente, le osservazioni sono sempre lecite, allo stesso tempo, non è detto che siano sempre giuste. E in questo caso non lo sono, perché l'insegnamento e l'attività dello stesso Cristo, degli Apostoli e dei Santi dimostrano il contrario: “Le forze che cambiano il corso della storia sono le stesse che cambiano il cuore dell'uomo”. Citazione che si trova ne La ballata del cavallo bianco di Chesterton, ben conosciuta da don Giussani, che la faceva ripetere ai suoi.
I veri cristiani sanno che vale nella realtà, non solo sulla carte del libro. Inoltre, essendo uomini dotati di sano realismo, come i benedettini, sanno bene che il male imperversa nel mondo e perciò occorre costruire le mura per custodire cosa c'è di più caro, la Fede, fondamentale per difendere l'uomo dalla corruzione del diavolo. Tranquilli, quel tipo di mura prevede porte, le stesse che han permesso ai monaci del periodo dei regni romano-barbarici di uscire per incontrare il prossimo, educarlo e compiere, senza mai separarle, opere spirituali e materiali, le stesse che han permesso di creare le fondamenta della più grande civiltà del mondo, quella europea. Motore e centro di tutto questo era ed è Cristo; a cui il monaco si univa nel Sacrificio Supremo della Santa Messa, e qui gli era possibile capire il vero significato della misericordia e della giustizia di Dio: misericordia e giustizia vere, rivelate da Cristo e non suggerite da una mera e sentimentale compassione. Frutto meraviglioso di tutto questo, la Carità. Ecco perché molti storici sono concordi nel definire il periodo tra il 1050 e il 1300 come quello in cui è regnato un grado di solidarietà internazionale forse mai eguagliato nella storia.
Anche se sei nel giusto, e vivi quanto detto poc'anzi, Vitali, Tornielli e Galeazzi ti rimproverano lo stesso, accusandoti di essere un integralista, fondamentalista. Perché sei troppo zelante nel rispettare i compiti spettanti ad ogni cristiano, leggere giornali, seguire siti ed ascoltare autorevoli personalità, quali Monsignor Negri, il Cardinal Caffarra, Giuseppe Rusconi, Sandro Magister; che in modo ragionevole e nel pieno rispetto del Papa, del diritto canonico (penso al canone 212), e per amore dei fedeli, sottolineano alcune criticità dell'attuale pontificato. Temo che l'attacco dei tre giornalisti (gli ultimi due numeri di Nuova Europa e la Stampa del 16/10 lo dimostrano) non sia frutto di casualità, ma parte di una strategia accurata e impiegata da tempo.
Fateci caso: appare sempre ammantata di logica la giustificazione che le persone come i giornalisti appena citati usano per processare chi etichettano come avversario: ad esempio, ne sanno qualcosa Antonio Livi, cacciato nel marzo 2012 da Avvenire, per aver distrutto, filosoficamente e teologicamente, la peana - un inno di vittoria - di Enzo Bianchi nei confronti dell'eretico compare Küng, Vittorio Messori massacrato per aver espresso in modo ragionevole perplessità sull'attuale pontificato, Sandro Magister "espulso" dalla sala stampa vaticana, per aver spiegato un giorno prima dell'uscita la Laudato sì, quando ormai molti ne parlavano da giorni, se non settimane... etc... poi arriviamo ad oggi, alla lista di proscrizione, con tanto di schemino colorato per ebeti; i motivi principali? Putin, Salvini, Le Pen nipotina, e quello che Vitali fa dire al prof. Introvigne nel primo articolo speciale di Nuova Europa sul presunto fondamentalismo cattolico; nel quale si sostiene che le divisioni, i problemi oggi nella Chiesa siano causati da chi critica il Papa; ovviamente, senza distinguere chi lo fa con ragioni vere, lecite, da chi lo fa per ideologia.
Dunque, le giustificazioni addotte sinceramente fanno ridere e sono prive di logica - per logica intendo ciò che è radicato nell'oggettività: aspetto di vedere i documenti che attestano i finanziamenti putiniani; ed è poco probabile che coloro che conoscono e custodiscono la tradizione della Chiesa si facciano irretire da Salvini, Putin e simili, giacché conoscono bene i limiti di questi - perché sono semplici pretesti (da ministero della censura, e quelli di Nuova Europa dovrebbero saperne qualcosa, dato che aiutavano i dissidenti) per imbavagliare chi non è gradito ad una certa fazione all'interno della Chiesa, quella che Fulton Sheen definirebbe come pròdromo della "contro-chiesa, la scimmia di Dio". Andiamo più a fondo, oltre l'elenco di siti e nomi. Ovvio che quegli articoli nascondono un avvertimento minaccioso e meschino ai cattolici autentici. Colpiscono alcuni per dare una dimostrazione di forza a tutti.
E mentre ti rimproverano, ingiustamente, perché cerchi quei giornalisti, teologi, prelati i quali hanno il coraggio di dire la Verità, per amore di Cristo e della Chiesa, i cattolici sono sempre più in balìa della confusione: i media, il laicismo imperante, l'ecumenismo senza Cristo e Maria, il secolarismo e il protestantesimo dentro la Chiesa non danno loro tregua. Credo di poter sostenere che si è diffusa l'abitùdine, grazie proprio al comportamento ambiguo e irresponsabile dei sedicenti cattolici, a dividere l'esistenza in due zone: da una parte l'anima con la Santa Messa, le Preghiere, alcune opere di misericordia, dall'altra il mondo lasciato nelle mani degli esperti della “trasformazione delle pietre in pani a fin di bene”. Si è persa di vista la capacità di riconoscere il bene dal male e di capire di conseguenza che la modernità non si può accettare in toto e acriticamente, perché spesso entra in contrasto col Vangelo: i riferimenti etici, teologici e il senso del limite non si confanno alla sua natura.
Non a caso la modernità iniziava nel momento in cui il domenicano e servo di Dio Girolamo Savonarola veniva giustiziato (con il placet di certi cattolici alla Vitali-Tornielli: grande errore), reo di aver indicato il legame tra etica e arte, etica e politica, etica ed economia, fondamento essenziale di una civiltà umana. Da allora la divaricazione fra vita quotidiana e preghiera, corpo e anima, ha cominciato a diffondersi grazie anche alla successiva riforma protestante, che ha rotto l'unità cristiana in Europa - un po' alla volta in ogni campo: politico, universitario, medico... fino ad arrivare alla cosiddetta globalizzazione che ha messo il mondo nelle mani, appunto, di imperi dal volto sconosciuto, che prendono anche il nome di corporazioni transnazionali, guidate da uomini che odiano la cultura, la spiritualità dei popoli e prima di tutto la Chiesa, l'unico vero baluardo a difesa loro. Assediati da questo mondo, i cattolici sembrano vacillare e dimenticare che Cristo è Dio incarnato e per questo entrato nella storia, e che quindi tutto c'entra con Lui.
Manca un certo realismo cattolico, che permetta di conoscere il vero significato della santificazione della vita quotidiana; che permetta ad essa di "incarnarsi", esprimersi attraverso l'impegno pubblico, e non la semplice testimonianza da pacca sulla spalla e sorrisi, perché vorrebbe dire non prendere sul serio la propria missione, la persona di fronte e l'ambiente in cui si vive.
Bisogna mettere la propria faccia in piazza, a scuola, all'università, in parlamento, all'ospedale e in ogni altro luogo pubblico, ove è necessaria la testimonianza dei Santi, per salvare chi vive nelle tenebre.
Ricordiamoci che questa società vive dei frammenti dell'antica civiltà cristiana che le rivoluzioni non hanno ancora spazzato via, e che la misericordia di Dio ha salvato finora dal naufragio. Mostriamoci dunque come siamo nel profondo, cattolici convinti. Chi non è cattolico ci temerà per un po' di tempo. Se li aduleremo adottandone il linguaggio, li divertiremo per un istante, poi ci dimenticheranno perché non avremo fatto loro un impressione profonda. Si riconosceranno in noi e, siccome hanno poca fiducia in se stessi, ne avranno altrettanto poca in noi. C'e una grazia legata alla professione piena e completa della Fede. Questa professione è la salvezza, ci ricorda San Paolo (per esempio si veda in Rm capp. 10 e 11; 1 Ts 1), di coloro che la fanno e l'esperienza dimostra che è anche la salvezza di coloro che l'ascoltano. Siamo dunque cattolici e soltanto cattolici, rifuggiamo i sostenitori di un dialogo utopico e saremo il lievito di cui il Signore dice che fa fermentare il pane. E così fu all'inizio, quando Cristo scelse i Suoi Apostoli, e così è tutt'ora: la salvezza della società può venire solo dalla fermezza dei cristiani. E' un dato di fatto che il cristianesimo si impone non con la violenza, bensì per l'autorevolezza del fatto storico che lo anima, e di chi lo testimonia attraverso le opere.
Due assi guidano il cristiano nella sua fede e nel comportamento che ne deriva; il primo asse riguarda la sua adesione al Dio unico, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore, redentore e santificatore. Si tratta dell'asse teologale unitario. Il secondo asse è l'adesione a Gesù Cristo, Messia, Verbo di Dio Incarnato, nuovo Adamo, che è venuto a redimere l'uomo per restaurarlo nella nuova creazione. Per questo il cristiano colloca tutta la sua attività sotto lo sguardo di Dio, quindi per lui la cultura, la scienza, la politica, il diritto, la società, sono dati basilari nella sua vita. Il cristiano deve partecipare in modo attivo a tutti i livelli della vita della città, dei paesi, della campagna; deve farlo affermando la propria visione cristiana. Spinto e animato dalla sua Fede e dalla sua antropologia - questa può essere accolta anche dai non credenti che riconoscono l'esistenza del diritto e delle virtù naturali; Cicerone è un esempio - il cristiano diventa propulsore, motore di una vita più vera, buona e bella. Il centuplo quaggiù, un assaggio della gloria del Paradiso. La storia è ricca di testimonianze che confermano quanto appena detto: tutti i popoli che hanno abbracciato il cristianesimo hanno visto una proposta di giustizia, razionalità, fraternità, morale, cultura, bene comune, mai eguagliata da alcuno nella storia dell'umanità. E mai lo sarà.
Non accettare questo calice (quanto appena riportato), non combattere apertamente - come pare facciano Vitali Tornielli and Co - il potere ben rappresentato da diverse ideologie: consumismo, gender, relativismo etc, che cerca costantemente di governare i desideri dell'uomo, perché il desiderio è l'emblema della libertà, diceva don Luigi Giussani, è venir meno di fronte a Dio. Mi spiace usare toni forti, ma questa scelta porta inevitabilmente ad un'altra religione, che scimmiotta (ricordando Fulton Sheen) l'unica vera, la Chiesa cattolica.
Questa è pertinènte solo a una strada facile. Afferma Chesterton in Cosa c'è di sbagliato nel mondo: ”L'ideale cristiano non è stato messo alla prova e trovato manchevole: è stato giudicato difficile, e non ci si è mai provati ad applicarlo. L'autore inglese, quasi un profeta del nostro tempo, conosceva molto bene i protestanti, primi ad aver abbandonato la Chiesa di Roma per presunte difficoltà... E' vero la vita cristiana non è una passeggiata, però noi cattolici abbiamo una marcia in più rispetto a tutti, quella che ci fa sperare contro ogni speranza: la Grazia santificante. Il Signore dà le croci, però, non dimentica di dare le Grazie per portarle. Occorre lavorare, faticare, per Dio che è con noi: la meraviglia, lo stupore, la Speranza non mancheranno. Un grande poeta irlandese, Patrick Kavanagh esprime tale Verità con una splendida poesia to the wonder: Per una crepa troppo ampia non passa alcuna meraviglia, solo una stanza oscura, il pane nero e il tè senza zucchero potranno ridonarci la bellezza gloriosa dell'animo di un bambino." Non a caso i bambini sanno meravigliarsi e non perdere la Speranza.
lunedì 17 ottobre 2016
Conversazione al fronte: Intervista al professor Valditara
In vista del referendum sulla riforma costituzionale, per capire se è importante andare a votare, scegliendo il no, abbiamo intervistato un'autorevole personalità, il professor Giuseppe Valditara. Ordinario di Diritto Romano nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Torino e studioso di questioni politiche contemporanee. È stato Senatore per il centro-destra diverse volte; nel 2010 si è distinto nella stesura della riforma Gelmini per l'università pubblica italiana ed è stato relatore della stessa a Palazzo Madama. Inoltre, ha redatto diversi libri pregevoli, tra cui “Studi sul magister populi”, che gli valse nel 1992 il premio internazionale per la storia delle istituzioni politiche e giuridiche, messo in palio dal presidente della Corte costituzionale; e il pamphlet “L'impero romano distrutto dagli immigrati. Così i flussi migratori hanno fatto collassare lo stato più imponente dell'antichità”. Riteniamo che il professore abbia centrato l'obiettivo, offrendo dei giudizi chiari esaustivi e mai banali. Sicuramente gioveranno al lettore attento e privo di paraocchi ideologici.
Professore, la riforma costituzionale del governo Renzi presenta molte criticità. Potrebbe sottolineare quelle più preoccupanti?
È una riforma negativa perché non produce risparmi né semplifica l'iter di approvazione delle leggi.
- Si presenta viziata da genericità e ambiguità delle espressioni utilizzate;
- il suo testo contiene molte lacune normative, che scatenerà conflitti istituzionali e molteplici dispute interpretative;
- contiene un numero impressionante di rinvii a future leggi; si tratta di rinvii concernenti profili sostanziali delle nuove norme costituzionali, che dunque risultano incomplete nel loro contenuto essenziale (come accade per l’articolo 57, riguardante nientemeno che la composizione del Senato).
E, combinata con l'Italicum, produce un devastante vulnus democratico: un partito con il 28% dei voti può prendersi il 54% dei seggi alla Camera ed eleggere in autonomia presidente della Repubblica e giudici della Consulta. Per non parlare del quesito referendario, scritto in modo poco onesto; leggendolo, si capisce subito che è pubblicità ingannevole.
Inoltre, se passa, per molto tempo non si potrà più modificare la Costituzione. Ogni modifica della Costituzione richiederà il voto di una Camera e di un Senato eletti con leggi completamente diverse, in tempi diversi, da soggetti diversi. Composti dunque verosimilmente da maggioranze diverse. Sarà la paralisi. Non si potranno nemmeno rivedere i nostri rapporti con l'Europa necessitando anche su questo punto del voto congiunto di Camera e Senato.
Il bicameralismo perfetto italiano è un problema, come vuole la propaganda del Sì, oppure non lo è? La riforma, che mira ad abolirlo, consentirà più leggi? E poi, fare più leggi equivale a maggiore democrazia?
No, non lo è. Stupisce che il governo Renzi voglia abolire il bicameralismo che tanto contraddistingue i suoi grandi amici, gli Stati Uniti. Pure la Svizzera ha lo stesso sistema. Sottolineo: entrambe sono le democrazie più grandi del mondo, il cui sistema di bicameralismo paritario funziona egregiamente. Le uniche a non averlo, perché vige il monocameralismo, sono Cina, Corea del Nord, Arabia.
Si guardi ad esempio l'articolo 70, comma 6, che per risolvere gli eventuali problemi relativi alla scelta del procedimento legislative bicamerale o monocamerale, si affida alla decisione presa «d’intesa» tra i presidenti delle Camere «secondo le norme dei rispettivi regolamenti». Ma cosa succederà se i Presidenti di Camera e Senato non troveranno alcuna intesa? Cosa potranno stabilire al riguardo i regolamenti? E quale sarà l’organo deputato a dirimere in via definitiva il conflitto di competenza tra Camera e Senato?
I cittadini saranno coinvolti di più nella vita politica del nostro Paese?
Purtroppo no, checché ne dicano Renzi e i suoi. Le firme per i disegni di legge di iniziativa popolare salgono da 50.000 a 150.000 senza alcuna garanzia che questi disegni di legge siano considerati dal futuro Parlamento, ci si limita a rinviare a futuri e indeterminati regolamenti parlamentari. Circa poi i referendum propositivi e di indirizzo l’articolo 71 comma 4 rinvia addirittura ad una futura legge costituzionale per la loro definizione. Una autentica presa in giro.
A questo bisogna aggiungere che non vi sarà maggiore democrazia. Il Senato non sarà più eletto dai cittadini ma sarà nominato dai consiglieri regionali. Addirittura il 5% dei senatori sarà nominato dal presidente della Repubblica. Il Trentino Alto Adige e la Val d'Aosta insieme avranno circa la metà dei senatori della Lombardia con un decimo della popolazione. Il governo potrà chiedere al Parlamento di modificare o abrogare ogni legge regionale politicamente sgradita. La legge elettorale connessa alla riforma consentirà anche ad una modesta minoranza magari con solo il 30% dei voti al primo turno, di ottenere il 54% dei seggi. In virtù di questo premio enorme, presidente della Repubblica e Corte costituzionale saranno nelle mani di questa falsa maggioranza.
Potrebbe approfondire la questione relativa al fatto che le promesse di “grandi risparmi” sono in realtà uno specchietto per le allodole?
La Ragioneria dello Stato ha dichiarato che i risparmi certi saranno solo 50 milioni di euro circa. Non solo: a fronte di questi modesti risparmi sarà necessario assumere ulteriore personale per svolgere i nuovi compiti di studio, controllo, verifica, proposta attribuiti al Senato. E i senatori vedranno eliminato solo l'obbligo costituzionale di riconoscere loro una indennità. Invece, diaria, rimborso delle spese di viaggio, vitto, alloggio e segreteria rimarranno.
E ancora. Con la nuova legge elettorale, che prevede il ballottaggio tra i partiti più votati, lo Stato spenderà 300 milioni di euro in più. Infine, Renzi ha introdotto con legge ordinaria ben 24mila nuovi assessori e consiglieri comunali con un costo enorme per l'erario. Le riforme di Renzi aumentano i costi della politica. Dunque, le risorse per il redditto di cittadinanza e l'aumento delle pensioni minime, tanto promesse dalla propaganda del Sì, non potranno essere trovate.
La riforma pone seri problemi ai Comuni e alle Regioni?
Sono già state messe a dura prova, assieme alla sussidiarietà, dalla legge Delrio, giacché la riforma delle Province ha scaricato su di essi i costi delle stesse. E la riforma del governo Renzi peggiorerebbe le cose, causando un forte indebolimento all'assetto regionale della Repubblica. Di fatti prevede un riparto di competenze che alle Regioni toglie quasi ogni spazio di competenza legislativa, facendone organismi privi di reale autonomia, e senza garantire adeguatamente i loro poteri e le loro responsabilità anche sul piano finanziario e fiscale (mentre si lascia intatto l'ordinamento delle sole Regioni speciali). Di conseguenza, ne soffriranno ancor più i Comuni.
Il dichiarato intento di ridurre il contenzioso fra Stato e Regioni nato all'indomani della riforma del 2001, in gran parte superato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale che ha impiegato 15 anni per chiarire quei rapporti, viene contraddetto perché non si è preso atto che le radici del contenzioso medesimo non si trovano nei criteri di ripartizione delle competenze per materia – che non possono mai essere separate con un taglio netto – ma piuttosto nella mancanza di una coerente legislazione statale di attuazione: la riforma, contraddittoria e scritta male, riaprirà il contenzioso generando nuovo caos. L'utilizzo di espressioni generiche come «Lo Stato ha legislazione esclusiva circa le disposizioni generali e comuni» su governo del territorio, istruzione, università, politiche sociali, tutela della salute ecc., creerà nuovi conflitti con le Regioni e paralisi decisionale. Cosa si intende infatti per «disposizioni generali e comuni»?
Battuta finale sulla riforma renziana.
Professore, la riforma costituzionale del governo Renzi presenta molte criticità. Potrebbe sottolineare quelle più preoccupanti?
È una riforma negativa perché non produce risparmi né semplifica l'iter di approvazione delle leggi.
- Si presenta viziata da genericità e ambiguità delle espressioni utilizzate;
- il suo testo contiene molte lacune normative, che scatenerà conflitti istituzionali e molteplici dispute interpretative;
- contiene un numero impressionante di rinvii a future leggi; si tratta di rinvii concernenti profili sostanziali delle nuove norme costituzionali, che dunque risultano incomplete nel loro contenuto essenziale (come accade per l’articolo 57, riguardante nientemeno che la composizione del Senato).
E, combinata con l'Italicum, produce un devastante vulnus democratico: un partito con il 28% dei voti può prendersi il 54% dei seggi alla Camera ed eleggere in autonomia presidente della Repubblica e giudici della Consulta. Per non parlare del quesito referendario, scritto in modo poco onesto; leggendolo, si capisce subito che è pubblicità ingannevole.
Inoltre, se passa, per molto tempo non si potrà più modificare la Costituzione. Ogni modifica della Costituzione richiederà il voto di una Camera e di un Senato eletti con leggi completamente diverse, in tempi diversi, da soggetti diversi. Composti dunque verosimilmente da maggioranze diverse. Sarà la paralisi. Non si potranno nemmeno rivedere i nostri rapporti con l'Europa necessitando anche su questo punto del voto congiunto di Camera e Senato.
Il bicameralismo perfetto italiano è un problema, come vuole la propaganda del Sì, oppure non lo è? La riforma, che mira ad abolirlo, consentirà più leggi? E poi, fare più leggi equivale a maggiore democrazia?
No, non lo è. Stupisce che il governo Renzi voglia abolire il bicameralismo che tanto contraddistingue i suoi grandi amici, gli Stati Uniti. Pure la Svizzera ha lo stesso sistema. Sottolineo: entrambe sono le democrazie più grandi del mondo, il cui sistema di bicameralismo paritario funziona egregiamente. Le uniche a non averlo, perché vige il monocameralismo, sono Cina, Corea del Nord, Arabia.
Si guardi ad esempio l'articolo 70, comma 6, che per risolvere gli eventuali problemi relativi alla scelta del procedimento legislative bicamerale o monocamerale, si affida alla decisione presa «d’intesa» tra i presidenti delle Camere «secondo le norme dei rispettivi regolamenti». Ma cosa succederà se i Presidenti di Camera e Senato non troveranno alcuna intesa? Cosa potranno stabilire al riguardo i regolamenti? E quale sarà l’organo deputato a dirimere in via definitiva il conflitto di competenza tra Camera e Senato?
I cittadini saranno coinvolti di più nella vita politica del nostro Paese?
Purtroppo no, checché ne dicano Renzi e i suoi. Le firme per i disegni di legge di iniziativa popolare salgono da 50.000 a 150.000 senza alcuna garanzia che questi disegni di legge siano considerati dal futuro Parlamento, ci si limita a rinviare a futuri e indeterminati regolamenti parlamentari. Circa poi i referendum propositivi e di indirizzo l’articolo 71 comma 4 rinvia addirittura ad una futura legge costituzionale per la loro definizione. Una autentica presa in giro.
A questo bisogna aggiungere che non vi sarà maggiore democrazia. Il Senato non sarà più eletto dai cittadini ma sarà nominato dai consiglieri regionali. Addirittura il 5% dei senatori sarà nominato dal presidente della Repubblica. Il Trentino Alto Adige e la Val d'Aosta insieme avranno circa la metà dei senatori della Lombardia con un decimo della popolazione. Il governo potrà chiedere al Parlamento di modificare o abrogare ogni legge regionale politicamente sgradita. La legge elettorale connessa alla riforma consentirà anche ad una modesta minoranza magari con solo il 30% dei voti al primo turno, di ottenere il 54% dei seggi. In virtù di questo premio enorme, presidente della Repubblica e Corte costituzionale saranno nelle mani di questa falsa maggioranza.
Potrebbe approfondire la questione relativa al fatto che le promesse di “grandi risparmi” sono in realtà uno specchietto per le allodole?
La Ragioneria dello Stato ha dichiarato che i risparmi certi saranno solo 50 milioni di euro circa. Non solo: a fronte di questi modesti risparmi sarà necessario assumere ulteriore personale per svolgere i nuovi compiti di studio, controllo, verifica, proposta attribuiti al Senato. E i senatori vedranno eliminato solo l'obbligo costituzionale di riconoscere loro una indennità. Invece, diaria, rimborso delle spese di viaggio, vitto, alloggio e segreteria rimarranno.
E ancora. Con la nuova legge elettorale, che prevede il ballottaggio tra i partiti più votati, lo Stato spenderà 300 milioni di euro in più. Infine, Renzi ha introdotto con legge ordinaria ben 24mila nuovi assessori e consiglieri comunali con un costo enorme per l'erario. Le riforme di Renzi aumentano i costi della politica. Dunque, le risorse per il redditto di cittadinanza e l'aumento delle pensioni minime, tanto promesse dalla propaganda del Sì, non potranno essere trovate.
La riforma pone seri problemi ai Comuni e alle Regioni?
Sono già state messe a dura prova, assieme alla sussidiarietà, dalla legge Delrio, giacché la riforma delle Province ha scaricato su di essi i costi delle stesse. E la riforma del governo Renzi peggiorerebbe le cose, causando un forte indebolimento all'assetto regionale della Repubblica. Di fatti prevede un riparto di competenze che alle Regioni toglie quasi ogni spazio di competenza legislativa, facendone organismi privi di reale autonomia, e senza garantire adeguatamente i loro poteri e le loro responsabilità anche sul piano finanziario e fiscale (mentre si lascia intatto l'ordinamento delle sole Regioni speciali). Di conseguenza, ne soffriranno ancor più i Comuni.
Il dichiarato intento di ridurre il contenzioso fra Stato e Regioni nato all'indomani della riforma del 2001, in gran parte superato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale che ha impiegato 15 anni per chiarire quei rapporti, viene contraddetto perché non si è preso atto che le radici del contenzioso medesimo non si trovano nei criteri di ripartizione delle competenze per materia – che non possono mai essere separate con un taglio netto – ma piuttosto nella mancanza di una coerente legislazione statale di attuazione: la riforma, contraddittoria e scritta male, riaprirà il contenzioso generando nuovo caos. L'utilizzo di espressioni generiche come «Lo Stato ha legislazione esclusiva circa le disposizioni generali e comuni» su governo del territorio, istruzione, università, politiche sociali, tutela della salute ecc., creerà nuovi conflitti con le Regioni e paralisi decisionale. Cosa si intende infatti per «disposizioni generali e comuni»?
Battuta finale sulla riforma renziana.
È una riforma inutile, realizzata solo per acquistare consenso demagogico, legittimazione e più potere. Abbiamo bisogno di altro, di vere, grandi riforme, che servano realmente. Abbiamo bisogno di riformare la giustizia, di ascoltare gli investitori che chiedono meno tasse, meno lacci burocratici, di modificare a nostro vantaggio i rapporti con l’Europa, di un vero federalismo fiscale, di accorpare le Regioni facendo risparmiare miliardi allo Stato, di introdurre norme anti-ribaltone per impedire che la volontà degli elettori venga calpestata, di consentire al premier di nominare e dimettere i ministri per non subire più mille ricatti, di tutelare maggiormente la libertà di intraprendere, i legittimi guadagni e la proprietà privata nei rapporti con il fisco e di tanto altro ancora. Tutto questo si fa con leggi ordinarie, senza distruggere l'attuale costituzione: ricordiamoci che il boom economico degli anni '60 si realizzò proprio con essa.
Come eravamo: Affermare l'altro in quanto è
Condizione per sviluppare socialmente una comunione missionaria, ma anche già embrionale espressione di essa, è il valore della democrazia.
1) L'ideale della democrazia sorge normalmente come esigenza di rapporti esatti, giusti fra persone e gruppi. Più particolarmente, punto di partenza per una vera democrazia è l'esigenza naturale, umana, che la convivenza aiuti l'affermazione della persona, che i rapporti «sociali» non ostacolino la personalità nella sua crescita.
Principio della democrazia è quindi il senso dell'uomo «in quanto è» , è la considerazione, il rispetto e l'affermazione dell'uomo «perché è».
1) L'ideale della democrazia sorge normalmente come esigenza di rapporti esatti, giusti fra persone e gruppi. Più particolarmente, punto di partenza per una vera democrazia è l'esigenza naturale, umana, che la convivenza aiuti l'affermazione della persona, che i rapporti «sociali» non ostacolino la personalità nella sua crescita.
Principio della democrazia è quindi il senso dell'uomo «in quanto è» , è la considerazione, il rispetto e l'affermazione dell'uomo «perché è».
Nel suo spirito la democrazia non è innanzitutto una tecnica sociale, un determinato meccanismo di rapporti esterni; la tentazione è quella di ridurre la convivenza democratica a puro fatto di ordine esteriore o di maniera. In tale caso il rispetto per l'altro tende a coincidere con una fondamentale indifferenza per lui.
Lo spirito di una autentica democrazia invece mobilita l'atteggiamento di ognuno in un rispetto attivo verso l'altro, in una corrispondenza che tende ad affermare l'altro nei suoi valori e nella sua libertà. Si potrebbe chiamare «dialogo» questo modo di rapporto tra gli uomini che la democrazia tende a instaurare.
Il dialogo, come metodo di convivenza, evidentemente si radica e si qualifica in una «ideologia» , in un determinato modo di concepire sé, gli uomini e il mondo; non si può separare la volontà di dialogo dal determinato tipo di sensibilità e di concezione che si vivono.
Anche il più sincero democratico soffre perciò la tentazione di tenere come criterio reale della convivenza il trionfo del suo modo di concepire l'uomo e il mondo.
Ora, rendere questo non speranza, ma motivo e criterio dei rapporti, è violenza, è la violenza del tentato trionfo di un'ideologia, che elimina l'affermazione del singolo uomo libero. Lo sforzo di creare, per esempio, delle Internazionali, o il voler creare a tutti i costi una omogeneità «lasciando da parte ciò che ci divide», può avere commovente spunto, ma sempre, di fatto, finisce per schiacciare la persona in nome di un'idea matrice o di una bandiera.
Bisogna che il criterio della convivenza umana sia l'affermazione dell'uomo «in quanto è»: allora l'ideale concreto della società terrestre sarà l'affermazione di una «comunione» tra le diverse libertà ideologicamente impegnate.
Il contratto che regola la vita comune («Costituzione») deve cercare di dare norme sempre più perfette che assicurino ed educhino gli uomini alla convivenza come comunione.
2) Il cristiano è particolarmente disposto e sensibile a questo valore: proprio perché esso è educato ad affermare come unica legge dell'esistenza la carità, per cui ideale di ogni azione è la comunione con l'altro e l'affermazione della sua realtà «perché è».
Ma solo nella carità cristiana questa affermazione trova la sua sicurezza, in quanto nella carità cristiana diventa noto il motivo ultimo di quel rispetto attivo verso gli uomini. Il motivo ultimo non può essere solo il fatto che «un uomo è un uomo», il motivo ultimo del mio rispetto all'altro deve essere qualcosa che c'entri con la mia origine e il mio destino, il mio bene, la mia salvezza, deve essere qualcosa che supremamente corrisponda al mio fine: che possa entrare in comunione definitiva con me.
Il motivo ultimo è il mistero di Dio, nella Sua essenza (Trinità) e nella Sua manifestazione storica (Regno di Dio). Devo rispettare attivamente l'altro (amare), perché, così come è, appartiene al mistero del Regno di Dio; devo accostarmi all'altro quasi con la stessa religiosità con cui mi accosto al Sacramento, perché esso è segmento del disegno di Dio, e il mistero di Dio è un mistero di bene che eccede il mio controllo.
Senza questo fondamento l'affermazione della persona come ultimo vero criterio di socialità non può essere sostenuta e alimentata, ma tutto crolla e ridiventa sottilmente e violentemente ambiguo.
Lo spirito di una autentica democrazia invece mobilita l'atteggiamento di ognuno in un rispetto attivo verso l'altro, in una corrispondenza che tende ad affermare l'altro nei suoi valori e nella sua libertà. Si potrebbe chiamare «dialogo» questo modo di rapporto tra gli uomini che la democrazia tende a instaurare.
Il dialogo, come metodo di convivenza, evidentemente si radica e si qualifica in una «ideologia» , in un determinato modo di concepire sé, gli uomini e il mondo; non si può separare la volontà di dialogo dal determinato tipo di sensibilità e di concezione che si vivono.
Anche il più sincero democratico soffre perciò la tentazione di tenere come criterio reale della convivenza il trionfo del suo modo di concepire l'uomo e il mondo.
Ora, rendere questo non speranza, ma motivo e criterio dei rapporti, è violenza, è la violenza del tentato trionfo di un'ideologia, che elimina l'affermazione del singolo uomo libero. Lo sforzo di creare, per esempio, delle Internazionali, o il voler creare a tutti i costi una omogeneità «lasciando da parte ciò che ci divide», può avere commovente spunto, ma sempre, di fatto, finisce per schiacciare la persona in nome di un'idea matrice o di una bandiera.
Bisogna che il criterio della convivenza umana sia l'affermazione dell'uomo «in quanto è»: allora l'ideale concreto della società terrestre sarà l'affermazione di una «comunione» tra le diverse libertà ideologicamente impegnate.
Il contratto che regola la vita comune («Costituzione») deve cercare di dare norme sempre più perfette che assicurino ed educhino gli uomini alla convivenza come comunione.
2) Il cristiano è particolarmente disposto e sensibile a questo valore: proprio perché esso è educato ad affermare come unica legge dell'esistenza la carità, per cui ideale di ogni azione è la comunione con l'altro e l'affermazione della sua realtà «perché è».
Ma solo nella carità cristiana questa affermazione trova la sua sicurezza, in quanto nella carità cristiana diventa noto il motivo ultimo di quel rispetto attivo verso gli uomini. Il motivo ultimo non può essere solo il fatto che «un uomo è un uomo», il motivo ultimo del mio rispetto all'altro deve essere qualcosa che c'entri con la mia origine e il mio destino, il mio bene, la mia salvezza, deve essere qualcosa che supremamente corrisponda al mio fine: che possa entrare in comunione definitiva con me.
Il motivo ultimo è il mistero di Dio, nella Sua essenza (Trinità) e nella Sua manifestazione storica (Regno di Dio). Devo rispettare attivamente l'altro (amare), perché, così come è, appartiene al mistero del Regno di Dio; devo accostarmi all'altro quasi con la stessa religiosità con cui mi accosto al Sacramento, perché esso è segmento del disegno di Dio, e il mistero di Dio è un mistero di bene che eccede il mio controllo.
Senza questo fondamento l'affermazione della persona come ultimo vero criterio di socialità non può essere sostenuta e alimentata, ma tutto crolla e ridiventa sottilmente e violentemente ambiguo.
Per questo Pio XI disse una volta: «La democrazia sarà cristiana, o non sarà» (poiché, se Dio «sa trarre figli d'Abramo anche dalle pietre», è pur vero che la Chiesa è il luogo dove vive la coscienza del suo mistero).
3) Un governo della cosa pubblica che si ispiri al concetto cristiano di convivenza avrà come ideale il pluralismo. Le trame, cioè, della vita sociale dovranno rendere possibile l'esistenza e lo sviluppo di qualunque tentativo d'espressione umana.
La realizzazione di questa convivenza pluralistica implica gravi problemi: il pluralismo è una direttiva ideale per questo mondo. Occorre comunque impegnarcisi senza paura.
Il pluralismo, proprio in quanto tende ad affermare tutte le libere esperienze particolari secondo la loro autenticità, è decisamente contraddittorio a un concetto di democrazia e di apertura, così come è portato da una prevalente mentalità fra noi. Si tende a identificare come «democratico» il relativista, qualunque versione del relativismo viva, purché sia relativista: e si tende quindi a identificare come antidemocratico (intollerante, dogmatico) chiunque affermi un assoluto.
Da questa mentalità, o dal compromesso con essa, nasce quel tentativo di definire «spirito aperto» chi sia proclive a «mettere da parte ciò in cui si è divisi, e a guardare solo ciò in cui si è uniti», proclive a un «mettere da parte le ideologie» (una «deideologizzazione») gravido di equivoci.
In particolare è notevole rilevare come una simile posizione tenda a strappare alla presenza cristiana nell'ambiente e nella società proprio ciò che essa ha di unico, a svuotare la presenza cristiana proprio del contenuto della Sua comunione, a dissipare proprio l'essenza della sua missione.
Soprattutto, si potrà facilmente osservare che la prima caratteristica negata al cristiano in nome di tale falsa democrazia è la sua presenza comunitaria nella società: si taccerà di chiusura, di integrismo, o di tentata dittatura clericale ogni manifestazione di quel fatto essenziale per cui il cristiano vive e agisce come comunione e come obbedienza, e perciò come comunità gerarchica.
Per la nostra mentalità cristiana la democrazia è convivenza, cioè è riconoscere che la mia vita implica l'esistenza dell'altro, e lo strumento di questa convivenza è il dialogo. Ma il dialogo è proposta all'altro di quello che io vivo e attenzione a quello che l'altro vive, per una stima della sua umanità e per un amore all'altro che non implica affatto un dubbio di me, che non implica affatto il compromesso in ciò che io sono. La democrazia, perciò, non può essere fondata interiormente su una quantità ideologica comune, ma sulla carità, cioè sull'amore dell'uomo adeguatamente motivato dal suo rapporto con Dio.
3) Un governo della cosa pubblica che si ispiri al concetto cristiano di convivenza avrà come ideale il pluralismo. Le trame, cioè, della vita sociale dovranno rendere possibile l'esistenza e lo sviluppo di qualunque tentativo d'espressione umana.
La realizzazione di questa convivenza pluralistica implica gravi problemi: il pluralismo è una direttiva ideale per questo mondo. Occorre comunque impegnarcisi senza paura.
Il pluralismo, proprio in quanto tende ad affermare tutte le libere esperienze particolari secondo la loro autenticità, è decisamente contraddittorio a un concetto di democrazia e di apertura, così come è portato da una prevalente mentalità fra noi. Si tende a identificare come «democratico» il relativista, qualunque versione del relativismo viva, purché sia relativista: e si tende quindi a identificare come antidemocratico (intollerante, dogmatico) chiunque affermi un assoluto.
Da questa mentalità, o dal compromesso con essa, nasce quel tentativo di definire «spirito aperto» chi sia proclive a «mettere da parte ciò in cui si è divisi, e a guardare solo ciò in cui si è uniti», proclive a un «mettere da parte le ideologie» (una «deideologizzazione») gravido di equivoci.
In particolare è notevole rilevare come una simile posizione tenda a strappare alla presenza cristiana nell'ambiente e nella società proprio ciò che essa ha di unico, a svuotare la presenza cristiana proprio del contenuto della Sua comunione, a dissipare proprio l'essenza della sua missione.
Soprattutto, si potrà facilmente osservare che la prima caratteristica negata al cristiano in nome di tale falsa democrazia è la sua presenza comunitaria nella società: si taccerà di chiusura, di integrismo, o di tentata dittatura clericale ogni manifestazione di quel fatto essenziale per cui il cristiano vive e agisce come comunione e come obbedienza, e perciò come comunità gerarchica.
Per la nostra mentalità cristiana la democrazia è convivenza, cioè è riconoscere che la mia vita implica l'esistenza dell'altro, e lo strumento di questa convivenza è il dialogo. Ma il dialogo è proposta all'altro di quello che io vivo e attenzione a quello che l'altro vive, per una stima della sua umanità e per un amore all'altro che non implica affatto un dubbio di me, che non implica affatto il compromesso in ciò che io sono. La democrazia, perciò, non può essere fondata interiormente su una quantità ideologica comune, ma sulla carità, cioè sull'amore dell'uomo adeguatamente motivato dal suo rapporto con Dio.
Giussani Luigi - L'io, il potere, le opere: Contributi da un'esperienza pag. 179 - 182
Giornale murale: Roba da stupidi per stupidi
Il 15 ottobre a pagina 17 del quotidiano novello La Verità, Fabrizio Cannone ha scritto in merito alle chiacchierate leggi francesi inclini a “vietare i siti contrari all’aborto”. Dal momento che decenni di propaganda pro-choice non placano le fronde anti-abortiste, forse il miglior modo che la Democrazia conosce per affermare la sua verità stabilita a maggioranza e favorevole alla libertà di tutti è quello di silenziare gli oppositori (tra cui innumerevoli donne responsabili di aborto e poi pentite dell’atto).
L’articolo domenicale a firma di Galeazzi e Tornielli, apparso sulla Stampa, sembrerebbe cavalcare virtualmente le tendenze d’oltralpe: "Quei cattolici contro Francesco che adorano Putin". Così titola, ed è difficile non sentire, tra le righe dei due vaticanisti tiravento, il rammarico per il fatto che il web non possa mettere il bavaglio a tutti coloro che si esprimono criticamente nei confronti dell’attuale pontificato. In mancanza di legislazioni totalitarie capaci di colpire non solo i chierici (penso al vergognoso caso dei Francescani dell’Immacolata, espulsi e costretti all'addiaccio, trattati peggio degli emigranti, nel disinteresse generale dei tirapiedi pontifici), ma anche i laici (fottutissimo Concilio ventunesimo che li ha responsabilizzati!), ecco che la Stampa ci prova, a bombardare i nemici, ridicolizzandoli.
Già, peccato che le tecniche adoperate svelano la profonda inconsistenza religiosa dei redattori e lo spirito decisamente acattolico del loro pensiero. D’altra parte, un altro quotidiano domenicale, il Vangelo della santa Messa, metteva in guardia: "quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora fede sulla terra?" Partiamo dalle inesattezze dell’articolo in questione, poi lanceremo le nostre accuse.
Anzitutto, giudicano la compagine dei detrattori dell’attuale pontificato, si dice che “a tenerla unita è l’avversione a Francesco”. Falso, la galassia di oppositori al Magistero dell’attuale pontificato non è unita in se stessa, né è composta di gente avversa a Francesco: c’è chi non lo riconosce come Papa, chi lo riconosce ma accusa apertamente, chi è a disagio con alcune sue espressioni sebbene lo onori.
Quindi si cita il caso Socci. Personalmente non prendo posizioni, ma denuncio che, come Socci mi è da subito parso la voce temeraria espostasi a nome di qualche cardinale ben informato, ugualmente G&T mi paiono il pappagallo della vulgata normalista, capaci solo di rassicurazioni tiepide e banali. Per quanto poco il sottoscritto sottoscriva Socci, prendo atto del fatto che i giuristi espressisi criticamente attorno alle elezioni sono ormai più di uno e le battute freak della Stampa non smontano le loro obiezioni sottili. Ma si vede che la Stampa scrive per un pubblico di presunti deficienti (io in effetti non la leggo).
In terzo luogo si descrive l’“opposizione a Francesco, numericamente contenuta”. Ora, a parte che il numero è contenuto, se si fa il censimento di chi anima il dissenso sul web, ma cresce vertiginosamente, se si intervistano le persone dal vivo. E’ quell’“effetto anti-Francesco” di cui Introvigne non vuole parlare, bontà sua. D’altro canto, e ci torneremo sopra più oltre, quanto contano i numeri, se si tratta di Verità?
Da ultimo segue un sfilza di autori sparpagliati, di cui vengono prese dichiarazioni più o meno centrate, in un affastello di chiacchiere che ha l’effetto di gettare ironia e discredito sulle proposte avanzate. Nella sarabanda lo storico Giovagnoli accusa il fronte anti-franceschiano di occidentalismo (omissis le tesi dell’asiatico mons. Zen: anche lui un occidentalista per caso?), Socci e mons. Gänswein vengono frullati al fine di azzerare ipotesi gravissime cui non ci si perita di rispondere, un centinaio di anonimi teologi e filosofi sono bollati come resistenti e don Bux come dissidente (ma cosa dicono? Che livello di scientificità portano? Merita ascoltarli? Si saranno giocati la reputazione per un capriccio?), per poi trovarsi affiancati alla volgarità del sacerdote ambrosiano don giorgio De Capitani secondo cui “il Papa ci sta rompendo le balle”. Ma tutto questo è giornalismo?
Il mio giudizio è che l’indagine di G&T è, per dirla con Paolo Conte, roba da “stupidi per stupidi” (Jeeves, album: Nelson). Il dolore con cui tanti fedeli, blogger o meno, stanno vivendo il clima ecclesiale confuso di questi tempi è inenarrabile, autori seri e innamorati della Chiesa di Cristo si preoccuperebbero di questo, non di sfanculare presunti avversari del web. A meno che le due penne stiano semplicemente obbedendo ai loro capi, convincenti salariatori.
Concludo e commento. G&T imperniano la retorica del bavaglio su due termini congiunti: abbiamo dinanzi un fronte solo apparentemente compatto, in fondo numericamente inconsistente. Smonto la retorica. Il fronte non è compatto e non è un fronte e non è anti-franceschiano. Il proclama in salsa anti-fascista e anti-falangista non tiene (poteva mancare tra i nomi citati alla rinfusa un guenoniano, la destra esoterica, Cuniberto?), in merito valga quanto dirò a breve sulle posizioni curiose di Introvigne. In secondo luogo i numeri non contano proprio nulla. Il punto è che la verità dei cattolici è Cristo stesso, e che a difenderlo ai piedi della croce sia rimasta la Madonna e pochi altri non toglie nulla al testimonio di Cristo. Su questo G&T concordano? Da qui deriviamo il modello veritativo cattolico, la verità cattolica non si stabilisce a maggioranza, le cose non vanno bene se tutti le applaudono (quei maledetti applausi in Chiesa che tolgono riflessività e fanno mentalità populista): la verità si fonda su ben altri criteri, se poi la seguiranno in pochi, saranno dolori, ma non a danno della verità, bensì dell’umanità. Devo proprio perdere tempo a citare i documenti a sostegno di tale posizione? La premiata coppia G&T non conosce Magistero, CIC, Catechismo, DSC e compagnia? Per esempio, la “critica all’esortazione apostolica «Amoris Laetitia» di 45 teologi e filosofi cattolici” è impressionante per rigore e gravità. Tale per cui da un lato ci si chiedecome mai l’abbiamo firmata solo in 45, dall’altro sarebbe valida e scioccante anche se l’avesse firmata uno solo: in fondo al solo san Paolo dobbiamo il valido rimbrotto a san Pietro documentato nel Nuovo Testamento. In sintesi, non c’è nessuna falange armata (di penna o spada) e non c’è nessun complotto contro Francesco. Ci sono alcuni fedeli che hanno capito quanto la difesa della fede sia più importante della difesa di qualsivoglia poltrona, persino di quelle giornalistiche vicine al Vaticano.
E ora veniamo all’ultimo paragrafo dell’articolo e all’ultimo grave tema, che fa rima con il personaggio più ambiguo del conservatorismo cattolico italiano contemporaneo, il prof. Introvigne.“Introvigne sostiene che questo dissenso «è presente più sul web che nella vita reale ed è sopravvalutato: ci sono infatti dissidenti che scrivono commenti sui social sotto quattro o cinque pseudonimi, per dare l’impressione di essere più numerosi»”. A parte quanti scrivono sotto pseudonimo solo per smarcarsi dall’immisericordiosa censura ecclesiastica, gente che ama scrivere la verità, ma deve anche garantirsi un posto di lavoro, perché leccare i piedi al pontefice di turno non sempre procaccia sussistenza; a parte la stranissima partita culturale di Introvigne, che fino a pochi anni fa recensiva le minuzie teologiche di Benedetto XVI, atteggiandosi a suo interprete ufficiale, mentre oggi difende con nonchalance le dichiarazioni di Francesco sovente ambigue e a tratti antipodiche al Magistero precedente - e tacciamo sul grande assente nell’inquisitoria di G&T, Alleanza Cattolica, che non si sa più che taglio cultural-spirituale persegua, da chi sia diretto, dove sia diretto, che abbia da dire (questo non lo scrivono sui blog, ma basta entrare in confidenza coi loro adepti per saggiarne tutto il malcontento e lo sbando); a parte non aver ancora capito chi mai abbia messo in giro l’idea di uno scisma e che divertimento ci sia nell’irridere chi l’abbia minacciato o nel denigrarne la proiezione futura; il fatto è che, per la terza volta, non sono d’accordo né con la diagnosi né con la terapia dei vaticanisti: non vedo il fronte allineato, non vedo il proclama anti-franceschiano e non vedo il problema scismatico-numerico. Le Scritture in merito sono chiare, l’avvicinarsi degli ultimi tempi sarà segnato dall’apostasia, mica dallo scisma. Chiedo: il problema è la plausibilità di uno scisma nell’immediato o il problema è che umanità e cristianità ormai sono insensibili a qualsivoglia variazione ecclesiale, morale, giuridica, culturale e le maggioranze sono inclini ad adeguarsi anche alle peggiori contraddizioni in campo dottrinale e sacramentale? In altri termini,tertius datur: puoi avere la Chiesa compatta e fedele, puoi avere lo scisma, puoi avere infine anche la terza opzione, quella della Chiesa - per così dire - compatta e infedele. Si chiama apostasia e san Paolo, quello che proibiva la comunione ai peccatori e non condannava apertamente l’istituto della schiavitù antica, ce l’ha preannunciata.
Però chi se ne frega, la Chiesa ormai è una cosa politica - come denunciava inutilmente Messori alcuni lustri fa - e non una cosa spirituale, ergo è giudicata secondo parametri politici, governata secondo riforme politiche, descritta da gesti di populismo vacuo, blindata e propagandata da giornalisti e sociologi. Non c’è spazio per teologi, filosofi e martiri in una cosa politica. Quanto a Putin, resto attonito, non c’entra nulla, non interessa a nessuno (o interessa, ma per tutt’altri motivi) e conferma solo la lettura politica del caso. Fa nulla,nella Chiesa insensibile al rischio di apostasia le deduzioni logico-teologiche degli intellettuali sono bazzecole, ma gli accostamenti psicologico-associativi tra cattolici tradizionali e Putin sono fondamentali. Davvero, roba da “stupidi per stupidi”. Lo vogliamo dare o no un Nobel anche a Paolo Conte?
L’articolo domenicale a firma di Galeazzi e Tornielli, apparso sulla Stampa, sembrerebbe cavalcare virtualmente le tendenze d’oltralpe: "Quei cattolici contro Francesco che adorano Putin". Così titola, ed è difficile non sentire, tra le righe dei due vaticanisti tiravento, il rammarico per il fatto che il web non possa mettere il bavaglio a tutti coloro che si esprimono criticamente nei confronti dell’attuale pontificato. In mancanza di legislazioni totalitarie capaci di colpire non solo i chierici (penso al vergognoso caso dei Francescani dell’Immacolata, espulsi e costretti all'addiaccio, trattati peggio degli emigranti, nel disinteresse generale dei tirapiedi pontifici), ma anche i laici (fottutissimo Concilio ventunesimo che li ha responsabilizzati!), ecco che la Stampa ci prova, a bombardare i nemici, ridicolizzandoli.
Già, peccato che le tecniche adoperate svelano la profonda inconsistenza religiosa dei redattori e lo spirito decisamente acattolico del loro pensiero. D’altra parte, un altro quotidiano domenicale, il Vangelo della santa Messa, metteva in guardia: "quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora fede sulla terra?" Partiamo dalle inesattezze dell’articolo in questione, poi lanceremo le nostre accuse.
Anzitutto, giudicano la compagine dei detrattori dell’attuale pontificato, si dice che “a tenerla unita è l’avversione a Francesco”. Falso, la galassia di oppositori al Magistero dell’attuale pontificato non è unita in se stessa, né è composta di gente avversa a Francesco: c’è chi non lo riconosce come Papa, chi lo riconosce ma accusa apertamente, chi è a disagio con alcune sue espressioni sebbene lo onori.
Quindi si cita il caso Socci. Personalmente non prendo posizioni, ma denuncio che, come Socci mi è da subito parso la voce temeraria espostasi a nome di qualche cardinale ben informato, ugualmente G&T mi paiono il pappagallo della vulgata normalista, capaci solo di rassicurazioni tiepide e banali. Per quanto poco il sottoscritto sottoscriva Socci, prendo atto del fatto che i giuristi espressisi criticamente attorno alle elezioni sono ormai più di uno e le battute freak della Stampa non smontano le loro obiezioni sottili. Ma si vede che la Stampa scrive per un pubblico di presunti deficienti (io in effetti non la leggo).
In terzo luogo si descrive l’“opposizione a Francesco, numericamente contenuta”. Ora, a parte che il numero è contenuto, se si fa il censimento di chi anima il dissenso sul web, ma cresce vertiginosamente, se si intervistano le persone dal vivo. E’ quell’“effetto anti-Francesco” di cui Introvigne non vuole parlare, bontà sua. D’altro canto, e ci torneremo sopra più oltre, quanto contano i numeri, se si tratta di Verità?
Da ultimo segue un sfilza di autori sparpagliati, di cui vengono prese dichiarazioni più o meno centrate, in un affastello di chiacchiere che ha l’effetto di gettare ironia e discredito sulle proposte avanzate. Nella sarabanda lo storico Giovagnoli accusa il fronte anti-franceschiano di occidentalismo (omissis le tesi dell’asiatico mons. Zen: anche lui un occidentalista per caso?), Socci e mons. Gänswein vengono frullati al fine di azzerare ipotesi gravissime cui non ci si perita di rispondere, un centinaio di anonimi teologi e filosofi sono bollati come resistenti e don Bux come dissidente (ma cosa dicono? Che livello di scientificità portano? Merita ascoltarli? Si saranno giocati la reputazione per un capriccio?), per poi trovarsi affiancati alla volgarità del sacerdote ambrosiano don giorgio De Capitani secondo cui “il Papa ci sta rompendo le balle”. Ma tutto questo è giornalismo?
Il mio giudizio è che l’indagine di G&T è, per dirla con Paolo Conte, roba da “stupidi per stupidi” (Jeeves, album: Nelson). Il dolore con cui tanti fedeli, blogger o meno, stanno vivendo il clima ecclesiale confuso di questi tempi è inenarrabile, autori seri e innamorati della Chiesa di Cristo si preoccuperebbero di questo, non di sfanculare presunti avversari del web. A meno che le due penne stiano semplicemente obbedendo ai loro capi, convincenti salariatori.
Concludo e commento. G&T imperniano la retorica del bavaglio su due termini congiunti: abbiamo dinanzi un fronte solo apparentemente compatto, in fondo numericamente inconsistente. Smonto la retorica. Il fronte non è compatto e non è un fronte e non è anti-franceschiano. Il proclama in salsa anti-fascista e anti-falangista non tiene (poteva mancare tra i nomi citati alla rinfusa un guenoniano, la destra esoterica, Cuniberto?), in merito valga quanto dirò a breve sulle posizioni curiose di Introvigne. In secondo luogo i numeri non contano proprio nulla. Il punto è che la verità dei cattolici è Cristo stesso, e che a difenderlo ai piedi della croce sia rimasta la Madonna e pochi altri non toglie nulla al testimonio di Cristo. Su questo G&T concordano? Da qui deriviamo il modello veritativo cattolico, la verità cattolica non si stabilisce a maggioranza, le cose non vanno bene se tutti le applaudono (quei maledetti applausi in Chiesa che tolgono riflessività e fanno mentalità populista): la verità si fonda su ben altri criteri, se poi la seguiranno in pochi, saranno dolori, ma non a danno della verità, bensì dell’umanità. Devo proprio perdere tempo a citare i documenti a sostegno di tale posizione? La premiata coppia G&T non conosce Magistero, CIC, Catechismo, DSC e compagnia? Per esempio, la “critica all’esortazione apostolica «Amoris Laetitia» di 45 teologi e filosofi cattolici” è impressionante per rigore e gravità. Tale per cui da un lato ci si chiedecome mai l’abbiamo firmata solo in 45, dall’altro sarebbe valida e scioccante anche se l’avesse firmata uno solo: in fondo al solo san Paolo dobbiamo il valido rimbrotto a san Pietro documentato nel Nuovo Testamento. In sintesi, non c’è nessuna falange armata (di penna o spada) e non c’è nessun complotto contro Francesco. Ci sono alcuni fedeli che hanno capito quanto la difesa della fede sia più importante della difesa di qualsivoglia poltrona, persino di quelle giornalistiche vicine al Vaticano.
E ora veniamo all’ultimo paragrafo dell’articolo e all’ultimo grave tema, che fa rima con il personaggio più ambiguo del conservatorismo cattolico italiano contemporaneo, il prof. Introvigne.“Introvigne sostiene che questo dissenso «è presente più sul web che nella vita reale ed è sopravvalutato: ci sono infatti dissidenti che scrivono commenti sui social sotto quattro o cinque pseudonimi, per dare l’impressione di essere più numerosi»”. A parte quanti scrivono sotto pseudonimo solo per smarcarsi dall’immisericordiosa censura ecclesiastica, gente che ama scrivere la verità, ma deve anche garantirsi un posto di lavoro, perché leccare i piedi al pontefice di turno non sempre procaccia sussistenza; a parte la stranissima partita culturale di Introvigne, che fino a pochi anni fa recensiva le minuzie teologiche di Benedetto XVI, atteggiandosi a suo interprete ufficiale, mentre oggi difende con nonchalance le dichiarazioni di Francesco sovente ambigue e a tratti antipodiche al Magistero precedente - e tacciamo sul grande assente nell’inquisitoria di G&T, Alleanza Cattolica, che non si sa più che taglio cultural-spirituale persegua, da chi sia diretto, dove sia diretto, che abbia da dire (questo non lo scrivono sui blog, ma basta entrare in confidenza coi loro adepti per saggiarne tutto il malcontento e lo sbando); a parte non aver ancora capito chi mai abbia messo in giro l’idea di uno scisma e che divertimento ci sia nell’irridere chi l’abbia minacciato o nel denigrarne la proiezione futura; il fatto è che, per la terza volta, non sono d’accordo né con la diagnosi né con la terapia dei vaticanisti: non vedo il fronte allineato, non vedo il proclama anti-franceschiano e non vedo il problema scismatico-numerico. Le Scritture in merito sono chiare, l’avvicinarsi degli ultimi tempi sarà segnato dall’apostasia, mica dallo scisma. Chiedo: il problema è la plausibilità di uno scisma nell’immediato o il problema è che umanità e cristianità ormai sono insensibili a qualsivoglia variazione ecclesiale, morale, giuridica, culturale e le maggioranze sono inclini ad adeguarsi anche alle peggiori contraddizioni in campo dottrinale e sacramentale? In altri termini,tertius datur: puoi avere la Chiesa compatta e fedele, puoi avere lo scisma, puoi avere infine anche la terza opzione, quella della Chiesa - per così dire - compatta e infedele. Si chiama apostasia e san Paolo, quello che proibiva la comunione ai peccatori e non condannava apertamente l’istituto della schiavitù antica, ce l’ha preannunciata.
Però chi se ne frega, la Chiesa ormai è una cosa politica - come denunciava inutilmente Messori alcuni lustri fa - e non una cosa spirituale, ergo è giudicata secondo parametri politici, governata secondo riforme politiche, descritta da gesti di populismo vacuo, blindata e propagandata da giornalisti e sociologi. Non c’è spazio per teologi, filosofi e martiri in una cosa politica. Quanto a Putin, resto attonito, non c’entra nulla, non interessa a nessuno (o interessa, ma per tutt’altri motivi) e conferma solo la lettura politica del caso. Fa nulla,nella Chiesa insensibile al rischio di apostasia le deduzioni logico-teologiche degli intellettuali sono bazzecole, ma gli accostamenti psicologico-associativi tra cattolici tradizionali e Putin sono fondamentali. Davvero, roba da “stupidi per stupidi”. Lo vogliamo dare o no un Nobel anche a Paolo Conte?
domenica 16 ottobre 2016
Obice: I fondamentalisti brutti e cattivi spaventano i progressisti
È una storia che ha origini lontane e che è diventata di carattere popolare dopo l’intervista a Mons. Negri, inutile dire che, come abbiamo già detto in passato, noi siamo dalla sua parte.
La prima cosa da dire è che Maurizio Vitali è un gran rosicone, che a Gnocchi e a De Mattei neanche gli lega le scarpe.
Probabilmente li sta sfruttando per farsi pubblicità, anche perché gli rode che a lui non se lo incula nessuno (cioè davvero, ma chi è? Ignoravo bellamente l'esistenza della sua rivista e di Vitali stesso. Quanti lettori ha, tre?)
Ritengo anche che nessuno degli elencati abbia ammazzato la moglie o la suocera (lo disse il papa dei fondamentalisti cristiani) e che finire in una lista del genere è un onore se gli avversari sono gente come lui.
Cercherò ora di spiegare brevemente cosa vuol dire fondamentalismo e cosa progressismo, di sfatare il mito che “i progressisti sono buoni” e di utilizzare il meno possibile i termini “ponte” e “muro” perchémi stanno sul cazzo non voglio fare confusione.
Il progressismo consiste nel trattare come relativa la verità rivelata, nel cambiarla il più presto possibile, nel dare agli uomini una libertà della quale in breve non sapranno che farsi, di fronte all’Assoluto.
Progressista è chi ritiene sufficiente la sola capacità dell’uomo per capire la differenza tra giusto e sbagliato, ritiene che chi dice cosa è giusto e cosa non lo è sia un violento, dotato di clava, che impone la legge agli altri e li rende tristi.
Il progressismo quindi coincide col relativismo e all’uomo non rimane altro che capire in quali circostanze è contento e permanere in quelle condizioni, nella speranza di essere felice per il resto dei suoi giorni.
Naturalmente non tutte le persone etichettate come progressisti sanno queste cose ma accettano le conseguenze e le logiche deduzioni di quello che ignorano.
Con il termine fondamentalismo si intende genericamente qualunque lettura letterale e dogmatica di testi sacri che assuma i relativi precetti a fondamenti rifiutando ogni ideologia o interpretazione anche minimamente in contrasto con essi.
Detto questo, Maurizio Vitali ha tentato di riportare il “panorama italiano” del “fondamentalismo diffuso dai contorni fluidi”, che ormai si è impossessato del bruttissimo mondo del webbe, perché “impaurito” dalla proposta di papa Fra che richiede troppo coraggio per dei poveri uomini che si “scandalizzano” per “l’ingiustizia della misericordia”. Un papa che scandalizza perché quando parla, se non ti dicono chi è, pensi che sia la Boldrini.
Quello a cui mi riferisco è un testo che il povero Maurizio avrebbe dovuto tenere nel cassetto fino all’approvazione della nuova legge sul cyberbullismo in modo da riuscire veramente a disfarsi dei suoi nemici, visto che non si è fatto problemi a fare una vera e propria lista di siti brutti e cattivi che guai-a-te-se-leggi-sennò-sei-brutto-e-cattivo-anche-tu.
Nell’introduzione il nostro amico sottolinea l’importanza di contare quanti sono i cattivi ma invita subito i poveri disarmati a non perdere il coraggio perché “di solito i fondamentalisti sono particolarmente attivi così da sembrare più numerosi di quanto sono” e sottolinea il fatto che nella chiesa sono sempre esistiti i “rissosi fondamentalisti” ma ora si sta verificando un preoccupante “revival”.
Tralascio bellamente le chiacchiere più divertenti e lascio al lettore la ripresa sia dell’intervista ad Introvigne che il racconto di quanto tempo ha passato su questi siti il nostro eroe, sperando che almeno abbia utilizzato adblock in modo da non essere complice di questi cattivoni che mettono la pubblicità sui loro blog.
Una cosa su cui affondo il colpo, invece, è la penosa conclusione fatta di “telegrafiche osservazioni” in cui compaiono una quantità di termini valigia che pare una diaconia del CLU.
Tenterò di rendere vere le frasi che ha scritto, facendo delle “telegrafiche modifiche”
Ora, visto che si sta facendo questa divisione tra buoni e cattivi e che, come storicamente si è sempre fatto, è chi fa la divisione che si autoproclama buono, consiglio a questi ultimi di seguire il consiglio di Giussani, “organizza una secessione! Perché no? La libertà è fondamentale” se non ti piace come è storicamente vattene, ciao! Faremo a meno di te senza alcun problema, ma smettila di rendere faticosa la permanenza ai coinquilini sperando che ti lascino casa libera.
La prima cosa da dire è che Maurizio Vitali è un gran rosicone, che a Gnocchi e a De Mattei neanche gli lega le scarpe.
Probabilmente li sta sfruttando per farsi pubblicità, anche perché gli rode che a lui non se lo incula nessuno (cioè davvero, ma chi è? Ignoravo bellamente l'esistenza della sua rivista e di Vitali stesso. Quanti lettori ha, tre?)
Ritengo anche che nessuno degli elencati abbia ammazzato la moglie o la suocera (lo disse il papa dei fondamentalisti cristiani) e che finire in una lista del genere è un onore se gli avversari sono gente come lui.
Cercherò ora di spiegare brevemente cosa vuol dire fondamentalismo e cosa progressismo, di sfatare il mito che “i progressisti sono buoni” e di utilizzare il meno possibile i termini “ponte” e “muro” perché
Il progressismo consiste nel trattare come relativa la verità rivelata, nel cambiarla il più presto possibile, nel dare agli uomini una libertà della quale in breve non sapranno che farsi, di fronte all’Assoluto.
Progressista è chi ritiene sufficiente la sola capacità dell’uomo per capire la differenza tra giusto e sbagliato, ritiene che chi dice cosa è giusto e cosa non lo è sia un violento, dotato di clava, che impone la legge agli altri e li rende tristi.
Il progressismo quindi coincide col relativismo e all’uomo non rimane altro che capire in quali circostanze è contento e permanere in quelle condizioni, nella speranza di essere felice per il resto dei suoi giorni.
Naturalmente non tutte le persone etichettate come progressisti sanno queste cose ma accettano le conseguenze e le logiche deduzioni di quello che ignorano.
Con il termine fondamentalismo si intende genericamente qualunque lettura letterale e dogmatica di testi sacri che assuma i relativi precetti a fondamenti rifiutando ogni ideologia o interpretazione anche minimamente in contrasto con essi.
Detto questo, Maurizio Vitali ha tentato di riportare il “panorama italiano” del “fondamentalismo diffuso dai contorni fluidi”, che ormai si è impossessato del bruttissimo mondo del webbe, perché “impaurito” dalla proposta di papa Fra che richiede troppo coraggio per dei poveri uomini che si “scandalizzano” per “l’ingiustizia della misericordia”. Un papa che scandalizza perché quando parla, se non ti dicono chi è, pensi che sia la Boldrini.
Quello a cui mi riferisco è un testo che il povero Maurizio avrebbe dovuto tenere nel cassetto fino all’approvazione della nuova legge sul cyberbullismo in modo da riuscire veramente a disfarsi dei suoi nemici, visto che non si è fatto problemi a fare una vera e propria lista di siti brutti e cattivi che guai-a-te-se-leggi-sennò-sei-brutto-e-cattivo-anche-tu.
Nell’introduzione il nostro amico sottolinea l’importanza di contare quanti sono i cattivi ma invita subito i poveri disarmati a non perdere il coraggio perché “di solito i fondamentalisti sono particolarmente attivi così da sembrare più numerosi di quanto sono” e sottolinea il fatto che nella chiesa sono sempre esistiti i “rissosi fondamentalisti” ma ora si sta verificando un preoccupante “revival”.
Tralascio bellamente le chiacchiere più divertenti e lascio al lettore la ripresa sia dell’intervista ad Introvigne che il racconto di quanto tempo ha passato su questi siti il nostro eroe, sperando che almeno abbia utilizzato adblock in modo da non essere complice di questi cattivoni che mettono la pubblicità sui loro blog.
Una cosa su cui affondo il colpo, invece, è la penosa conclusione fatta di “telegrafiche osservazioni” in cui compaiono una quantità di termini valigia che pare una diaconia del CLU.
Tenterò di rendere vere le frasi che ha scritto, facendo delle “telegrafiche modifiche”
- Nel cristianesimo vero la forma, quindi non solo i principi e le istituzioni ma anche l’aspetto più apparentemente estetico, sono parte integrante ed essenziale per il riproporsi dell’avvenimento, quell’avvenimento che sviluppa l’utilizzo della ragione.
È la ragione che permette di dare dei giudizi e per la conversione, che è richiesta ogni giorno della vita, unica prerogativa è dare un giudizio ragionevole.
La personalizzazione della fede non è crearsi una fede personale ma riconoscere con un giudizio personale la ragionevolezza delle proposte della chiesa, che sono sempre le stesse da 2000 anni. - L’unico modo per rendersi continuamente consapevoli che la fede non è insignificante rispetto al vivere è vivere la fede in tutte le circostanze. Per fare questo occorre educarsi e lo strumento che da sempre esiste veniva riassunto con il termine di “circostanza privilegiata”, che in ultimo è una delle tante odiate opere, uno spazio fisico in cui si fanno le stesse cose che fanno tutti gli altri però meglio, perché a farle sono i cattolici.
- Il mondo degli scandalizzati ed impauriti ancora non l'ho visto, ho visto e conosciuto un sacco di gente che scendeva e scenderà nelle piazze ma questo non mi sembra un atteggiamento tipico di chi ha paura. Ho anche visto tante persone che se ne sono allegramente fregate, ma neanche questo è tipico di chi si scandalizza o ha paura.
Scrivo comunque qualcosa anche sul punto tre perché è forse il più fitto di cazzate.
L’altro non è una minaccia ma un essere a cui voler bene, e come tale non possiamo esimerci dal proporgli l’unica strada che conosciamo per la felicità, che per un cattolico è esattamente la strada che propone la chiesa. All’altro (extracomunitario, ateo, gay...) non si può tacere il fatto che la via alla felicità non è seguire i propri istinti o sentimenti, non è ottenere una legge che lo legittima a “scegliere la via facile” che gli risolverà i problemi. Non è ragionevole neanche far finta che questa legge non esista perché sarebbe come sapere che la fonte dell’acqua del paese è avvelenata e non avvisassi nessuno giustificandomi con il fatto che “prima o poi lo capiranno da soli con la loro esperienza”.
L’altro è un bene per me nella misura in cui mi muove verso il Vero.
Ora, visto che si sta facendo questa divisione tra buoni e cattivi e che, come storicamente si è sempre fatto, è chi fa la divisione che si autoproclama buono, consiglio a questi ultimi di seguire il consiglio di Giussani, “organizza una secessione! Perché no? La libertà è fondamentale” se non ti piace come è storicamente vattene, ciao! Faremo a meno di te senza alcun problema, ma smettila di rendere faticosa la permanenza ai coinquilini sperando che ti lascino casa libera.
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