venerdì 10 giugno 2016

Come eravamo: Ragionando sulla libertà

Questo testo fa parte di "La politica, per chi, per cosa", supplemento a "il Sabato" n. 22 del 30 maggio 1987, p.71-72
Giorgio La Pira, da «Premesse della politica»

La concezione della persona umana — dei suoi fini e della sua autonomia — ed i suoi rapporti con la società e con lo stato è molto precisa: la persona umana — id quod est perfectissimum in tosa natura dice S. Tommaso — ha fini propri che non si esauriscono nei fini sociali e statali: trascendendo tali fini che sono pur sempre temporali ed esterni perché la persona ha per fine supremo un fine interiore, spirituale ed eterno che consiste nella unione con Dio (in Dei visione consistit).

Quindi la persona ha una autonomia (libertà) originaria per mezzo della quale essa si dirige verso il fine che le è proprio.

E tuttavia la persona non è asociale e tanto meno antisociale: essa anzi è naturalmente sociale: ciò significa che la personalità umana si svolge progressivamente in una serie di organismi — da quello familiare, a quello territoriale, di lavoro, di classe, politico, culturale, religioso — che la integrano e la elevano: la norma regolatrice di tali organismi è quella della solidarietà, della finalità comune: il che importa la subordinazione di ciascuno al bene di tutti.

Quindi: il principio basilare «la società e lo stato per la persona e non la persona per la società e lo stato» si integra con l'altro: «la persona è subordinata al vero bene comune sociale e politico che è sempre, in ultima analisi, il bene integrale della persona».

Da questi principi deriva anche la conseguenza che gli organismi sociali attraverso i quali si svolge gradualmente la personalità umana — frutto combinato di una tendenza di natura e di libertà — non sono «organi» di una comunità assorbente: quella statale. Hanno, invece, ciascuno una propria finalità, una propria autonomia, un proprio svolgimento — e quindi un proprio statuto giuridico —che lo stato deve riconoscere e presidiare.

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