giovedì 5 maggio 2016

Come eravamo: Comunione e Liberazione, Gruppi di comunità cristiana all'interno dell'Università (Bollettino novembre 1969)

Ci rivolgiamo a tutte le esperienze presenti in Università, in particolare:
— a tutti coloro che lavorano per la comunità cristiana
— a tutti coloro che lavorano per la liberazione dell'uomo.

Siamo un gruppo di Chiesa che vive nell'Università. Riconosciamo la nostra origine in Gesù Cristo, nel suo annuncio di salvezza e nella comunità da lui costituita: la Chiesa.
La comunità cristiana esiste solo nella storia dei bisogni e delle contraddizioni dell'uomo, per questo ci rivolgiamo a tutti quelli che in Università si muovono, lottano e lavorano per la liberazione dell'uomo.(ndr. per comodità di lettura le pagine sono riportate in ordine 1,4,2,3)


Costruire la chiesa è liberare l'uomo

L'evidenza delle contraddizioni
A volte è un grido forte e rabbioso, spesso un silenzio, comunque con una chiarezza che non si può più nascondere e con una coscienza sempre maggiore scoprono e si affermano i bisogni dell'uomo. E da più' parti si lavora alla loro soluzione.
Non si può sfuggire a questa realtà perché ogni fuga comunque mascherata, ogni neutralità significa accettare e approvare le contraddizioni esistenti.In questa realtà di dolore e di bisogno noi ci riconosciamo. A questa realtà siamo impegnati a rispondere.

La ricerca dell'unità
Assistiamo oggi a un formidabile tentativo di costruire una unità tra gli uomini: una unità che si basi su rapporti sociali nuovi, non più alienati nella struttura del capitale, non più di sfruttamento e di falsità ideologiche.
Questi tentativi non sono in molti casi ingenuamente babelici: le forze rivoluzionarie più autentiche sono coscienti del limite, della contraddizione che è nel cuore dell'azione e del pensiero dell'uomo e che rispunta inevitabilmente al di là di ogni sua diagnosi e impresa. Pensiamo a quell'esempio storicamente e sociologicamente macroscopico che è la rivoluzione culturale cinese, tentativo di costruire quotidianamente questa unità, come inarrestabile risolvimento pratico e collettivo della contraddizione.
Noi cristiani ci riconosciamo pienamente in questa contraddizione: vogliamo anzi andare fino in fondo al bisogno di unità.
L'unità del cristiano non è a fianco della volontà di unità di un popolo o di una classe. L'unità del cristiano vive dentro la volontà del popolo o della classe, è prima che questa nasca coscientemente, rimane quando l'unità del popolo è stata tradita.

Il cristianesimo è un fatto
Il cristianesimo non è una teoria ma un fatto. Comincia con l'annuncio di salvezza fatto da Cristo: non «dice» una teoria o una filosofia a un «ascoltatore» ma obbliga il cristiano a fare la strada insieme a chi lo ascolta.
L'obbliga a condividere la situazione di chi lo ascolta, i suoi bisogni personali, le contraddizioni sociali in cui è inserito.
E' annuncio di salvezza dalla radice di contraddizione che c'è in ogni uomo, in ogni volontà di liberazione, la radice di contraddizione che il cristiano chiama «peccato» e che a tutti è nota come «morte».
Una salvezza che non fa dimenticare i bisogni e le contraddizioni umane (questa è la tremenda strumentalizzazione che la nostra società ha fatto del cristianesimo) al contrario obbliga a fare proprie le contraddizioni degli altri, obbliga a lottare con essi per annunciare a tutti una nuova salvezza che può iniziare subito mentre si lavora per trasformare le strutture.
Questo è la novità del cristianesimo che subito si può vivere una nuova unità, l'unità della carità: la comunità cristiana.
Ma la comunità cristiana vive solo nei bisogni e nelle contraddizioni degli uomini nel modo e nel lavoro per risolverli.

Il fondamento di una nuova unità
Questa unità è Cristo come fondamento «pietra d'angolo»: l'unità non è una utopia perché la salvezza già opera tra noi, e il fondamento è già stato posto per la costruzione di una unità che non sia esclusione, dispersione, sopraffazione.
Perché questa è la nostra condizione di uomini: tendere a una unità che da soli non siamo in grado di realizzare. La nostra presenza di Cristiani nel mondo è rendere testimonianza a quel principio di unità che vive tra di noi. La nostra unità non è comodo rifugio di alcuni, ma se anche è unità di pochi essa vive come segno dell'unità per tutti.
Per questo si mostra e si dà a conoscere. Il fatto Chiesa vive l'unità espressa dai suoi membri come valore per tutti: essa è quel luogo in cui già vive realizzato quel valore che essa porta. Per questo il nostro essere Chiesa si fa proposta; l'invito è dunque all'unità che già viviamo. Certo del momento che si tratta di un luogo presente in uno spazio speciale e calato in un tempo storico, l'essere Chiesa, cioè vivere l'unità, non esenta da difetti ed anche gravi carenze, ma ciò non scandalizza se non gli ipocriti e i distratti: noi non proponiamo noi stessi, ma un valore che diciamo insostituibile per tutti.

L'unità dono di Dio 
L'unità è il dono fatto agli uomini da Dio per mezzo di Gesù Cristo. Il punto più importante di questa affermazione è ora: dono di Dio.
E' Dio che ha generato questa unità nuova all'inizio dei tempi, Lui ha riunito poi un popolo col quale ha stretto un'alleanza, un popolo che gli appartiene. E' Dio che costituisce questo popolo, è Dio che chiama.
Dio disse ad Abramo: «Parti dal tuo paese, dal tuo parentado, dalla casa di tuo padre, e va nella terra che io ti indicherò. Io farò di te un popolo grande, ti benedirò, renderò grande il tuo nome e tu sarai benedizione».
E' ancora Dio che interviene mandando suo Figlio in terra per costruire questa unità: «Non soltanto per questi io prego, ma prego anche per quelli che crederanno in me per la loro parola, affinché siano tutti una cosa sola».
«Dio, al fine di stabilire la pace, cioè la comunicazione intima tra sé e gli uomini, e di realizzare tra gli uomini stessi un'unione e fraterna, decise di entrare in maniera nuova e definitiva nella storia umana, inviando suo Figlio a noi..».
Nessuna «ideologia» e nessuna linea di tendenza storica avrebbe potuto prevedere e preannunciare la novità radicale accaduta nella storia dell'uomo con la venuta di Cristo.

La chiesa luogo della unità 
La Chiesa, prima che istituzione, dottrina, spiritualità, è vita nuova di uomini nel mondo, la cui originalità non poggia su una piattaforma di programmi ma su un annuncio ricevuto: la vita eterna, la possibilità di cominciare ora una vita che è per sempre. E' l'annuncio portato da Gesù Cristo, è la parola che nella storia si comunica attraverso l'organismo costituito da coloro che già l'hanno ascoltata e già vi hanno creduto. C'è bisogno di un fatto perché quella parola venga detta e possa essere incontrata continuamente. C'è quindi un lavoro da compiere perché la potenza di Dio viva tra noi: «Amatevi gli uni gli altri affinché il mondo creda...».
Un annuncio di vita e di salvezza per gli uomini. Un modo con cui si comunica: l'unità tra gli uomini nel nome di Dio.

Un compito: la costruzione della chiesa... 
...perché ci sia tra gli uomini la parola di verità che non conclude, ma indirizza nel giusto verso il lavoro che essi compiono per la loro liberazione. Come, questa costruzione?
E' un atto di conversione, cioè di rivoluzione da compiere personalmente. Ma la persona non è astratta, o una entità limitata e conclusa, indipendente.
Si definisce nei rapporti che vive: nella famiglia, nella professione, nel lavoro, fino al modo con cui accetta che sia definito il rapporto tra sé e chi vive dall'altra parte dell'oceano.
Tutta questa gamma di rapporti vive nella persona e la costituisce; meglio ancora caratterizza l'ambito che la persona quotidianamente vive.
Può essere per noi l'Università: bene, è qui, nell'ambito quotidiano, che i rapporti vanno rivoluzionati, che bisogna accettare il disegno di Dio, la sua parola, la vita di Gesù Cristo come metodo con cui vivere, giudicare, impostare la propria esistenza.
E' quindi una vita nuova che afferma nel mondo dei valori, dei criteri, non provenienti da una logica umana, ma donati da Dio: una comunione di vita.

Vita nuova: fatto sociale nuovo, possibile fin d'ora 
La fede non è un sentimento, è una visione di sé e del mondo, una mentalità. Essa è la parola di Dio che abita nell'uomo, e che lo cambia. Per essa l'uomo partecipa di un modo di affrontare la vita, di leggere la storia, di operare scelte che non è suo, ma di Dio. E' un criterio di giudizio nuovo, che si applica a tutte le cose e ne stabilisce i valori. Esso non discende da una purezza o integrità di vita posseduta dai cristiani e non da altri, ma semplicemente è donato.
Questa vita nuova è una conversione e non un perfezionismo; Dio ha scelto di manifestarsi al mondo nella debolezza dell'uomo, nonostante e attraverso il suo peccato.
Per questo noi rifiutiamo una visione intimistica e perfezionista della Chiesa. La prima in quanto afferma un rapporto individuale uomo-Dio fuori della storia, rifiuta la visione della storia, Chiesa come fatto storico che obbliga a scelte precise (infatti è stata usata da molti nella nostra società borghese come copertura al proprio disimpegno). La seconda, in quanto vorrebbe una Chiesa pura, rifiuta di riconoscere la manifestazione del dono di Dio nelle debolezze e nel peccato della Chiesa di oggi.

Un gruppo preciso e aperto 
Chi fa parte della comunità? Non è questione di soci presentatori o di allineamento ideologico: è della comunità e nella comunità chiunque ha ricevuto l'annuncio di Cristo e l'ha accettato e riconosciuto. L'unico metodo con cui si individua il perimetro della comunità è l'accogliersi, non sul rispetto di un programma o la coerenza ad una ideologia, ma sull'ascolto e la risposta che ciascuno dà all'annuncio cristiano. Non un gruppo chiuso, non un generico «riflettere cristianamente» su alcuni avvenimenti. Ma un organismo, un corpo fatto di tante membra indispensabili le une alle altre, e al corpo intero, che si accettano e valorizzano nella loro funzione, per la vita di quel corpo. Chi lavora perché questo corpo viva, è del corpo, e va accettato per la funzione che vi svolge.
Nasce la Chiesa. Nasce un luogo in cui non per merito di chi partecipa, ma per la potenza del Padre che lo ha generato, vive, ed è incontrabile il suo messaggio di libertà e di salvezza.
La comunità cristiana non è nient'altro che il pezzo di mondo in cui i rapporti e le strutture sono già poco o tanto modificati dalla fede in Cristo. E' un luogo di comunione preciso e identificabile; il suo compito non è la competizione con altri tentativi e lavori, ma il dire l'annuncio di cui è investita; porre delle domande agli altri, con cui senza esitazione lavora per la liberazione dell'uomo.
Perché Dio accompagna lungo il cammino che è di tutti: non porta d'un tratto al traguardo.

Un gruppo concreto 
Come mai per tanto tempo si è pensato che vivere la Chiesa, l'annuncio e la risposta al bisogno ultimo dell'uomo, esonerasse dai bisogni storici? Non si può pensare che la promessa della vita eterna che il fatto cristiano testimonia nel mondo, sia solo una «torta in cielo», la vita futura. La verità di questa promessa si misura invece nella coraggiosa e puntuale risposta ai bisogni che si incontrano oggi. E' proprio condividendo e lavorando su questi, che la salvezza eterna «passa» nel mondo.
Nella misura in cui la Chiesa vive (pur tra mille limiti) la pienezza di vita donata agli uomini da Cristo, è costretta a rispondere alle domande che di continuo, direttamente o indirettamente, uomini e fatti le pongono. Il punto non è riuscire a formulare competitivamente sempre la risposta migliore, ma ascoltare i bisogni e lavorare alla loro risoluzione, con la libertà ed umiltà che deriva dalla fede nella potenza di Cristo che vive tra noi e che anche attraverso noi, continuamente salva il mondo.
Non c'è nulla da difendere: perché tutto ciò che noi, in quanto Chiesa, abbiamo, è un messaggio, un annuncio di vita eterna per il mondo.
Il lavoro è realizzarlo come vita nuova tra quanti già ci credono e trafficarlo, rischiarlo di continuo nell'incontro con gli uomini e i loro bisogni.

Per l'azione: condividere e ascoltare

La comunità cristiana sorge per un dono gratuito e libero di Dio agli uomini: questa del «donare gratuitamente» è la modalità con cui Dio continuamente rinnova le cose e la vita, e con cui quotidianamente entra in rapporto con la sua Chiesa.
Nella nostra esperienza è stata una presenza gratuita e fedele che ci ha reso possibile incontrare il Signore nell'ambiente in cui vivevamo. Questo incontro ci fa sperimentare che esiste un soccorso definitivo al bisogno dell'uomo, e si può lavorare con speranza per risolvere anche i bisogni più immediati e concreti.

Gratuità 
E' la coscienza di tutto questo che motiva un'azione caritativa, quello che chiamiamo gesto gratuito. «Gratuito» non indica una qualificazione soggettiva: la gratuità o la carità non sono una intenzione, ma sono piuttosto la ritraduzione corretta della dinamica propria della vita cristiana.
Oggi proporre un'azione sociale come espressione di gratuità si scontra almeno su due fronti. ANZITUTTO CON LA MENTALITÀ EFFICIENTISTICA imperante in Università come altrove: essa preme in molti modi per far si che ogni fatto non immediatamente produttivo, non legato a un interesse, venga estromesso dal nostro lavoro; ridicolizza come assurdo e ingenuo un intervento che non sia governato dalla legge della necessità e del profitto.
E in secondo luogo si scontra con ogni schema politico, inteso come l'esecuzione di un programma, di una soluzione (individuata magari con analisi, inchieste, ecc.) che si vuole calare in una situazione.
Sentiamo certamente molto urgente cogliere le contraddizioni esistenti nella società. Ciò che però abbiamo da affermare e da vivere prima di tutto non è una formula di soluzione, ma una metodologia in questo lavoro. Ed è la risposta radicale al nostro bisogno, donataci da Cristo, che rende possibile questo lavoro; essa non esiste «prima», come una regola da applicare, ma esiste incarnata e attualizzata nella risposta storica che il nostro impegno realizza.
Il motivo che ci muove si traduce dunque immediatamente in una prassi: ascoltare gli altri e condividerne il bisogno. Noi non affidiamo ad altra metodologia la nostra esigenza di analizzare la situazione e la nostra urgenza di intervento proprio perché non sono i dati di un'inchiesta quello che vogliamo avere in mano. La nostra fiducia va all'avvenimento della condivisione, che è già attuato fra noi e che deve avverarsi con più gente ancora. Occorre ripetere con gli analfabeti, come con tutti gli altri, lo stesso gesto che vale prima di ogni altro per te, la ricerca della conversione: non un altro gesto. Occorre abituarsi a usare verso di loro la libertà che hai verso te stesso quando cerchi di ascoltare il tuo bisogno di Dio, e non altri bisogni. E' questo avvenimento che ci può dare la lettura che ci serve della situazione, ed è questo avvenimento che si traduce di fatto necessariamente in un intervento rivoluzionante le strutture dei rapporti esistenti (rapporti personali, sociali, economici, ecc.).

Il lavoro
Il nostro lavoro si svolge a Romano Banco. E' un comune operaio della periferia di Milano, in cui la popolazione è formata per l'80% di immigrati (veneti, bergamaschi, meridionali ecc.) e il cui sviluppo demografico ha seguito strettamente quello delle industrie della zona. Esiste già da qualche anno a Romano Banco una comunità di lavoratori e non, dai 18 ai 27 anni impegnata in una vita cristiana: entrare in rapporto con questa situazione, proprio per le considerazioni esposte prima, ha voluto dire prima di tutto mettersi insieme a loro, e far nascere dalla condivisione con loro delle categorie nuove di giudizio e di affronto della situazione, intesa come condizione di lavoro, famiglia, rapporti sociali ecc. Da questo è nata la decisione di impegnarsi nel campo dell'istruzione giudicandolo uno strumento troppo importante per lasciare che sia monopolizzato da pochi e non posseduto da tutti. Inoltre era il più richiesto dalle persone che più erano coscienti della situazione. Ne è nata una scuola media serale per adulti (i criteri di insegnamento sono naturalmente del tutto rinnovati), il doposcuola per i ragazzi delle medie, un'azione di alfabetizzazione e la trasformazione della tradizionale struttura dell'oratorio per i ragazzini stessi, visto come luogo di convivenza e di affronto dei problemi.
Si è iniziato un lavoro con le persone adulte (lavoratori, madri di famiglia, professionisti, giovani sposi ecc.), per proporre anche a loro di prendere coscienza insieme dei problemi che vivono, e di cercarne le soluzioni.

Rompere il cerchio dell'Università 
C'è una valenza culturale precisa nell'affermare che questo tipo di azione non è il lavoro del tempo libero dallo studio. Equivale a dire che per noi la determinante prima della nostra posizione di studenti non è l'Università stessa, ma un lavoro fortemente unitario — costruire la Chiesa — all'interno del quale acquista uno stesso significato sia lo studio che un'azione sociale in un quartiere. Questa diversa priorità nel definirli ,scioglie alcune contraddizioni tipiche della posizione di studente, come l'isolamento sociale, e culturale, le grosse difficoltà di comunicazione col mondo operaio, che per noi, a Romano Banco si realizza davanti ad una popolazione per la quasi totalità formata da lavoratori.
Queste sono rivelazioni ancora molto parziali, sono più spunti di un discorso che l'esperienza stessa a Romano Banco dovrà svolgere.

"Lottare adesso”

Abbiamo incontrato un quadro rivoluzionario brasiliano, del movimento di Carlos Marighela, il guerrigliero ucciso pochi giorni fa in una imboscata a Sao Paulo. Proponiamo, sotto forma di intervista, l'incontro fatto, per due motivi.
— Ci ha colpito un'autenticità umana, l'integralità di una scelta nella quale è giocata la vita intera; la testimonianza di una vita impiegata per operare la liberazione dell'uomo da condizioni di sfruttamento. Per noi è invito forte a misurarci con la autenticità di una sofferenza diventata azione di fronte allo scandalo di un'oppressione.
— L'intervista ci dà un quadro della situazione di una vasta parte della popolazione brasiliana e latino-americana.
Troppo spesso simili realtà le conosciamo attraverso la mediazione dell'industria giornalistica ed editoriale che, tranne poche eccezioni, sono una mistificazione; in fondo una collusione con quelle situazioni di oppressione.
L'America Latina è un esempio; Abidjan, Ciad, Corea, Pakistan ecc. insegnano.
Un'opera di liberazione può anche essere il vaglio delle notizie e la rottura del silenzio.
Noi stiamo tentando di farlo.

Com'è il quadro della situazione?
Un quadro della situazione riassuntivo è questo: in Brasile c'è una situazione di guerra, riconosciuta da tutte le componenti, e di guerra rivoluzionaria.

Come si manifesta la guerra rivoluzionaria, quali sono i punti di scontro?
Via alla guerra rivoluzionaria è la lotta guerrigliera, agli inizi in Brasile, fatta di propaganda e azioni in città. E dopo si arriverà alla guerriglia in campagna che si comincia già ora. I gruppi guerriglieri faranno l'esercito popolare di Liberazione Nazionale, che prenderà il potere, formando lo stato rivoluzionario, sostenuto dal popolo armato. Questa è la strategia in linea generale.

Quali sono le prospettive della lotta, perché la guerriglia?
Tutti i tentativi di via d'uscita attraverso la politica sono crollati. La rivoluzione borghese, le riforme per lo sviluppo di una borghesia nazionale ecc., non sono riuscite a cambiare le strutture di potere (latifondi, oligarchia agricola, mineraria, esportatrice). Non c'è mai stata una borghesia. Oggi quello che doveva essere la borghesia nazionale è l'imperialismo americano che domina, controlla ecc. Tutti i fallimenti hanno dimostrato che per la partecipazione delle masse allo sviluppo integrale, l'unico modo è la rivoluzione socialista, attraverso la lotta armata del popolo.

Perché la guerriglia è nelle città?
In città, l'azione guerrigliera può indebolire le forze della reazione. Ad esempio, i mezzi di comunicazione di massa sono nei centri urbani, in mano ai reazionari. Inoltre bisogna dimostrare a tutti che esiste uno stato di guerra rivoluzionaria, facendogliela vedere sotto il naso. Il lavoro dei nuclei guerriglieri è addestramento, preparazione del quadro rivoluzionario, impadronirsi di una potenza di fuoco sempre maggiore, assaltando caserme, banche, supermercati, ecc. Tutto questo accompagnato da un lavoro politico.

Come credi di aiutare qui in Italia l'azione rivoluzionaria?
Qui posso fare ben poco; posso dire che la rivoluzione è cominciata. Che la lotta è uguale per tutti, perché ha identificato un nemico comune il capitalismo, lo sfruttamento, l'oscurantismo fascista.

Come avviene il reclutamento?
La coscienza rivoluzionaria nasce in tutti i modi. Se uno riflette sulla situazione, ha l'obbligo di fare la rivoluzione. Forma un gruppo, si addestra alla guerriglia, fino a quando diventa un gruppo numeroso che si divide, pur mantenendo i contatti col centro.

Da noi in Italia c'è molta divisione tra i gruppi rivoluzionari in base a discorsi di strategia e di organizzazione della lotta. E da voi?
In un certo senso anche da noi. Unire le forze è difficile, ma non impossibile. Il catalizzatore è la rivoluzione in corso. Il nemico è identificato. L'unico modo per rovesciarlo è la lotta armata del popolo. Dunque c'è un consenso comune: sulla guerriglia come metodo; sul fatto che rovesciato il nemico si deve fare un governo rivoluzionario; questo governo rivoluzionario deve fare un sistema non di sfruttamento, cioè il socialismo. Su questi punti non c'è divergenza. Si lotta. 

Qual'è la strategia generale della lotta guerrigliera? 
Il Brasile è molto grande. La maggior parte della popolazione è concentrata in un triangolo di città sulla costa. Li c'è il potere, li è l'opinione pubblica. In campagna siamo ricercati e vinti senza che la gente in città lo sappia. La guerriglia è nazionale, di tutto il popolo, la presa di coscienza rivoluzionaria deve avvenire nelle masse. Questa è la tattica. La decisione della lotta sarà nelle campagne mediante l'alleanza di contadini, studenti e operai. La guerriglia urbana si accentuerà quando si scatenerà la guerriglia nei campi perché l'esercito reazionario lascerà la città e dovrà dividersi.

Cuba è il modello più tipico? 
Il modello più tipico è brasiliano.

Quali sono gli obiettivi dell'Azione di Liberazione Nazionale? 
L'ALN ha un programma riassumibile così: Fare la rivoluzione agraria permanente. Espropriare i beni imperialisti, le imprese dell'imperialismo, espropriare i latifondi. Espropriare le imprese dei borghesi collaboratori. Fare il governo rivoluzionario sostenuto dal popolo armato.

Com'è il lavoro politico di base con i favelados? Spesso per i favelados non sono comprensibili le parole d'ordine dei gruppi rivoluzionari. 
Vai da loro e condividi la loro situazione e hai interesse a aiutarli a integrarsi alla vita. Vai a lavorare in favela, lavori con loro li aiuti a essere «gente» e in questo modo puoi avere spazio per una azione pratica più completa. Ci sono quelli che fanno discorsi: parlano di Marx Engels e Mao, ma non sono ascoltati. Il punto è di fare un lavoro pratico.

Come giudichi la posizione di Camara sulla non violenza?
Penso che è un male necessario. Crediamo che sia in buona fede ma accentua le contraddizioni esistenti. La gente che lo ascolta fa come lui dice: fa manifestazioni pacifiche per le strade e viene uccisa, perché la violenza è già in atto. In questo modo capiscono che l'unica strada è la guerriglia.

E il PCB? Non è una forza rivoluzionaria. E' una direzione burocratica. Non si allea con noi perché vuole essere un partito comunista, per fare la lotta senza la violenza. Vuole lottare contro la dittatura, rendere democratico il paese, creare le condizioni per lo sviluppo che farà crescere il proletariato, il quale farà la lotta per il cambiamento dal capitalismo al socialismo. Noi non crediamo all'esistenza di una borghesia nazionale. Essa è sostituita dall'imperialismo statunitense. Tutte le masse devono fare la lotta rivoluzionaria.

Cosa fanno gli studenti? 
Molte università sono chiuse, gli alloggi per gli studenti sono trasformati in caserme, molti studenti sono costretti a fare la lotta guerrigliera. Il Movimento Studentesco che ha avuto un grado elevato di manifestazioni, manifestazioni di massa con grande partecipazione, oggi non esiste più. Gli universitari hanno capito che la grande manifestazione può portare solo la frusta e niente altro. Oggi più di 80 tra i migliori professori universitari del Brasile sono stati buttati fuori; alcune migliaia di studenti arrestati, processati, espulsi, confinati, esiliati. Un esempio: la facoltà di filosofia di S. Paolo aveva più di 3000 alunni, oggi è chiusa. E gli studenti che fanno? Una grossa parte sta nella lotta armata.

E' possibile buttar giù il regime con un colpo di stato?
Non è possibile, sarebbe un regime dello stesso tipo. Non si cambia rovesciando un uomo, ma il sistema.

Pensi che gli USA non interverranno pur di impedire una nuova Cuba? 
Si, è vero, se arriva l'esercito U.S.A. la lotta sarà più facile, perché il nemico è evidente. Gli U.S.A. non permetteranno un'altra Cuba. 
Attualmente il Brasile è il gendarme della strategia imperialista degli U.S.A. in America Latina. 
Ha elaborato una sua propria strategia che prevede la invasione di qualsiasi paese latino americano che minacci l'imperialismo degli U.S.A. Se il Brasile sarà impegnato contro la guerriglia interna molto più facilmente gli altri paesi dell'America Latina potranno vincere la loro lotta. Questo è il creare molti Viet-Nam; a una strategia globale imperialista contrapporre una strategia globale rivoluzionaria.

Com'è la vita del quadro rivoluzionario? 
La preoccupazione del quadro è fare la rivoluzione, e non c'è altra preoccupazione. Il tipo di vita dipende dallo stadio della lotta. La rivoluzione ha bisogno di quadri integrati nel sistema che facciano il doppio gioco per fare proseliti e per dare notizie... Però arriva sempre un giorno in cui sei costretto a vivere clandestinamente, ed è una vita dura.

E' diversa la funzione della donna nella lotta? 
Non c'è differenza. Fa tutto ciò che può fare un militante. Qui da noi molti rivoluzionari sono ripresi dall'ingranaggio della vita borghese e si lasciano integrare. 
No l'idea della rivoluzione è incorruttibile. Come la fede cristiana. 
Il rivoluzionario può star dove vuole fare quel che vuole; sarà sempre rivoluzionario e agirà sempre come tale. 

La rivoluzione è la via per la società socialista? 
Come è possibile, facendo la rivoluzione, vivere già i valori che realizzerete con la presa del potere?
Questa è una domanda soggettiva. Il problema è se sono realizzato come uomo in questo momento; io mi trovo in Italia e sono frustrato di non poter essere in Brasile ma ciò che importa è vedere l'arrivo. Io sono qui, vedo l'arrivo e sono tranquillo con me stesso. L'arrivo è visibile: sono qui e cammino con passo tranquillo senza vacillare; chi fa la rivoluzione non ha il diritto di vacillare. Può sbagliarsi perché è umano, però mai vacillare.

1 commento:

  1. splendido documento su un altro 68..quello che invita a scoprire Cristo...il manifesto anticipa di 10 anni le parole di Giovanni Paolo II "aprite le porte a Cristo2 e dimostra che Giussani e Woitila avevano la stessa antropologia

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