venerdì 30 dicembre 2016

Cinematografo dell'alpino: Rogue one: A Star Wars story: Una storia non così lontana...

Un film che porta a dire, dopo averlo visto "beh, ho speso molto bene tempo e danari".

Gli amici sanno bene che uso questo giudizio con una certa parsimonia. Sì, devo ammetterlo, sono andato al cinema prevenuto, e lo sanno bene quei poveracci, che nei mesi scorsi ho esasperato, brontolando che Rogue One sarebbe stato una "cavolata galattica", dalla storia debole e poco significativa, perché sono tra i delusi di episodio VII: a parte i personaggi credibili, merito di attori capaci, gli effetti speciali ben curati, e alcuni aspetti innovativi della trama (pochi, ahimè), in generale, il primo capitolo della nuova trilogia si presenta come un remake del IV capitolo-Una nuova Speranza; di fatti alla fine vince la sensazione de "l'ho già visto".

Problema che avrebbe potuto macchiare Rogue One, essendo ambientato tra il III e il IV episodio, quindi nel periodo che parte dalla grande purga jedi e arriva alla guerra civile galattica. Ma non succede.

Il primo spin-off della saga di Guerre Stellari, diretto da Gareth Edwards, non è definibile come semplice capitolo, è qualcosa di profondamente diverso, però allo stesso tempo riesce a collegarsi perfettamente, come anello di congiunzione, alla storia della galassia lontana lontana più famosa, sub-creata da George Lucas. E lo fa in un modo che stupisce fin dalle prime inquadrature.

Vediamo lo sfondo nero le stelle la famosa scritta "tanto tempo fa, in una galassia lontana", e i brividi iniziano a farsi sentire per l'emozione, nel silenzio dell'attesa per la potente colonna sonora e crawler (il testo con titoli ed introduzione che scorre come un rullo). Passano tre secondi e... la colonna sonora non arriva; anzi, inizia subito il film, che ci porta dritti nell'azione, sul pianeta ove si trova una delle figure chiave del film Jyn Erso/Felicity Jones con la sua famiglia.

Il primo aspetto che emerge è quello del terrore, usato dall'impero per governare la galassia. Eppure, non ha l'ultima parola. Quella famiglia porta la luce nel momento più buio della galassia, assieme alla forza (una sorta di provvidenza benevola), qui simboleggiata da un cristallo usato come dono, che ne anticipa un altro più grande, il sacrificio di una madre e moglie. Le immagini che seguono immortalano i potenti volti dei membri di quella comunità dai legami profondi: un padre geniale e giusto, fuggito per togliere alla tirannia i suoi talenti, una figlia tanto amata, e una madre coraggiosa che con una frase, rivolta al male e a chi in quel momento lo rappresenta, il direttore Krennic, getta il primo seme di speranza e svela come tutto andrà a finire: "Tu non vincerai mai!". E lo fa donando la propria vita ad una causa più grande.

Come abbiamo imparato con i capitoli canonici di Guerre Stellari, sopra tutto con i tre classici, i veri protagonisti sono proprio i padri, le madri e i figli. La 'vera forza' sono sempre stati loro. Magari è anche per questo che, nonostante la sua natura fantastica e l'infinità dello spazio, sentiamo vicino quell'universo tanto lontano; vicino a ciò che abbiamo di più caro, la famiglia, il vero e unico motore di ogni avventura meravigliosamente umana.

Si sa - e la psicologia conferma - le fiabe le opere fantasy, terrestri o galattiche che siano, sono scritte con l'aiuto della parte destra del cervello, quella che racconta il vero. Perciò Star Wars è più vicino di quanto non sembri. Il tutto mostrato attraverso inquadrature ben studiate e punti di vista verticali sorprendenti; merito di regista e sceneggiatori, che hanno realizzato, come si accennava all'inizio, un lavoro innovativo ma vicino alla classicità della cara "vecchia" trilogia; una regia che ha saputo creare una intricata tela di rimandi e di ritorni eccellenti, offrendo veri e propri omaggi ad essa: la presenza del Moff Tarkin, con il volto del suo interprete originale Peter Cushing, della principessa Leia-Carrie Fischer, entrambi ben ricostruiti in CGI, conferma.

Si diceva che all'insaputa o quasi dell'Impero crescono i figli, come Jyn Erso, i padri e le madri: veri eroi che fermeranno la tirannia e il lato oscuro della forza; e spesso compiendo veri e propri atti di redenzione. Certo, la Erso, i suoi genitori e la sua compagnia di amici non sono jedi (anche se il pistolero Baze e il cieco ma agguerrito Chirrut si avvicinano ad essi, essendo custodi di un loro tempio), la fede nella forza - quindi della vittoria della luce sulle tenebre - e il coraggio non mancano, e per questo combattono con tenacia ed una certa baldanza, ciascuno nella propria "trincea": Galen Erso nella base imperiale, dove crea il punto debole del killer di pianeti; la figlia e i suoi amici sul campo di battaglia, dove tra la polvere e i colpi di laser si consumano irriducibili, senza ripensamenti, mettendo in scena un vero e proprio racconto "cristologico", di amore e sacrificio.

Uno a uno cadono, però nessuna delle gesta compiute è vana: cadono come semi, che porteranno molto frutto alla generazione di resistenti/uomini vivi (per dirla con Chesterton) successiva. Una battaglia di fanteria che diviene simbolo di qualcosa di più grande, la Speranza. Forse l'unica vera protagonista di Guerre Stellari. Con essa termina il film e poi inizierà il IV episodio.

Dalle stelle a noi arriva una grande lezione: il male non ha mai l'ultima parola, pure sembra invincibile.

In conclusione, mi tornano in mente le parole che Péguy aveva per la Speranza. La speranza è per Péguy una “bambina irriducibile” molto più importante delle sorelle più anziane (fede e carità) che “va ancora a scuola/e che cammina/ persa nelle gonne delle sue sorelle”. Ma è più importante delle sue sorelle perché “E’ lei, quella piccina,che trascina tutto/perché la fede non vede che quello che è/e lei vede quello che sarà/la Carità non ama che quello che è/ e lei ama quello che sarà/Dio ci ha fatto speranza”. Anche se le immagini che ci arrivano sono di una violenza assurda non bisogna perdere la speranza perché è questa speranza bambina che va ancora a scuola che “vede quello che sarà” e “ama quello che sarà”.

domenica 25 dicembre 2016

I nostri auguri di un Santo Natale

Qualcosa di più umano dell’umanità.

Nel mistero di Betlemme era il cielo che stava sotto la terra.

«Lo scopo qui è semplicemente riassumere l’insieme delle idee che formano l’idea cattolica e cristiana, e notare che esse sono tutte già cristallizzate nella prima leggenda di Natale. Esse sono tre cose distinte e comunemente contrastanti, che, tuttavia, rappresentano una cosa sola […]. Questa è la trinità dei tre veraci simboli rappresentati dai tre tipi della vecchia leggenda di Natale: i pastori, i re, e l’altro re che guerreggia contro i bambini».

I pastori

«Uomini del popolo, uomini della tradizione popolare.
Essi avevano capito meglio di tutti che l’anima di un paesaggio è una leggenda, e l’anima di una leggenda è una persona».

«La prima [idea] è l’umana aspirazione ad un cielo che sia letterale e locale come una casa. È l’idea perseguita da tutti i poeti e dai costruttori di miti pagani: che un luogo particolare dev'essere il tempio del Dio o la dimora dei beati; che la terra incantata dev'essere una terra; o che il ritorno dello spirito dev'essere la risurrezione del corpo».
«Dio nella caverna», in L’uomo eterno, pp. 211-230.
«In questo il fuoco è, forse, il simbolo più bello e semplice di una verità incessantemente fraintesa. Queste cose elementari, la terra, il tetto, la famiglia, possono sembrare meschine e misere; e in una civiltà cinica molto probabilmente appaiono davvero tali. Ma ciò non è vero […]. Tra le imprese sregolate e vagabonde che riguardano il focolare ve ne sono alcune che hanno reso possibile lo stesso progresso scientifico, così incline a lagnarsi di esse […].

Ma un altro aspetto del focolare ardente rivela la sua affinità naturale con il Natale. È un luogo, così come il Natale è un tempo; e questi vividi limiti sono vitali per un uomo così come per un mistico. Non si tratta soltanto dell’idea che ogni cosa al posto giusto fa la differenza tra le fiamme in una casa e una casa in fiamme. Il focolare è una cornice; ed è la cornice a creare il quadro […]. Questa apparente limitatezza di cui gli uomini si lamentano sull'altare e attorno al focolare domestico è vasta quanto l’intera inventiva umana e dovrebbe incutere rispetto perfino in quanti credono che il culto del Natale sia in realtà solo una fantasia. Anche quanti considerano la grande storia di Betlemme soltanto una favola raccontata vicino al fuoco ammetteranno che questa limitatezza è la prima necessità artistica perfino di una buona favola.

Ma altri credono che il loro pensiero si spinga più in profondità e penetri in una verità inafferrabile per la mente. Per altri ancora tutte le nostre fiabe e anche tutto il nostro forte desiderio per esse traggono il loro ardore da un’unica favola fondamentale, così come tutte le falsificazioni traggono origine da una firma. Ritengono che questa fiaba sia un fatto e che le altre non possano essere apprezzate finché essa non viene riconosciuta come un fatto. Per loro l’individualità è un passo oltre l’universalità; la si potrebbe definire fuga dall'universalità. E ciò in cui credono supera il panteismo così come una fiamma è qualcosa di più di un semplice stato termico. Per loro Dio non è vincolato e limitato dall'essere semplicemente ogni cosa; è anche libero di essere qualcosa. E per loro il Natale avrà sempre a che fare con una realtà concreta; darà non all'etereo nulla ma all'enorme e travolgente tutto una concreta dimora e un nome».
«Il ceppo di Natale e il democratico», in La serietà non è una virtù, pp. 169-174.

«Oltre a questa qualità tangibile e incarnata che rende i regali di Natale così squisitamente cristiani, c’è un altro elemento che ha un effetto spirituale analogo: intendo ciò che potremmo chiamare il loro particolarismo, la loro peculiare singolarità. Ancora una volta, a questo proposito, le nuove teorie – di cui la Scienza Cristiana è la più estesa e lucida – approdano a conclusioni sorprendentemente diverse, anzi opposte: la moderna teologia proverà a convincerci che il Bambino di Betlemme è solo un’astrazione che rappresenta la totalità dei bambini, e la Madre di Nazareth solo un simbolo metafisico della maternità.

La verità è un’altra: la narrazione della Natività ha un valore pienamente universale proprio perché riguarda una sola madre e un solo figlio, singoli e concreti. Immaginiamo una canzone d’amore per una donna altezzosa, talmente penetrante e letale che nessun uomo – dal più umile che spinge l’aratro al principe in sella – possa fare a meno di cantarla da mane a sera; ognuno, senza eccezioni, smetterebbe immediatamente se gli dicessi che la canzone non era stata composta per una donna in particolare, ma solo, genericamente, per le donne in astratto […].

I regali di Natale sono il simbolo di una protesta permanente fatta per conto del dare, come distinto dal quel mero condividere che i moderni sistemi di valore presentano come equivalente o superiore al primo. Il Natale rappresenta questo eccezionale paradosso: dal punto di vista spirituale, se Tommy e Molly si dessero a vicenda una moneta da sei penny, compirebbero una transizione di valore superiore rispetto alla condivisione di uno scellino. Il Natale è qualcosa di meglio che una cosa per tutti: è una cosa per ognuno».
«La teologia dei regali di Natale», in Lo spirito del Natale, pp. 71-79.

I re Magi

«È ancora una strana e vecchia storia quella del modo in cui essi pervennero dalle terre orientali, coronati di maestà regale e vestiti del ministero dei Magi […]. 
Ma venne con loro tutto quel mondo sapiente che aveva osservato le stelle in Caldea e il sole in Persia; e noi non abbiamo torto se vediamo in loro quella curiosità che smuove tutti i sapienti […].
Essi non cercavano fiabe ma verità, e poiché la loro sete di verità era per se stessa sete di Dio, anch'essi hanno avuto il loro premio».

«Il secondo elemento è una filosofia più larga delle altre filosofie. Essa guarda il mondo da cento finestre dove l’antico stoico e il moderno agnostico lo guardano da una sola. Vede la vita con mille occhi appartenenti a migliaia di persone diverse […]. Ha qualche cosa da dire e da dare ad ogni sorta di uomini, comprende i segreti della psicologia, è consapevole delle profondità del male, è capace di distinguere tra reali e irreali meraviglie e miracolose eccezioni, tiene conto dei casi difficili; e tutto ciò con una molteplicità e una sottigliezza e un’immaginazione, secondo la varietà della vita, che è molto al di sopra delle nude e ventose generalità di quasi tutta la filosofia morale antica e moderna. In una parola, in essa c’è di più; essa trova nell'esistenza più materia di meditazione; trae più risorse dalla vita».
«Dio nella caverna», in L’uomo eterno, pp. 211-230.
«Quasi ogni viaggiatore potrebbe scegliere, tra infinità di cose che ha visto, le poche che ha davvero guardato. Mi riferisco a quelle che gli sono apparse con una curiosa chiarezza, tanto da poterle vedere davvero per come egli sa che sono. Potrei quasi affermare che può credere in loro benché le abbia viste. Questa presa di coscienza non segue una regola precisa, ma giunge nel modo più casuale; l’uomo che la conquista può solo raccontare la sua personale esperienza senza tentare alcun confronto critico con altri. In questo senso potrei sostenere che la basilica della Natività a Betlemme contiene qualcosa che è impossibile da descrivere ma che mi spinge, al di là della mia capacità di espressione, a compiere un tentativo disperato in tal senso. Alla chiesa si accede da una porta così stretta che sarebbe corretto definirla un buco, nel quale molti hanno visto, ritengo a ragione, un simbolo del concetto di umiltà. Si racconta che il muro fu trafitto in questo modo per impedire l’ingresso dei cammelli durante il servizio religioso. Personalmente direi che, considerando un obiettivo concreto, intendeva tenere lontani animali molto più pericolosi dei cammelli, ad esempio i turchi […]. Quando la maggiore familiarità con l’ambiente trasforma l’oscurità in crepuscolo e il crepuscolo in un’alba grigia, si ha subito l’impressione di vedere due file di colonne enormi. Sono ricavate da una pietra rosso scuro simile al marmo di quello stesso colore; sono cinte dall'acanto secondo la scuola corinzia. Furono scolpite ed erette per ordine di Costantino. Alla fine di quei pilastri, all'altra estremità della chiesa, si trova la buia scalinata che scende sotto le volte rocciose nella stalla in cui nacque Cristo.

Tra tutto ciò che ho visto, le più convincenti e opprimenti furono queste colonne rosse di Costantino. Per spiegare tale sensazione vi sarebbero mille cose da dire, ma che non possono essere espresse. Non ho mai avvertito così vividamente la grandezza della nostra storia; la religione cristiana è come un enorme  ponte sul mare infinito, che da solo ci collega con gli uomini che plasmarono il mondo e che tuttavia sono scomparsi […]. In ogni caso non riuscirò mai a descrivere questo moto di comprensione per gli elementi bizzarri che avvertii in quel crepuscolo di alte colonne, simili a giganti vestiti di porpora, immobili e con lo sguardo rivolto verso quel buco nel suolo. Qui si fermò la civiltà imperiale che aveva percorso trionfante tutto il mondo; qui alla fine dei suoi giorni giunse trascinando tutta la sua panoplia sulle orme dei tre re. Infatti arrivò seguendo non soltanto una stella cadente, ma una stella caduta, che aveva condotto i Magi in una culla più buia di una tomba. E il signore coronato d’alloro, vestito di rosso carminio scuro, guardò in basso verso questa oscurità e poi, alzando lo sguardo, vide che tutte le stelle del suo cielo erano morte […].

Alcuni sono infastiditi dalla presenza di questo porpora, accanto alla semplice stalla della Natività […]. Ma questo caso specifico, riguardante un contrasto tra lo sfarzo imperiale e la povertà semplice del falegname e dei pastori, è sufficiente a illustrare la strana falsa credenza su cui si basa. Se il punto saliente è che un imperatore sia venuto ad adorare un falegname, è necessario che l’artista attribuisca un aspetto imperiale all’imperatore e umile al falegname; se intendiamo chiarire a persone semplici che in questo luogo i re non sono più importanti dei pastori, è necessario che i re abbiano le corone così come i pastori i bastoni […]. Ebbene, questa concezione popolare dello sfarzo e di una concessione alla comune natura umana nei colori e nei simboli ha contribuito notevolmente a determinare numerosi fraintendimenti riguardo all'entusiasmo iniziale diffusosi dalla grotta di Betlemme all'intero Impero Romano. È curioso che moderni abbiano soprattutto rimproverato al cristianesimo storico non di essere limitato ma di essere vasto. L’hanno biasimato per aver risposto alle aspirazioni di tutte le nazioni, aver soddisfatto i desideri ardenti di molti credi ed essersi rivelato agli occhi degli idolatri come qualcosa di magico al pari dei loro idoli e ai patrioti amabile quanto la terra natale […].

Fu diverso quel riferimento diretto al pathos e al sentimento che rende il quadro del pastore e del Re molto colorato. L’Occidente era ritornato proprio con quell’energia strana e semplice che appartiene alla storia di Betlemme. Costantino non era giunto invano agghindato di porpora per scrutare in quella grotta buia a suoi piedi; tanto meno la stella l’aveva portato fuori strada quando sembrò finire nelle viscere della terra. Gli uomini che lo seguirono passarono, per così dire, attraverso il tunnel basso e a volta dei Secoli Bui; avevano però trovato la via, l’unica via, per uscire da quel mondo di morte e il loro viaggio terminò nella terra dei vivi».
«L’impero senza fine», in La nuova Gerusalemme. Viaggio in Terra Santa, pp. 213-233.

Re Erode

«Se noi non ci rendiamo conto della presenza del Nemico, non solo ci sfuggirà il senso delle Cristianesimo, ma anche quello del Natale […].
La gioia della caverna era simile all'allegria di una fortezza o di una tana di briganti.
Non solo è vero che gli zoccoli dei cavalli di Erode possono essere passati rintronando sulla testa abbandonata del Cristo. Ma in quell'immagine c’è anche l’idea di un avamposto avanzato, di una feritoia nella roccia, di un’apertura sul territorio nemico […].
Questo è forse il più grande dei misteri della caverna.
È evidente che, sebbene agli uomini sia stato detto di cercare l’inferno sotto la terra, in questo caso era il cielo che stava sotto la terra. In questa strana storia c’è come l’erompere del cielo».

«E il terzo punto è questo: che, mentre c’è abbastanza carattere locale per i poeti, e c’è più larghezza che in ogni altra filosofia, il Cristianesimo è anche una sfida e un combattimento. Mentre è deliberatamente esteso fino ad abbracciare ogni aspetto della verità, è ancora rigidamente schierato contro ogni sorta di errore. Convince ogni sorta di uomini a combattere per lui, porta nel combattimento ogni sorta di armi, allarga la sua conoscenza delle cose pro e contro le quali si combatte con tutte le arti della curiosità e della simpatia; ma non dimentica mai che sta combattendo. Proclama la pace in terra, ma giammai dimentica perché ci fu guerra in cielo».
«Dio nella caverna», in L’uomo eterno, pp. 211-230.
«Cominciai a studiare più attentamente la teologia cristiana, che molti detestavano e pochi si prendevano la pena di studiare. Mi accorsi ben presto che corrispondeva a molte di queste esperienze di vita. Molto tempo dopo, padre Wagget (per citare un altro valido membro del gruppo anglo-cattolico) mi disse, mentre eravamo sul Monte degli Ulivi, davanti al Getsemani: “Beh, dovrebbe essere chiaro a tutti che la dottrina del Peccato Originale è l’unica visione lieta della vita umana”».
«Il delitto dell’ortodossia», in Autobiografia, pp. 179-208.

“Madre di Dio”, disse il ramingo,
“sono un semplice re,
e non oso porre una domanda da santo,
non chiederò di vedere una cosa segreta.

[…]

Ma in nome di questa piccola terra,
di questo piccolo paese che conosco,
chiedo se ciò che è ora, sarà per sempre,
o se i nostri cuori si spezzeranno lieti,
vedendo alla fine il nemico fuggire?

Quando l’ultimo arco sarà a pezzi, Regina,
e l’ultima lancia sarà scagliata,
nel tramonto di un triste cielo verdastro,
brandendo in alto i resti di una Croce,
la tiepida erba dell’Ovest come letto,
ritorneremo a casa alla fine?”

[…]

E giunse una voce umana ma più alta,
come una casetta abbarbicata tra le nuvole.

[…]

“Gli uomini dell’Est scrutano le stelle,
per segnare gli eventi e i trionfi,
ma gli uomini segnati dalla croce di Cristo
vanno lieti nel buio.

Gli uomini dell’Est studiano le pergamene,
per conoscere i destini e la fama,
ma gli uomini che hanno bevuto il sangue di Cristo
vanno cantando di fronte alle ingiurie.

Il sapiente conosce tutto il male
che giace sotto un albero ritorto,
dove il perverso si consuma nel piacere,
e gli uomini sono stanchi di vino guasto
e nauseati da mari scarlatti.

Ma tu e tutta la stirpe di Cristo
Siete ignoranti e coraggiosi,
e avete guerre che a stento vincete
e anime che a stento salvate.

Non dico nulla per il tuo conforto,
e neppure per il tuo desiderio, dico solo:
il cielo si fa già più scuro
ed il mare si fa sempre più grosso.

La notte sarà tre volte più scura su di te
E il cielo diventerà un manto d’acciaio.
Sai provar gioia senza un motivo,
dimmi, hai fede senza una speranza?”

[…]

E scomparve dicendo queste parole
e lui non rispose nulla,
ascoltò solamente, mentre era in piedi.

[…]

Su vaste distese ventose e oltre
Alfred attraversò la boscaglia,
sferzato dalla gioia dei giganti
quella gioia senza un motivo.

[…]

Il Re andava cercando uomini del Wessex,
come si separa un chicco dalla paglia,
i pochi ancora vivi e disposti a morire,
che ridono, come teschi sparsi sulla terra,
sconfitti in battaglia e rivolti al cielo
con il loro riso eterno.
«La visione del Re», in La ballata del Cavallo Bianco, pp. 31-53.

“Sebbene abbia affidato questa terra a Nostra
Signora,
che mi aiutò ad Athelney,
sebbene non esistano alberi più maestosi,
prati più rigogliosi e colline più serene
di quelli del giardino della Madre di Dio,
tra la riva del Tamigi e il mare,

so che anche lì le erbacce attecchiranno
più in fretta di quanto possiamo bruciarle;
e sebbene essi vaghino e si disperdano,
tra molti secoli, tristi e lenti,
– io ho una visione – io so
che i pagani ritorneranno.

Essi non verranno su navi da guerra,
non devasteranno col fuoco,
ma i libri saranno il loro unico cibo,
e con le mani impugneranno l'inchiostro.

Non con lo spirito dei cacciatori
o con la feroce destrezza del guerriero,
ma mettendo a posto ogni cosa con parole morte,
ridurranno le bestie e gli uccelli a burattini
ed il vento e le stelle a una ruota che gira.

Avranno l’aspetto mite dei monaci,
pieni di fogli e di penne;
e voi guarderete alle vostre spalle ammirando
e desiderando un giorno come quelli di Alfred,
in cui, almeno, i pagani erano uomini.

[…]

Voi li riconoscerete da questi segni:
lo spezzarsi della spada,
e l'uomo che non è più un cavaliere libero,
capace di amare o di odiare il suo signore.

Sì, questo sarà il loro segno:
il segno del fuoco che si spegne,
e l'Uomo trasformato in uno sciocco,
che non sa chi è il suo Signore.

Anche se arriveranno con carta e penna
E avranno l’aspetto pulito dei chierici,
da questo segno li riconoscerete,
dalla rovina e dal buio che portano;

da masse di uomini devoti al Nulla,
diventati schiavi senza un padrone.

[…]

Dalla presenza di peccatori,
che negano l'esistenza del peccato,

da questa rovina silenziosa,
dalla vita considerata una pozza di fango,
da un cuore spezzato nel seno del mondo,
dal desiderio che si spegne nel mondo;

dall'onta scesa su Dio e sull'uomo,
dalla morte e dalla vita rese un nulla,
riconoscerete gli antichi barbari,
saprete che i barbari sono tornati.

Quando si fa un gran parlare di moda e correnti,
e di saggezza e destino,
date il benvenuto all’idolatria che non muore,
che è più triste del mare.

Come gli uomini potranno sconfiggerla,
o se la Croce si innalzerà di nuovo,
con la carità o la cavalleria,
la mia visione non lo dice; e io non vedo altro;
ma ora, pur nel dubbio, cavalco
verso la battaglia nella pianura”.
«La cura del cavallo», in La ballata del Cavallo Bianco, pp. 221-251.

sabato 24 dicembre 2016

Giornale murale: Cos'è il Natale?

Domani è Natale. E così infatti dicono tutti. Natale: basta nominare questa parola e gli occhi dei bambini brillano di gioia ma anche far sorridere (e non sempre di gioia) i più grandi. I bambini immaginano un Natale mentre gli adulti ne immaginano un altro. I primi sono tutti protesi (come è giusto, ci mancherebbe altro!) alle luci, ai lustrini, ai regali: guardano tutto questo mondo attorno a loro che si risveglia come guarderebbero spuntare per la prima volta l’alba. I secondi pensano invece sempre alle luci, ma come una gara con i vicini; pensano anche loro ai lustrini, ma solo se abbinati al vestito per il cenone a casa di quello o quell'altro parente; anche gli adulti pensano ai regali, ma rigorosamente da scambiare prima della festa e, magari, da comprare mesi prima in uno dei tanti centri commerciali aperti anche la domenica.

Quante volte si sente dire dagli adulti frasi denigratorie attorno al Natale tipo “non vedo l’ora che finiscano le feste!”, “non se ne può più di questi regali”, “che sono tutti questi sprechi?” e simili? Non giriamoci intorno, infatti, e non nascondiamoci dietro ad un dito: quello che abbiamo descritto sopra è un’amara verità in cui siamo tutti immersi, volenti o nolenti. Tendiamo infatti ad antecedere le cose da fare a come e perché farle, e preferiamo correre a destra e sinistra anziché fermarci un momento. Fermare: un verbo tanto natalizio quanto oggigiorno negato. Si, esatto: un vero e proprio verbo natalizio. E posso affermare questa cosa a ragion veduta: cos'è, infatti, in ultima istanza il Natale se non la sospensione (e, dunque, l’inversione) di tutte le leggi dell’universo nel momento in cui è avvenuto «il misterioso scambio di doni»[1] tra l’eterno e il finito?

Entriamo qui logicamente in quello che per il mondo contemporaneo è un vero e proprio campo minato che, secondo il cosiddetto pensiero politicamente corretto, è meglio evitare: che cos'è il Natale? Noi, invece, non curandoci minimamente di questi problemi (che, anzi, riteniamo dannosi in quanto non aprono la mente umana alla conoscenza di tutte le realtà, costringendo l’intelletto in legacci difficili da sciogliere) vogliamo cercare di rispondere non solo alla domanda di prima ma, anzi, rispondere in maniera ancor più radicale, andando alla radice (per l’appunto) del problema: cos'è, veramente, profondamente, realmente, il Natale? La risposta, ci piaccia o non ci piaccia, è semplice: è la festa cristiana (e non potrebbe essere altrimenti) che celebra la nascita sulla terra di Gesù, che sarà successivamente detto Cristo, ovvero il Figlio di Dio inviato nel mondo per la redenzione di tutti gli uomini, avvenuta circa 2000 anni fa in un villaggio dell’attuale Palestina, Betlemme. Nessun altro avvenimento è pertanto minimamente paragonabile a quello che i cristiani festeggiano, e da sempre, in questo 25 Dicembre: non si festeggia infatti la nascita di un profeta o di un filosofo: a Natale si festeggia la nascita di Dio.

Partendo da questo evento è chiaro cosa volevamo dire prima: se si accetta pienamente la nascita di Cristo, infatti, è ovvio che ci si porrà in maniera differente dinanzi alla celebrazione delle festività natalizie: facendolo e meditandolo, inoltre, si capisce l’affermazione che il verbo ‘fermare’ è un verbo tipicamente natalizio. Ci è nuovamente utile il Prefazio citato poco sopra: in questa preghiera, che si recita nelle chiese cattoliche il giorno di Natale, infatti, è spiegato nel dettaglio il mistero che si celebra, vale a dire «il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale». Questo è infatti il Natale: l’inversione delle leggi non solo umane e sociali[2] bensì anche quelle fisiche, vale a dire delle leggi che da sempre governano l’universo intero. I cristiani non dovrebbero mai stancarsi di sottolineare questo aspetto perché è la testimonianza diretta dell’intervento di Dio nella storia dell’uomo: la nascita di Cristo, infatti, è un vero e proprio miracolo, vale a dire il sovvertimento delle leggi fisiche per diretto intervento di Dio. Per usare termini filosofici, possiamo dire giustamente che l’infinito entra nel finito. Anzi, sceglie di vivere in maniera finita (tant'è che Cristo morirà, come tutti gli uomini). Ma se vi è il sovvertimento delle leggi fisiche vuol dire che esse, almeno per un determinato tempo, sono state sospese: si sono, pertanto, fermate.

A ragion veduta infatti tutta la tradizione della Chiesa comunica questo aspetto in svariati modi perché è espressione dell’amore di Dio nei confronti degli uomini. Ad onor del vero, in ogni mistero che la Chiesa celebra rimanda ad una situazione di miracolo e di sovvertimento delle leggi fisiche[3] ma che, senza ombra di dubbio, si è sempre preoccupata di sottolineare per la festa del Natale fin nei minimi particolari: dai canti popolari (In Notte placida) ad opere altrettanto popolari di un Dottore della Chiesa (Fermarono i cieli di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori) per approdare ad un fenomeno tradizionale come il presepio. Attesa, sosta, meraviglia, calma: ogni cosa ci riporta sempre alla radice profonda del mistero del Natale, sebbene sia difficile da immaginare presi come siamo a fare i regali oppure a fare il presepe.

Già, fare il presepe. Un altro grande discorso che si apre anche per chi si dice cristiano perché spesso non è chiaro che cosa si debba e cosa non si debba raffigurare: quanti personaggi? E quali? Si vedono infatti in giro dei presepi (spesso smerciati come opere di ‘grandi artisti’ o ‘maestri’) che spesso hanno difficilmente anche i personaggi necessari perché ci sia un presepe, senza contare ambientazioni e raffigurazioni molto discutibili. Anche qui dobbiamo lasciarsi guidare dai fatti che sono per loro natura duri a morire: in un presepe degno di questo nome deve essere presente almeno Gesù, Giuseppe, Maria, l’Asino, il Bue, la Stella Cometa, un Angelo, un Pastore, tre Re Magi. Se è vero che il presepio nasce non come elemento liturgico (sottoposto quindi a rigide regolamentazioni da parte di un’Autorità) ma come espressione della cosiddetta pietà popolare (e che, pertanto, può essere declinato in maniera diversa nel tempo e nello spazio), è altrettanto vero che ci sono secoli di tradizione che ci dicono come fare un vero presepio: in esso infatti, sono sempre stati presenti elementi desunti dalla Sacra Scrittura (Gesù, Giuseppe, Maria, Stella Cometa, Angelo, Pastori, Re Magi) ma anche dalla Tradizione (Bue, Asino, Tre Re Magi). Per questo motivo li ho messi insieme sopra ed ad ognuno ho attribuito la lettera maiuscola riconoscendo dunque loro una dignità profonda e vera. La caratteristica principale del presepe, tuttavia, non è solamente quella di attingere sia dalla Tradizione che dalla Scrittura[4] ma è anche quella di rendere visibile l’invisibile. Il presepe inoltre raffigura non solo la nascita del Figlio di Dio ma anche lo stupore[5] di cui parlavamo sopra: ogni statua è infatti ferma, attonita, stupita dinanzi allo stupore del creato per la nascita di Cristo. E’ molto improprio, per quanto molto suggestivo e affascinante, riempire il presepio di effetti speciali: se vi è stupore come è possibile concepire che tutti (o la maggior parte[6]) dei personaggi continui imperterrito a fare il proprio mestiere?

Ma è legittimo fare il presepe, anche in luoghi pubblici? Da un punto di vista profondamente laico e razionale è doveroso rispondere positivamente a questa domanda: esso infatti è espressione di evento realmente accaduto (la nascita di Gesù) cui, ovviamente, i credenti attribuiscono un’accezione teologica (la nascita del Figlio di Dio). Ma rappresenta nondimeno anche la nascita di Gesù, vale a dire di una persona che ha presentato se stesso come Figlio di Dio cui si può liberamente credere e non credere. Nel caso italiano, inoltre, esso rappresenta la nostra comune italianità: anche questa è un’affermazione che non facciamo partendo da un’impostazione teologica bensì da un fatto avvenuto nel Natale 1944 nel Lager tedesco di Wietzendorf dove vennero rinchiusi tantissimi militari italiani[7]. Il Colonnello Pietro Testa, responsabile dei prigionieri italiani di quel campo, volendo «combattere la depressione dei suoi uomini […] ai suoi militari aveva ordinato approssimandosi il Natale: “Qui bisogna fare in modo che in tutte le Stube ci sia un segno del nostro Natale che è il presepio[8]». Il presepio più originale venne realizzato clandestinamente da Tullio Battaglia ed “inaugurato” durante la Messa della Vigilia di Natale (altrettanto clandestina) celebrata avendo come tovaglia d’altare la bandiera italiana tenuta nascosta dai prigionieri. Come ha testimoniato lo stesso Battaglia «Nessuno può dimenticare la Messa di quella notte, celebrata ai piedi di questo presepio. Nessuno lo può dimenticare, nemmeno l’ateo convinto che era stato fino allora malinconico»[9].

Papa Francesco Giovedì 22 Dicembre ha telefonato in diretta ad UnoMattina. I conduttori hanno chiesto al Pontefice un messaggio per l’imminente Natale e Francesco ha augurato a tutti «un Natale cristiano, come è stato il primo, quando Dio ha voluto capovolgere i valori del mondo, si è fatto piccolo in una stalla, con i piccoli, con i poveri, con gli emarginati… La piccolezza. In questo mondo dove si adora tanto il dio denaro, che il Natale ci aiuti a guardare la piccolezza di questo Dio che ha capovolto i valori mondani».

Cerchiamo anche noi di vivere questo Natale come è stato il primo: mentre andiamo in giro per presepi, cerchiamo quindi anche i primi pastori che hanno adorato il Bambino Gesù assumendo lo stesso loro stupore e la loro stessa meraviglia per questo Bambino che è nato per noi.


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[1] Messale Romano, Prefazio di Natale III, Il misterioso scambio di doni.
[2] Sintetizzate efficacemente da Maria nel Magnificat: «l’Onnipotente […] ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli uomini; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote»
[3] Basti pensare al miracolo per eccellenza, testimonianza della validità e della veridicità dell’annuncio cristiano, cioè la Pasqua.
[4] Quelle che la Chiesa Cattolica definisce come le fonti della Rivelazione. Non per nulla il presepio è un fenomeno, con le dovute varianti dovute al tempo ed allo spazio, tipicamente cattolico.
[5] In alcune tradizioni presepiali presente addirittura la definizione di meraviglia per alcune determinate figure.
[6] Sebbene in alcune tradizioni presepiali siano presenti delle figure, ad esempio voltate di spalle alla Natività, simboleggiando il passo del Vangelo di Giovanni «venne tra i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto».
[7] Si tratta degli Internati Militari Italiani, vale a dire soldati italiani che dopo l’8/09/1943 rifiutarono di collaborare con il Reich tedesco scegliendo di prendere la via dei campi di prigionia e di lavoro per non tradire la Patria natia. Ci riproponiamo di tornare in futuro su questo argomento tanto glorioso quanto sconosciuto che ha riguardato i nostri nonni./>
[8] Anna Maria Casavola, Natale 1944 a Wietzendorf in Noi del Lager ottobre/dicembre 2012, cit. in Testimonianze, a cura di Carla Marmo, Asti 2014, p. 6. Il presepe nel 1944 venne visto come segno del NOSTRO Natale. Oggigiorno viene bandito dai luoghi pubblici, in primis le scuole.
[9] Conclude Battaglia:«il Presepio di Wietzendorf continua a raccontare la storia di umili e fieri soldati d’Italia che non accettarono compromessi. Forti del loro giuramento per l’onore militare non lasciarono cadere le loro stellette nel fango». Si tratta di una brevissima pubblicazione, distribuita in fotocopia nel Museo del Tesoro di Sant’Ambrogio dov’è esposto attualmente il Presepe del Lager.

venerdì 23 dicembre 2016

Obice: Se Super Mario diventa un simbolo del Patriarcato®

Il 15 dicembre 2016 è uscito per dispositivi Apple il primo titolo mobile della serie Super Mario, Super Mario Run.

Il gioco in questione appartiene al genere degli endless runner, cioè quei giochi dove il personaggio corre da solo in avanti e l’unica cosa da fare è saltare per evitare gli ostacoli (esistono anche endless runner più complicati, con armi e power-up, ma il succo è quello).


Ovviamente, essendo un titolo per smartphone, ed avendo Super Mario ben 31 anni sui baffi, la trama è solo un pretesto per iniziare a correre: la Principessa Peach (la biondina vestita di rosa, per chi non fosse pratico dell’argomento) ha preparato una torta ed invita il panzuto idraulico a casa sua per fargliela assaggiare. Come da copione, all'arrivo di Mario il cattivo Bowser (lo stesso drago che rapisce la stessa principessa da 31 anni) ha già rapito la malcapitata, e Mario non può che partire per salvare l’amata principessina.

Le recensioni al gioco non si sono fatte attendere, ed esso ha più o meno accontentato il pubblico. Tra le numerose recensioni spicca però quella di Mashable, che tramite la penna di Kate Sommers-Dawes, ci fa sapere che il gioco sarebbe sessista, in quanto la principessa Peach che sforna torte sarebbe uno stereotipo di genere.

Ci mancava solo questa. Ora, capisco che la trama non sia il massimo dell’originalità, ma si potrebbero muovere critiche ben più motivate, come le seguenti:

- Sono 31 anni che Mario corre salta spara nuota e via dicendo, e non ha ancora perso un chilo. MENO LASAGNE PIÙ DIETA, MARIO!!!

- Sono 31 anni che Peach viene rapita sempre dai soliti tizi, ma un drappello di guardie del corpo no, eh? Dopotutto è una principessa…

E invece no, anche Super Mario diventa suo malgrado uno dei simboli del malvagio Patriarcato®, ovvero l’istituzione diabolica per eccellenza che gode da secoli nel rendere un inferno la vita di tutte le donne (secondo le femministe, eh, mica secondo le persone intelligenti).

Il tema è ovviamente leggero e poco impegnativo, ma è interessante vedere come ormai l’egemonia culturale di gramsciana memoria punti anche a settori tradizionalmente snobbati dalla cultura radical chic, come l’intrattenimento videoludico di massa. Proprio per questo è utile avanzare 2 tipi di critiche, una di tipo storico-fattuale ed un’altra di tipo cattolico.

Samus Aran, il Girl Power di Nintendo!
Per la prima, occorre riconoscere che accusare una software house come la Nintendo di sessismo è una solenne cretinata, che testimonia pure il fatto che chi parla non sa di cosa sta parlando ed è ignorante sulla storia dei videogiochi. Infatti la prima software house ad inserire una eroina femminile nei videogiochi è proprio Nintendo, con il personaggio di Samus Aran nel gioco Metroid, nell'ormai lontano 1986. E che eroina! Samus Aran è infatti una cacciatrice di taglie che dà la caccia ai pirati spaziali, e per farlo spara e uccide.

Inoltre è bene ricordare che tutti i personaggi femminili della serie Mario hanno guidato i go-kart e altri mezzi in tutti gli episodi della serie Mario Kart, e che nella serie Smash Bros menano come e a volte anche di più dei personaggi maschili. Quindi, già per questi motivi, l’accusa di sessismo è stupida ed infondata.

Tuttavia, la seconda critica è quella che mi sta più a cuore, in quanto essere umano e cristiano cattolico. L’oggetto di critica è il fatto che un personaggio femminile abbia preparato una torta per un personaggio maschile e che lo inviti a casa sua (non oso immaginare cosa sarebbe successo se fosse venuto fuori che la ricetta della torta in questione non era vegana). Lo chiamano stereotipo di genere, io invece lo chiamo amore oblativo. Una forma di amore disinteressato, che non bada alla gratificazione personale ma al rendere servizio all’altro (che può essere il marito, la moglie, i figli, il/la fidanzato/a, etc.) e che trova piena soddisfazione nel vedere l’altro felice e che non chiede niente in cambio. In un’ottica laica, è la bellezza della gratuità dei rapporti umani. In un’ottica cattolica, è una forma quotidiana del sacrificio di Gesù Cristo.

Ecco, forse da quest’ottica possiamo capire perché crei tanto scandalo: in un mondo come quello di oggi, sacrificarsi per qualcuno senza chiedere niente in cambio, non può che essere visto come uno scandalo.

Vorrei concludere con un appello a tutte le principesse che ci leggono: continuate a fare torte (o quello che volete) per i vostri idraulici del cuore! Perché quando lo fate, siete bellissime!!

martedì 13 dicembre 2016

Dispaccio: L'importanza di imparare dai maestri: Rodolfo Casadei a Torino, venerdì 16 dicembre

Venerdì 16 dicembre ospiteremo, qui a Torino, il giornalista ed inviato di guerra Rodolfo Casadei del settimanale Tempi. Questo sarà il primo incontro di studio sul mestiere e l'importanza di fare giornalismo, stare ai fatti senza mistificazioni e manipolazioni, attraverso l'esperienza di persone autorevoli. Un modo per non stare solo sul web, bensì essere anche una buona presenza nella società civile torinese. Per educarsi ed educare al vero, al buono e al bello della realtà.

L'autorevole Casadei, approdato a Tempi dopo la forte collaborazione con Mondo e Missione, condividerà il "modo un po' anomalo" in cui ha imparato a fare giornalismo e cosa ha imparato umanamente da alcune sue esperienze professionali in giro per il mondo. Non mancheranno le foto scattate nel corso dei suoi reportages. 

"La Baionetta" non è un'associazione, ma un piccolo e vitale blog nato dal cuore (inteso biblicamente) di 4 amici universitari e lavoratori - un poco 'inklings' e monaci benedettini - affezionati e affascinati da Giussani, Tolkien, Chesterton e Péguy. Il gruppo sta allargandosi grazie alle tante persone che raggiungiamo, che ci sostengono con la Preghiera e i consigli, alle collaborazioni preziose che sono nate nei mesi scorsi.

mercoledì 7 dicembre 2016

Obice: Un ponte color arcobaleno

Carissimi tutti che avete votato NO al referendum e avete invitato tutti a fare altrettanto, se non foste ancora abbastanza soddisfatti di tutto quello che avete causato, vi diamo ora un’altra buona notizia.

Dovete sapere che la legge Cirinnà (formalmente la legge 76/2016) ha bisogno, come tutte le leggi, di decreti attuativi, cioè di quei “regolamenti” che permettono di attuare la legge in tutti i suoi aspetti.

Sostanzialmente i decreti forniranno un riconoscimento garantito da parte dello stato italiano delle unioni civili o matrimoni contratti all'estero secondo lo statuto italiano di unione civile.

Sono state inoltre apportate alcune modifiche al codice penale per consentire l’equiparazione del partner dell'unione civile al coniuge, così che nel caso uno dei due uccidesse l'altro si applicherebbe lo stesso regime che si applica alle persone legate dal vincolo matrimoniale.

In attesa dei decreti, le unioni civili sono state possibili grazie al cosiddetto “decreto ponte”, scritto dal ministro Angelino Alfano. Secondo quanto stabilito, il termine ultimo per l’approvazione dei decreti attuativi era il 5 dicembre; ma il nostro Angelino non smette di stupire, infatti il ponte provvisorio può essere “allungato” fino al 5 marzo 2017 data dopo la quale il decreto non sarà più valido. Quindi se la scadenza del 5 marzo non dovesse essere rispettata, non sarebbe più possibile creare unioni civili fino all'approvazione, in entrambe le camere, dei suddetti decreti.

In conclusione, oggi con 173 sì il Governo ha ottenuto la fiducia sulla manovra di bilancio, Renzi è tecnicamente dimissionario e bisogna ancora capire con quale forma e colore si metteranno a discutere di legge elettorale.

Mattarella ha accettato con riserva le dimissioni e domani inizieranno le consultazioni per trovare qualcuno che si prenda l’incarico di sostituire Renzi.

Considerando che le consultazioni inizieranno alle 18 pare che non ci sia tutta questa fretta, abbiamo già detto altrove che prevediamo che le camere non verranno sciolte prima del 15 settembre 2017.

Personalmente ci auguriamo che questo ponte crolli e che il prossimo Governo abbia il coraggio di mettere in discussione la legge Cirinnà e, di conseguenza, che sia capace di mettere nello stesso cassetto della Scalfarotto i suoi decreti attuativi.


Fabio Molinaris
Daniele Barale

lunedì 5 dicembre 2016

Obice: Molti combattenti e un fronte solo, il NO vince

Ha vinto il NO, e con una percentuale che onestamente non ci aspettavamo - avremmo scommesso un NO al 52, 53% - ma va bene anche il 60, intendiamoci.


Ha vinto quella parte di popolazione che non vuole un sistema veloce ma uno Stato che sa in che direzione andare, che vuole tenere conto delle minoranze e che non vende i principi su cui è stata costruita la nostra Costituzione, come gli articoli 3, 19 e 21 sulla dignità della persona, la possibilità di esprimere le proprie idee, la propria Fede, gli articoli 29, 30 e 31 sulla famiglia, il 118 sulla sussidiarietà, per qualche punto di spread.

Ha vinto chi ritiene che nella nostra Costituzione sia insita una visione antropologica, religiosa e filosofica che è la più ragionevole.

Ha vinto l'informazione fatta dal popolo e per il popolo, perché non è vero che l'opinione te la formi da solo leggendoti la norma (perché la riforma era illeggibile) ma occorre un continuo confronto e paragone con chi è autorevole nei giudizi. Pensando a quali sono state le voci del SI: giornali, televisioni e politici internazionali; e chi ha dato voce al NO: piccole ma diffusissime manifestazioni, volantini, il mondo cattolico (quello che ci capisce qualcosa sia chiaro) e il mondo di internet tanto criticato e disprezzato ma che si preoccupa di fare informazione; viene da pensare che la voglia di capire e informarsi c'è e che la maggior parte degli italiani vogliono incidere nella società.

Due sono le categorie di persone su cui vorrei focalizzare l’attenzione:

- la prima sono i tanto criticati giovani, quelli che non si interessano e non si informano, è sufficiente guardare questi numeri per capire che non è così.
La parte giovane dell'Italia ha lavorato molto con i vari comitati, uno su tutti gli Studenti per il NO, si è informata e ha preso una decisione.

- la seconda sono i cattolici, che tanto si sono impegnati nel controllare cosa ha fatto Renzi in questi mille giorni di governo.
Alcuni cattolici “alla Renzi” hanno votato SI in preda al “bello di guardare oltre” e al “dialogo”, molti altri, quelli che possono essere rappresentati dalla piazza del FamilyDay hanno votato e fatto campagna per il NO, andando in giro a spiegare cosa veramente era scritto nella Riforma.
Chiaramente la piazza non è solo mondo cattolico ma chiunque sia dotato di ragione, credenti e non credenti, che han condiviso le istanze a cui hanno dato voce chi ha organizzato e riempito gli incontri di piazza, alcuni di questi stanno pensando ai palazzi e altri no… vedremo.
Vi sono stati anche piccoli-grandi protagonisti come DNF, Sentinelle in Piedi, MCL, famiglie per il NO e molti altri, piccole forze che si sono ritrovate a combattere sullo stesso fronte con molti altri.


Rimane il dato che ora tutti vogliono accaparrarsi la fetta più grossa di questo 60%, bisogna capire se questa vittoria così schiacciante darà il coraggio a queste forze politiche di non dare la fiducia ad un governo tecnico che sicuramente verrà proposto, concedendo il tempo di fare la legge di stabilità e la legge elettorale, oppure se faranno i cattivi fino alla fine. Se il NO si fosse fermato al 52% non avrei avuto dubbi… ma l’ipotesi “cattivi fino alla fine” mi sembra richieda troppo coraggio.


Ad adesso c'è una legge di bilancio fatta di una tantum sulle entrate e di aumenti strutturali di spesa che non è stata approvata dall'Europa (forse alla fine verrà approvata proprio per non aggiungere altra instabilità) che va portata a termine e una legge elettorale che, allo stato attuale, è un proporzionale puro per entrambe le camere (pare). I 5 stelle vogliono usare “l'italicum corretto”, qualcun’altro parla di consultellum. Vedremo.

Il fatto è che noi non abbiamo problemi se il governo cade ogni due anni, a patto che questo rappresenti in modo reale la popolazione dello Stato. Non ci interessano mille mila leggi che regolamentino ogni aspetto della vita ma ne vogliamo poche, ben scritte e che lascino la massima libertà di iniziativa al singolo. Queste e molte altre cose erano soffocate e rese con la minima incidenza possibile all'interno della riforma proposta (il Senato come era disegnato e il combinato disposto non avrebbero mai rispecchiato il sentire comune); la riforma è stata fermata, e questa è una cosa buona, ora però bisogna rendere reale tutto ciò.

Intanto abbiamo un bel annetto di respiro per quanto riguarda la battaglia sulle questioni antropologiche in cui possiamo costruire qualcosa di concreto e poi si vedrà.

venerdì 2 dicembre 2016

Cinematografo dell'alpino: Snowden: Anche i nerd hanno una coscienza

Snowden è un film del 2016, per la regia di Oliver Stone. Il film ha il merito di far conoscere al grande pubblico la storia di Edward Snowden, l’analista informatico dei servizi segreti americani che ha rivelato al mondo l’esistenza dei programmi di sorveglianza telematica di massa.

Il film ricostruisce gli avvenimenti della vita di Edward tra il 2004 e il 2013, anno in cui decide di rivelare al mondo il lavoro della NSA (National Security Agency).

L'inizio è ambientato nel 2013, quando avviene il primissimo incontro in un hotel di Hong Kong tra Snowden stesso (interpretato da Joseph Gordon-Levitt), il giornalista Glenn Greenwald e la documentarista Laura Poitras. I tre si chiudono in una camera di albergo e, tramite una serie di flashback, vengono rivissuti tutti i momenti del passato del ragazzo: il fallito arruolamento nei Marines, l’assunzione alla CIA, i primi incarichi, le dimissioni, le successive collaborazioni con la NSA.

Durante questo incontro, Snowden consegna una mole rilevante di dati riservati ai due giornalisti che poi verranno pubblicati in tutto il mondo. Ovviamente, tutto ciò avrà delle conseguenze: Edward verrà incriminato per furto di proprietà del governo, comunicazione non autorizzata di informazioni della difesa nazionale e comunicazione volontaria di informazioni segrete con una persona non autorizzata.

Le accuse lo porteranno a fuggire in Russia, dove ottiene un permesso di soggiorno valido fino al 2017, e dove tuttora risiede.

La visione del regista è abbastanza evidente: Oliver Stone è uno dei progressisti americani pesantemente delusi dagli otto anni di Obama, e nel film si vede e si sente la speranza di cambiamento rispetto a Bush quando viene eletto Obama, tuttavia si vede come sotto Obama la situazione relativa alla NSA peggiori soltanto. Inoltre, nei titoli di coda, vengono fatti vedere alcuni spezzoni dei dibattiti interni ai Democratici prima delle elezioni americane (il film è uscito prima negli Stati Uniti, quando ancora la corsa per la Casa Bianca era nel vivo), nei quali Hillary Clinton (che poi diventerà il candidato dei Democratici) dichiara che Snowden è un traditore, mentre Bernie Sanders (il candidato perdente, quello per cui simpatizzava Stone) dichiara che Snowden è un eroe dei diritti civili dei cittadini americani.

L’interpretazione del giovane informatico da parte di Joseph Gordon-Levitt è spettacolare: egli riesce infatti ad avere lo stesso sguardo triste e malinconico dello Snowden originale, e fa rivivere in maniera realistica le grandi sofferenze fisiche e psichiche che ha sopportato negli anni: gli attacchi di epilessia, il rapporto tormentato con la fidanzata liberal (Edward è infatti un conservatore, crede tantissimo nel suo lavoro ed è onorato di proteggere gli americani e la Patria), il conflitto interiore tra la sua coscienza e il suo dovere.

Proprio quest’ultimo è il punto interessante di tutta la storia: Snowden ha deciso di rivelare certi segreti non perché qualcuno lo avesse pagato, ricattato o chissà cos'altro. Lui decide di farlo perché la sua coscienza non può più tollerare scuse strumentali (la lotta al terrorismo, etc.) per infrangere il diritto alla riservatezza dei singoli. Questo fatto è testimoniato da quello che lui dirà qualche mese dopo:

Alcuni potrebbero dire "Non mi interessa se violano la mia privacy perché io non ho nulla da nascondere." Occorre fargli capire che stanno fraintendendo il concetto fondamentale dei diritti umani. Non occorre giustificare il motivo per cui si ha "bisogno" di un diritto: il carico della giustificazione ricade su chi cerca di infrangere quel determinato diritto. Ma anche se fosse, non puoi cedere i diritti altrui perché a te non sono utili. Ad esempio, la maggioranza non può votare contro i basilari diritti di una minoranza.
"Affermare che non si è interessati al diritto alla privacy perché non si ha nulla da nascondere è come dire che non si è interessati alla libertà di parola perché non si ha nulla da dire.

Inoltre, nel fare quello che ha fatto ha perso tutto: ha abbandonato un lavoro dove veniva pagato più di centomila dollari all'anno e non potrà mai più tornare a casa propria. A tutto ciò, aggiungiamo che si è pure premurato di lasciare evidenti tracce informatiche del suo passaggio cosicché la colpa ricadesse interamente su di lui e non si scatenasse una caccia all'uomo tra i suoi colleghi.

La storia di Snowden è l’ulteriore conferma che ogni essere umano è libero solo nella verità, e che questa è inscritta nel cuore di ogni uomo, sia esso un informatico, un agente segreto o quello che volete voi. Cito ancora una volta Edward:
Nel corso della storia degli Stati Uniti ci sono stati momenti in cui ciò che era giusto non coincideva con ciò che era legale. A volte per fare la cosa giusta occorre infrangere la legge. E la chiave è in termini di disobbedienza civile.

giovedì 1 dicembre 2016

Ricognizione: Incontro sul referendum in Villa S. Giuseppe di Torino

Pubblichiamo il video dell'incontro che si è svolto ieri al Pensionato Universitario Villa S. Giuseppe di Torino che ha visto Fabio, Federico e Felice tentare di rispondere nel merito alle domande poste da alcuni universitari presenti.

Fabio e Federico sono due penne de La Baionetta mentre Felice è un ospite della Villa, lo ringraziamo per aver accettato di partecipare pur essendo rimasto da solo a difendere il sì. Ringraziamo fratel Antonio per l'invito e la platea per l'interesse e l'accoglienza riservatici.

Per noi è stata la prima esperienza come relatori in un incontro pubblico, speriamo di aver reso un servizio utile e di aver detto cose vere.

Obice: Un finesettimana in trincea (perché noi non ci facciamo mancare niente!)

Il palco di sabato mattina

Il fine settimana appena trascorso è stato particolarmente intenso qui a Verona: infatti, sabato mattina c’è stata la manifestazione di chiusura della campagna referendaria del Comitato Famiglie per il NO e domenica pomeriggio c’è stata la veglia delle Sentinelle In Piedi.

Ma andiamo con ordine.

Sabato mattina alle ore 11 in Piazza Cittadella si è tenuta la manifestazione di Massimo Gandolfini e soci. La piazza concessa dal Comune non era il massimo, era in centro ma comunque molto piccola (inizialmente l’idea era di ottenere Piazza Bra, ma siccome il sindaco Tosi è un sostenitore del SI, ovviamente non l’ha voluta concedere). Nonostante ciò, la piazza era comunque gremita e si sentiva nell'aria il destino comune che intreccia tutte le persone semplici che erano lì: famiglie, bambini, nonni, studenti, giovani disoccupati, in poche parole un popolo vero.

A turno si sono alternati sul palco tutti i personaggi più o meno legati alle avventure dei due Family Day: Massimo Gandolfini, Simone Pillon, Maria Rachele Ruiu (sempre più bella, d’altronde le migliori sono cattoliche e dalla nostra parte), Jacopo Coghe, Peppino Zola, Renzo Puccetti, Toni Brandi, etc.

Erano inoltre presenti tutta una serie di politici legati alle battaglie sulle recenti derive antropologiche: Gasparri, Roccella, Centinaio, Malan, Pagano, Giovanardi.

I contenuti degli interventi erano argomenti risaputi da parte del pubblico, ma alcuni di essi sono memorabili: ad esempio Renzo Puccetti che urla dal palco “Nell’urna Dio vi vede, Soros no!!”, oppure l’on. Pagano che ricordava come la storia, da circa 200 anni, sia una grande battaglia tra l’internazionale massonica e il popolo di Dio.

La manifestazione è durata circa 2 ore, dopodiché il palco ha salutato l’assemblea.

Domenica pomeriggio, invece, si è tenuta la veglia delle Sentinelle In Piedi in Piazza Bra a Verona. La veglia si è tenuta tranquillamente senza alcun tipo di intoppo, ma d’altronde siamo a Verona, mica a Torino o a Bologna.


Alcune brevi considerazioni

Personalmente, trovo che il popolo che si raduna per una manifestazione come quella di sabato mattina sia uno spettacolo più unico che raro, e di una bellezza incredibile. Questo perché viviamo in un’epoca dove è stata distrutta o derubricata a fascismo qualsivoglia identità di tipo politico-culturale, e una piazza in quel modo è rivoluzionaria nel suo essere conservatrice (nel senso di difendi, conserva, prega). Inoltre è bellissimo vedere come ancora qualche politico si fermi a parlare con tutte le persone che lo fermano, anche con quelle meno influenti (in tal senso mi hanno colpito particolarmente Roccella e Gasparri, con cui ho anche parlato).

Il problema a mio avviso è un altro: può una piazza di “raccattati” come quella di sabato riuscire a combinare qualcosa politicamente a livello nazionale? Ricordiamoci che le gerarchie hanno quasi del tutto abbandonato la contesa politica per flirtare con il Potere, e che siamo soli e divisi. Non esiste nessun partito neanche avvicinabile ad una qualche idea di tipo “cattolico” e per molti sedicenti cattolici oggi è legittimo e giusto votare PD. Un fronte come quello visto in azione sabato può, con molto lavoro, cercare di vincere un referendum, ma sarà in grosse difficoltà in una elezione politica nazionale. Purtroppo non vedo soluzioni miracolose all'orizzonte.

Per quel che riguarda le Sentinelle, qualcuno potrebbe avere da obiettare rispetto al loro scopo dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili, dicendo che la battaglia è persa. Questo potrebbe essere vero se l’orrore si limitasse alle sole unioni civili, il problema è che le disgrazie non vengono mai da sole e che al momento, nei cassetti del Parlamento, dormono disegni di legge agghiaccianti come quello sul testamento biologico, sul reato di omofobia, sul cyberbullismo (follia pura, imbavagliateci tutti e fate prima) e sicuramente è allo studio qualche cosa di ben peggiore degli orrori appena elencati. Quindi le Sentinelle devono rimanere in Piedi, poche storie.

Ah, e infine: DOMENICA TUTTI A VOTARE NO, GRAZIE.

Cinematografo dell'alpino: Animali fantastici e dove trovarli

New York, piuttosto che Londra. Non vediamo all’opera Harry: il protagonista questa volta è Newt Scamander, anch’egli giovane inglese stimato dal celeberrimo preside di Hogwarts, Albus Silente (sappiamo tutti che gli anni del potente mago ormai non si contano più!).

La storia raccontata in questo avvincente film, in effetti, si svolge nella grande mela degli anni Venti, molti anni prima rispetto alle avventure del mago più famoso della letteratura; ed è sempre la straordinaria J.K. Rowling a raccontarcela, con la complicità del regista David Yates, datato frequentatore del magico mondo della scrittrice.

Newt (interpretato da Eddie Redmayne) è in effetti un mago molto particolare: si tratta di un magizoologo, un zoologo di animali magici, che arriva a New York - convinto di fermarsi per una breve sosta - nel 1926, dopo aver girovagato per tutto il mondo riempiendo la sua valigia di creature fantastiche. Sin dalle prime scene del film emerge l’amore e la dedizione del giovane nei confronti di queste creature, nella maggior parte dei casi disprezzate, che sceglie di salvare da un destino disastroso, principalmente di estinzione.

Le avventure (e disavventure) di Newt, che lo costringeranno a fermarsi a lungo in città, iniziano con un classico topos romanzesco: lo scambio di borsa con uno sconosciuto. Questo sconosciuto, però, è un simpatico No-mag (traduzione americana del termine babbano, indicante colui che non fa parte del mondo magico, sprovvisto di poteri, insomma un semplice essere umano!) di nome Jacob Kowalski, aspirante pasticcere dall’animo semplice e coraggioso.

Sarà proprio Jacob a conoscere pian piano il magico mondo di Newt e degli altri maghi di New York, così da amarlo e volerne fare parte: un universo parallelo così speciale, Jacob non sarebbe mai riuscito neppure a sognarlo. Questi, infatti, portando con sé la valigia di Scamander, libera inavvertitamente alcuni suoi animali, facendo sì che lo Statuto di Segretezza del mondo magico venga inevitabilmente violato. Lo vedremo correre di notte al Central Park e scorrazzare per le vie dello shopping di Manhattan: la conoscenza degli animali magici di Newt si unirà alla divertente compagnia di Jacob, che lo guiderà in giro per la sua città. Denunciato alle autorità magiche da Tina, ex Auror, Scamander inizierà con lei, la sorella Queenie e Jacob una profonda ricerca della verità.

Non sono, infatti, solo le creature magiche fuoriuscite dalla valigetta a creare subbuglio in città: il mago oscuro Grindewalt è introvabile e vi è una forza oscura che semina caos e distruzione, riuscendo persino ad uccidere alcuni uomini. Parallelamente Newt viene a conoscenza del movimento estremista dei Secondi Salemiani, deciso a perseguitare e ad uccidere tutti i maghi e le streghe, che ha come base operativa un orfanotrofio, in cui i bambini vengono cresciuti nell’odio per la magia.

Sono numerosi gli spunti profondi e significativi di questa storia, le riflessioni che essa può suscitare in merito alla guerra del bene contro il male, non solo tra le classiche fazioni di buoni e cattivi, ma soprattutto in merito al combattimento che portiamo dentro di noi e che ci costringe a conoscerci in profondità.

Il bene è sempre una scelta, è un fidarsi, è un continuo correggersi, è una volontà coraggiosa. La Rowling ci ha sempre parlato di questa necessità, dell’importanza delle nostre compagnie, della forza trascinante della positività e della bellezza, della naturalezza insita nella sana diversità.

Attenzione, però, a non strumentalizzarla questa diversità…

L’universo denso di valori creato tanti anni fa a King’s Cross deve sopravvivere nelle pagine dei nuovi libri “magici”, che possono continuare a farci evadere e sognare e che, una volta calato il sipario, ci possono far rendere conto ancor meglio della realtà e di chi desideriamo essere.


Anna Amato