venerdì 3 giugno 2016

Giornale murale: Usate i vostri inchiostri a lor vergogna

Silvio Berlusconi, in attesa dei risultati elettorali di domenica 5 giugno 2016, non fa sconti e, sbarcato nel casertano per una serie di comizi, denuncia la degenerazione del sistema che Matteo Renzi, in combutta con Denis Verdini, sta trasformando (in alcuni casi ha già trasformato) in una sorte di dittatura casalinga e che la sua riforma costituzionale “è pericolosa, è un vestito che…si è cucito addosso su misura” e che Boccia e Abete, i nuovi dirigenti della Confindustria, schierandosi e appecorandosi per il SI’ al referendum costituzionale di ottobre sono “aspiranti sudditi” di questo farisaico regime. Inoltre l’ex cavaliere di Arcore fa sapere che, subito dopo le elezioni amministrative, “apriremo i comitati per il NO al referendum, per impedire a Renzi di fare un regime” notando che : “il centrodestra unito vince, da soli si è irrilevanti” (Cfr. Fabrizio De Feo su “Il Giornale” de 29 maggio 2016 ).

Come ben si vede l’ex cavaliere non è, come molti vorrebbero far credere, un vecchio rincoglionito preda della sua concubina (di cinquant’anni più giovane di lui) la quale vorrebbe (vuole – ha voluto) attuare , in Italia, il programma di “Semiramis lussuriosa” che “libito fe’ lecito in sua legge”, ma un abile e furbo miliardario che si è adeguato all’andazzo dei tempi tanto da scendere in campo – rischiando anche, gliene diamo atto – per formare un partito che gli consentisse di salvare le sue televisioni, le sue aziende. Una “scesa in campo” che salutammo con piacere, oltre vent’anni fa, perché Berlusconi, a differenza di altri, riuscì ad unire le forze avverse al Comunismo e – allora il pericolo comunista c’era, eccome e, perfino molti socialisti, e non solo gli umili gregari, accorsero, allora, ad ingrossare le file del Polo della libertà – riuscì a distruggere “la gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, a vincere e ad avere, perfino, una maggioranza bulgara che gli avrebbe permesso davvero di fare quelle riforme serie di cui il Paese aveva bisogno e che sono, più o meno, l’opposto di quelle “false riforme”, profondamente immorali, portate avanti da Renzi che si è messo a capo – con grande abilità – di quello che una volta rappresentava il più grande partito europeo al servizio del Comunismo sovietico e che ora – come profeticamente aveva previsto negli anni Settanta il grande filosofo Augusto Del Noce – si è trasformato in un grande partito radicale di massa che ha abbandonato quella “spinta ideale” e quella vocazione, diciamo pure populista, a favore della classe operaia, quel “rigore morale” che aveva visto il PCI e la CGIL a fianco dei lavoratori italiani.

Renzi – e più di lui il suo alleato Denis Verdini, un personaggio inquietante, una forza bruta della natura, un uomo senza Patria né Bandiera, più amorale che immorale, per il quale il vero “idolo” non è tanto Mammona, ovvero il dio quattrino,quanto la soddisfazione di fare intrighi, di rovinare persone, di mettersi al di sopra della Legge Divina e anche di quella degli uomini, un Narciso innamorato della sua immagina che non esiterei a definire “esoterica” che sembra nata nelle Logge Martiniste (e Verdini le conosce bene) e alimentata dalle potenze infernali – in pratica ha mandato “a nanna” i sindacati e, appoggiato dall’ex mummia quirinalizia Napolitano, si è servito di quelle riforme avviate da personaggi ributtanti che, a parte qualche nozione di economia, potrebbero andare a braccetto con Verdini, come Monti e la Fornero, e ha messo in ginocchio sia il pubblico impiego che i lavoratori privati (la riforma Fornero salutata con entusiasmo dall’Europa e dai “poteri forti” legati al Mondialismo massonico, con gli esodati, e il non riconoscimento dei lavori usuranti, è qualcosa di simile allo “schiavismo”), ha tolto ogni garanzia al posto di lavoro, portando avanti riforme fatte sulla pelle dei lavoratori (suona strano che le parole “classe operaia”, lavoratore, classi meno abbienti etc siano ora in bocca a persone di destra), levando loro ogni tutela. Inoltre questo leader di un governo che nessuno ha eletto e che si regge sui voti di una piccola mandria di squallidi “saltimbanchi” e che, pur di non andare a casa, hanno cambiato, pronti a cambiarla di nuovo, casacca, ha fatto una politica – e anche questa viene da lontano – che, praticamente, sta cassando la borghesia, i piccoli risparmiatori e possidenti, gli artigiani, la piccola industria e i commercianti. Nessuna tutela per la proprietà privata : i rom e i centri sociali occupano abusivamente case senza incorrere nelle sanzioni della legge,chi ha un appartamento o un fondo sa bene che se l’affittuario decide di non pagare per lui è finita e può sperare che quello, spontaneamente,senza pagare una lira e, anzi, con una lauta ricompensa “in nero”, se ne vada tra un anno invece che tra due o tre…

L’Onorevole Santanchè che ha avuto il coraggio di andare in un campo rom – insultata e sputacchiata – ci ha fatto vedere con chi abbiamo a che fare e ci ha fatto anche sapere, non contraddetta, che una famiglia rom, annualmente, ci costa cinquantamila euro…di fronte a tanti nostri anziani che campano miseramente con una pensione di seicento euro.
E siamo all’incipit!
In questi ultimi giorni sono sbarcati tanti clandestini (duecentomila, trecentomila?) quanti non ne erano sbarcati negli ultimi anni…ormai siamo invasi dai clandestini, in massima parte musulmani, e cominciamo già a subire le conseguenze di questa invasione che svende non solo il popolo italiano ma che lo vuol cancellare dalla storia e dalla geografia. Dietro a queste orde di invasori – appoggiati dal mondialismo massonico e, vergognosamente, dal Vaticano che non trova di meglio che andare a chiamarli – vi sono interessi miliardari. Ricordate le intercettazioni telefoniche ai tempi di Mafia Capitale? “Gli immigrati devono aumentare…guai a fermare il flusso…rendono più della droga”…e allora viene da domandarsi come mai fior di giornalisti di sinistra, oltre tutto bravissimi, forse i migliori in campo, non denunzino tutto questo! I vari Damilano, Scansi, Peter Gomez, Marco Travaglio, ai quali va riconosciuto il merito di opporsi a questo regime catto -masson – comunista, non vorranno smascherare quella immensa “Macchina per far soldi” che è la Caritas, i cui affari e il cui potere sfugge a ogni immaginazione?
Ripeto : vogliono cancellare il popolo italiano in nome del mondialismo e della globalizzazione : lavoro e mano d’opera a poco prezzo…fine delle garanzie, di ogni diritto acquisito. Ormai le moschee pullulano come funghi e i seguaci di Maometto divengono sempre più fastidiosi, cattivi, arroganti…pretendono “diritti” senza avere doveri. C’è già nell’aria il sentore che vengano tolte alle vedove le pensioni di reversibilità per darle alle coppie sodomitiche che, grazie al voto di “cattolici” come Lupi e Alfano, aggiunto a quello della Sinistra, hanno ottenuto gli stessi diritti del matrimonio naturale; tolte le pensioni alle vedove per darle agli immigrati (“chi nasce in Italia è italiano”, come dire che il topolino nato nella scuderia è un cavallo) e, vedrete, che la pensione di reversibilità, una volta che verrà riconosciuto il matrimonio poligamico, verrà data non a una moglie ma a sei o sette baldracche…
Così è se vi pare….
Ebbene di fronte al Mondialismo che avanza, a un’ Europa che ci divora e ci comanda, di fronte a questi Moloch del nuovo paganesimo, di fronte a questi idoli che il nuovo potere tratta come persone che abbiano un’anima (“Ce lo chiede l’Europa”, “Il Mercato soffre..” “Il Mercato respira…” ) la Destra – che avrebbe dovuto difendere la Religione e la morale – che ha fatto? Si è squagliata come neve al sole.
Abbiamo visto Berlusconi che, una volta condannato per reati finanziari, ha cercato di restare in Parlamento sperando in Napolitano e , grazie anche all’ex Cavaliere di Arcore, ci siamo “risucciati”, per qualche anno, Giorgio Napolitano, il vecchiardo della Prima Repubblica, l’ex Dirigente Comunista che applaudiva i carrarmati del Comunismo assassino e che quando Solgentzin, il più grande personaggio del XX Secolo, era in un Gulag, dalle colonne di “Paese Sera” lo attaccava dicendo che lo scrittore russo, in realtà, era un uomo privo di ideali e che pensava solo al “conto in Svizzera”.
Lo stesso ex Cavaliere di Arcore che, sempre per ingraziarsi il potere – dovevano essere rinnovati i contratti con Mediaset e Fedele Confalonieri con Gianni Letta e Piersilvio con Marina, come Annibale, premevano “ad portas” – prima manda al Governo un gruppetto di ascari famelici che non sarebbero più tornati, poi, con il suo “Terz’omo di fattoria”, ovvero il sensale Verdini, sigla quel patto col Nazareno con il quale avalla le oscene riforme del ragazzino rignanese e, da allora, Verdini, un personaggio che in una società tradizionale al massimo avrebbe potuto fare il “cartolizzatore” o lo stalliere, diviene il “garante” dell’inciucio vergognoso tra Berlusconi e Renzi…per cui la Destra rinunzia a far opposizione e si appecora a novanta gradi….Alle elezioni gli elettori puniscono il tradimento di Forza Italia e quello che era un partito che era arrivato anche al quaranta per cento si riduce al lumicino. Visto la Waterloo, Berlusconi, troppo tardi, cerca di far macchina indietro ma Verdini (probabilmente spinto dallo stesso ex cavaliere di Arcore) passa, armi e bagagli, con i suoi ascari “compassati”, nel campo nemico (in realtà risponde al richiamo della Gran Loggia) creando un partitino di transfughi (ALA) che avrebbe garantito, e garantisce tuttavia, la sopravvivenza all’asfittico regime renziano.

Dunque la situazione era ed è comunque ben chiara al satrapo di Arcore che fin da allora, per ingraziarsi Renzi, non solo iniziò l’operazione di lecchinaggio ma, ora che si immaginava di essere aiutato dal duo napolitanrenziano, cominciò quel progressivo cambiamento di Forza Italia – che fino allora era stato un gran “contenitore”, dove convivevano un po’ tutte le idee con le varie sfaccettature – in senso “liberal” anche per l’influenza, esercitata sull’annoso e libidinoso leader, dalla sua concubina Pascale : oramai in Forza Italia (in quel poco che è rimasto di Forza Italia) comandano i “radicali”, dalla Carfagna alla Prestigiacomo, dalla Ravetto alla De Girolamo, dalla Mussolini (“io, in alcuni casi, l’aborto lo renderei obbligatorio”) a quella inquietante macchietta della politica che risponde al nome di Gianfranco Rotondi (fu il primo a presentare una proposta di legge per l’approvazione dei matrimoni pederastici)… lo stesso ex Cavaliere – in un delirio demenziale di onnipotenza – non era stato quello che aveva messo il suo partito e i suoi milioni di elettori nelle mani di personaggi da museo degli orrori? Chi non ricorda, oltre a Verdini, quel Sandro Bondi che, dopo aver fatto crollare Pompei, che era rimasta intatta per secoli, veniva mandato – per divertire la corte di Arcore – in televisione, facendo perdere ogni qualvolta mezzo milione di voti al centrodestra?

Poi il Berlusca iniziò le epurazioni – sotto la spinta della concubina – al Giornale, iniziando con il licenziare quello che è forse il miglior giornalista della Destra italiana, Marcello Veneziani, reo di credere ancora in alcuni “valori non negoziabili”, perché…. stava antipatico a Francesca Pascale, la concubina, che nel frattempo era corsa, con Vittorio Feltri – vincitore da oltre vent’anni del 1° Premio del “Lecchino d’oro” – a iscriversi all’ARCI lesbica (tanto perché non vi fossero dubbi sulla svolta berlusconiana) e aveva invitato a cena con il cavaliere, per portare avanti il matrimonio pederastico, il travestito Luxuria, facendo pubblicare, poi, il “ritratto di famiglia in un insieme” con il Berlusca, lei con Dudù e, naturalmente, Luxuria/o. Intanto al TG4 ha messo in pianta stabile Alessandro Cecchi Paone, giornalista sterile, famigerato per le sue battaglie sul fronte LGTB (Lesbiche – Gay – Trans – Bisex), che ha affermato di voler trasformare il TG4 in un telegiornale in chador…ignorando forse che i musulmani i gay li appendono a una corda e li fanno dondolare dall’alto del braccio di una gru.
Ripeto : il Berlusca ha fatto macchina indietro solo quando ormai i buoi erano scappati e quando nel suo partito sono rimasti soltanto un branchetto di personaggi che si accapigliano per chi debba essere eletto alle prossime elezioni, (ammesso che FI prenderà qualche seggio). E, mentre in Europa, i Parlamentari di Forza Italia continuano a stare con il partito Popolare e con la Merkel, approvando così, implicitamente, l’invasione islamica del nostro Paese, in Italia, Renzi sta instaurando un vero e proprio regime come mai si era visto in questi circa settanta anni di Repubblica : a cominciare dalla “false” riforme per cui verrà stabilito, qualora al referendum di ottobre prevalessero per disgrazia i SI’, che il partito che prende più voti (almeno il 25%), ovvero il PD, si prenderà quasi tutti i seggi in modo da non avere noie con l’opposizione; inoltre, a differenza di quanto dicono i pidioti, non verrà abolito il Senato, ma verranno aboliti gli elettori : ovvero al senato non adranno più gli eletti dal popolo ma i “nominati” dal Governo, ovvero Sindaci e deputati Regionali, ai quali verrà estesa pure l’immunità…già chi osa opporsi al “SI'” a quelle riforme viene messo nel ghetto degli intoccabili, perfino tra i partigiani dell’ANPI viene fatta un’epurazione : i partigiani buoni, quelli veri, che hanno combattuto, voteranno per il SI’…a differenza degli altri, ovvero, di quelli cattivi che fanno una scelta contro il Paese votando NO.
Durante il Fascismo Starace, in confronto a questa gente, fu un liberale illuminato! Già vengono definiti “nemici della democrazia” quelli che voteranno per il No …intanto nella televisione si è già fatta, nello strano e assordante silenzio di tutti, una prima e grave epurazione per cui personaggi (di “destra” o di “sinistra” poco importa) contrari ai puttaneggiamenti con Renzi – Verdini vengono “licenziati” così, come si licenzierebbe la donna a ore. Nicola Porro ha visto chiudere il suo seguito programma televisivo “Virus” in poche ore, in quanto non seguiva il Minculpop; stessa sorte è toccata al giornalista di sinistra Giannini : la sua colpa è quella di non aver indossato la livrea per leccare il ducettino di Rignano e di aver trasgredito agli ordini del Minculpop…anche Maurizio Belpietro si è visto “epurato”, da mane a sera, dal duo Verdini – Angiolucci in quanto aveva la grave colpa di non aver fatto accodare il quotidiano “Libero” ai lecchini del SI’. Ora anche “Libero” è un giornale finalmente “normale” (cioè renziano, come TUTTI gli altri quotidiani), ovvero con la mordacchia, pronto a leccare le terga al padron delle Ferriere, ovvero al Pinocchietto fiorentino… Garante della “normalità” è quel Vittorio Feltri passato al lecchinaggio renziano dopo vent’anni di lecchinaggio berlusconiano. A questo si aggiunga anche la presa di posizione per il SI’ della CEI di Monsignor Galantino (voglio vedere se qualcuno avrà ancora il coraggio di versare l’otto per mille ai vescovi italiani) che ha capito subito – nonostante il suo modesto quoziente intellettivo – qual era il carro del vincitore.
Immaginate se questa presa del potere, se questa bulgarizazzione dell’informazione, fosse avvenuta con il centro destra?
E per l’elezione dei sindaci? Il quadro è davvero desolante e preoccupante : a Roma Berlusconi ha deciso dunque di aiutare Renzi e quindi ha evitato che potesse avvenire un ballottaggio tra la Raggi e la Meloni (la quale, con i voti di Forza Italia, avrebbe avuto la vittoria in tasca) ed è andato ad appoggiare il figlio del palazzinaro rosso Marchini (che, personalmente, almeno, ha dichiarato, a differenza della Carfagna e della Mussolini, di essere contrario ai matrimoni gay e alla droga libera) insieme a personaggi come Fini, D’Alema, Alemanno, Storace, Alfano…insomma al peggio del peggio della politica sinistrorsa italiana. E Cerasa, un altro della banda renziana, capo delle truppe di riserva degli ascari de “Il Foglio”, ci assicura che:
“A Roma non è difficile immaginare , lo diciamo con cognizione di causa, che in caso di ballottaggio Giachetti – Raggi il centrodestra stringa un accordo governativo e di giunta con il PD…tutti i principali volti schierati da Berlusconi alle comunali – da Parisi a Marchini passando per Lettieri e anche per l’ex candidato del Cav. al Comune di Roma Guido Bertolaso – a prescindere da quello che sarà l’esito delle elezioni comunali non sono ostili alla riforma costituzionale (curiosità: sono tutti più per Hilary Clinton che con Donald Trump)…(ecco) la spina dorsale del nuovo centrodestra….la pensione scatta dopo quattro anni e sei mesi dall’inizio della legislatura, il primo luglio 2017, e anche alla luce di quella data Forza Italia, potrebbe perdere pedine in Parlamento. …Il patto del Nazareno non c’è più, lo sappiamo, ma il partito del referendum, sostituendo il principio di realtà al principio identitario, dopo le comunali potrebbe ingrossarsi sempre di più.”
(Cfr. “Il Foglio” del 1 giugno 2016)
A questo articolo estremamente importante del Direttore de “Il FOGLIO” apparso in prima pagina e con l’aggiunta “lo diciamo con cognizione di causa” – che praticamente mette il sigillo a quello che noi avevamo paventato, ovvero il nuovo centrodestra che vuole (vorrebbe?) Berlusconi è praticamente l’inciucio con Renzi, un nuovo, tacito, patto de Il Nazareno – avremmo immaginato reazioni da parte degli altri leader del centrodestra (specie dopo che Berlusconi ha dichiarato imperiosamente : “il nuovo leader del centrodestra sarà Mara Carfagna” ) e invece… tutti in silenzio.
Qualcuno mi domanda per chi voterei…innanzi tutto andrei a cercare quelle persone – e sono rare, rarissime – che in qualche modo si sono battute per la famiglia, contro i matrimoni pederastici e contro gli inciuci. Eviterei perfino di salire in “metro” con gente tipo Berlusconi, Fini, Storace, Alemanno, Alfano, Casini et similia. Prima di votare per la Meloni (alla quale vanno le mie simpatie e i miei voti augurali) le domanderei – ed esigerei una risposta – il perché abbia in passato proposto come candidato sindaco di Roma la Rita Dalla Chiesa, nota abortista, animalista e propagandista LGTB…e poi domanderei a Giorgia, la “Bersagliera”, come mai l’abbia invitata come testimonial alla sua Convention durante la quale – fortunatamente tra fischi, urla e pernacchie del popolo di Fratelli d’Italia – ha difeso i matrimoni pederastici e, di fronte alla contestazione dei giovani della Destra, abbia esclamato :“Sono più forte di voi : se vince Giorgia faremo un Colosseo arcobaleno”…per tacere delle idiozie dette in televisione quando ha paragonato le carcasse di mucca e le prelibate bistecche a cadaverini di esseri come noi…ovvero come lei.
Poi domanderei a Salvini (non lo nego, anche a lui vanno le mie simpatie e i miei voti augurali) – e vorrei una risposta precisa – se intenda sottostare agli ordini del Cavaliere e se intenda mettersi in fila di fronte a un personaggio come Mara Carfagna che, in una società tradizionale, farebbe quello che, in effetti, penso sappia fare meglio…e non è certo la politica.
Poi domanderei, sempre a Salvini, (ho già firmato la proposta di legge per la legittima difesa) se l’On. Bonanno, che ha affermato di essere stato all’avanguardia e di aver celebrato per primo (e di celebrare tuttavia) i matrimoni pederastici, sia soltanto – come penso – una solitaria macchietta o se rappresenti, in qualche modo, anche il pensiero della Lega.
Ecco, io vorrei delle risposte precise perché di fronte al regime di Renzi non si possono fare sconti ed io già mi preparo a votare per il NO – e su questo non ho alcun dubbio – a quelle deleterie e infami riforme fatte da Renzi, Verdini e compagnia brutta. Intanto non ho dato l’otto per mille alla CEI…se lo vadano a far dare alle Case del Popolo, all’ARCI gay, all’ARCI lesbica, da Emma Bonino e da Eugenio Scalfari.


Come eravamo: Libertà vigilata

Questo testo fa parte di "La politica, per chi, per cosa", supplemento a "il Sabato" n. 22 del 30 maggio 1987, p.81-83
editoriale de «Il Sabato» n. 8, 21 febbraio 1987 

C'è un modo di parlare di riforma del sistema politico che suona come una minaccia. Ha infatti i connotati di una operazione di rafforzamento dello status quo, in cui, semmai, la politica e lo Stato dovrebbero tornare ad essere ancor più centrali, dominanti, legittimati. Come se, in un processo ineluttabile di grande ristrutturazione sociale, andassero ristretti gli spazi di libertà personali e comunitari, in nome di una miglior efficienza del sistema. In modo che la libertà vigilata, di cui oggi pur godiamo, venga ulteriormente delimitata. E una tentazione che attraversa i Palazzi del potere ed ha anche un riflesso nel dibattito scaturito dalla presentazione del documento precongressuale del Psi, che ha messo a tema il riformismo nella politica italiana. 

Ma non è argomento che riguardi solo dispute interne ai partiti. La «razionalizzazione» della convivenza sociale appare come un fenomeno che investe tutti i campi dell'attività umana. Chi non avverte il rischio che questa «razionalizzazione» si sviluppi in senso dispotico, ad esempio in un certo uso degli strumenti scientifici (basti pensare alla bioingegneria genetica), degli stessi mass-media (si veda il valzer dei direttori dei quotidiani), delle nuove tecnologie nel campo della produzione? Chi non ha l'impressione che si chieda al cittadino un'ulteriore delega verso un Potere centralizzato che provvede a orientare, con gli straordinari mezzi di cui dispone, tutte le spinte dei singoli nel flusso di un consenso, in realtà già programmato e definito? Si affaccia oggi una forma di Stato prepotente ben più sofisticata e pericolosa di quella dei dispotismi storici, evocati, a proposito e a sproposito, in queste settimane.

La risposta a questo pericolo non può che essere quella di affrontare le trasformazioni e i cambiamenti necessari, chiedendo con forza un minimo di spazio vitale per chi non si rassegni al rafforzamento dello status quo, opponendo ad esso e alla «razionalizzazione» dispotica montante la libertà d'aggregarsi nella società. Anche come minoranza. 

I cattolici, poi come ricordava su queste colonne Augusto Del Noce, si devono porre la domanda su come sia avvenuto che in questi quarant'anni si è data la maggiore scristianizzazione della società italiana. Si devono cioè chiedere se questo status quo, che appare sempre più immodificabile, non finisce per definire, oggi, anche la moralità dei cittadini, in sua funzione.

In questo senso tutto ciò che tende a modificare, a mettere in discussione il quadro consolidato della nostra convivenza non può che essere guardato con molta attenzione e con simpatia. Come ad esempio la proposta avanzata dal Partito socialista a proposito dell'elezione diretta del Capo dello Stato. Non si possono avere infatti falsi timori o tabù antistorici su questo punto. È anzi necessario dialogare in ogni direzione, perché questo tipo di proposte, magari anche non condivise, meritano d'essere dibattute con franchezza e serietà. 

Proprio perché la battaglia si gioca sul terreno della costruzione sociale, e contro una perdita progressiva, e spesso camuffata, dei già ristretti spazi di libertà effettivi, sarebbe un suicidio ridurre alle cose della politica un tale dibattito. 

Radio Monte Grappa: Si alla famiglia, no al referendum del governo Renzi

La famiglia è il primo corpo intermedio fra la persona e lo Stato. Proteggiamo i corpi intermedi.
Oggi la libertà della famiglia e dei corpi intermedi è in grave pericolo di fronte alla svolta autoritaria e centralista prevista dalla riforma della Costituzione voluta dal governo di Renzi e sottoposta a referendum nel prossimo ottobre.

La Costituzione italiana nasce nel secondo dopoguerra dopo il ventennio della dittatura fascista e prevede un bilanciamento dei poteri per impedire l’affermarsi di un esecutivo che possa mettere a rischio le libertà dei corpi sociali.

È una Costituzione che si fonda sul pluralismo dei partiti, che prevede e protegge i corpi intermedi, che scoraggia la concentrazione dei poteri in un solo partito e tanto meno in una sola persona. Non è il Decalogo, e probabilmente non rispecchia più la realtà del nostro tempo dopo la fine delle ideologie, non esistendo più nemmeno uno dei partiti che l’hanno scritta nell'Assemblea costituente. Tuttavia garantisce la centralità della famiglia, un certo equilibrio dei poteri e il rispetto delle libertà fondamentali. Davvero possiamo privarcene così incoscientemente?
La riforma prevista dal governo Renzi non è il frutto di un dibattito che ha coinvolto il Paese, ma si tratta del progetto di un governo non eletto che vuole attribuire troppi poteri a un uomo solo al comando, in nome della governabilità, della semplificazione e della presunta riduzione dei costi della politica.

Una riforma contro le libertà 
La riforma prevede l’eliminazione del bicameralismo con la riduzione del Senato a semplice rappresentanza degli interessi regionali, senza alcun potere legislativo. Le leggi di iniziativa del Governo potranno così essere approvate in 70 giorni, tramite una sola Camera, dove grazie al nuovo sistema elettorale (l’Italicum) il partito che avrà vinto le elezioni disporrà di una maggioranza schiacciante, che gli permetterà di fare passare senza alcuna opposizione qualsiasi legge. Inoltre, tutti i candidati capilista nelle circoscrizioni (100) saranno scelti dal segretario del partito di appartenenza, spostando così il potere dagli organi istituzionali alle mani del segretario-premier.
Con questo sistema un partito che avesse anche solo il 25% dei suffragi – vincendo il ballottaggio e contando sul cronico astensionismo – potrebbe diventare padrone del Parlamento, nominare 1/3 dei giudici della Corte Costituzionale, 1/3 dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura, il presidente e l’amministratore della RAI, i vertici delle Forze Armate e delle Aziende controllate dallo Stato (Poste, Ferrovie etc…).

L’imposizione delle unioni civili
Vi ricordate la legge sulle unioni civili, imposta dal governo Renzi senza discussione parlamentare in nessuna delle due sedi del Parlamento, col voto di fiducia imposto per due volte dal governo dopo che il premier aveva negato che lo avrebbe mai usato per una legge così divisiva? Che cosa accadrà dei temi sensibili inerenti al diritto alla vita o al diritto dei genitori di fare educare i propri figli nella scuola che desiderano, senza per questo dovere pagare di più? In quanti giorni verrà approvata una
legge sull'eutanasia? E il gender nelle scuole come e da chi potrà essere contrastato in una Camera di deputati al servizio del premier? E se le adozioni da parte di coppie gay venissero imposte con un decreto, chi e come riuscirà a denunciare e organizzare una qualche opposizione parlamentare? Che cosa potrà accadere ai principi che sono le fondamenta delle istituzioni democratiche e delle libertà fondamentali?
La riforma prevede l’abolizione delle province, ma i poteri di queste amministrazioni verrebbero attribuiti ad altri enti superiori, concentrando ulteriormente il potere in poche realtà istituzionali, e garantendo un modestissimo risparmio economico soltanto sulla lunga distanza.
La riforma prevede anche la restituzione allo Stato di alcuni poteri che con la riforma del titolo V della Costituzione del 2001 erano stati trasferiti alle Regioni, ponendo fine così a quei piccoli provvedimenti federalisti introdotti dai governi negli ultimi vent'anni.
Insomma, siamo di fronte a una svolta autoritaria e statalista: un uomo solo al comando, un partito che può governare la nazione pur rappresentando una modesta minoranza degli italiani grazie a un sistema elettorale pericoloso, una sola Camera per rendere veloce l’iter delle leggi.

giovedì 2 giugno 2016

Ricognizione: È nato il Comitato Famiglie per il no al referendum. Un no ricco di ragioni vere

“Siamo gente comunissima, non rappresentiamo nessuna lobby di potere. Abbiamo però una grande vocazione a servire il bene per la società e la verità sull’uomo”. Queste sono le parole che Massimo Gandolfini ha pronunciato sabato 28 maggio all'apertura della convention organizzata dai promotori del Comitato Difendiamo i Nostri Figli e degli ultimi due Family Day presso l'Auditorium Antonianum. Di fronte a lui la platea era gremita da circa 400 entusiasti provenienti da tutta Italia, in buona parte rappresentanti dei Comitati locali nati da poco.

La manifestazione si è snodata attraverso tre sessioni dedicate a temi specifici e tenute da autorevoli personalità. Tra il pubblico non sono mancati alcuni parlamentari come Eugenia Roccella (Idea), Gian Marco Centinaio (capogruppo Lega Nord al Senato), Maurizio Gasparri (Forza Italia, vicepresidente del Senato) ed ex-parlamentari come Luisa Santolini (già presidente del Forum delle Famiglie).

Scopo principale della giornata è stato la presentazione del ‘Comitato famiglie per il no al referendum costituzionale’ del 2 ottobre. Il “No alla riforma costituzionale Renzi-Boschi” non nasce, come ha subito evidenziato Gandolfini nel proseguo delle sue parole iniziali, da una semplice (pur comprensibile) revanche contro il governo piddino che ha imposto l'iniqua legge sulle unioni civili. È un no fondato su argomenti solidi e difficilmente confutabili da chi spera invece di convincere il popolo italiano a scambiare la libertà della repubblica “con un piatto di lenticchie condito da promesse mirabolanti e chiacchiere da bar”, come è accaduto durante la finta discussione del ddl Cirinnà.

In modo particolare, sono emerse due questioni. La prima riguarda l'aspetto economico, il risparmio, che da una attenta lettura della riforma risulta irrisorio. L'altra concerne invece l’attuale, pur imperfetto, equilibrio istituzionale, che sarebbe sconvolto in senso autoritario dalla riforma: la riforma ci porterebbe ad una sola Camera deliberante in molte materie delicate (l’unica tra l’altro in cui si potrebbe porre la questione di fiducia e anche quella che avrebbe l’ultima parola nel caso di divergenze con il Senato), un partito che – con il disposto dalla nuova legge elettorale - si troverebbe ad avere una forte maggioranza in Parlamento pur con percentuali nettamente minoritarie nell’insieme del corpo elettorale, un segretario di quel partito che potrebbe evidentemente disporre a suo piacimento della vita politica italiana. Inoltre, ha evidenziato ancora Gandolfini, la Riforma indebolisce gravemente il federalismo e il principio di sussidiarietà, facendo saltare molti corpi intermedi ed equilibratori; dalla Riforma emergerebbe uno Stato centralista, statalista, pronto per il totalitarismo.

Quindi l'intento è quello di contribuire a fermare il tentativo autoritario di concentrare i poteri in un solo uomo e un solo partito, di esautorare il Senato a vantaggio di una sola Camera, che la riforma costituzionale del governo Renzi prevede. Che non solo indebolirebbe la democrazia ma agevolerebbe pure l'approvazione di nuove leggi liberticide e antropologicamente sovversive.

Prima di terminare il momento introduttivo e dare avvio alle tre sessioni, Gandolfini ha anche parlato delle prossime amministrative del 5 giugno. Esprimendosi come presidente del Comitato Difendiamo i nostri figli, promotore dei Family Day di San Giovanni e del Circo Massimo, è stato molto chiaro: “Guardate bene i candidati e i partiti che li sostengono. Non votate i candidati e i partiti che hanno partecipato all’approvazione della ‘bella’ legge sulle unioni civili. Non possono avere il nostro consenso. Anche a livello amministrativo conta infatti la sensibilità per le politiche della famiglia. Il tema fondamentale della famiglia non si risolve tanto nel bonus bebè, ma tutelando il fatto che in una famiglia ci siano un papà, una mamma e i figli. Non si può buttar via questo per un piatto di lenticchie”.

In un breve video molto incisivo e molto applaudito, che ha funto da “intermezzo” prima dei dibattiti con le personalità illustri e da ulteriore conferma di quanto riportato sopra, sono comparsi Renzi il ministro Boschi e Monica Cirinnà. Il primo ripreso mentre era intento a osservare che non si sarebbe mai posta la fiducia su leggi sensibili; la seconda ripresa quando annunciò, smentendo il premier, la fiducia sul “ddl unioni civili” nei due rami del Parlamento. Infine, nell'ultimo filmato è comparsa la ben nota Cirinnà, in versione euforica, che confessa candidamente al presentatore del programma Gazebo che, passata la riforma, non ci sarà più nessun ostacolo per l’approvazione delle altre leggi sovversive in materia antropologica, data la maggioranza di cui godrebbe il Pd. Non solo, ma alla domanda dell’intervistatore se non sarebbe ancora meglio che ci fosse un partito unico, la nota Cirinnà risponde: Magari! 

Al termine della proiezione, è iniziata la prima sessione di carattere giuridico ed economico: riforma costituzionale: perché “NO”. Vi hanno partecipato il professor Mauro Ronco (in veste di presidente del Centro studi Rosario Livatino) e l’avvocato umbro Simone Pillon (vicepresidente del Comitato DNF). Entrambi hanno risposto entrando nei dettagli alle domande del moderatore Massimiliano Coccia di Radio Radicale sui contenuti della riforma e sulle bugie di ogni genere dai sostanziosi risparmi: attualmente il Senato costa 540 milioni di euro l'anno (di cui la maggior parte derivati dai costi della struttura e del personale). A meno che non si voglia licenziare buona parte dei dipendenti, il risparmio ottenuto con la Riforma sarebbe di 20 milioni di euro l’anno; circa 35 centesimi al giorno per ogni italiano; alla grande velocizzazione dell’iter legislativo che su di essa vengono proclamate dal presidente del Consiglio e dai suoi sostenitori.

La sessione successiva ha avuto per titolo “Ce lo impone l’Europa?”: hanno espresso le loro considerazioni in materia – rispondendo alle domande di Sara Fornari di Telepace la svedese Maria Hildingsson (segretario generale del Forum delle famiglie europee), che ha anche parlato dell'iniziativa europea per la famiglia e quindi l'uomo “Mum Dad and Kids”, l’ex-europarlamentare Luca Volonté (presidente della Fondazione Novae Terrae) e Marco Griffini (presidente dell’ AI.BI., Amici dei bambini, associazione protagonista sul fronte delle adozioni internazionali). Dal dibattito è emerso che l’Europa con le sue norme non ci impone lo stravolgimento antropologico (sono le varie commissioni, i vari organismi che spingono verso tale obiettivo); l’Italia – come risulta anche dalla recente indagine dell’Ilga (associazione per i diritti lgbt) in 53 Paesi e su 96mila persone – è il Paese più tollerante e meno discriminatorio dopo l’Irlanda nei confronti delle persone lgbt; la legge sulle ‘unioni civili’ non era dunque per niente necessaria. Appassionato l’intervento di Mauro Griffini, che ha denunciato la situazione di grave e irresponsabile immobilismo in cui da due anni a questa parte si trova la Commissione italiana per le adozioni internazionali, che da poco ha una nuova presidente, Maria Elena Boschi. Una nomina che apre comunque pesanti interrogativi, specialmente quando si scopre che su 12000 richieste di adozioni ne sono state concesse 17 negli ultimi anni.

L'ultimo intervento ha coinvolto per i temi “Elezioni e sfida antropologica”: Paolo Maria Floris (membro del Comitato e vicepresidente di Identità cristiana), Giusy D’Amico (membro del Comitato e presidente dell’associazione Non si tocca la famiglia), Chiara Atzori (medico infettivologo), moderati da Alessandra Benignetti de IlGiornale.it. Il dottor Floris ha approfondito la delicata questione dell’annunciata obiezione di coscienza alla legge Cirinnà da parte dei sindaci e ha affermato che la Riforma “è gravemente lesiva delle competenze degli enti locali”; la professoressa D'Amico ha illustrato la penetrazione della ideologia gender (spesso sotto le mentite spoglie della “Lotta al bullismo”) nelle scuole italiane, comprese quelle materne; la dottoressa Atzori ha ricostruito le radici e lo sviluppo delle teorie gender: da Money Judith Butler e altri sostenitori di una teoria così pericolosa, giungendo alla conclusione che oggi “siamo in balia di una gendercrazia di pensiero organizzata e di una oligarchia tecnoscientifica”, da cui dovrebbero salvarci “politici in preda a una profonda confusione antropologica”.

La parola è poi tornata a Massimo Gandolfini per la conclusione dell'importante giornata. Il presidente ha invitato i presenti a “sensibilizzare i nostri pastori”, ricordando cosa diceva Don Bosco: “Offrite loro una goccia di rosolio più che non barili di acido”. Poi ha ricordato il realismo che occorre avere, attraverso le parole del grande scrittore J.R.R. Tolkien: “Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo, il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare. Ma il tempo che avranno non dipende da noi”.

Ragioni non emotive ma razionali e vere, sono state date. Ora cattolici e non cattolici sono chiamati a non essere complici della deriva antropologica e totalitaria del nostro tempo. Sono chiamati ad impegnarsi con il passaparola per il 'NO', dentro le mura di casa, di famiglia in famiglia, di quartiere in quartiere, di paese in paese, di città in città, di regione in regione. Da adesso al 2 ottobre prossimo.



su www.mumdadandkids.eu è possibile firmare l'iniziativa dei cittadini europei in difesa del matrimonio e dalla famiglia



È nato il Comitato Famiglie per il no al referendum. Un no ricco di ragioni vere

Come eravamo: Solidarietà e sussidiarietà

Questo testo fa parte di "La politica, per chi, per cosa", supplemento a "il Sabato" n. 22 del 30 maggio 1987, p.62-64 
Dal V capitolo dell'Istruzione «Libertà cristiana e liberazione» della Sacra congregazione per la dottrina della fede

Principi fondamentali
73) Il supremo comandamento dell'amore conduce al pieno riconoscimento della dignità di ciascun uomo, creato ad immagine di Dio. Da questa dignità derivano diritti e doveri naturali. Alla luce dell'immagine di Dio, si manifesta in tutta la sua profondità la libertà, prerogativa essenziale della persona umana: sono le persone i soggetti attivi e responsabili della vita sociale.
Al fondamento, che è la dignità dell'uomo, sono intimamente legati il principio di solidarietà e il principio di sussidiarietà.
In virtù del primo, l'uomo deve contribuire con i suoi simili al bene comune della società, a tutti i livelli. Con ciò, la dottrina della Chiesa si oppone a tutte le forme di individualismo sociale o politico.
In virtù del secondo, né lo Stato, né alcuna società devono mai sostituirsi all'iniziativa ed alla responsabilità delle persone e delle comunità intermedie in quei settori in cui esse possono agire, né distruggere lo spazio necessario alla loro libertà. Con ciò, la dottrina sociale della Chiesa si oppone a tutte le forme di collettivismo.

Criteri di giudizio
74) Questi principi sono di fondamento ai criteri per valutare le situazioni, le strutture ed i sistemi sociali.
Così la Chiesa non esita a denunciare le situazioni di vita, che attentano alla dignità e alla libertà dell'uomo.
Questi criteri consentono, altresì, di giudicare il valore delle strutture. Queste sono l'insieme delle istituzioni e delle prassi che gli uomini trovano già esistenti o creano, sul piano nazionale e internazionale, e che orientano o organizzano la vita economica, sociale e politica. Di per sé necessarie, esse tendono spesso a irrigidirsi e a cristallizzarsi in meccanismi relativamente indipendenti dalla volontà umana, paralizzando in tal modo o stravolgendo lo sviluppo sociale, e generando l'ingiustizia. Esse, tuttavia, dipendono sempre dalla responsabilità dell'uomo, che le può modificare, e non da un presunto determinismo storico.
Le istituzioni e le leggi, quando sono conformi alla legge naturale e ordinate al bene comune, sono la garanzia della libertà delle persone e della sua promozione. Non si possono condannare tutti gli aspetti costrittivi della legge, né la stabilità di uno Stato di diritto, degno di questo nome. Si può, dunque, parlare di strutture segnate dal peccato, ma non si possono condannare le strutture in quanto tali.
Detti criteri di giudizio riguardano anche i sistemi economici, sociali e politici. La dottrina sociale della Chiesa non propone alcun sistema particolare, ma, alla luce dei suoi principi fondamentali, consente di vedere, anzitutto, in quale misura i sistemi esistenti sono conformi o meno alle esigenze della dignità umana.

Come eravamo: L’occupazione dell’Università Cattolica a Milano

Nella seconda metà degli anni Sessanta l’università si trova a essere l’epicentro di un rivolgimento sociale profondo. Pier Alberto Bertazzi ricorda: «Nelle assemblee studentesche intervenivano tutti, anche quelli del FUAN (i giovani fascisti), e il fenomeno sembrava veramente rappresentare la rivolta di un’intera generazione che si rendeva conto, come d’improvviso, che non aveva ciò che desiderava».

Il punto di svolta si ha il 17 novembre 1967, quando l’aumento delle tasse all’Università Cattolica di Milano provoca una protesta generalizzata tra gli studenti, sia tra quelli che partecipano alle preesistenti formazioni politiche studentesche (INTESA, di impostazione cattolico-democristiana di sinistra, UGI social-comunista, GLUI liberale e FUAN) sia tra i numerosi universitari attraversati da un forte disagio e tesi a un indistinto ideale di giustizia e libertà.

In una bella giornata di sole di fine novembre si svolge una manifestazione davanti alla Cattolica (in precedenza occupata contro l’aumento delle tasse e poi disoccupata), alla quale partecipa una massa di studenti, tendenzialmente pacifici, in piazza Sant’Ambrogio, con poche file di carabinieri che bloccano l’ingresso principale dell’ateneo. Bertazzi, presente con altri di GS e FUCI, perché è ancora la fase della «condivisione del bisogno degli studenti», ricorda: «A un certo punto, da dietro le prime file vengono lanciati alcuni pezzi di legno contro i carabinieri che, sorpresi dal gesto, reagiscono con una improvvisata e disorganizzata “carica”. Tutti fuggono rapidamente perché la maggioranza dei presenti non ha alcuna intenzione di fare sfociare in violenza quella manifestazione».

Sulle prime quella circostanza appare come un avvenimento del tutto inusuale e isolato, ma diventerà ben presto la prima e la meno violenta di una serie di manifestazioni e di drammatiche guerriglie urbane che scandiranno per lunghi anni la vita della città. «Al termine della manifestazione qualcuno propone di organizzarsi meglio contro l’oppressione dell’autorità di qualunque tipo essa sia, perché impedisce l’espressione della propria libertà; c’è chi si ritira deluso; e chi si trova confermato nel proprio desiderio di libertà, ma anche nell’evidenza che quella non è la strada da percorrere per realizzarlo» dice Bertazzi.

Fin dalla prima ora molti universitari giessini della Cattolica si buttano nella mischia. Tra di essi c’è Renata Livraghi, in GS dal 1965 (poi docente universitaria), che ricorda il disappunto di Giussani quando, insieme a un’amica, si è recata nel suo studio in Università Cattolica per informarlo di avere aderito all’occupazione. Non nasconde di essere rimasta contrariata, lei che pensava di aver interpretato al meglio l’invito a essere presente nella realtà universitaria. Passeranno quarant’anni prima che la Livraghi si renda conto della verità dell’atteggiamento assunto da Giussani in quella occasione.

Il 19 novembre 1967, appena due giorni dopo i fatti della Cattolica, Giussani parla al ritiro di Avvento del Gruppo adulto: «Gli anni passati ci hanno educato, un po’ a frustate, un po’ sentendo il dolore di rami rotti continuamente, ci hanno risvegliati e costretti a capire come, o prendiamo sul serio l’essenza della nostra vocazione oppure tutti andremo a finire come alberi, come rami secchi». Le sue parole sono incalzanti: «Se alla parola di Dio non si risponde – mi pare che sia una constatazione tremenda della mia esperienza di tanti anni e personale e di contatto con tante persone –, essa si ritira; non bisogna lasciar scappare i tempi di Dio, il tempo della misericordia, il tempo della sua iniziativa».

A questo punto entra di schianto l’eco dell’occupazione della Cattolica: «E così anche l’intelligenza della situazione e delle cose da fare – che è un’intelligenza diversa, più acuta, perché è un’intelligenza dettata dal punto di vista di Dio – ci è mancata così facilmente perché [Dio] non Lo attendiamo giorno e notte». Infatti, «se Lo avessimo atteso giorno e notte, anche l’atteggiamento dei nostri nella loro convivenza all’Università Cattolica sarebbe stato diverso; è stato così generoso, ma quanto vero?». Giussani si riferisce a coloro tra gli universitari che hanno condiviso quella iniziativa: «La verità del gesto non nasce dalla scaltrezza politica», altrimenti «il nostro discorso si confonde con quello degli altri e diventa strumento del discorso degli altri. Possiamo far le nostre cose e assumere come paradigma, senza che ce ne accorgiamo, quello di tutti, il paradigma offerto da tutti gli altri. È dall’attenderLo giorno e notte che si distingue il nostro discorso, le nostre azioni».

Ma se è dolorosa una «defezione tra di noi», continua Giussani, è «infinitamente ancora più equivoca, e perciò più dolorosa, una presenza piena di compromesso, una presenza non vera». Non c’è disfattismo in queste parole, dal momento che «Dio sa recuperare qualunque cosa, perché Dio è più potente anche della nostra cattiveria. Ma quello che, almeno fenomenicamente, è defezione deriva decisamente dal fatto che non Lo si è atteso giorno e notte; è una carenza di attesa, è una carenza di desiderio». Carenza di desiderio vuol dire che «si desidera qualcosa d’altro più di questo. Magari non ce lo si dice esplicitamente, ma si desidera qualcosa d’altro più di questo».

E allora, Giussani è perentorio, «non serviamo il movimento, sottraiamo al movimento, rubiamo al movimento, anche se diventiamo assistenti universitari e magari ordinari universitari e facciamo una nuova teoria sul marxismo; anche se andassimo a conquistare il mondo, diventa la nostra opera, diventa l’attesa del nostro regno, se tutto quello che attendiamo non si esaurisce totalmente in quello che ci è stato dato, nel fatto che ci è stato dato». Si abbandona, quindi, a un ricordo personale: «Il cardinale [Giovanni Colombo; N.d.A.], la prima scuola di italiano che ci ha fatto, in prima liceo, ha introdotto subito la Divina Commedia: “Nel mezzo del cammin di nostra vita…”. Ha fatto un lungo discorso di una mezz’ora per dire: immaginatevi due che vanno nel deserto e che hanno una direttiva; se incominciano a scostarsi di un millimetro da quella direttiva, e continuano a scostarsi di un millimetro, capite che dopo, a un certo punto, hanno perso la strada completamente. Io mi ricordo questo paragone, che mi è rimasto impresso, anche perché io mi son reso conto per la prima volta allora con chiarezza come sia impercettibile l’evolversi della nostra situazione. Così che è sempre una presenza di spirito, come consapevolezza e come dominio di sé, che deve continuamente recuperare le stonature e i fuorviamenti che istintivamente, naturalmente, avvengono». Nota, infatti, che, a un certo punto, «uno si trova lontanissimo dagli altri e crede che lui si sia fatto la personalità, mentre ha tradito qualche cosa, ha abbandonato qualche cosa. Crede che sia un’altra la sua strada, mentre l’ha abbandonata, la strada»

Quindi ritorna sull’occupazione della Cattolica, indicando l’insegnamento da trarre: «Veramente siamo nella condizione d’essere all’avanguardia, i primi di quel cambiamento profondo, di quella rivoluzione profonda che non starà mai – dico: mai – in quello che di esteriore, come realtà sociale, pretendiamo avvenga»; infatti, «non sarà mai nella cultura o nella vita della società, se non è prima […] in noi. […] Se non incomincia tra di noi questo sacrificio di sé… Non un obolo da dare, ma […] una rivoluzione di sé, nel concepire sé […] senza pre-concetto, senza mettere in salvo qualche cosa prima»

Molti universitari di GS presenti in Cattolica, sull’onda dei primi entusiasmi, si buttano d’impeto e in modo incondizionato al seguito del gruppetto di ideologi che stanno egemonizzando il movimento degli studenti, rammenta Giussani. Il fatto ha un riflesso immediato sui gruppi presenti nelle scuole medie superiori di Milano e delle città vicine, perché quegli universitari ne sono spesso gli «incaricati», ossia i responsabili, come riconoscerà Giussani: «Ebbe così il crisma dell’autorevolezza la decisione di saltare sul carro guidato da Mario Capanna e da altri che insieme a lui avrebbero poi saldamente egemonizzato la vicenda del ’68 […]. In tali circostanze, il “centro” di GS non fece altro che seguire le scelte compiute o giustificate da molti responsabili dell’Azione Cattolica e della FUCI in tutta Italia compresi diversi cappellani di collegi e dell’Università Cattolica».

(Vita di Don Giussani di Alberto Savorana Rizzoli, 2013. Capitolo 14: Il Sessantotto, pp. 390-393)

domenica 29 maggio 2016

Lettera dal fronte: La polli-tica non fa bene

Pubblichiamo il volantino scritto da alcuni amici riminesi con il desiderio di favorire un dialogo capace di andare al cuore delle questioni e di aiutare tutti a rendere questo un metodo applicabile ad ogni circostanza.

È indubbio che in questi anni qualcosa di osceno è continuato ad accadere.

Alcuni processi decisivi per vivere sempre peggio nella nostra città, sono stati avviati, altri verranno avviati a breve dal "Gnassi di dio ".

Il vero problema (mancanza di un soggetto umano appassionato e non solo dedito alla ricerca del proprio immediato tornaconto) resta....sempre più enorme...ingombrante.

Di questo stato degradato del popolo riminese tutti siamo responsabili.

Noi ciellini in grandissima parte, poiché avendo ricevuto il dono della fede capace di essere vissuta in modo ragionevole e adeguato ai tempi (e non pateticamente inadeguato come per tanti cattolici) ci siamo venduti a convenienze particolari, determinate dall'attività professionale che facciamo o dalle amicizie che abbiamo.

Il nostro capo Don Julian Carron ci aveva invitato a ripartire in maniera diversa con un volantino dal titolo "Ripartire dal Basso " e noi, ciellini riminesi, ci siamo accordati con Gnassi e con tutti quelli che nella nostra città sono in alto.

Al Meeting per l'Amicizia tra i Popoli abbiamo fatto una mostra sulla Costituzione Italiana cui abbiamo invitato il Presidente Napolitano e poi ci siamo dati da fare (in Parlamento e fuori) per svuotare la Costituzione stessa soprattutto laddove essa cita l'importantissimo ruolo dei corpi intermedi (senza dei quali la partecipazione del popolo alle decisioni è impossibile).

Siamo a favore dei Nuovi Diritti (quasi tutti i politici ciellini in Parlamento hanno votato a favore) perché il dialogo è accogliere l'altro costi quel che costi e uno Stato sempre più invadente ci va molto bene poiché tanti di noi campano di questo.

Votiamo Gnassi e chi vince (anche se tremendamente Puzzolante) perché sta arrivando l'estate e un posto al sole è necessario. Quando Bertinotti nel dialogo col nostro capo Carron (proprio qui a Rimini) propose di considerare un nuovo NON-EXPEDIT dei cattolici in politica, noi abbiamo subito capito che era una cosa buttata lì per dare un tono culturale al finto dialogo tra i due: infatti nessuno dei nostri capi ne fece più menzione e noi a fare le pecore siamo molti bravi.

Da dove dunque possiamo ripartire?

1) Dall'essere meno tontamente abbindolati dal finto dialogo e determinati ad un vero confronto.
Meno Stato, meno Sindaco, più popolo !!!

2) Da una nuova concezione di politica che non sia succube del potere massonico.

3) Dall'essere consapevoli che il voto serve solo a chi ha il potere e non al popolo. Un cambiamento può solo iniziare da un non-voto o da un voto di condanna dell'attuale amministrazione che ha portato a Rimini eventi osceni sia dal punto di vista morale che educativo.

4) Dal sapere che la politica è la più alta forma di carità e non va delegata ai professionisti: aiutiamoli ad iniziare un'esperienza di lavoro quotidiano come noi tutti facciamo. A lavorare tutti, poi...chi ha energia e animo caritatevole si occupi della politica. Non tutti siamo cosi giganti da poterci occupare degli altri, come Don Oreste Benzi ben ci ha insegnato proprio qui a Rimini.


COMUNIONE E LIBERAZIONE