mercoledì 9 dicembre 2020

Reportage dal Mondo Piccolo di Giovannino Guareschi

 Cari "23 lettori" ("25", se facciamo i manzoniani),

 
con il presente post ho il piacere di rendervi idealmente partecipi del viaggio che noi de La Baionetta e altri amici abbiamo fatto nel "Mondo piccolo" guareschiano, tra Roncole Verdi, Parma e Brescello, sabato 10 e Domenica 11 ottobre scorsi.

La prima tappa dell'itinerario è stata la capitale letteraria di quella "fettaccia di terra che sta tra il Po e l'Appennino", ossia Roncole Verdi, nel bussetano o bassa parmense; a pochi chilometri da Fontanelle, la città natale del "subcreatore" di Don Camillo e Peppone; a Roncole Verdi vi è la sua casa-museo e la tomba in cui riposano le sue spoglie mortali. Parma è stata la mèta della seconda tappa.

Il giorno seguente è stato dedicato alla scoperta di Brescello, la capitale cinematografica del Mondo piccolo, nella bassa reggiana. Qui Fernandel diede il volto a Don Camillo e Cervi a Peppone, nei 5 film a essi dedicati, diretti da Julien Duvivier (i primi due), Carmine Gallone (il terzo e il quarto) e Luigi Comencini (l'ultimo). A Brescello, nel raggio pochi m si trovano la chiesa con il "crocifisso parlante" e i musei "Peppone e Don Camillo" e il museo "Brescello e Guareschi il territorio e il cinema". 

Il primo giorno, passato alla storia per i 207 anni dalla nascita del Maestro Giuseppe Verdi e la beatificazione di Carlo Acutis


Roncole Verdi. A pochi metri dalla casa del Verdi e visita alla
Casa Museo e Archivio Giovanni Guareschi

Giovannino, sua moglie Ennia Pallini, Alberto e Carlotta "la pasionaria"


In archivio con "Albertino"





Il celebre presepe di Guareschi

Guareschi ci parla di esso nel racconto Il Presepe (dal volume Giovannino nei Lager), frutto della sua esperienza come Internato militare italiano numero 6865, presso il lager di Beniaminowo, Polonia; correva il Santo Natale del 1943 e in quell'occasione il Presepe divenne ancora di più un'opportunità per coltivare la Speranza di superare quella dolorosa circostanza e far ritorno dai propri cari:

«Allora la maggior parte di noi chiusi nel reticolato, aveva dimenticato che, tutt’attorno alla siepe c’erano uomini che nascevano, vivevano, morivano, pensavano, amavano. Aveva dimenticato che, al di là del filo spinato esistevano l’arte, la carità, l’etica, l’avvenire, la filosofia, la storia e l’estetica. Si era convinta che tutto il mondo fosse ridotto ai pochi palmi di sabbia delimitati dalla siepe e, persa la nozione dei grandi spazi e delle cose eterne, aveva adeguato l’occhio e la mente alle angustie del suo nuovo mondo. E così, la maggior parte di noi era arrivata a discutere giorno e, di grammi, ma già il grammo sembrava qualcosa di troppo grande, e già taluno pensava, probabilmente, a nuovi orizzonti che si sarebbero aperti passando nel campo delle molecole e degli atomi. […] Il capitano Novello dipinse e ritagliò sul cartone un grande Presepe con angeli e campane e, sullo sfondo, un paesaggio delle nostre terre, e, fra i pastori adoranti, un gruppo di internati. Quando, dopo tanto tempo, rivedemmo le nostre valli e ci lasciammo, ci dividemmo in cinque i pezzi del presepe: a Novello lo sfondo, a Rebora il gruppo degli internati, a Malarini la schiera dei pastori, a Malavasi il tetto della capanna con gli angeli e le campane, a me il gruppo col Bambinello e il resto della capanna». 

 
 


La fisarmonica che sta dirimpetto a Frate Francesco è appartenuta ad Arturo Coppola, il compositore delle musiche della "Favola di Natale"; favola scritta da Guareschi nel 1944, quando entrambi erano prigionieri nel Lager XB Sandbostel, in Germania.





Dall'archivio alla mostra, voluta e realizzata dai figli di Guareschi con il Club dei 23.

Per approfondire:
















Per una ulteriore analisi del "caso De Gasperi":











Da dx a sx, i compagni di avventura: (fila dietro) frate Francesco Ravaioli, il sottoscritto, Federico Montagnani, Fabio Molinaris, Giovanni Costa, Antonella Sarto, Giorgia Costa; (fila davanti) Viola Marzorati, Elisa de Simone, Fabrizio Bosio, Valentina D'Antona, Irene Costa e Alberto Guareschi.


E poi... il pranzo che si è tenuto alla locanda "Alle Roncole", con torta fritta e il "re dei salumi": il culatello di Zibello 





A Parma

Frate Francesco Ravaioli (tra i curatori della pastorale universitaria parmense) e Viola Marzorati (tra i responsabili della locale associazione culturale Eliot) hanno guidato la visita presso uno dei luoghi più significativi della città, la chiesa gotica di San Francesco del prato, che fu utilizzata come carcere fino al 1992 e in cui il 26 maggio '54 scontò la pena lo stesso Guareschi, in seguito al "caso" che lo vide protagonista con De Gasperi.

Dal 2018 la Diocesi di Parma ha avviato i lavori di restauro per farla risorgere.

La storia della chiesa è legata a quella dei francescani, presenti a Parma fin dai primi anni del 1200, appena dopo l'inizio della missione che in San Damiano Dio affidò a San Francesco, per il bene della Chiesa. Quindi, nel 1240 i suoi "fratelli" decisero di iniziare il lavori per la costruzione della chiesa, i quali durarono circa tre secoli, assicurando ad essa le dimensione attuali.

Nel 1804 la chiesa venne colpita dalla piaga del giacobinismo rivoluzionario, esportato in Italia e nel resto d'Europa dall'esercito napoleonico. Le truppe francesi cacciarono la comunità dei frati francescani e la sfigurarono in odium fidei... risultato: la navata centrale fu utilizzata come laboratorio, mentre le navatelle laterali furono soppalcate per far posto a una prigione e ai servizi di detenuti e guardie. Le grandi e maestose arcate gotiche furono chiuse e accecate da muri di tamponamento. Tutto l’interno fu trasformato in una struttura a U alla cui base si trovavano i servizi di portineria. L’altare maggiore, gli altari delle cappelle, il coro ligneo finemente intagliato furono distrutti. Tele e tavole dipinte furono disperse mentre gli affreschi furono ricoperti da intonaco grigiastro. Furono tamponate le finestre trecentesche, distrutto il pronao e aperte nuove finestre con doppie grate in ferro.

Per conoscerne meglio la storia, rimanere aggiornati sull'avanzamento dei lavori di restauro e sostenerne le spese con una donazione:









                     Guareschi passò 409 giorni un ambiente così angusto


La parte delle vecchie celle sarà trasformata in zona per gli universitari.


Dalla nascita della Repubblica, Guareschi è stato il primo e unico giornalista italiano a scontare interamente una pena detentiva in carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa; il 29 luglio del '54 scrisse sul Quaderno n. 2 del carcere: "La mia carriera di giornalista è incominciata onorevolmente in un campo di concentramento tedesco ed è finita miseramente in un carcere italiano. Provo vergogna davanti ai rapinatori e ai ladri di galline. Non è colpa mia, ma oggi mi sento più spregevole di loro". Tra l'altro, aveva con sé il presepe che contribuì a costruire durante il suo internamento nel lager tedesco.




Di fronte al rosone e vista panoramica sulla città










Domenica 11 ottobre 

Al mattino a Piacenza per la Santa Messa celebrata in Rito Tridentino, presso la chiesa di 
San Giorgio in Sopramuro (detta di S. Giorgino), 
custodita dalla confraternita della Beata Vergine del Suffragio

Abbiamo gustato quanto asserivano San John Henry Newman: "Nulla è sì consolante, sì penetrante, sì emozionante, sì travolgente, come la Messa, nel modo in cui è celebrata da noi. Potrei attendere la Messa continuamente, e non esserne stanco. Non è semplicemente una formula di parole, è una grande azione, la più grande azione che ci possa essere sulla terra. È... L'evocazione dell'Eterno. Egli si rende presente sull'altare in carne e sangue, davanti al quale gli Angeli si prostrano e i demoni tremano"; e padre Frederick William Faber, anch'esso oratoriano: "È la cosa più bella da questa parte del cielo".






Nella "capitale cinematografia" del Mondo Piccolo: Brescello



A pranzo alla "Trattoria Don Camillo Locanda Peppone", appena fuori il paesello, con una new entry, Andrea Casini (il primo da sx).




Dentro al paesello, in visita alla parrocchiale di Santa Maria Nascente, ove è conservato il "crocifisso" di don Camillo




L’esterno della Chiesa, che si vede in tutti e 5 i film di don Camillo, è praticamente invariato rispetto a quello che si vede anche oggi. Da notare che il pronao (il portico anteriore) venne fatto costruire da Angelo Rizzoli, produttore cinematografico ed editore delle opere guareschiane; per ragioni cinematografiche e per tenersi in buoni rapporti con la Chiesa. 

L’interno per i primi tre film della saga non fu quello originale della chiesa di Santa Maria Nascente di Brescello, ma è una ricostruzione in un set di Cinecittà. Questo perché il Vescovo di allora -  eravamo e siamo nella Diocesi di Reggio Emilia - vietò di girare le scene dei film all'interno della chiesa; tuttavia cambiò decisione quando si trattò di girare gli ultimi due film Don Camillo monsignore... ma non troppo (1961) e Il compagno don Camillo (1965): sicuramente avrà rassicurato il sapere che le riprese da fare in chiesa, per essi, sarebbero state poche.




Venite a Lui,
voi che piangete tanto,
venite a Lui,
voi che tanto soffrite,
sanno quegli occhi suoi
che cos'è il pianto,
sa quel suo cuore tutte le ferite.
Venite a Lui, 
voi che passate in fretta,
Egli mai si allontana,
e sempre aspetta.



San Genesio, Vescovo e patrono del paese

Foto sotto il pronao "rizzoliano". In compagnia dell'amico Gabriele Maestri (il primo a sx), che ci ha fatto da Cicerone in quel di Brescello.











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