martedì 11 luglio 2017

Conversazione al fronte: Intervista al presidente di Scienza & Vita: Il “miglior interesse” di Charlie

Da settimane stiamo assistendo ad un vero miracolo. La grande mobilitazione per il bene di Charlie Gard, che da due settimane sta bloccando il delirio di onnipotenza dei giudici della Corte Suprema Britannica, CEDU e dei medici del Great Ormond Hospital, i quali giocano a fare i “demiurghi” contro il piccolo e i suoi genitori. Nel mentre si è potuto anche leggere sul giornale Avvenire un commento al vetriolo del presidente dell'istituto Luca Coscioni, rivolto loro.

Per approfondire meglio tutto ciò, abbiamo contattato Alberto Gambino, presidente dell'Associazione Scienza & Vita - che trae la sua origine da quella dell’omonimo Comitato che è stato protagonista, dal febbraio al giugno del 2005, dei referendum sulla legge 40 -. Inoltre, Gambino è professore ordinario di Diritto privato, docente di Filosofia del diritto nella Facoltà di Giurisprudenza e Direttore del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università Europea di Roma; Avvocato civilista (dal 1996).


Come giudica le dichiarazioni su Avvenire di Maria Antonietta Farina Coscioni, presidente dell'istituto Luca Coscioni?

Sono dichiarazioni che mescolano tre situazioni molto diverse: il caso Charlie, il caso Englaro e l'obbligo di vaccinazione. Mettere queste tre vicende sullo stesso piano è fallace. Nel caso Charlie siamo davanti ad una richiesta da parte dei medici di interruzione del presidio vitale, ratificata dai giudici. Nel caso Englaro, la richiesta proveniva dal tutore che era anche il padre. Per i vaccini si tratta di un rifiuto di trattamento sanitario obbligatorio. Sono tre situazioni che corrispondono a principi diversi, rispettivamente: una presunta sproporzione della cura; un testamento biologico presunto; un illegittimo rifiuto a trattamento obbligatorio. Metterle insieme significa fare confusione, forse con intenti strumentali.

I genitori di Charlie Gard sono davvero egoisti, perché vogliono tutelare il proprio figlio contro le sentenze dei tribunali e le scelte dei medici?

Affermare che i genitori di Charlie sono "inconsapevolmente" (la sig.ra Coscioni mitiga così il suo giudizio) egoisti ritengo non sia né corretto, né rispettoso. Comunque, risponderei con le parole di Papa Francesco: "Chi sono io per giudicare?".

Che giudizio dà alla scelta del direttore Tarquinio di ospitare sul quotidiano Cei quel commento? Chiedo visto che ha provocato diverse polemiche.

Aldilà dei motivi per cui è stato dato spazio alla signora Coscioni, constato che la risposta del direttore di Avvenire è stata ferma e completa.

Qual è il giudizio di Scienza & Vita su quanto sta accadendo al piccolo Charlie: la sua situazione configura realmente un caso di accanimento terapeutico?

Il giudizio di Scienza & Vita è stato ufficialmente espresso in un Comunicato dove si esprime dissenso con la decisione dei medici, avallata dai giudici inglesi e dalla Corte Europea per i Diritti Umani. Charlie non è un malato terminale, né – a quanto è dato capire – ventilazione, nutrizione e idratazione artificiali sono per lui tanto gravose da consigliarne la sospensione.

Perché, allora, un bimbo gravemente malato, pur avviato ad un esito infausto, dovrebbe essere fatto morire in anticipo sottraendo presidi vitali indispensabili? La giustificazione della irrevocabile sentenza di morte che ha colpito Charlie è che questo sarebbe il suo “miglior interesse”.

Si intravede, dietro questa decisione, un atteggiamento mentale che sta inquinando alle radici la pratica medica, le legislazioni e il sentire diffuso: l'idea che gli esseri umani con bassa qualità di vita abbiano una dignità e un valore inferiore agli altri e che sia irragionevole sprecare per essi preziose risorse che potrebbero essere destinate altrove. È la cultura dello scarto di cui il caso Charlie è diventato tragico simbolo.

Il caso creatosi attorno Charlie Gard suggerisce a noi italiani di non abbassare la guardia di fronte alle DAT? Se sì, per quale motivo?

In effetti dobbiamo fare molta attenzione a quanto sta accadendo in Parlamento: quanto deciso dai giudici della Cedu è esattamente ciò che avverrà anche in Italia con l’applicazione della legge sul biotestamento.

Nell'attuale versione che sta per essere approvata definitivamente dal Senato si è scritto infatti che nel caso di paziente con ‘prognosi infausta a breve termine’ il medico ‘deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure’, ma ostinazione e irragionevolezza sono parametri, ambigui e soggettivi che, in realtà, si possono giudicare solo dopo un tentativo di cura, non prima.

Ritenere, invece, che il medico, in queste situazioni, debba sempre astenersi dalla cura significa che lo deve fare anche contro la volontà del paziente e dei familiari. Tutto questo implicherà, inoltre, che se non si precisano questi termini in modo più rigoroso, ci sarà una evidente deresponsabilizzazione dei sanitari e una spinta verso l’abbandono terapeutico, per di più in un quadro strutturale di una sanità attanagliata dall'esigenza del risparmio dei costi e, dunque, talvolta incline a fare ciniche scelte efficentiste.

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