domenica 20 agosto 2017

I classici della truppa: Le parole del Papa

È l’ultima fatica letteraria di Alessandro Barbero, dedicata ai discorsi dei papi, dal Medioevo fino ai giorni nostri, considerati come le potenti “armi segrete” della comunicazione della chiesa. In origine si trattava del testo preparato per una conferenza, poi trasformato in libro. Scorrendolo, si evince che il modo di parlare dei pontefici cambia a seconda del ruolo occupato dalla chiesa e delle sfide che si trovavano (e ancora si trovano) di fronte, da un’epoca all’altra.


Quindi, la “parola” era il modo in cui si difendevano dagli attacchi del potere secolare, rappresentato ora dagli imperatori, dai principi e dai signori feudali, ora dalle rivoluzioni e dai partiti. A giudizio dell’autore, il papato contemporaneo sta riscoprendo la potenza della “parola”; e infatti l’opera si apre al 15 gennaio 2015, una settimana dopo gli attacchi alla redazione di Charlie Hebdo, quando Papa Francesco parlò del “pugno”. Per forza e disinvoltura non ha nulla da invidiare, o quasi, ai pontefici del Medioevo con cui si apre il primo capitolo: il grande Papa Gregorio VII, al secolo Ildebrando di Soana, si fa avanti per far valere la plenitudo potestatis del proprio ruolo sull’imperatore Enrico IV; subito dopo vi si trovano Gregorio IX, Innocenzo III (il Papa che vide in sogno san Francesco), Onorio III e lo stupor mundi Federico II; poi, è la volta di Bonifacio VIII con la bolla Unam Sactam, attraverso la quale difese il primato delle istituzioni giuridiche dalla volontà di Filippo il Bello. Barbero procede, passando dal Quattrocento all’Ottocento, per giungere al 1967, sotto il pontificato di Paolo VI. Lasciando da parte, per ora, Giovanni Paolo II e Papa Francesco, perché le loro parole e azioni sono ancora attualità e non storia. Cita Papa Niccolò V e Paolo III. Parla di Leone X, san Pio V, che dovettero affontare minacce esterne, gli Ottomani, e quelle interne, la riforma-rivoluzione di Lutero e lo scisma anglicano, che frantumarono l’unità cristiana dell’Europa. Guarda a Innocenzo X, che si trovò di fronte la pace di Westfalia dopo la guerra dei Trent’anni, Clemente XI, che combatté le affermazioni eretiche contenute nei libri. A seguire, indaga sull’Ottocento, riprendendo la Mirari Vos di Gregorio XVI (1832) e la Nostis et nobiscum di Pio IX (1849). Conferma che i Papi tornavano ad affrontare con maggior vigore, rispetto ai predecessori del XVI-XVII secolo, gli avversari della chiesa, senza circonlocuzioni.

Verso il Novecento, vediamo considerato Leone XIII, l’autore della Rerum Novarum: per Barbero l’importante enciclica rappresenta una svolta decisiva nell’atteggiamento dei pontefici verso la modernità. Il primo punto su cui il Papa giudicò opportuno insistere fu la “questione operaia”. Poi, arrivano Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI, i Papi che dovettero affrontare le due guerre mondiali, i totalitarismi e le culture politiche e sociologiche del XX secolo, in cui il papato ritrova autorevolezza a livello internazionale.

Sebbene l’opera di Barbero presenti nel suo complesso molti aspetti positivi, come ad esempio è pregevole la parte in cui ricorda che il Medioevo non fu un’epoca buia, dispiace notare che il professore non abbia dedicato uno spazio a Pio XII, il Pontefice che tanto si prodigò nella lotta ai totalitarismi. Dispiace non abbia considerato i discorsi che il Papa tenne alla radio durante i Natali della Seconda guerra mondiale, soprattutto del 1942 e del 1944, in cui chiedeva con vigore, anticipando la situazione politica sociale del Dopoguerra, la difesa della famiglia, della dignità di ogni persona, la nascita di forme di governo nazionali e internazionali orientate verso il bene comune.

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