domenica 6 dicembre 2015

Lettera dal fronte: Di presepi, re Magi e attributi...perduti!


Inutile ricordare come le polemiche degli ultimi giorni siano legate alla vicenda della cancellazione del Natale di Rozzano, della esclusione politicamente corretta di un certo Gesù bambino dal presepe e del licenziamento dei re Magi in favore di un trio di migranti. Senza poi citare le innumerevoli realtà anche ecclesiali (potete leggerne qui e qui) preoccupate di non offendere chi crede o pensa in modo diverso (curioso che però il tutto sia fatto senza consultare questi presunti esclusi) e che hanno provveduto celermente a minimizzare il significato cristiano del Natale.
Si è detto e ancora si dice che tutto è frutto di una malsana idea del concetto di dialogo e identità.
Sicuramente vero, ma mi permetto di aggiungere che c'è anche un problema di ignoranza prima di tutto riguardo al Natale cristiano e alla sua storia.
Giusto per chiarire alcuni punti occorre ribadire che la famiglia di Gesù non viveva di stenti (certo non navigava nell'oro come d'altronde la stragrande maggioranza della popolazione a quei tempi) infatti S. Giuseppe di Nazaret era un artigiano del legno in un'epoca in cui il 90% degli utensili era fatto con quel materiale ed era in grado di mantenere sua moglie ed eventuali figli. La sacra famiglia non stava fuggendo da un conflitto (la Palestina per quanto dominata dai romani era in pace), ma si stava recando in obbedienza alle leggi civili a registrarsi dai pubblici ufficiali. Il fatto che il parto di Gesù sia avvenuto in un ricovero per le greggi era dovuto semplicemente al fatto che Betlemme (piccolo centro in Giudea) non era attrezzato per accogliere un così grande numero di persone mobilitatesi per il censimento.
I pastori accorsi a vedere Gesù non erano straccioni bensì rappresentanti di una categoria lavorativa molto diffusa presso il mondo giudaico e cioè quella degli allevatori di ovini.
Anche questo era un lavoro più che dignitoso e che garantiva un buon sostentamento.
E che dire poi dei Magi? Anche questi non erano giunti in Palestina con l'antesignano di un odierno gommone, ma erano venuti di loro spontanea volontà, erano considerati sapienti nei loro paesi di origine, di nobile casata e di agiata condizione economica. Non a caso portarono doni di altissimo pregio.
Troppo spesso (così spesso che è divenuta un'abitudine) noi cristiani confondiamo la semplicità evangelica con la sciatteria per cui all'immagine di Gesù mite e umile di cuore deve corrispondere per forza quella di un hippie ante litteram.
Il messaggio evangelico è certamente caratterizzato dalla semplicità così che tutti (e ribadisco tutti) possano riconoscervisi, poveri in spirito e in mezzi, ricchi, potenti, servi e padroni. Non è però un messaggio da interpretare con categorie sociologiche o politiche bensì un invito rivolto al profondo dell'uomo perché possa riconosce la sua più intima vocazione. È quindi ben altro rispetto agli slogan da lotta di classe e agli inviti alla rivoluzione permanente che ci piovono addosso ormai quotidianamente.
Un esempio fra tanti possibili: Gesù parlava al cuore degli uomini, ma non era uno straccione o un "alternativo" ed infatti sul Golgota i soldati pur di non strappare la sua tunica se la giocarono ai dadi. Difficile pensare che si spartissero con tale sistema gli stracci senza valore di un condannato. Evidentemente quell'indumento aveva un certo valore. E di esempi come questo se ne potrebbero fare molti.
Se proprio vogliamo trovare qualcosa di "rivoluzionario" nel racconto evangelico...beh possiamo guardare a Maria che ci ha mostrato che amore a Dio e rispetto e accoglienza della vita sono intimamente connessi. Oppure possiamo prendere ad esempio S. Giuseppe che volle a tutti i costi difendere e proteggere la donna che amava ed il bambino (che non era suo figlio) che lei portava in grembo quando avrebbe potuto benissimo ripudiarla (la legge mosaica gliene concedeva il diritto).
Eh sì, c'è proprio da imparare da Giuseppe, figura esemplare di padre per la nostra epoca nella quale la figura paterna è stata volutamente oscurata e messa in discussione, uomo giusto (termine utilizzato per pochi nella Sacra Scrittura) e tutto di un pezzo, dotato di attributi che oggi paiono scomparsi o dimenticati in tanti, siano essi presidi, rappresentanti delle istituzioni e (purtroppo) anche pastori.


Andrea Musso

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