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sabato 19 novembre 2016
venerdì 18 novembre 2016
Cinematografo dell'alpino: Café Society: Umoristico, riflessivo e tanto malinconico. Il ritorno del classico Woody Allen
Café Society è il ritorno al passato del regista che racconta l’amore in una chiave più sincera insaporendola coi tratti tipici della sua produzione cinematografica.
Woody Allen è uno che di cinema ne ha masticato veramente tanto, sia come attore che come regista. In tanti anni di carriera su una cosa si è sempre particolarmente distinto: una certa sensibilità nel descrivere le relazioni umane con tutte (o quasi …) le sfumature che le contornano. Certo, anche lui cade in qualche vero e proprio buco nell'acqua oppure si impegna poco, e si vede, rilasciando pellicole “di cassetta” ma questo “sguardo” non lo ha mai abbandonato. Si aggiunge poi questo umorismo sottile e allo stesso tempo riflessivo del regista, riflessivo quasi ai limiti della nevrosi con quei ragionamenti complicati senza soluzione, che lo ha dipinto negli anni nell'immaginario degli spettatori come un ometto insicuro, complicato ma pungente.
Ora Allen ritorna, anche questa volta alla regia, con il nuovo Café Society che nel guardarlo con attenzione non può fare a meno di rievocarci alcuni vecchi capisaldi del grande regista: le atmosfere dell’America anni 30, con le sue musiche Jazz, le grandi feste nelle case dell’alta borghesia (in questo caso siamo nelle case dei ricchi di Los Angeles), le famiglie con tante sfaccettature caratteriali, e le riflessioni (qui tutte espresse per bocca del padre del protagonista, l’attore Ken Stott) sulla religione ebraica. Poi c’è la storia che si dirama in una trama molto semplice: il giovane Bobby decide di fare fortuna come agente cinematografico e parte per Los Angeles dove lavorerà per suo zio Phil; qui si innamorerà di Vonnie che inizialmente ricambierà i sentimenti del ragazzo fino a quando alcune verità li separerà; Bobby tornato a New York trova una nuova vita come gestore di un locale di successo, si sposa e farà molta fortuna, ma un nuovo incontro con Vonnie metterà in discussione i suoi recenti raggiungimenti. L’elemento però che arricchisce il tutto resta la sensibilità con cui Allen dipinge le dinamiche umane dei vari personaggi, dandoci l’impressione che dietro ai movimenti dei personaggi (una giovane donna indecisa, il protagonista Bobby che rivede dopo anni la ragazza che amava, etc ...) si cela un qualcosa di molto più complesso. Questo elemento è sostenuto anche dalle interpretazioni di tutto il cast che lavora molto bene, con una sua fluidità e alchimia e Allen d'altronde è bravissimo nel saper dirigere grandi attori e giovani promesse: Jesse Eisenberg si comporta molto bene e anzi riesce a mantenere il grande impegno di sostituire proprio quel tanto amato Woody Allen come attore (la scena in cui Bobby si ritrova con una giovane prostituta in casa è una vera e propria celebrazione che il regista fa del suo se stesso attore, con Eisenberg che ne ricalca bene movenze e anche il caratteristico “parlato”); la Stewart si libera con questo film una volta per tutte del fantasma di Twilight e offre un’interpretazione perfetta, non sbaglia uno sguardo o un’espressione nel volto e si rimette così nella lista delle giovani promesse del cinema hollywoodiano; bravo è anche un inusuale Steve Carell, non più nei panni di un personaggio comico ma comunque a suo agio in un ruolo “serio”, dimostrando così tutta la sua professionalità; degni di nota sono anche il già citato Stott , nella pellicola è il padre di Bobby, e Corey Stoll, il fratello malvivente.
Il film offre inoltre molti spunti interessanti che si immettono in maniera naturale nella storia: il più importante è la dicotomia tra chi si ama, con tutta la vita che un amore offre, e di chi invece si è innamorati ma non corrisposti, e quindi tutta la promessa di una grande felicità che si infrange con il conseguente lascito di una malinconia che va a toccare anche ciò che di bello si è costruito sentendo la vita come inevitabilmente incompiuta. Su questo punto va detto che Allen si tiene su un registro che potremmo definire come “sincero”: non si va a impelagare su una possibilità positiva, che comunque i due protagonisti non vedono, e non si dimena per lo svolgimento di uno smielato happy ending, ma al contrario lascia che il racconto giudichi tranquillamente se stesso con un’onestà sì cinica ma realistica (“realistica” nel senso che non appiccica il bene, ma se c’è emerge da solo).
È interessante anche quel piccolo sipario di tipo filosofico-religioso che passa nella figura del figlio maggiore Ben e in quella del padre Marty: piccoli spunti con cui Allen indaga l’elemento del religioso con il suo occhio non esente di critiche, soprattutto per l’ebraismo.
Nel complesso Café Society è un ottimo prodotto. Woody Allen è riuscito questa volta a dar vita a un film che sa essere nuovo nella sua semplicità di trama e di analisi interiore senza però venir meno ad alcuni suoi principi tipici della sua vasta produzione; per arrivare a questo risultato ovviamente ha dovuto rinunciare a quell’idea di affondare ai limiti del confusionario sulla psiche dei protagonisti che serpeggiava nelle sue ultime pellicole. Passando ad una visione più semplice dei personaggi infatti riesce a dare così possibilità allo spettatore di immedesimarsi in questi ultimi senza complicazioni, rendendo così il film molto più appetibile.
Molto bravo il signor Allen quando vuole!
Ora Allen ritorna, anche questa volta alla regia, con il nuovo Café Society che nel guardarlo con attenzione non può fare a meno di rievocarci alcuni vecchi capisaldi del grande regista: le atmosfere dell’America anni 30, con le sue musiche Jazz, le grandi feste nelle case dell’alta borghesia (in questo caso siamo nelle case dei ricchi di Los Angeles), le famiglie con tante sfaccettature caratteriali, e le riflessioni (qui tutte espresse per bocca del padre del protagonista, l’attore Ken Stott) sulla religione ebraica. Poi c’è la storia che si dirama in una trama molto semplice: il giovane Bobby decide di fare fortuna come agente cinematografico e parte per Los Angeles dove lavorerà per suo zio Phil; qui si innamorerà di Vonnie che inizialmente ricambierà i sentimenti del ragazzo fino a quando alcune verità li separerà; Bobby tornato a New York trova una nuova vita come gestore di un locale di successo, si sposa e farà molta fortuna, ma un nuovo incontro con Vonnie metterà in discussione i suoi recenti raggiungimenti. L’elemento però che arricchisce il tutto resta la sensibilità con cui Allen dipinge le dinamiche umane dei vari personaggi, dandoci l’impressione che dietro ai movimenti dei personaggi (una giovane donna indecisa, il protagonista Bobby che rivede dopo anni la ragazza che amava, etc ...) si cela un qualcosa di molto più complesso. Questo elemento è sostenuto anche dalle interpretazioni di tutto il cast che lavora molto bene, con una sua fluidità e alchimia e Allen d'altronde è bravissimo nel saper dirigere grandi attori e giovani promesse: Jesse Eisenberg si comporta molto bene e anzi riesce a mantenere il grande impegno di sostituire proprio quel tanto amato Woody Allen come attore (la scena in cui Bobby si ritrova con una giovane prostituta in casa è una vera e propria celebrazione che il regista fa del suo se stesso attore, con Eisenberg che ne ricalca bene movenze e anche il caratteristico “parlato”); la Stewart si libera con questo film una volta per tutte del fantasma di Twilight e offre un’interpretazione perfetta, non sbaglia uno sguardo o un’espressione nel volto e si rimette così nella lista delle giovani promesse del cinema hollywoodiano; bravo è anche un inusuale Steve Carell, non più nei panni di un personaggio comico ma comunque a suo agio in un ruolo “serio”, dimostrando così tutta la sua professionalità; degni di nota sono anche il già citato Stott , nella pellicola è il padre di Bobby, e Corey Stoll, il fratello malvivente.
Il film offre inoltre molti spunti interessanti che si immettono in maniera naturale nella storia: il più importante è la dicotomia tra chi si ama, con tutta la vita che un amore offre, e di chi invece si è innamorati ma non corrisposti, e quindi tutta la promessa di una grande felicità che si infrange con il conseguente lascito di una malinconia che va a toccare anche ciò che di bello si è costruito sentendo la vita come inevitabilmente incompiuta. Su questo punto va detto che Allen si tiene su un registro che potremmo definire come “sincero”: non si va a impelagare su una possibilità positiva, che comunque i due protagonisti non vedono, e non si dimena per lo svolgimento di uno smielato happy ending, ma al contrario lascia che il racconto giudichi tranquillamente se stesso con un’onestà sì cinica ma realistica (“realistica” nel senso che non appiccica il bene, ma se c’è emerge da solo).
È interessante anche quel piccolo sipario di tipo filosofico-religioso che passa nella figura del figlio maggiore Ben e in quella del padre Marty: piccoli spunti con cui Allen indaga l’elemento del religioso con il suo occhio non esente di critiche, soprattutto per l’ebraismo.
Nel complesso Café Society è un ottimo prodotto. Woody Allen è riuscito questa volta a dar vita a un film che sa essere nuovo nella sua semplicità di trama e di analisi interiore senza però venir meno ad alcuni suoi principi tipici della sua vasta produzione; per arrivare a questo risultato ovviamente ha dovuto rinunciare a quell’idea di affondare ai limiti del confusionario sulla psiche dei protagonisti che serpeggiava nelle sue ultime pellicole. Passando ad una visione più semplice dei personaggi infatti riesce a dare così possibilità allo spettatore di immedesimarsi in questi ultimi senza complicazioni, rendendo così il film molto più appetibile.
Molto bravo il signor Allen quando vuole!
Antonello Di Nunno
mercoledì 16 novembre 2016
Ricognizione: “Con i Sacramenti non si scherza”. Incontro con don Nicola Bux
Siccome ritengo necessario offrire un resoconto il più preciso possibile di quanto è stato detto durante l'incontro, qui di seguito troverete non un semplice articolo, bensì una trascrizione fedele delle parole dette da Gotti Tedeschi e don Nicola Bux.
Lunedì 7 novembre, alle 18, l'associazione Introibo ad Altare Dei ha organizzato presso il Centro Studi San Carlo di Torino la presentazione dell'ultimo libro di don Nicola Bux. Ad accompagnare il don c'era l'economista e banchiere Ettore Gotti Tedeschi, che ha introdotto l'incontro di fronte a un pubblico numeroso.
Gotti Tedeschi: “Perché non si scherza con i sacramenti? Perché con i sacramenti ci si salva. Lo spiega bene la Lumen Fidei, che è la conclusione della Caritas in Veritate: questa enciclica si conclude in modo insoddisfacente; parla della crisi profonda in cui siamo immersi e dice che per superarla occorre cambiare l'uomo e non gli strumenti; però, qui Benedetto XVI non spiega come si cambiano gli uomini, lo fa in Lumen Fidei. Di chi è la responsabilità di cambiare l'uomo? La Chiesa. Come vi riesce? Con il Magistero, la Tradizione della Chiesa e i Sacramenti!
Ora, vorrei stanare don Nicola, provocarlo per far uscire la sua grinta, utile per comunicare alle persone la Verità. Prima provocazione. Nella Chiesa qualcosa di preoccupante sta accadendo. Una volta, i sacerdoti consigliavano la prudenza e invitavano a studiare la dottrina, per essere candidi come colombe e prudenti come serpi; non invitavano a fare, come certi sacerdoti oggi, analisi politiche, analisi sociologiche etc... I sacerdoti di una volta invitavano a meditare sulle virtù fondamentali, per stare al mondo con purezza. Come si fa a meditare su queste virtù e a vivere con purezza?
Arriviamo alla seconda provocazione. Qualcosa sta cambiando, e un auto-annuncio di un anno fa lo dimostra; un cardinale, Kasper, ha annunciato una rivoluzione teologica. Sta riscrivendo la summa teologica di San Tommaso?, mi sono chiesto, poi ho riflettuto meglio, ma saprà ancora chi è San Tommaso?, visto che la sua teologia non si studia più nei seminari dagli anni '60-'70, sostituita da altre teologie complesse e preoccupanti. È in gioco la relativizzazione di tutti Sacramenti? Perché se i Sacramenti perdono il loro significato, la Chiesa non serve più a niente... Mi viene questo dubbio di fronte a quanto detto prima.
Ancora due provocazioni, ultime. Il tentativo d'oggi di mettere in discussione l'importanza del Sacramento è portato avanti da una certa teologia progressista invadente, causa di quanto ho detto poco fa. Essa afferma che i sacramenti non sono importanti per salvarci, basta la Grazia di Cristo che ci ha già salvati. Qualcuno è più radicale e sostiene addirittura che è sacrilegio pensare che i sacramenti ci salvano. In questo modo si arriva alla libera coscienza individuale, libera da ogni autorità. Perché non si vuole riconoscere più il peccato originale, che spiega l'importanza di tutti i Sacramenti. Senza, cade tutto, la dottrina la Fede la Chiesa. Così si finisce per non credere a Cristo, e se non si crede a Cristo non si crede alla Chiesa: non a caso si sta cercando di attuare la disintermediazione di Essa. Don Nicola ci dai prova di questo?
Ho letto Karl Rahner, maestro di Kasper, il cardinale che si muove molto bene in questo pontificato, trovando queste idee preoccupanti; condivido con voi gli appunti presi: 1) l'uomo oggi deve seguire la coscienza e non la Chiesa 2) i dogmi sono un'opzione in evoluzione continua, che vuol dire 'la natura cambia, si adatta ai tempi, il peccato si adatta ai tempi e dunque anche i sacramenti devono fare lo stesso 3) non deve più esserci la teologia di base che spiega ai tempi cosa fare, ma la realtà di base che spiega a quali tempi adattarsi 4) ogni uomo è santo grazie a Cristo e non ha bisogno della salvezza, perché è già santo 5) il Papa non è infallibile 6) Dio è ovunque, così Rhaner si mostra panteista, aiuta chi cerca di piegare i cattolici all'ecologismo imperante 7) il cattolico può fare a meno della Chiesa. Don Bux, noi cattolici ci stiamo luteranizzando, o siamo oltre?”.
Don Nicola Bux: “In questa crisi così profonda il nodo della questione per noi cattolici - il termine cattolico ormai è un termine settario, meno si usa secondo la vulgata attuale meglio è - a mio giudizio, è lo stesso che ha caratterizzato la crisi cristologica del IV secolo, causata dall'eresia ariana, la quale metteva in discussione la divinità di Gesù Cristo, negando che fosse Dio fattosi uomo per venire nel mondo. Perciò negava l'Incarnazione.
Quando guardiamo i musulmani nelle chiese prima deduzione che abbiamo è quella che Gesù è venuto in questo mondo per farsi una passeggiata e basta... Naturalmente crediamo nella Sua Incarnazione, avvenuta nella nostra carne, che ha assunto per salvarci dal peccato, e fare tutto ciò che si sa dalla teologia cattolica... tutto ciò oggi sembra oscurato, come i Sacramenti che sono legati alla Fede nell'Incarnazione.
San Leone Magno ci ricorda che nei Sacramenti Cristo è tutto visibile; Sant'Ambrogio ci dice che nei sacramenti siamo faccia a faccia con Cristo. I Sacramenti sono la carne di Cristo, depositario di ogni grazia, mandato dal Padre. Se va in crisi questa verità fondamentale, di conseguenza i sacramenti vanno in crisi.
Nel 1980 Giovanni Paolo II disse ai leader evangelici 'noi più o meno affermiamo di credere in Gesù Cristo, ma cosa ci separa [noi cattolici da voi], chi è Cristo, cosa gli appartiene, per cui oggi possiamo dire siamo suoi discepoli'. In questo 'ciò che è di Cristo' cito i Sacramenti: la visibilità del Cristo che continua nella storia la Sua presenza. Non a caso, i protestanti hanno svuotato l'incarnazione di Cristo. Sono retrocessi a una sorta di cristianesimo senza Cristo, che è divenuto deismo e più recentemente ateismo. Allora, quando esponenti cattolici come certi cardinali credono di fare un servizio buono ai cattolici, inseguendo teorie non cattoliche, evidentemente o sono in malafede o sono ignoranti. Chi è in malafede è eretico, perché estrapola dalla Verità alcune parti, per assolutizzarle. Così nega la Verità consapevolmente.
Conseguenza visibile di tutto questo, il vedere oggi che i Sacramenti sono trattati come gioco. Voi sicuramente siete stati testimoni di Battesimi, funerali (anche se il funerale non è un Sacramento vero e proprio, partecipa per estensione alla grazia sacramentale) resi spettacoli. Ciò che conta non è Gesù presente, che Egli è capace di trasformare con acqua un pagano in cristiano: da orfano diviene figlio adottivo di Dio. Il Battesimo diventa inutile se si dice che tutti, pure chi non è cattolico, sono figli di Dio. Il Papa stesso sbaglia quando afferma questo.
Insisto nel dire che la negazione dell'Incarnazione, di questa verità fondamentale per il cattolico, è l'origine dello snaturamento/svuotamento del cristianesimo; della sua riduzione a simboli. La stessa celebrazione sacramentale diventa performance, occasione in cui bisogna fare la festa della comunità, creare fazione, consenso, fare applausi, perfino al funerale. Diventa questo anziché essere un aiuto ad entrare in rapporto con Cristo presente attraverso la sua virtus-forza nei sacramenti, o un aiuto attraverso il Sacramento più importante, la Santissima Eucaristia. Lo snaturamento dei Sacramenti a cui siamo arrivati è forte. La relativizzazione dei sacramenti, come ha detto bene Gotti tedeschi, è dovuta anche al crollo della Liturgia, conseguenza della crisi della Chiesa, di cui parlava già Ratzinger quando era ancora cardinale. Oggi i sacerdoti di fronte alle profanazioni, alle calamità non fanno più le processioni per pregare il Signore. Si preferiscono le marce le fiaccolate, piene di cartelli e slogan, con i vescovi i preti in prima fila. E' roba da medioevo pensare di fermare le carestie la peste con la processione. Questo ci dice come la secolarizzazione sia penetrata nella Chiesa. La responsabilità della secolarizzazione ricade sui chierici, è loro opera, lo spiega bene Charles Péguy: non è opera del mondo, perché è già secolarizzato, semmai cerca di attrarre i credenti; i chierici si prostituiscono al mondo e fanno entrare la secolarizzazione nella Chiesa. La prima causa della débacle dell'economia sacramentale sono i preti. Che perdendo la certezza di Cristo fanno venir meno i Sacramenti.
La Chiesa di oggi sembra davvero una ONG: le parrocchie hanno il dovere di realizzare le mense per i poveri, perché sembra che gli unici poveri siano i senza tetto e che abbiano bisogno solo di mangiare. Se pensiamo a don Ciotti, vediamo che delle marce per la legalità ha fatto una priorità, non ha più fede nei sacramenti: è convinto che quello fa lui salvi l'uomo più degli stessi Sacramenti.
Diceva Giovanni Paolo II che la secolarizzazione sta finendo di far perdere alla Chiesa e ai credenti i connotati cattolici. Far entrare i musulmani in chiesa è un male, perché nessuno mai poteva partecipare se non era iniziato, battezzato. Per anni abbiamo assistito a catechisti sacerdoti che dicevano 'occorre prepararsi bene per il Battesimo, altrimenti non si può essere presenti a Messa' e ora arriva uno qualsiasi, per la prima volta, e può partecipare al Sacrificio della Santa Messa senza problemi.
Questa fenomenologia porta ad un esito, l'emotività, al poco di ragionato che fa dire non dobbiamo escludere. Di conseguenza, anche i Sacramenti devono diventare l'occasione per includere; tanto non ha più importanza chi dobbiamo includere.
Ormai siamo prigionieri delle trappole oltralpe: delle pastorali, delle strutture da organizzare; che si moltiplicano, mentre si riduce la base, il numero di fedeli. Più diminuiscono i cristiani e più aumentano le strutture. Una tendenza che è l'opposto di quello che capitava in origine: quando la comunità dei fedeli era grande e gli strumenti pochi.
Concludo con un'annotazione: è evidente che siamo in crisi di Fede da anni. Benedetto XVI proclamò l'anno della Fede per questo; da Papa Francesco mi sarei aspettato l'anno della conversione e non della misericordia. Che Dio sia misericordia, Gesù ce lo ha insegnato ma Egli ha pure detto convertitevi e credete al Vangelo. Possiamo all'infinito discutere sulla misericordia, però se uno non si converte, serve a niente. Abbiamo fatto il giubileo della misericordia e ho visto colleghi sacerdoti fare i salti mortali per tenere insieme giustizia e misericordia.
Come ho già detto la crisi della Fede è la difficoltà a credere che Dio si è fatto uomo. La Fede Cattolica crede in ciò. Dio è cattolico, mi spiace per Papa Francesco, che quando ha negato questa evidenza in un'intervista, ha fatto uno scivolone. Il teologo Von Balthasar disse con un libretto in auge begli anni '70-'80 Gesù è cattolico. Dire che Dio non è cattolico, vuol dire far retrocedere a deismo il cristianesimo. Una volta un rettore di un seminario disse a dei giovani sacerdoti di non parlare troppo di Gesù, perché divide... terribile. Conferma la crisi d'identità della Chiesa cattolica... Non possiamo fare finta che non sia così. Le liturgie strane che vediamo etc rappresentano quello che sta succedendo sotto la crisi. Sant'Anselmo si chiedeva 'perché Dio si è fatto uomo', per salvarci, e questo oggi non è più scontato.
Karl Rahner ha scritto che la Fede Cattolica è cosa troppo seria per parlare del diavolo e dell'inferno.
Santa Teresina del bambin Gesù si chiedeva 'come si fa a saltare il Purgatorio e andare in Paradiso? E si rispondeva: 'vivendo tutti e 7 i Sacramenti, capendo di ognuno il ruolo e il collegamento tra loro.
È già un itinerario: sono sette, il numero biblico della pienezza della totalità; 7 giorni della Creazione, le 7 chiese di Roma. Inoltre, in lingua aramaica ed ebraica spiega il giuramento di Dio, che vuole salvare chi lo riceve; che salva l'uomo uomo qui e oltre questa vita. Una progressiva conduzione per mano da parte del Signore, dal momento che ci salva e ci dà la tessera per il Paradiso con il battesimo e nella cresima la tessera di riconoscimento.
Lunedì 7 novembre, alle 18, l'associazione Introibo ad Altare Dei ha organizzato presso il Centro Studi San Carlo di Torino la presentazione dell'ultimo libro di don Nicola Bux. Ad accompagnare il don c'era l'economista e banchiere Ettore Gotti Tedeschi, che ha introdotto l'incontro di fronte a un pubblico numeroso.
Gotti Tedeschi: “Perché non si scherza con i sacramenti? Perché con i sacramenti ci si salva. Lo spiega bene la Lumen Fidei, che è la conclusione della Caritas in Veritate: questa enciclica si conclude in modo insoddisfacente; parla della crisi profonda in cui siamo immersi e dice che per superarla occorre cambiare l'uomo e non gli strumenti; però, qui Benedetto XVI non spiega come si cambiano gli uomini, lo fa in Lumen Fidei. Di chi è la responsabilità di cambiare l'uomo? La Chiesa. Come vi riesce? Con il Magistero, la Tradizione della Chiesa e i Sacramenti!
Ora, vorrei stanare don Nicola, provocarlo per far uscire la sua grinta, utile per comunicare alle persone la Verità. Prima provocazione. Nella Chiesa qualcosa di preoccupante sta accadendo. Una volta, i sacerdoti consigliavano la prudenza e invitavano a studiare la dottrina, per essere candidi come colombe e prudenti come serpi; non invitavano a fare, come certi sacerdoti oggi, analisi politiche, analisi sociologiche etc... I sacerdoti di una volta invitavano a meditare sulle virtù fondamentali, per stare al mondo con purezza. Come si fa a meditare su queste virtù e a vivere con purezza?
Arriviamo alla seconda provocazione. Qualcosa sta cambiando, e un auto-annuncio di un anno fa lo dimostra; un cardinale, Kasper, ha annunciato una rivoluzione teologica. Sta riscrivendo la summa teologica di San Tommaso?, mi sono chiesto, poi ho riflettuto meglio, ma saprà ancora chi è San Tommaso?, visto che la sua teologia non si studia più nei seminari dagli anni '60-'70, sostituita da altre teologie complesse e preoccupanti. È in gioco la relativizzazione di tutti Sacramenti? Perché se i Sacramenti perdono il loro significato, la Chiesa non serve più a niente... Mi viene questo dubbio di fronte a quanto detto prima.
Ancora due provocazioni, ultime. Il tentativo d'oggi di mettere in discussione l'importanza del Sacramento è portato avanti da una certa teologia progressista invadente, causa di quanto ho detto poco fa. Essa afferma che i sacramenti non sono importanti per salvarci, basta la Grazia di Cristo che ci ha già salvati. Qualcuno è più radicale e sostiene addirittura che è sacrilegio pensare che i sacramenti ci salvano. In questo modo si arriva alla libera coscienza individuale, libera da ogni autorità. Perché non si vuole riconoscere più il peccato originale, che spiega l'importanza di tutti i Sacramenti. Senza, cade tutto, la dottrina la Fede la Chiesa. Così si finisce per non credere a Cristo, e se non si crede a Cristo non si crede alla Chiesa: non a caso si sta cercando di attuare la disintermediazione di Essa. Don Nicola ci dai prova di questo?
Ho letto Karl Rahner, maestro di Kasper, il cardinale che si muove molto bene in questo pontificato, trovando queste idee preoccupanti; condivido con voi gli appunti presi: 1) l'uomo oggi deve seguire la coscienza e non la Chiesa 2) i dogmi sono un'opzione in evoluzione continua, che vuol dire 'la natura cambia, si adatta ai tempi, il peccato si adatta ai tempi e dunque anche i sacramenti devono fare lo stesso 3) non deve più esserci la teologia di base che spiega ai tempi cosa fare, ma la realtà di base che spiega a quali tempi adattarsi 4) ogni uomo è santo grazie a Cristo e non ha bisogno della salvezza, perché è già santo 5) il Papa non è infallibile 6) Dio è ovunque, così Rhaner si mostra panteista, aiuta chi cerca di piegare i cattolici all'ecologismo imperante 7) il cattolico può fare a meno della Chiesa. Don Bux, noi cattolici ci stiamo luteranizzando, o siamo oltre?”.
Don Nicola Bux: “In questa crisi così profonda il nodo della questione per noi cattolici - il termine cattolico ormai è un termine settario, meno si usa secondo la vulgata attuale meglio è - a mio giudizio, è lo stesso che ha caratterizzato la crisi cristologica del IV secolo, causata dall'eresia ariana, la quale metteva in discussione la divinità di Gesù Cristo, negando che fosse Dio fattosi uomo per venire nel mondo. Perciò negava l'Incarnazione.
Quando guardiamo i musulmani nelle chiese prima deduzione che abbiamo è quella che Gesù è venuto in questo mondo per farsi una passeggiata e basta... Naturalmente crediamo nella Sua Incarnazione, avvenuta nella nostra carne, che ha assunto per salvarci dal peccato, e fare tutto ciò che si sa dalla teologia cattolica... tutto ciò oggi sembra oscurato, come i Sacramenti che sono legati alla Fede nell'Incarnazione.
San Leone Magno ci ricorda che nei Sacramenti Cristo è tutto visibile; Sant'Ambrogio ci dice che nei sacramenti siamo faccia a faccia con Cristo. I Sacramenti sono la carne di Cristo, depositario di ogni grazia, mandato dal Padre. Se va in crisi questa verità fondamentale, di conseguenza i sacramenti vanno in crisi.
Nel 1980 Giovanni Paolo II disse ai leader evangelici 'noi più o meno affermiamo di credere in Gesù Cristo, ma cosa ci separa [noi cattolici da voi], chi è Cristo, cosa gli appartiene, per cui oggi possiamo dire siamo suoi discepoli'. In questo 'ciò che è di Cristo' cito i Sacramenti: la visibilità del Cristo che continua nella storia la Sua presenza. Non a caso, i protestanti hanno svuotato l'incarnazione di Cristo. Sono retrocessi a una sorta di cristianesimo senza Cristo, che è divenuto deismo e più recentemente ateismo. Allora, quando esponenti cattolici come certi cardinali credono di fare un servizio buono ai cattolici, inseguendo teorie non cattoliche, evidentemente o sono in malafede o sono ignoranti. Chi è in malafede è eretico, perché estrapola dalla Verità alcune parti, per assolutizzarle. Così nega la Verità consapevolmente.
Conseguenza visibile di tutto questo, il vedere oggi che i Sacramenti sono trattati come gioco. Voi sicuramente siete stati testimoni di Battesimi, funerali (anche se il funerale non è un Sacramento vero e proprio, partecipa per estensione alla grazia sacramentale) resi spettacoli. Ciò che conta non è Gesù presente, che Egli è capace di trasformare con acqua un pagano in cristiano: da orfano diviene figlio adottivo di Dio. Il Battesimo diventa inutile se si dice che tutti, pure chi non è cattolico, sono figli di Dio. Il Papa stesso sbaglia quando afferma questo.
Insisto nel dire che la negazione dell'Incarnazione, di questa verità fondamentale per il cattolico, è l'origine dello snaturamento/svuotamento del cristianesimo; della sua riduzione a simboli. La stessa celebrazione sacramentale diventa performance, occasione in cui bisogna fare la festa della comunità, creare fazione, consenso, fare applausi, perfino al funerale. Diventa questo anziché essere un aiuto ad entrare in rapporto con Cristo presente attraverso la sua virtus-forza nei sacramenti, o un aiuto attraverso il Sacramento più importante, la Santissima Eucaristia. Lo snaturamento dei Sacramenti a cui siamo arrivati è forte. La relativizzazione dei sacramenti, come ha detto bene Gotti tedeschi, è dovuta anche al crollo della Liturgia, conseguenza della crisi della Chiesa, di cui parlava già Ratzinger quando era ancora cardinale. Oggi i sacerdoti di fronte alle profanazioni, alle calamità non fanno più le processioni per pregare il Signore. Si preferiscono le marce le fiaccolate, piene di cartelli e slogan, con i vescovi i preti in prima fila. E' roba da medioevo pensare di fermare le carestie la peste con la processione. Questo ci dice come la secolarizzazione sia penetrata nella Chiesa. La responsabilità della secolarizzazione ricade sui chierici, è loro opera, lo spiega bene Charles Péguy: non è opera del mondo, perché è già secolarizzato, semmai cerca di attrarre i credenti; i chierici si prostituiscono al mondo e fanno entrare la secolarizzazione nella Chiesa. La prima causa della débacle dell'economia sacramentale sono i preti. Che perdendo la certezza di Cristo fanno venir meno i Sacramenti.
La Chiesa di oggi sembra davvero una ONG: le parrocchie hanno il dovere di realizzare le mense per i poveri, perché sembra che gli unici poveri siano i senza tetto e che abbiano bisogno solo di mangiare. Se pensiamo a don Ciotti, vediamo che delle marce per la legalità ha fatto una priorità, non ha più fede nei sacramenti: è convinto che quello fa lui salvi l'uomo più degli stessi Sacramenti.
Diceva Giovanni Paolo II che la secolarizzazione sta finendo di far perdere alla Chiesa e ai credenti i connotati cattolici. Far entrare i musulmani in chiesa è un male, perché nessuno mai poteva partecipare se non era iniziato, battezzato. Per anni abbiamo assistito a catechisti sacerdoti che dicevano 'occorre prepararsi bene per il Battesimo, altrimenti non si può essere presenti a Messa' e ora arriva uno qualsiasi, per la prima volta, e può partecipare al Sacrificio della Santa Messa senza problemi.
Questa fenomenologia porta ad un esito, l'emotività, al poco di ragionato che fa dire non dobbiamo escludere. Di conseguenza, anche i Sacramenti devono diventare l'occasione per includere; tanto non ha più importanza chi dobbiamo includere.
Ormai siamo prigionieri delle trappole oltralpe: delle pastorali, delle strutture da organizzare; che si moltiplicano, mentre si riduce la base, il numero di fedeli. Più diminuiscono i cristiani e più aumentano le strutture. Una tendenza che è l'opposto di quello che capitava in origine: quando la comunità dei fedeli era grande e gli strumenti pochi.
Concludo con un'annotazione: è evidente che siamo in crisi di Fede da anni. Benedetto XVI proclamò l'anno della Fede per questo; da Papa Francesco mi sarei aspettato l'anno della conversione e non della misericordia. Che Dio sia misericordia, Gesù ce lo ha insegnato ma Egli ha pure detto convertitevi e credete al Vangelo. Possiamo all'infinito discutere sulla misericordia, però se uno non si converte, serve a niente. Abbiamo fatto il giubileo della misericordia e ho visto colleghi sacerdoti fare i salti mortali per tenere insieme giustizia e misericordia.
Come ho già detto la crisi della Fede è la difficoltà a credere che Dio si è fatto uomo. La Fede Cattolica crede in ciò. Dio è cattolico, mi spiace per Papa Francesco, che quando ha negato questa evidenza in un'intervista, ha fatto uno scivolone. Il teologo Von Balthasar disse con un libretto in auge begli anni '70-'80 Gesù è cattolico. Dire che Dio non è cattolico, vuol dire far retrocedere a deismo il cristianesimo. Una volta un rettore di un seminario disse a dei giovani sacerdoti di non parlare troppo di Gesù, perché divide... terribile. Conferma la crisi d'identità della Chiesa cattolica... Non possiamo fare finta che non sia così. Le liturgie strane che vediamo etc rappresentano quello che sta succedendo sotto la crisi. Sant'Anselmo si chiedeva 'perché Dio si è fatto uomo', per salvarci, e questo oggi non è più scontato.
Karl Rahner ha scritto che la Fede Cattolica è cosa troppo seria per parlare del diavolo e dell'inferno.
Santa Teresina del bambin Gesù si chiedeva 'come si fa a saltare il Purgatorio e andare in Paradiso? E si rispondeva: 'vivendo tutti e 7 i Sacramenti, capendo di ognuno il ruolo e il collegamento tra loro.
È già un itinerario: sono sette, il numero biblico della pienezza della totalità; 7 giorni della Creazione, le 7 chiese di Roma. Inoltre, in lingua aramaica ed ebraica spiega il giuramento di Dio, che vuole salvare chi lo riceve; che salva l'uomo uomo qui e oltre questa vita. Una progressiva conduzione per mano da parte del Signore, dal momento che ci salva e ci dà la tessera per il Paradiso con il battesimo e nella cresima la tessera di riconoscimento.
martedì 15 novembre 2016
Giornale murale: La metafisica e i cartoon spiegati a mio figlio
Non sporcate! Voi maschi cercate di fare centro almeno una volta nella vita, specie in bagno! State attenti quando giocate in casa, soprattutto state distanti dai soprammobili della thun! Le pallonate tiratele fuori! Guardatevi attorno quando starnutite! Quando respirate attenti a cosa inalate!
State attenti a vivere! Accorti a non morire di risate!
Mamma mia che ansia!! Queste ed altre sono le premurose e asfissianti raccomandazioni della tua cara mamma, figlio mio, e spesso anche le mie. Ma sai com'è, ama te e le tue sorelle a tal punto che l’ipotesi più remota che in qualche maniera possiate farvi male, fa rinvenire in lei la sopita Rottermeier che alberga in ognuno! (Specie nelle madri, va detto.)
Come? Non conosci la Rottermeier? Ma cosa vi insegnano a scuola? È vero sei troppo giovane!
Ascoltami allora. Con te mi vien facile.
La signorina Rottermeier è il personaggio più odioso di una serie cult di cartoni anni 70: Heidi. Il suo carattere autoritario è insopportabile. Fino a pochi secondi dalla fine dell’ultima puntata è costantemente acida. Pur avendo a cuore la salute e l’educazione di Clara, una graziosa bambina in carrozzella affidatale dal padre sempre occupato, risponde alle sue richieste di aiuto in malo modo. Tua madre è oro, tranquillo.
La storia di Heidi non è eccessivamente lunga. Nel mezzo trovi la svolta. C’è Heidi a Francoforte, a casa di Clara in compagnia dell’onnipresente ed agitata Rottermeier, oramai in preda ad una crisi di nervi perché incapace di controllare il comportamento della piccola ospite. Le sue storie, teme, possano nuocere gravemente alla salute e al rendimento scolastico della sua padroncina.
Il papà di Clara, fuori per lavoro, torna finalmente a casa per conoscere la piccola amica della figlia. In questo episodio Heidi va in cerca di un po’ d’acqua veramente fresca. Raggiunge così una lontanissima fontana dove incontra per la prima volta chi si rivelerà essere il medico di Clara, il dottor Classen, un uomo capace di leggere gli animi di tutti i protagonisti. Lui chiede di abbeverarsi con lo stesso bicchiere e lei gentilmente acconsente. La invita quindi a portare, quanto prima, quell'acqua così buona in casa Seseman. Il Signor Seseman e tanti altri vengono in un certo modo influenzati dalla fresca vivacità di Heidi. Purtroppo a lungo andare, la piccola risente della distanza che la separa dalla sua vera casa, si sente un pesciolino fuor d’acqua, diviene talmente triste che giunge a vagare sonnambula per il palazzo durante la notte, spaventando chi la crede un fantasma!
Interpellato, il dottor Classen le diagnostica la “nostalgia”: il malessere tipico di chi si sente fuori luogo, di chi brama un impossibile ritorno a casa. Un disagio che non può essere curato con le medicine tradizionali pertanto le prescrive di ritornare sui monti! Clara in lacrime acconsente, il padre intanto promette di starle maggiormente vicino. È disposto a cambiare le sue priorità, apre addirittura ad una possibile trasferta della figlia sulle Alpi, per trovare Heidi nel suo nido. La piccola montanara intanto, tornata alla sorgente, ritrova il naturale colorito delle sue guance. Rinasce!
A distanza di qualche puntata il viaggio di Clara si realizza, anche perché il puntuale dottor Classen è sempre più convinto che la montagna potrà aiutarla a ritrovare fiducia in sé stessa e molto probabilmente a guarire. Il nonno di Heidi ricorda con tenera fermezza a Clara quanto è importante non scoraggiarsi, avere pazienza e continuare ad esercitarsi, così come indicato dal dottore. Un passo alla volta e se questo comporta del dolore, significa che i muscoli stanno reagendo, si stanno rinforzando. Come si può imparare a camminare se non si fanno gli esercizi? Le ripete Heidi. Occorre vincere la paura di farsi male. L’umore di Clara è altalenante, ma gli amici e la natura circostante le fanno tenere ferma la direzione. In un momento di sconforto, strisciando di nascosto, tenta di riprendersi la sedia a rotelle nascosta appositamente dal nonno, ma accidentalmente la fa rotolare giù dal pendio contro un masso che la frantuma. L’odiata ma rassicurante protesi non c’è più. Il passato è ormai alle spalle. Lei è libera, anche nella possibilità di sbagliare. Un’aquila in volo e dei fiori da raccogliere spingono definitivamente Clara a camminare! Rinasce!
Il padre di Clara sorpreso e ricolmo di gioia ringrazia tutti e anche Dio! Devono comunque rientrare a Francoforte perché ricominciano gli studi. Lei promette ad Heidi e Peter di ritornare dopo l’inverno per correre e giocare insieme. Intanto in città trova la signorina Rottermeier finalmente serena e accondiscendente. Ennesimo miracolo!
La “metodo” Rottermeier delle prime 50 puntate è una gabbia (come quella dell’uccellino Hansi) che si serve di protesi rassicuranti per convincere di una libertà che tale non è. È un approccio normo-educativo che rassicura più il docente che il discente. Preserva lo status quo e non mette in discussione sé stessi. Conserva il paziente, isolandolo in un’apparente, quanto inquietante ed artificiale benessere. L’umanità preservata rischia di morire per solitudine.
La sua è una falsa sobrietà. L’ostentata austerità non esclude solo i piaceri superflui e disordinati ma anche quelli essenziali. L’eccesso di premura, l’impiego di una pedagogia devota alla fredda tecnica che tutto regolarizza, come la sovrabbondanza di possibilità economiche, non impediscono la tristezza di Clara, anzi la accentuano, scoraggiandola e immobilizzandola sempre più. La sobrietà dello stile di vita montanaro, invece, è vera, perché permette l’amicizia e la gioia. Il poco, l’essenziale viene messo in evidenza, apprezzato e condiviso. Cip, l’uccellino curato di Heidi, sarà libero di volare.
Heidi a Francoforte attiva un protocollo fantasma che le permette, nonostante le persecuzioni e le insopportabili costrizioni, di lavorare sottotraccia per Clara, portandola al successo in una missione tecnicamente impossibile!
La Signorina Rottermeier appare “fredda” come una calcolatrice, esecutrice di una logica “ferrea”. Rappresenta la ragione ipertrofica e disumana che non contempla minimamente la Provvidenza. Non contempla l’imprevisto, il mistero. Inevitabilmente si scontra non solo con Heidi e Peter ma anche con i personaggi più anziani della storia: la nonna Seseman e lo stesso Vecchio delle Alpi. La storia alla fine ci rivelerà che la cultura “geneaLogica” vince di gran lunga su quella prettamente “Logica”. La presenza degli avi, dei nonni, è determinate per la rottura del paradigma Rottermeier! Il sapere che rende vivi è quello incarnato nella realtà, quello che si trasmette per generazione nella carne. Un sapere vitale e resistente come un albero maestoso che si erge verso il cielo con fierezza perché ben radicato nel terreno della storia.
La nostalgica di Heidi dimostra che non esistono città, distrazioni cementificate, grigie e superficiali, capaci di annullare completamente il richiamo alle origini. È un’eco al bene, alla verità e alla bellezza, che alberga nel profondo dei cuori. Questo richiamo alla natura, “auscultato” dall’attento dottore, permette tutta una serie di miracoli. Alcuni meno evidenti ma lo stesso importanti. Il ritorno alla baita di Heidi ricompone la famiglia Seseman e la stimola ad uscire di casa. Lo stesso nonno, il vecchio scorbutico e taciturno delle Alpi, viene più apprezzato in paese. Heidi lascia ovunque e comunque un seme di “allegra” freschezza, di “eversivo” ottimismo, di “concrete” occasioni di riscatto. Contagia chi le è accanto, propizia la trasformazione dei cuori che incontra. Il suo dinamismo converte le comunità.
Ma qual è il segreto di Heidi?
Lei sin da piccola è adottata dalla natura che la circonda. Dorme su una balla di fieno come in una mangiatoia, si confida con l’abete che domina la radura, ama le caprette Fiocco di neve, Bianchina, Diana, Bella e Variopinta. Non teme Nebbia, il letargico ed enorme San Bernardo del nonno. Munge e fischia con le dita (e i batteri!?!?).Gareggia a gran velocità con la slitta incurante degli ostacoli. Riposa sui prati, addenta con gusto carni, verdure e formaggi. Dialoga di continuo con mucche, stambecchi, conigli, cavalli, uccelli. Ammira le nuvole, il vento, le montagne, il cielo!
Heidi è una bambina. È contemplativa per natura. È accesa dalla meraviglia che prova di fronte ai fenomeni della natura. È in costante ascolto: apprende dalla natura. La natura è per lei madre e maestra. Nella “casa comune” si sente istruita e custodita. E lei contraccambia coltivandola ed avendone cura. È responsabile dell’amore di cui si nutre.
Il suo cuore è capace di rimanere pienamente presente davanti a chi incontra perché ogni momento è un dono da vivere in pienezza. È in pace perché ha trovato il suo posto, l’ha umilmente riconosciuto e serenamente lo vive. Ha un cuore grande così!
È in continuo movimento. È viva, schietta, genuina e pura! Le sue piccole braccia vorrebbero affettuosamente abbracciare tutto l’uomo e la natura. La sua incontenibile gioia esprime l’esperienza di una fratellanza universale!
Ha cura di tutte i doni ricevuti: parenti, amici, animali, piante. Ogni cosa è per lei, tutto le appartiene! Sorride perché è piccola e leggera, viaggia su una nuvola. Nell'intento di risolvere i problemi degli altri sviluppa creatività ed entusiasmo. Non le è da meno il generale delle capre, Peter, che progetta e realizza una resistente seggiola a spalla per accompagnare Clara su in montagna!
Osserva incuriosita l’equilibrio degli ecosistemi che la circondano, riconosce che tutto è legato nella natura. Si possono avere le capre senza formaggio, ma non il formaggio senza le capre!
Lo stupore è il termometro dell’amore di cui si sente oggetto. Il cosmo l’ha accolta anche se orfana, ricolmandola di doni. Lei ne è infinitamente grata!
La piccola Heidi percepisce l’intima essenza delle cose. Ha uno sguardo mistico.
Con i suoi occhi potremmo addirittura scorgere l’intimo legame che c’è tra Dio e tutti gli esseri, le trame del cosmo intessute dal Creatore. Ammirare la grandezza delle Sue opere, fino a guastarne la Presenza, come latte di nuvola.
Come Heidi potremmo scoprirci non separati dalle altre creature, ma uniti in una stupenda comunione universale. Potremmo accorgerci che la spiritualità non è disgiunta dal corpo, né dalla natura o dalla realtà di questo mondo, ma piuttosto vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che ci circonda.
Potremmo riconoscere il mondo come dono ricevuto dall'amore del Padre e esserGli sempre grati. Prestare attenzione alla bellezza e amarla. Questo amore potrebbe liberarci dall'individualismo, dall'utilitarismo, dalla schiavitù della tecnicismo!
In montagna non ci sono rumori, distrazioni, ansietà. Le tempeste passano presto. Le nuvole si diradano e torna subito a splendere il sole. Il tempo rallenta e possiamo riflettere. La contemplazione può condurci a vivere con maggiore profondità. Heidi pare proprio suggerirci che ogni creatura riflette qualcosa di Dio, ha un messaggio da trasmetterci. L’universo ha inscritto in sé un ordine e un dinamismo che non possono essere ignorati. Si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto. Ogni creatura porta in sé una traccia trinitaria, in modo del tutto originale nell’uomo creato a Sua immagine e somiglianza. Peculiarità che invita l’essere umano ad essere responsabile di tutto il resto. La traccia melodica della Trinità è così reale che potrebbe essere spontaneamente ascoltata, contemplata, se non fossimo corrotti dal peccato. Probabilmente lo sguardo innocente e le orecchie attente dei piccoli potrebbero aiutarci!
Papa Francesco, un po’ come il dottor Classen, ma sicuramente meglio, ci ricorda che “il mondo, creato secondo il modello trinitario, è una trama di relazioni. Le creature tendono verso Dio, e a sua volta è proprio di ogni essere vivente tendere verso un’altra cosa, in modo tale che in seno all'universo possiamo incontrare innumerevoli relazioni costanti che si intrecciano segretamente. Questo non solo ci invita ad ammirare gli intimi e molteplici legami che esistono tra le creature, ma ci porta anche a scoprire una chiave della nostra propria realizzazione. Infatti la persona umana tanto più cresce, matura e si santifica quanto più entra in relazione, quando esce da sé stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature. Assume così nella propria esistenza quel dinamismo trinitario che Dio ha impresso in lei fin dalla sua creazione. Tutto è collegato, e questo ci invita a maturare una spiritualità della solidarietà globale che sgorga dal mistero della Trinità”. (Laudato si’, § 240)
C’è un mistero da contemplare in ogni cosa anche in quelle che sfuggono al nostro controllo. La signorina Rottermeier è angosciata proprio da questo pensiero.
Una volta venuti al mondo, la totalità delle creature ci aiutano a crescere, ad elevarci a tal punto da per poter ri-nascere, stavolta ancor più in alto delle stesse montagne, in Cielo. Il nostro cammino verso la Luce avviene attraverso tutte le creature a cui siamo profondamente connessi. Il cosmo ci appare quindi come un misterioso grembo intessuto di relazioni vascolarizzate dalla bellezza, dalla tenerezza, dalla premura, dal rispetto, dal perdono, dalla giustizia, dalla libertà, dall'amore! Nasciamo da un grembo materno, mentre rinasciamo da uno cosmico che lo comprende.
In queste ulteriori e misteriose viscere, le provvidenziali contrazioni scatenate dallo Spirito Santo ci spingono verso il Padre, ci accompagnano fino al gemito di una nuova creazione. Cristo, che ha fatto nuove tutte le cose, ci ha preceduti e ci nutre col Suo corpo risorto, lo stesso in cui ogni creatura trova senso. Ci alimenta nella via della gestazione per giungere alla vita vera, quella gioiosa ed eterna. Al momento siamo ancora nel seno, come quello di Maria, vivi ma ancora in gestazione. Intravvediamo la stretta feritoia. È bello ciò che sperimentiamo su questa Terra ma non è ancora Tutto! Se riscopriremo la nostra piccolezza, saremo sempre più lieti e ci lasceremo partorire definitivamente in quella Luce eterna che già ora ci abbaglia!
“Misericordia” intravedo in tutto questo! Sì, proprio quella parola che tanto ripete, forse non a casaccio, la stessa Rottermeier! Come lei dovremmo ricordarcene, ma come Heidi viverla con gratitudine!
Ora, figlio mio, ascolta la sigla e torniamo a ballare con la mamma! Tutti insieme. Magari in giardino…
State attenti a vivere! Accorti a non morire di risate!
Mamma mia che ansia!! Queste ed altre sono le premurose e asfissianti raccomandazioni della tua cara mamma, figlio mio, e spesso anche le mie. Ma sai com'è, ama te e le tue sorelle a tal punto che l’ipotesi più remota che in qualche maniera possiate farvi male, fa rinvenire in lei la sopita Rottermeier che alberga in ognuno! (Specie nelle madri, va detto.)
Come? Non conosci la Rottermeier? Ma cosa vi insegnano a scuola? È vero sei troppo giovane!
Ascoltami allora. Con te mi vien facile.
La signorina Rottermeier è il personaggio più odioso di una serie cult di cartoni anni 70: Heidi. Il suo carattere autoritario è insopportabile. Fino a pochi secondi dalla fine dell’ultima puntata è costantemente acida. Pur avendo a cuore la salute e l’educazione di Clara, una graziosa bambina in carrozzella affidatale dal padre sempre occupato, risponde alle sue richieste di aiuto in malo modo. Tua madre è oro, tranquillo.
La storia di Heidi non è eccessivamente lunga. Nel mezzo trovi la svolta. C’è Heidi a Francoforte, a casa di Clara in compagnia dell’onnipresente ed agitata Rottermeier, oramai in preda ad una crisi di nervi perché incapace di controllare il comportamento della piccola ospite. Le sue storie, teme, possano nuocere gravemente alla salute e al rendimento scolastico della sua padroncina.
Il papà di Clara, fuori per lavoro, torna finalmente a casa per conoscere la piccola amica della figlia. In questo episodio Heidi va in cerca di un po’ d’acqua veramente fresca. Raggiunge così una lontanissima fontana dove incontra per la prima volta chi si rivelerà essere il medico di Clara, il dottor Classen, un uomo capace di leggere gli animi di tutti i protagonisti. Lui chiede di abbeverarsi con lo stesso bicchiere e lei gentilmente acconsente. La invita quindi a portare, quanto prima, quell'acqua così buona in casa Seseman. Il Signor Seseman e tanti altri vengono in un certo modo influenzati dalla fresca vivacità di Heidi. Purtroppo a lungo andare, la piccola risente della distanza che la separa dalla sua vera casa, si sente un pesciolino fuor d’acqua, diviene talmente triste che giunge a vagare sonnambula per il palazzo durante la notte, spaventando chi la crede un fantasma!
Interpellato, il dottor Classen le diagnostica la “nostalgia”: il malessere tipico di chi si sente fuori luogo, di chi brama un impossibile ritorno a casa. Un disagio che non può essere curato con le medicine tradizionali pertanto le prescrive di ritornare sui monti! Clara in lacrime acconsente, il padre intanto promette di starle maggiormente vicino. È disposto a cambiare le sue priorità, apre addirittura ad una possibile trasferta della figlia sulle Alpi, per trovare Heidi nel suo nido. La piccola montanara intanto, tornata alla sorgente, ritrova il naturale colorito delle sue guance. Rinasce!
A distanza di qualche puntata il viaggio di Clara si realizza, anche perché il puntuale dottor Classen è sempre più convinto che la montagna potrà aiutarla a ritrovare fiducia in sé stessa e molto probabilmente a guarire. Il nonno di Heidi ricorda con tenera fermezza a Clara quanto è importante non scoraggiarsi, avere pazienza e continuare ad esercitarsi, così come indicato dal dottore. Un passo alla volta e se questo comporta del dolore, significa che i muscoli stanno reagendo, si stanno rinforzando. Come si può imparare a camminare se non si fanno gli esercizi? Le ripete Heidi. Occorre vincere la paura di farsi male. L’umore di Clara è altalenante, ma gli amici e la natura circostante le fanno tenere ferma la direzione. In un momento di sconforto, strisciando di nascosto, tenta di riprendersi la sedia a rotelle nascosta appositamente dal nonno, ma accidentalmente la fa rotolare giù dal pendio contro un masso che la frantuma. L’odiata ma rassicurante protesi non c’è più. Il passato è ormai alle spalle. Lei è libera, anche nella possibilità di sbagliare. Un’aquila in volo e dei fiori da raccogliere spingono definitivamente Clara a camminare! Rinasce!
Il padre di Clara sorpreso e ricolmo di gioia ringrazia tutti e anche Dio! Devono comunque rientrare a Francoforte perché ricominciano gli studi. Lei promette ad Heidi e Peter di ritornare dopo l’inverno per correre e giocare insieme. Intanto in città trova la signorina Rottermeier finalmente serena e accondiscendente. Ennesimo miracolo!
La “metodo” Rottermeier delle prime 50 puntate è una gabbia (come quella dell’uccellino Hansi) che si serve di protesi rassicuranti per convincere di una libertà che tale non è. È un approccio normo-educativo che rassicura più il docente che il discente. Preserva lo status quo e non mette in discussione sé stessi. Conserva il paziente, isolandolo in un’apparente, quanto inquietante ed artificiale benessere. L’umanità preservata rischia di morire per solitudine.
La sua è una falsa sobrietà. L’ostentata austerità non esclude solo i piaceri superflui e disordinati ma anche quelli essenziali. L’eccesso di premura, l’impiego di una pedagogia devota alla fredda tecnica che tutto regolarizza, come la sovrabbondanza di possibilità economiche, non impediscono la tristezza di Clara, anzi la accentuano, scoraggiandola e immobilizzandola sempre più. La sobrietà dello stile di vita montanaro, invece, è vera, perché permette l’amicizia e la gioia. Il poco, l’essenziale viene messo in evidenza, apprezzato e condiviso. Cip, l’uccellino curato di Heidi, sarà libero di volare.
Heidi a Francoforte attiva un protocollo fantasma che le permette, nonostante le persecuzioni e le insopportabili costrizioni, di lavorare sottotraccia per Clara, portandola al successo in una missione tecnicamente impossibile!
La Signorina Rottermeier appare “fredda” come una calcolatrice, esecutrice di una logica “ferrea”. Rappresenta la ragione ipertrofica e disumana che non contempla minimamente la Provvidenza. Non contempla l’imprevisto, il mistero. Inevitabilmente si scontra non solo con Heidi e Peter ma anche con i personaggi più anziani della storia: la nonna Seseman e lo stesso Vecchio delle Alpi. La storia alla fine ci rivelerà che la cultura “geneaLogica” vince di gran lunga su quella prettamente “Logica”. La presenza degli avi, dei nonni, è determinate per la rottura del paradigma Rottermeier! Il sapere che rende vivi è quello incarnato nella realtà, quello che si trasmette per generazione nella carne. Un sapere vitale e resistente come un albero maestoso che si erge verso il cielo con fierezza perché ben radicato nel terreno della storia.
La nostalgica di Heidi dimostra che non esistono città, distrazioni cementificate, grigie e superficiali, capaci di annullare completamente il richiamo alle origini. È un’eco al bene, alla verità e alla bellezza, che alberga nel profondo dei cuori. Questo richiamo alla natura, “auscultato” dall’attento dottore, permette tutta una serie di miracoli. Alcuni meno evidenti ma lo stesso importanti. Il ritorno alla baita di Heidi ricompone la famiglia Seseman e la stimola ad uscire di casa. Lo stesso nonno, il vecchio scorbutico e taciturno delle Alpi, viene più apprezzato in paese. Heidi lascia ovunque e comunque un seme di “allegra” freschezza, di “eversivo” ottimismo, di “concrete” occasioni di riscatto. Contagia chi le è accanto, propizia la trasformazione dei cuori che incontra. Il suo dinamismo converte le comunità.
Ma qual è il segreto di Heidi?
Lei sin da piccola è adottata dalla natura che la circonda. Dorme su una balla di fieno come in una mangiatoia, si confida con l’abete che domina la radura, ama le caprette Fiocco di neve, Bianchina, Diana, Bella e Variopinta. Non teme Nebbia, il letargico ed enorme San Bernardo del nonno. Munge e fischia con le dita (e i batteri!?!?).Gareggia a gran velocità con la slitta incurante degli ostacoli. Riposa sui prati, addenta con gusto carni, verdure e formaggi. Dialoga di continuo con mucche, stambecchi, conigli, cavalli, uccelli. Ammira le nuvole, il vento, le montagne, il cielo!
Heidi è una bambina. È contemplativa per natura. È accesa dalla meraviglia che prova di fronte ai fenomeni della natura. È in costante ascolto: apprende dalla natura. La natura è per lei madre e maestra. Nella “casa comune” si sente istruita e custodita. E lei contraccambia coltivandola ed avendone cura. È responsabile dell’amore di cui si nutre.
Il suo cuore è capace di rimanere pienamente presente davanti a chi incontra perché ogni momento è un dono da vivere in pienezza. È in pace perché ha trovato il suo posto, l’ha umilmente riconosciuto e serenamente lo vive. Ha un cuore grande così!
È in continuo movimento. È viva, schietta, genuina e pura! Le sue piccole braccia vorrebbero affettuosamente abbracciare tutto l’uomo e la natura. La sua incontenibile gioia esprime l’esperienza di una fratellanza universale!
Ha cura di tutte i doni ricevuti: parenti, amici, animali, piante. Ogni cosa è per lei, tutto le appartiene! Sorride perché è piccola e leggera, viaggia su una nuvola. Nell'intento di risolvere i problemi degli altri sviluppa creatività ed entusiasmo. Non le è da meno il generale delle capre, Peter, che progetta e realizza una resistente seggiola a spalla per accompagnare Clara su in montagna!
Osserva incuriosita l’equilibrio degli ecosistemi che la circondano, riconosce che tutto è legato nella natura. Si possono avere le capre senza formaggio, ma non il formaggio senza le capre!
Lo stupore è il termometro dell’amore di cui si sente oggetto. Il cosmo l’ha accolta anche se orfana, ricolmandola di doni. Lei ne è infinitamente grata!
La piccola Heidi percepisce l’intima essenza delle cose. Ha uno sguardo mistico.
Con i suoi occhi potremmo addirittura scorgere l’intimo legame che c’è tra Dio e tutti gli esseri, le trame del cosmo intessute dal Creatore. Ammirare la grandezza delle Sue opere, fino a guastarne la Presenza, come latte di nuvola.
Come Heidi potremmo scoprirci non separati dalle altre creature, ma uniti in una stupenda comunione universale. Potremmo accorgerci che la spiritualità non è disgiunta dal corpo, né dalla natura o dalla realtà di questo mondo, ma piuttosto vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che ci circonda.
Potremmo riconoscere il mondo come dono ricevuto dall'amore del Padre e esserGli sempre grati. Prestare attenzione alla bellezza e amarla. Questo amore potrebbe liberarci dall'individualismo, dall'utilitarismo, dalla schiavitù della tecnicismo!
In montagna non ci sono rumori, distrazioni, ansietà. Le tempeste passano presto. Le nuvole si diradano e torna subito a splendere il sole. Il tempo rallenta e possiamo riflettere. La contemplazione può condurci a vivere con maggiore profondità. Heidi pare proprio suggerirci che ogni creatura riflette qualcosa di Dio, ha un messaggio da trasmetterci. L’universo ha inscritto in sé un ordine e un dinamismo che non possono essere ignorati. Si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto. Ogni creatura porta in sé una traccia trinitaria, in modo del tutto originale nell’uomo creato a Sua immagine e somiglianza. Peculiarità che invita l’essere umano ad essere responsabile di tutto il resto. La traccia melodica della Trinità è così reale che potrebbe essere spontaneamente ascoltata, contemplata, se non fossimo corrotti dal peccato. Probabilmente lo sguardo innocente e le orecchie attente dei piccoli potrebbero aiutarci!
Papa Francesco, un po’ come il dottor Classen, ma sicuramente meglio, ci ricorda che “il mondo, creato secondo il modello trinitario, è una trama di relazioni. Le creature tendono verso Dio, e a sua volta è proprio di ogni essere vivente tendere verso un’altra cosa, in modo tale che in seno all'universo possiamo incontrare innumerevoli relazioni costanti che si intrecciano segretamente. Questo non solo ci invita ad ammirare gli intimi e molteplici legami che esistono tra le creature, ma ci porta anche a scoprire una chiave della nostra propria realizzazione. Infatti la persona umana tanto più cresce, matura e si santifica quanto più entra in relazione, quando esce da sé stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature. Assume così nella propria esistenza quel dinamismo trinitario che Dio ha impresso in lei fin dalla sua creazione. Tutto è collegato, e questo ci invita a maturare una spiritualità della solidarietà globale che sgorga dal mistero della Trinità”. (Laudato si’, § 240)
C’è un mistero da contemplare in ogni cosa anche in quelle che sfuggono al nostro controllo. La signorina Rottermeier è angosciata proprio da questo pensiero.
Una volta venuti al mondo, la totalità delle creature ci aiutano a crescere, ad elevarci a tal punto da per poter ri-nascere, stavolta ancor più in alto delle stesse montagne, in Cielo. Il nostro cammino verso la Luce avviene attraverso tutte le creature a cui siamo profondamente connessi. Il cosmo ci appare quindi come un misterioso grembo intessuto di relazioni vascolarizzate dalla bellezza, dalla tenerezza, dalla premura, dal rispetto, dal perdono, dalla giustizia, dalla libertà, dall'amore! Nasciamo da un grembo materno, mentre rinasciamo da uno cosmico che lo comprende.
In queste ulteriori e misteriose viscere, le provvidenziali contrazioni scatenate dallo Spirito Santo ci spingono verso il Padre, ci accompagnano fino al gemito di una nuova creazione. Cristo, che ha fatto nuove tutte le cose, ci ha preceduti e ci nutre col Suo corpo risorto, lo stesso in cui ogni creatura trova senso. Ci alimenta nella via della gestazione per giungere alla vita vera, quella gioiosa ed eterna. Al momento siamo ancora nel seno, come quello di Maria, vivi ma ancora in gestazione. Intravvediamo la stretta feritoia. È bello ciò che sperimentiamo su questa Terra ma non è ancora Tutto! Se riscopriremo la nostra piccolezza, saremo sempre più lieti e ci lasceremo partorire definitivamente in quella Luce eterna che già ora ci abbaglia!
“Misericordia” intravedo in tutto questo! Sì, proprio quella parola che tanto ripete, forse non a casaccio, la stessa Rottermeier! Come lei dovremmo ricordarcene, ma come Heidi viverla con gratitudine!
Ora, figlio mio, ascolta la sigla e torniamo a ballare con la mamma! Tutti insieme. Magari in giardino…
Lettera dal fronte: Se la porta rimane sempre aperta
Note a margine della chiusura del Giubileo Straordinario della Misericordia
Chiuso il Giubileo, pertanto, è d’obbligo una riflessione su quanto avvenuto, in particolare su alcune variazioni (in particolare liturgiche) che ogni fedele, più o meno inconsapevolmente, ha avuto sotto gli occhi durante quest’ultimo Anno Santo. Specificando che faremo preferenzialmente riferimento a casi italiani, andiamo con ordine e vediamone alcune.
La Misericordia a tempo determinato. Papa Francesco, riprendendo la decisione di Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo Ordinario del 2000, ha permesso l’apertura delle Porte Sante in tutto il mondo, e non solamente nelle Basiliche papali romane, ed i Vescovi hanno inteso tale permesso in maniera sempre più larga e sproporzionata organizzando in alcuni casi delle vere e proprie aperture a tempo determinato delle Porte Sante. In Italia i casi sono stati centinaia, se non migliaia. In pratica si è trattato di aprire delle Porte Sante in svariati luoghi (in particolare parrocchie e santuari) solamente in alcuni giorni e non durante tutto l’anno: ho in mente in particolare il caso di una piccola Diocesi in cui il Vescovo ha aperto una Porta Santa in (quasi) tutte le Parrocchie che la compongono. In pratica, il locale comitato organizzatore, ovviamente composto da soli sacerdoti (è risaputo che la tanto sbandierata corresponsabilità dei laici significa obbedire ciecamente alla volontà del sacerdote di turno), anche per non scontentare nessuno dei confratelli, ha organizzato un calendario giubilare in tutta la Diocesi a seconda dei tanto famosi bisogni specifici della comunità ecclesiale: oltre, quindi, ad aprire una Porta Santa sia nella Cattedrale che nella Concattedrale della Diocesi, in un paese si è avuto il giubileo degli ammalati (con ben 2 porte sante aperte nello stesso centro, di cui una solo per un giorno), in un altro il giubileo dei giovani (con la porta santa aperta solamente per poche ore), etc etc. Un'altra Diocesi, sempre italiana, ha calendarizzato l’apertura di bene 21 Porte Sante, sia a tempo determinato che annuali. E così via.
La Misericordia a casa propria. Ovviamente, se si sono aperte tante Porte Sante, che senso ha insistere nel dire, come avviene nella Bolla di Indizione, che il fedele deve compiere un pellegrinaggio? Se ho una Porta Santa sotto casa mia che pellegrinaggio posso compiere? A salvare capra e cavoli ci hanno pensato i vertici della CEI: ogni circoscrizione ecclesiastica infatti è stata invitata a compiere un pellegrinaggio presso la Basilica Vaticana in una data specifica, sotto la guida del proprio Vescovo. Come è facile immaginare, i numeri di questi pellegrinaggio diocesani (checché ne dicano i bollettini delle Diocesi stesse) non sono da capogiro e non è facile capire il perché: che senso ha andare volutamente a Roma, magari di luglio, con l’asfalto di Via della Conciliazione talmente bollente che rischia di sciogliersi, in compagnia di persone con cui non si ha nulla da spartire o che sono invisi (come succede di solito) a tutta la popolazione diocesana, quando posso comodamente fare il Giubileo a casa mia, in solitaria, approfittando magari del fatto che il parroco non c’è per confessarmi e sentirmi una buona predica da un sacerdote, magari più bravo di lui, chiamato a sostituirlo?
Misericordia o giustizia sociale? Tra le novità del Giubileo di quest’anno ci sono stati degli appuntamenti particolari: parliamo sia dei Venerdì della Misericordia che dei Giubilei per categoria, tra cui spicca (quantomeno nel nome altisonante e, finora, mai usato a quanto se ne sappia) quello di domenica 13 novembre dedicato alle persone socialmente escluse. Si tratta di un lessico innovativo per la Chiesa Cattolica e che lascia veramente senza parole il “fedele della strada” costretto a identificarsi in una categoria per poter vivere il Giubileo a Roma: ma si tratta di un lessico derivante più dalla Teologia della Liberazione che dal Catechismo della Chiesa Cattolica. Nei Venerdì della Misericordia, inoltre, il Pontefice si è chinato su alcune situazioni di obiettiva sofferenza ma che spesso sono state fraintese, se non ingigantite, dalla stampa: il caso più emblematico si è avuto l’11 Novembre, quando Francesco ha visitato alcune famiglie formate da sacerdoti che hanno abbandonato il ministero. Non stiamo dicendo che queste persone non devono essere oggetto di cura pastorale o di gesti di misericordia ma è sorprendente il fatto che il Santo Padre si sia fatto fotografare in compagnia di queste persone, bambini compresi, mentre negli altri Venerdì della Misericordia le immagini sono state sempre scarne (se non di repertorio): si pensi a quando, il 17 Giugno, Francesco ha visitato una comunità con dei sacerdoti che soffrono dubbi sulla loro fede. Nessuna foto. Nessun virgolettato. Ma l’11 novembre non è andato così, e la cosa è stata ancora più clamorosa in quanto i diversi comunicati non hanno mai specificato se questi sacerdoti (in quanto l’ordinazione imprime un nuovo carattere ontologico nell'ordinato che non dipende dall'esercizio del suo ministero: Tu es sacerdos in Aeternum) siano stati dispensati dall'osservanza dei consigli evangelici. E si è calcata la mano, e molto pesantemente, sul fatto che hanno abbandonato il ministero a causa della «solitudine, l’incomprensione, la stanchezza per il grande impegno di responsabilità pastorale» (fonte: Zenit, che parla anche di «ex sacerdoti») cosa che, non lo neghiamo, fa tornare in mente uno dei refrain contro il celibato ecclesiastico.
Una Porta che rimane sempre aperta. Tuttavia, ciò che probabilmente è passato inosservato (a meno che non si faccia parte degli addetti ai lavori liturgici: chierichetti, diaconi, cerimonieri, etc) è qualcosa di ancora più grave: non è stato preparato alcun rito di chiusura delle svariate Porte Sante. Il Cerimoniale, fornito dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione (e, ovviamente, anche dagli altri Enti organizzatori del Giubileo) prevedeva solamente una monizione da parte del Vescovo e invitava calorosamente a celebrare una Messa di ringraziamento ed a cantare il Magnificat dopo i Riti di Comunione. Nulla di più. Due, tre paginette che non dicono nulla di nulla se non quello che già si sa (che l’Eucarestia sia Sacramento di Ringraziamento è insito nel nome infatti). Perché ci siamo meravigliati e perché diciamo che la cosa è grave? Non dovremmo invece essere contenti che si faccia una Messa di ringraziamento (cosa oggigiorno abbastanza difficile da trovare)? Perché, invece, per l’apertura della Porta Santa era previsto un apposito cerimoniale, ricco di spunti liturgici e quindi pregno di fede: lettura dei Salmi, responsori, inno da cantare, rito dell’aspersione del popolo, monizioni, etc etc. E anche questa è una novità non da poco. Nella liturgia cattolica, infatti, ogni cosa che si consacra poi si purifica ed ogni cosa che si apre, poi si chiude: facendo solamente tre esempi, desunti dal Rito della Messa (NO), il sacerdote bacia sia all'inizio che alla fine della celebrazione l’altare; nella proclamazione del Vangelo traccia prima della lettura un segno di croce (che poi ripete tre volte su se stesso) e poi lo bacia terminata la lettura; benedice le offerte (che poi saranno consacrate) e dopo i Riti di Comunione purifica i sacri vasi. C’è sempre un prima e un poi, nulla rimane in sospeso. Nel caso della chiusura delle Porte Sante, invece, non si capiva né come né quando né dove chiuderle cosicché ogni singolo Vescovo ed ogni singolo Ufficio Liturgico diocesano ha potuto liberamente improvvisare: nella maggior parte dei casi c’è stata un’ultima processione penitenziale per poter passare sotto la Porta ma solo perché richiamava il rito di apertura, e non perché è stato ordinato di farlo. Ma, d’altro canto, chi ha semplicemente celebrato la Messa non ha sbagliato ma è possibile che più di qualche fedele sia ancora convinto che le Porte Sante siano aperte. Ma c’è anche un’altra cosa: una Diocesi importante italiana avrà una Porta Santa fino al 23 novembre nella propria Cattedrale, andando contro il precetto di Francesco di chiuderle tutte prima di quella di San Pietro in Vaticano. Si è scelto questa data per poter solennizzare maggiormente la festa del locale santo patrono ma senza comunicare ai fedeli se si era ottenuto un indulto o meno. Tuttavia, è doveroso specificare che anche a fronte di un indulto la scelta di concederlo non è decisamente da elogiare in quanto il giudizio (per quanto motivato e pio) di un singolo Vescovo supererebbe quello del Vicario di Cristo: non era meglio rispettare le decisioni del Papa e mostrare fedeltà a «quella Sedia, onde move la luce di Verità che illumina il mondo» e, magari, spiegare in maniera degna ai fedeli che Ubi Petrus, ibi Ecclesia?
Il discorso potrebbe anche essere più lungo, con tanti altri esempi da dire e tante altre cose da segnalare, tra cui l’assenza della definizione di indulgenza fin dalla Bolla di Indizione, ma preferiamo tacere affidando tutto alla Madre di Misericordia affinché illumini i cuori e le menti dei propri figli: come prese sotto le sue cure l’Apostolo (e Vescovo!) Giovanni, sappia guidare anche i nostri pastori nelle scelte per i futuri anni (il prossimo Giubileo Ordinario è ormai infatti alle porte).
Credo fermamente nella bontà del Pontefice ma dubito fortemente della preparazione (teologica, liturgica, storica, etc) dei tanti (forse troppi) collaboratori e membri della Curia che, forse, usano il trucchetto del far firmare documenti senza che il Pontefice abbia tempo di leggerli (si vedano al riguardo gli episodi 7 e 8 di The Young Pope).
Ma rimane sempre nell'aria una domanda inquietante: quando i generali disertano, che cosa devono fare i soldati?
Il Cardinale del Sacco
Conversazione al fronte: Intervista a Simone Pillon
Continua il ciclo di interviste con personalità autorevoli, dalle posizioni non banali e affascinanti, perché "non politically correct". Questa volta abbiamo intervistato, a pochi giorni dall'evento torinese sulle ragioni del no alla riforma del governo Renzi, che lo vedrà impegnato in prima linea, l’avvocato Simone Pillon, ex presidente del Forum delle Associazioni Familiari dell’Umbria, e ora Consigliere del Forum Nazionale, vicepresidente del comitato Difendiamo i Nostri Figli.
Per quale motivo è nato il Comitato Famiglie per il no al Referendum Costituzionale? Cosa unisce la battaglia portata avanti dal Family Day al no alla riforma renziana?
La riforma costituzionale è solo un altro tassello di una stagione di riforme che mira a trasformare le basi culturali e antropologiche del nostro paese, completando una transizione democrat dal personalismo all’individualismo. I passaggi sono noti: destabilizzazione del nucleo familiare mediante il divorzio breve, precarizzazione del lavoro e dell’educazione mediante il Job Act e la buona scuola, decostruzione della famiglia mediante la legge sulle unioni civili (tutto diventa famiglia, quindi niente più è famiglia) e ora decostruzione delle istituzioni e dei corpi intermedi (senato non più elettivo) e distruzione delle comunità intermedie (provincie, regioni).
Quali problemi seri pone la Riforma?
La filosofia istituzionale della riforma è riassumibile in cinque parole: NON DISTURBATE IL MANOVRATORE. Con la riforma a regime assisteremo allo spostamento di ogni potere nelle mani di un organo privato, il segretario del partito politico di maggioranza relativa. Nelle mani dell’oligarca di turno sarà concentrato il potere esecutivo, il potere legislativo, buona parte del potere giudiziario, il controllo di esercito e forze dell’ordine e servizi segreti, l’imperio sui mezzi di comunicazione di stato e sulle autonomie locali rimaste, che saranno comunque in tutto dipendenti dall’esecutivo.
Ovviamente questa persona non sarà eletta dai cittadini. Ciò è semplicemente intollerabile.
La riforma porterà il risparmio tanto promesso?
Pochi spiccioli per le provincie, ancor meno per il senato. Si parla di neppure due euro all’anno per ogni italiano. In compenso sarà nettamente avvertibile il tracollo della partecipazione democratica. Di 5 appuntamenti elettorali ne resteranno solo 3, e il premier continuerà a non essere eletto dal popolo…
Le regioni, virtuose o no, saranno sotto il tallone dello Stato centrale e ogni autonomia cesserà nei fatti.
Come giudica il combinato disposto tra L'Italicum, nella sua attuale versione, e la riforma costituzionale?
Italucum e riforma sono legati a doppio filo. Questa legge elettorale è studiata per trasformare la maggioranza in minoranza e viceversa. Se un partito raggiunge il 40% dei suffragi, le persone che NON hanno votato per quel partito sono la maggioranza, e cioè il 60%. Pur tuttavia diventano minoranza in parlamento e questo è un attentato alla democrazia. Peggio ancora se si facessero i calcoli sul ballottaggio. Gli italiani sarebbero costretti a scegliere tra due minoranze, non votate che da pochi, e una di esse, col 20% dei voti, diventerebbe il partito egemone col 55% dei seggi. Mi pare semplicemente da quarto modo.
I supporter del sì scelgono di usare spesso questa tesi: "nel caso vincesse il no, si aprirebbe un periodo di crisi politica difficilmente gestibile dal Parlamento italiano e dal Presidente della Repubblica". Rischio possibile, oppure, ennesimo falso allarme della propaganda a favore del sì?
L’unica vera crisi che si aprirebbe con la vittoria del NO sarebbe nel Pd. Non è difficile immaginare che volente o nolente Renzi avrebbe a quel punto a che fare con una auspicabile implosione della sua impalcatura di potere, oggi sostenuta da verdiniani e alfaniani. Sono convinto che dal crollo di tale sistema di potere il Paese avrebbe solo da guadagnare.
Se vincerà il no, il mondo del Family Day sarà pronto per impegnarsi direttamente in politica? Anche perché, gli avversari sono molti, perfino nel fronte del no.
Dunque, non c'è solo il PD a proporre una cultura della morte: M5S e la parte del centro-destra troppo liberale sono l'altro volto del "partito radicale di massa", che ormai pervade trasversalmente movimenti e partiti politici.
La vittoria di Trump in USA ha aperto uno squarcio: sembra che la pseudocultura unica individualista e globalista stia cominciando a mostrare la corda e che il consenso politico tenda a premiare chi si opponga a tale mostruosità. I 5 stelle non hanno la carica valoriale sufficiente ad opporsi a tale sistema. La loro opposizione è solo sul piano economico ma non è sufficiente. Credo ci siano spazi per costruire anche nel nostro Paese un grande soggetto politico capace di interpretare una tendenza nuovamente popolare e personalista, che rispetti le tradizioni locali e che sappia custodire le peculiarità valoriali, economiche, produttive e sociali del nostro Paese. In tal senso non mancherà l’apporto fattivo del mondo che rappresentiamo.
È d'accordo se le dico che oggi più che mai occorre il superamento delle vecchie categorie, tra cui quella di centrodestra, in vista di un movimento/partito, più ampio e popolare, che custodisca, indipendentemente da credi e colori politici, il principio di realtà e la giusta visione antropologica, ben rappresentati dall'espressione "l'uomo e la donna sono fatti per completarsi, e un bambino nasce dal, e ha bisogno solo, del loro amore"?
Le peggiori politiche della peggior destra sono state portate avanti dal governo Renzi, che si autodefinisce democratico. Credo che oggi si debba dividere l’offerta politica non tanto su base ideologica ma valutandone le prospettive antropologiche. In questo senso Conosco bene questo modo di pensare di una certa classe democrat...
Quando ero al liceo erano tutti figli di papà che giravano in bicicletta e eskimo ma a casa avevano la mercedes con l'autista e le filippine. Oggi han fatto ancora più soldi e vanno in vacanza a Capalbio dove ovviamente non vogliono vedere uno straniero in giro, salvo fare gli scandalizzati se a Gorino le famiglie si difendono dall'invasione.
In Europa costruiscono lobbies scandalose per rieducare le genti ai loro falsi valori marci e corrotti.
No... non rappresentano il popolo. E il popolo se ne sta accorgendo.
Mandano le donne a abortire e le illudono che sia un loro diritto quando il loro diritto sarebbe di poter crescere il loro bambino in pace.
Mandano le coppie al divorzio convincendole di averne diritto quando il diritto delle famiglie in crisi sarebbe di trovare chi le aiuti a superare i contrasti e a ritrovare armonia.
Illudono le persone più fragili inventandosi la oscena teoria gender e imponendola ai bambini quando così facendo sanno benissimo di distruggere l'identità delle persone.
Fingono di accogliere gli stranieri ma stanno solo ingrassando le coop e ipotecando i diritti dei lavoratori.
Fanno finta di diminuire i costi della politica ma stanno tentando di costruire meccanismi di potere che prescindano dal libero voto.
A parole dicono di voler favorire il lavoro ma nei fatti hanno reso i cinquantenni precari e i ventenni disoccupati.
Blaterano di scuola pubblica ma mandano i figli alle private americane.
Impongono la sanità pubblica ma vanno a farsi curare nelle cliniche private più costose.
Il tutto in nome del popolo.
Se la prendono con chi ha fatto i soldi lavorando e pretendono di fare soldi senza lavorare...
Sapete che c'è? Ho idea che in America il giochino si sia rotto.
E ho idea che si stia rompendo anche da noi...
Brexit... e tra poco Austria... e Italia.
I democrat... sono i nuovi padroni. I peggiori di sempre.
Per quale motivo è nato il Comitato Famiglie per il no al Referendum Costituzionale? Cosa unisce la battaglia portata avanti dal Family Day al no alla riforma renziana?
La riforma costituzionale è solo un altro tassello di una stagione di riforme che mira a trasformare le basi culturali e antropologiche del nostro paese, completando una transizione democrat dal personalismo all’individualismo. I passaggi sono noti: destabilizzazione del nucleo familiare mediante il divorzio breve, precarizzazione del lavoro e dell’educazione mediante il Job Act e la buona scuola, decostruzione della famiglia mediante la legge sulle unioni civili (tutto diventa famiglia, quindi niente più è famiglia) e ora decostruzione delle istituzioni e dei corpi intermedi (senato non più elettivo) e distruzione delle comunità intermedie (provincie, regioni).
Quali problemi seri pone la Riforma?
La filosofia istituzionale della riforma è riassumibile in cinque parole: NON DISTURBATE IL MANOVRATORE. Con la riforma a regime assisteremo allo spostamento di ogni potere nelle mani di un organo privato, il segretario del partito politico di maggioranza relativa. Nelle mani dell’oligarca di turno sarà concentrato il potere esecutivo, il potere legislativo, buona parte del potere giudiziario, il controllo di esercito e forze dell’ordine e servizi segreti, l’imperio sui mezzi di comunicazione di stato e sulle autonomie locali rimaste, che saranno comunque in tutto dipendenti dall’esecutivo.
Ovviamente questa persona non sarà eletta dai cittadini. Ciò è semplicemente intollerabile.
La riforma porterà il risparmio tanto promesso?
Pochi spiccioli per le provincie, ancor meno per il senato. Si parla di neppure due euro all’anno per ogni italiano. In compenso sarà nettamente avvertibile il tracollo della partecipazione democratica. Di 5 appuntamenti elettorali ne resteranno solo 3, e il premier continuerà a non essere eletto dal popolo…
Le regioni, virtuose o no, saranno sotto il tallone dello Stato centrale e ogni autonomia cesserà nei fatti.
Come giudica il combinato disposto tra L'Italicum, nella sua attuale versione, e la riforma costituzionale?
Italucum e riforma sono legati a doppio filo. Questa legge elettorale è studiata per trasformare la maggioranza in minoranza e viceversa. Se un partito raggiunge il 40% dei suffragi, le persone che NON hanno votato per quel partito sono la maggioranza, e cioè il 60%. Pur tuttavia diventano minoranza in parlamento e questo è un attentato alla democrazia. Peggio ancora se si facessero i calcoli sul ballottaggio. Gli italiani sarebbero costretti a scegliere tra due minoranze, non votate che da pochi, e una di esse, col 20% dei voti, diventerebbe il partito egemone col 55% dei seggi. Mi pare semplicemente da quarto modo.
I supporter del sì scelgono di usare spesso questa tesi: "nel caso vincesse il no, si aprirebbe un periodo di crisi politica difficilmente gestibile dal Parlamento italiano e dal Presidente della Repubblica". Rischio possibile, oppure, ennesimo falso allarme della propaganda a favore del sì?
L’unica vera crisi che si aprirebbe con la vittoria del NO sarebbe nel Pd. Non è difficile immaginare che volente o nolente Renzi avrebbe a quel punto a che fare con una auspicabile implosione della sua impalcatura di potere, oggi sostenuta da verdiniani e alfaniani. Sono convinto che dal crollo di tale sistema di potere il Paese avrebbe solo da guadagnare.
Se vincerà il no, il mondo del Family Day sarà pronto per impegnarsi direttamente in politica? Anche perché, gli avversari sono molti, perfino nel fronte del no.
Dunque, non c'è solo il PD a proporre una cultura della morte: M5S e la parte del centro-destra troppo liberale sono l'altro volto del "partito radicale di massa", che ormai pervade trasversalmente movimenti e partiti politici.
La vittoria di Trump in USA ha aperto uno squarcio: sembra che la pseudocultura unica individualista e globalista stia cominciando a mostrare la corda e che il consenso politico tenda a premiare chi si opponga a tale mostruosità. I 5 stelle non hanno la carica valoriale sufficiente ad opporsi a tale sistema. La loro opposizione è solo sul piano economico ma non è sufficiente. Credo ci siano spazi per costruire anche nel nostro Paese un grande soggetto politico capace di interpretare una tendenza nuovamente popolare e personalista, che rispetti le tradizioni locali e che sappia custodire le peculiarità valoriali, economiche, produttive e sociali del nostro Paese. In tal senso non mancherà l’apporto fattivo del mondo che rappresentiamo.
È d'accordo se le dico che oggi più che mai occorre il superamento delle vecchie categorie, tra cui quella di centrodestra, in vista di un movimento/partito, più ampio e popolare, che custodisca, indipendentemente da credi e colori politici, il principio di realtà e la giusta visione antropologica, ben rappresentati dall'espressione "l'uomo e la donna sono fatti per completarsi, e un bambino nasce dal, e ha bisogno solo, del loro amore"?
Le peggiori politiche della peggior destra sono state portate avanti dal governo Renzi, che si autodefinisce democratico. Credo che oggi si debba dividere l’offerta politica non tanto su base ideologica ma valutandone le prospettive antropologiche. In questo senso Conosco bene questo modo di pensare di una certa classe democrat...
Quando ero al liceo erano tutti figli di papà che giravano in bicicletta e eskimo ma a casa avevano la mercedes con l'autista e le filippine. Oggi han fatto ancora più soldi e vanno in vacanza a Capalbio dove ovviamente non vogliono vedere uno straniero in giro, salvo fare gli scandalizzati se a Gorino le famiglie si difendono dall'invasione.
In Europa costruiscono lobbies scandalose per rieducare le genti ai loro falsi valori marci e corrotti.
No... non rappresentano il popolo. E il popolo se ne sta accorgendo.
Mandano le donne a abortire e le illudono che sia un loro diritto quando il loro diritto sarebbe di poter crescere il loro bambino in pace.
Mandano le coppie al divorzio convincendole di averne diritto quando il diritto delle famiglie in crisi sarebbe di trovare chi le aiuti a superare i contrasti e a ritrovare armonia.
Illudono le persone più fragili inventandosi la oscena teoria gender e imponendola ai bambini quando così facendo sanno benissimo di distruggere l'identità delle persone.
Fingono di accogliere gli stranieri ma stanno solo ingrassando le coop e ipotecando i diritti dei lavoratori.
Fanno finta di diminuire i costi della politica ma stanno tentando di costruire meccanismi di potere che prescindano dal libero voto.
A parole dicono di voler favorire il lavoro ma nei fatti hanno reso i cinquantenni precari e i ventenni disoccupati.
Blaterano di scuola pubblica ma mandano i figli alle private americane.
Impongono la sanità pubblica ma vanno a farsi curare nelle cliniche private più costose.
Il tutto in nome del popolo.
Se la prendono con chi ha fatto i soldi lavorando e pretendono di fare soldi senza lavorare...
Sapete che c'è? Ho idea che in America il giochino si sia rotto.
E ho idea che si stia rompendo anche da noi...
Brexit... e tra poco Austria... e Italia.
I democrat... sono i nuovi padroni. I peggiori di sempre.