domenica 26 marzo 2017

Lettera dal fronte: Dacci oggi la nostra eresia quotidiana/02: Luteranesimo un tanto al chilo

Anno Domini 2017: 500 anni ci separano dalla riforma di Lutero, 300 dalla fondazione della prima loggia massonica speculativa e 100 sia dalla rivoluzione russa che dalla rotta di Caporetto. Non c’è che dire: siamo in buona compagnia per poter rafforzare la nostra fede e dedicarci allo studio della storia. E’ innegabile, tuttavia, che oggigiorno la cultura dominante ci porta a non ricordare questi eventi che, benché uno più drammatico dell’altro, fanno parte della nostra storia e della nostra identità di cristiani, italiani, europei. Similmente, non è ben chiaro se-come-perché commemorare e/o celebrare e/o ricordare (e volutamente uso questi termini che, avviso fin da subito, non ritengo essere sinonimi) questi anniversari da un punto di vista cattolico. Occorre dunque cercare di fare chiarezza in un’epoca di dubbi e di falsità dilaganti: sarebbe bellissimo analizzare ogni singolo anniversario di questo nostro martoriato 2017 ma preferiamo dedicarci, almeno in questa rubrica, al cinquecentesimo della riforma protestante.

In un prossimo articolo ci ripromettiamo di parlare dei semi protestanti disseminati oggigiorno dappertutto anche in molti componenti della Chiesa Cattolica (la quale, Corpo Mistico di Cristo, è sempre santa per opera dello Spirito Santo): piuttosto, ora, riteniamo doveroso fare alcune precisazioni lessicali che renderanno maggiormente capibile la nostra ermeneutica delle tendenze protestanti all'interno della Chiesa e, allo stesso modo, è nostro dovere capire cosa sta succedendo attorno a noi in occasione di questo centenario.

Da un punto di vista storico e storiografico, il termine di Riforma Protestante è ormai diventato di uso comune e generalizzato: alcuni storici hanno provato ad usare il termine di Rivoluzione Protestante ma non sono generalmente seguiti dalla massa degli studiosi. Essendo questo un articolo di Storia della Chiesa, che analizza ogni cosa alla luce del Catechismo della Chiesa Cattolica, preferisco usare il termine classico di riforma ma rigorosamente in corsivo e minuscolo riprendendo in un certo senso il termine con cui la Santa Sede ha per secoli definito i figli ed i nipoti di Lutero («i cosiddetti riformati»).

Non penso sia necessario spiegare il perché tutti i fedeli cattolici non possano celebrare questo anniversario: il concetto rimanda infatti alla festa ed alla solennizzazione di eventi che sono sia unitivi che comuni (qualità decisamente assenti negli eventi della riforma). Il concetto di commemorazione, invece, potrebbe essere utilizzato a patto tuttavia di non dargli il carattere sacro e liturgico che la Chiesa attribuisce ad alcune celebrazioni come la Commemorazione di tutti i fedeli defunti o la Commemorazione di un Santo durante un Tempo Forte. Bisognerebbe invece, a mio modesto parere, utilizzare il verbo ricordare (purché scevro dal carattere sacrale e liturgico, utilizzato in particolare nella Santa Messa, di rendere presente) inteso da un punto di vista storico: è innegabile che la riforma sia avvenuta, è altrettanto innegabile il fatto che – ci piaccia o non ci piaccia – perduri ancora oggi e che, pertanto, è nostro dovere analizzarla in ogni sua componente compresa la prospettiva futura di convivenza (perché l’epoca degli Stati confessionali è ormai tramontata da tempo) che la Chiesa ha sempre denominato tolleranza . Utilizzando la categoria storica del ricordo (il fare dunque memoria) si potrà parlare in piena coscienza, con meno acredine possibile, delle gravi colpe degli uomini della Chiesa del XVI secolo, di dottrine peregrine che all'epoca si insegnavano in ogni dove, dei morti dell’una e dell’altra parte, degli errori dottrinali di Lutero, ma anche dell’opera e dell’insegnamento dei Santi della contro-riforma, etc.

Per far questo però è necessario precisare due cose: 1) è impossibile cancellare 500 anni di storia (basti pensare che è difficile parlare in maniera serena di eventi ben più recenti e cronologicamente più modesti come il ventennio fascista) e 2) si è trattata di un’eresia all'interno della Chiesa Cattolica che si è propagata in tutto il mondo dando vita a numerosissime denominazioni cristiane che, secondo il loro modo di vedere, si riconoscono come l’unica vera Chiesa di Cristo.

Se non si parte da questi dati di fatto stiamo solamente rimestando l’acqua nel mortaio. Alla luce di quanto detto, è chiaro come il sole come si deve vivere questo triste anniversario: con mestizia ed il ritorno alla vera fede. E dobbiamo farlo con il cuore che gronda sangue perché non solo la Chiesa è ancora oggi lacerata nella sua unità ma anche perché ci sono milioni di anime che non possono attingere ai fiumi d’acqua viva che da essa sgorgano per mezzo dei Sacramenti: riflettiamo mai abbastanza a come siamo “fortunati” noi cattolici? Noi abbiamo la possibilità di stare bocca a bocca (etimologia di adorare) a Cristo nella Santa Eucarestia, i protestanti no; noi possiamo dire correttamente di aver avuto i peccati perdonati nella Confessione, i protestanti si devono appellare ad un atto di fede talmente puro per essere giustificati che è difficile solo immaginarlo; noi cattolici possiamo ricorrere al Magistero quando non comprendiamo appieno né la dottrina né la Sacra Scrittura, i protestanti invece sono lasciati come pecore senza pastore in balia dell’una o dell’altra corrente dominante; noi cattolici abbiamo la grazia di poter onorare la Vergine Maria, avendo in lei una sicura Avvocata presso suo Figlio, mentre i protestanti non riconoscono nessun intermediario tra Dio e l’uomo che non sanno (letteralmente) a che santo votarsi. Pensiamo mai a queste grazie come anche alle altre centinaia di cui è oggetto e deposito la Chiesa Cattolica? Contemporaneamente – repetita iuvant – soffriamo per tutte le anime delle chiese protestanti che non hanno nulla di tutto questo? Similmente, pensiamo mai al fatto che Lutero e tutti gli altri riformatori partivano da una critica feroce alla Chiesa che, all’epoca, appariva loro come una turba di uomini e donne alla ricerca non tanto della gloria di Dio bensì di quella del Mondo? E ci fermiamo mai a pensare adeguatamente al fatto che se queste persone hanno potuto confondere e travisare la sana dottrina l’hanno potuto fare perché non l’avevano degnamente studiata, compresa, amata e vissuta? Come non temere che l’abbandono degli studi di tutte le scienze sacre potrebbe generare sempre nuovi Lutero e Calvino? Come non avere paura della scarsa fedeltà dei religiosi pensando a tutti i conventi tedeschi che si svuotarono in brevissimo tempo a seguito delle prediche dei vari predicatori di turno?

Ma se è chiaro in che modo è possibile parlare del centenario della riforma, è altrettanto ovvio cosa sia da evitare. E qui, dispiace dirlo, siamo dinanzi veramente all'assurdo in quanto – è innegabile – ci sono fior fiore di prelati e di cosiddetti laici impegnati che tutto fanno tranne che ricordare: anzi, la riforma è esaltata, celebrata, lodata, festeggiata fin nei più piccoli consessi ecclesiali di tutte le Diocesi cattoliche. Si moltiplicano come funghi i gruppi ecumenici per preghiere in comune e per poter partecipare ad incontri organizzati quasi sempre dalle chiese protestanti con l’invito rivolto al parroco di turno, sempre presente a porgere il saluto dei cristiani altri (ebbene si: ci chiamano così) blaterando di cose che magari loro neanche conoscono. Ma attenzione: non dobbiamo solamente stigmatizzare questi comportamenti ma anche riflettere sul fatto che le chiese protestanti stanno lavorando alacremente per questo centenario togliendoci ogni possibilità di parola. Ebbene si, signori: noi cattolici non ci siamo interessati della questione, o se si è fatto abbiamo davanti ai nostri occhi gli esempi di cui sopra, cosicché le chiese protestanti di varia denominazione stanno letteralmente impadronendosi del centenario, mostrandosi quindi non come una eresia che a sua volta ha prodotto la nascita di gruppi e gruppetti, bensì come uno dei tanti modi in cui il cristianesimo è presente sulla terra benché siamo tutti uniti in Cristo: e se ci sono vari modi, sono tutti validi, ed allora è inutile cercare l’unità privilegiando pratiche comuni da attuare giorno per giorno nelle singole comunità. Non stiamo discutendo di cose di poco conto, bensì di applicazione delle dottrine (ortoprassi) in quanto è risaputo infatti che i protestanti parlano di unità delle Chiese (che, pertanto, potrebbero anche convivere una accanto all'altra come in una federazione) e non dei cristiani: la Chiesa Cattolica afferma invece che la Chiesa è (e sempre sarà, logicamente) una e che, pertanto, semplificando il concetto, ogni singolo protestante (ma anche ogni singolo cristiano non cattolico) deve tornare in seno all'unica e vera Chiesa che è quella cattolica fondata direttamente da Cristo sulla roccia di Pietro. Non c’è altra via: le federazioni non possono esistere nella Chiesa Cattolica in quanto Cristo non ha stabilito più primati.

Dispiace dirlo, ma abbiamo commesso un enorme errore a lasciare in mano il centenario della riforma solo ai protestanti perché così si rinnova ancora una volta la dicotomia (a loro tanto cara) tra riforma e controriforma, in cui ovviamente la Chiesa Cattolica è vista come freno alle loro istanze riformistiche: ma – dicono loro – la riforma segue la decadenza, rappresentata dalla Chiesa Cattolica che sarà sempre ancorata a modelli da superare (se sono decadenti perché mantenerli?), e via di questo passo in una logica sempre più dialettica di progresso e regresso. La Chiesa Cattolica, manco a dirlo, afferma altro: la vera riforma è il ritorno alle origini e non uno stravolgimento della dottrina, della liturgia, della Sacra Scrittura come hanno voluto invece Lutero ed i suoi epigoni.

Ma c’è anche altro, in quanto ad ogni convegno che queste chiese organizzano, siatene certi, la Chiesa Cattolica è semplicemente ribattezzata come Chiesa Romana: non che non sia vero – per carità: Dio benedica la Cattedra di Pietro in ogni momento! – ma è emblematico che queste chiese, che non sono universali in quanto fin dalla loro denominazione (valdesi = di Valdo; luterani = di Lutero; calvinisti = di Calvino; etc), utilizzino un aggettivo “localistico” e “topografico” per poter affermare di avere esse uno spirito cattolico. Anche qui, non si sta subendo passivamente l’infamia che generazioni di cattolici inglesi e irlandesi hanno subito sulla loro pelle sentendosi appellare come papisti? E queste cose ce le dicono direttamente in faccia, non le mandano mica a dire: fatevi una navigata nel sito web della chiesa luterana italiana e vedrete, in relazione al celeberrimo incontro di Lund, che terminologia utilizzano per descrivere il Papa.

Sperando di celebrare degnamente ed allo stesso modo il centenario del Concilio di Trento, nel frattempo il quesito rimane: che cosa fare? E, soprattutto, cosa fare per non seminare scandalo tra i semplici che vedono che ci sono tante chiese diverse che vengono ricevute, accolte e finanche elogiate persino dai vertici della Chiesa Cattolica (compresa una certa persona di bianco vestita)? Innanzitutto pregare. E poi studiare: storia, filosofia, teologia, qualsiasi cosa possa aiutarci ad amare sempre di più la nostra Santa Fede Cattolica.

Riprendiamo in mano la storia, vera Magistra Vitae, da sempre elogiata e coltivata dalla Chiesa per il suo valore intrinseco, e non abbiamo paura di dire al mondo intero cosa è stata o cosa ha prodotto la riforma: divisione, iconoclastia, roghi, eresie e guerre di religione. Non nascondiamoci dietro un dito, tuttavia, e affermiamo altresì senza paura che la Chiesa dell’epoca mostrava tutto tranne la santità che le è propria come Corpo Mistico di Cristo. Ma soprattutto torniamo ad applicare San Paolo che invitava i cristiani del suo tempo, e dunque anche noi, a vagliare tutto e trattenere ciò che è buono: non solo la Chiesa può ma, anzi, deve dire la sua sulla riforma senza fare il pappagallo dei nipotini di Lutero.


Il Cardinale del Sacco

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