giovedì 10 novembre 2016

Lettera dal fronte: Teologia della Storia questa sconosciuta

È conosciuta da tutti la vicenda che ha toccato in questi giorni Radio Maria e P. Giovanni Cavalcoli, O.P. per cui questo articolo potrebbe sembrare uno dei tanti che cercano di spiegare il pensiero del teologo domenicano: specifico fin da subito che così non è, in quanto avevo già iniziato a meditare su queste vicende nei giorni seguenti il terremoto di Amatrice. Casualmente la mia collaborazione con questo blog inizia proprio con questo argomento durante questi giorni.

Fatta questa dovuta precisazione, cercherò di trattare nella maniera più semplice possibile la questione di fondo: perché Dio permette il male terreno, che colpisce sia i giusti come gli ingiusti? E questo male (sempre che lo sia) può essere inteso come castigo? Se si, cosa va a castigare Dio? Perché? E come?

Parleremo di questi argomenti partendo da un punto di vista particolare, quello della Teologia della Storia, vale a dire la comprensione e l’indagine sul senso della storia da un punto di vista della fede e di Dio (sub specie aeternitatis) e la filosofia della storia, cioè la comprensione e l’indagine sul senso della storia da un punto di vista della ragione e dell’uomo. Questo articolo, non lo nascondo, prenderà in considerazione il primo punto di vista: per l’esattezza seguiremo gli insegnamenti della Chiesa Cattolica e le opere di Joseph De Maistre. Solo per inciso, ci tengo a specificare che anche Cavalcoli ha espresso la dottrina della Chiesa Cattolica al riguardo ed è stato linciato proprio per questo in quanto il pensiero dominante, completamente scristianizzato, non accetta più la dottrina della Chiesa ma ammette solamente una sua prassi orientata al bene (al pari, dunque, di una qualsiasi ONG).

Punti e momenti storici cardine della Teologia della Storia sono i seguenti: Creazione; Peccato originale; redenzione; vita della Chiesa; Seconda venuta di Cristo. In quattro parole: l’economia della salvezza. Questi momenti sono unici ed irripetibili ed una volta avvenuti (ecco perché sono storici) non si possono annullare in quanto Dio non può far si che una cosa non sia stata. Poiché ogni momento è irripetibile, la Storia non ha un andamento ciclico (cioè che tende a ripetersi, uguale a se stessa) bensì lineare. Punto centrale dell’economia della salvezza è Cristo che con la sua Incarnazione, Passione, Morte, Resurrezione, Ascensione al Cielo ha redento tutta l’umanità.

Da che cosa ci ha redenti Cristo? Dal peccato e dalla morte, la quale è il frutto maggiore del peccato. Di che peccato stiamo parlando? E chi l’ha commesso? E la risposta è la seguente: Cristo, per mezzo della sua Passione e Morte in Croce, ha ristabilito l’amicizia tra gli uomini e Dio che si era rotta a causa del Peccato Originale di Adamo ed Eva, nostri primogenitori. Ma Cristo non ha pagato solamente il debito (=peccato) originale bensì anche tutti gli altri che per colpa del primissimo peccato sono seguiti. Infatti non si può dimenticare questa verità di fede, esposta magistralmente da San Paolo: tutti abbiamo peccato in Adamo e, quindi, tutti noi siamo tra gli uccisori di Cristo (usando un’espressione cara a Don Giussani). Il peccato di Adamo ha avuto tuttavia delle ripercussioni anche su ciò che non è nella sua essenza umana ma che era stato creato per l’uomo: il creato. L’uomo è il Signore del Creato (creatura molto buona secondo il giudizio di Dio stesso) e come tale è l’affidatario della creazione: ogni cosa, da Dio creata buona, è stata creata per l’uomo e, ovviamente per la lode a Dio. Tra le conseguenze del peccato originale, infatti, vi è non solo la perdita dell’innocenza da parte dell’uomo, non vi è solamente la trasmissione della traccia del peccato a tutti i suoi figli (conseguenze spirituali) ma anche l’arrivo della morte, della fatica e della sofferenza su tutto ciò che riguarda l’uomo (conseguenze materiali).

Possiamo dire con certezza, dunque, che in origine (in una situazione pre-peccato orinale) il Creato era in un certo senso perfetto e, soprattutto, non era così come lo intendiamo noi (violento, selvaggio, etc) e che, pertanto, le manifestazioni di male (terremoti, nubifragi, etc) che noi vediamo nel creato non fanno parte del piano originario di Dio.

È molto improprio, se non completamente erroneo, pertanto, ammettere che questo sia il migliore dei mondi possibili oppure che fenomeni complessi come i terremoti siano necessari alla vita della terra. Questo è un discorso che è ammissibile solamente come considerazione susseguente al peccato originale, non come base di partenza! Similmente non possiamo affermare che questi eventi, pur drammatici, siano inevitabili o necessari in quanto si nega il carattere di Causa sussistente di Dio: è lui, infatti, che tiene in vita ogni cosa e, come diceva Guareschi, se solo spostasse di un millimetro l’ultima falangetta del dito mignolo sinistro, tutto l’universo subirebbe un vero e proprio cataclisma cosmico. Dio, pertanto, in quanto Creatore=Causa di tutto il creato, può intervenire sul mondo fisico anche alterandolo, vale a dire infrangendo le leggi che egli stesso ha posto (il caso dei miracoli).

A seguito di queste tragedie, si parla spesso dell’impossibilità ad accettare la morte degli innocenti e dei giusti. Ma, come dice lo stesso Vangelo, chi di noi è senza peccato? E si dimentica altresì che Cristo, da innocente, ha dovuto pagare l’enorme debito che gli uomini avevano contratto con il Padre (e che continuano tuttora a contrarre con i propri peccati). Ma se lui è stato il primo giusto a morire ingiustamente, come potremmo giudicare noi la morte (sebbene drammatica) di presunti giusti?

Non bisogna dimenticare, poi, anche un’altra cosa fondamentale. Dio interviene sempre, in ogni momento, e potrebbe intervenire non solo con un miracolo bensì anche come giudice, castigando e punendo (sempre giustamente, e mai facendo il male) le offese che riceve o che la sua creazione riceve. Il Catechismo recita che qualsiasi il peccato è un’offesa contro Dio, e ve ne sono alcuni che addirittura gridano vendetta a Dio. Ma noi siamo sempre portati a pensare che Dio perdoni ogni cosa, senza invece ragionare sul nostro agire. Ma se noi fossimo Dio, perdoneremmo sempre e comunque? Spesso si dice che si sbaglia a pensare Dio come un essere che ha degli atteggiamenti umani. In linea generale è vero (altrimenti cadremmo in un becero paganesimo) ma dimentichiamo altresì che Dio, in quanto perfetto, deve agire secondo perfetta giustizia. E ad un danno segue sempre un castigo, ci piaccia o non ci piaccia. Ma essendo egli anche sommamente buono, riesce sempre a trarre dal male un bene. Il male, pertanto, è assenza del bene e Dio può solamente permetterlo e non crearlo. E applicando la punizione, egli non fa che dare il giusto al reo: non commette un male, bensì da al colpevole ciò che egli stesso ha ottenuto disobbedendo. Similmente, ciò che spesso riteniamo male è in verità un ammonimento. Per capire cos'è un’ammonizione basta un esempio: un padre che, attendendo il treno, sgrida il proprio figlio che giocando stava per buttarsi sui binari commette un male? No, ovviamente. Ed il bambino ricorderà sempre ciò che per lui è male come un avvertimento per non ripetere lo stesso errore.

E che il male sia un castigo l’abbiamo mostrato sopra a proposito del peccato originale: ma se il male è assenza di bene, esso non è necessario (come potrebbe essere necessario una qualcosa di negativo? E in quanto negativo non può esistere, altrimenti sarebbe una contraddizione) «ne consegue che ogni male può essere prevenuto o per mezzo della soppressione del crimine che l’aveva reso necessario, o per mezzo della preghiera che ha la forza di prevenire il castigo o di mitigarlo».

In conclusione, dobbiamo ricordarci questo: la creazione tutta geme ed attende la venuta del Regno di Cristo. In questa valle di lacrime possiamo cercare di placare la collera di Dio per i nostri peccati ma dobbiamo altresì essere coscienti che le conseguenze del peccato originale saranno sempre tra di noi. Agendo sul piano materiale, in quanto signori della creazione, abbiamo l’obbligo di custodirla e di mitigarne la violenza.

Ma in quanti in questo mondo di opulenza, prettamente industriale e capitalistico, pregano Dio di allontanare da noi la fame e la peste? E in quanti preghiamo Dio perché invii la giusta pioggia, o un buon raccolto? E quanti ringraziano Dio per una buona annata in campagna? Ed in quanti praticano le antiche rogazioni per chiedere a Lui solo il benessere della campagna?

Non è strano, pertanto, che le società pre-industriali o agricole siano più religiose: esse infatti sanno che l’uomo è come un soffio, e che in ogni momento conviene avere i conti apposto col Sommo Giudice. Approfittando magari dei momenti di indulgenza e dei sacramenti (a nessuno infatti piace l’inferno).


Il Cardinale del Sacco

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