martedì 29 dicembre 2015

Obice: Riflessioni sul Natale, in compagnia di Chesterton

In questi ultimi anni, mentre si fanno le compere tra Natale e l'Epifania è facile imbattersi in negozi i cui interni e le cui vetrine presentano sagome di abeti e la scritta “Season Greetings” che letteralmente significa “Auguri di stagione”. Già Babbo Natale aveva avuto gran parte nello sfrattare dall’immaginario collettivo, soprattutto infantile, Gesù Bambino. Ora si sono messi pure catene commerciali ed enti pubblici a svuotare ancor più dall’interno il significato cristiano del Natale, sostituendolo con un natale laico e commerciale: azione che colpisce chiunque voglia festeggiare seriamente il Natale; colpiti primi fra tutti i dipendenti, perché costretti a lavorare fino a tardi pure il giorno della Vigilia.

Uno “sfratto” che continua da anni in diverse istituzioni. Non a caso molte scuole hanno abolito i presepi. Un esempio eclatante è arrivato da Rozzano (Milano), dove all'istituto Garofani, il dirigente scolastico Marco Parma (dimissionario), ha deciso di annullare l’usuale festa di Natale che si teneva ogni anno e di sostituirla con festicciole private nelle classi in stile catacombale e con una pagana “Festa d’Inverno” che si svolgerà a gennaio. Banditi per tutti, poi, i canti a sfondo religioso e via dalle aule gli ultimi due crocefissi sopravvissuti.

Lo “spirito del Natale” è stato sostituito da quello del peggior laicismo di stampo francese.

Il rettore e alto funzionario del ministero francese dell'education nationale Gilles Pécout, nominato nel 2014 da François Hollande, ha scritto ai presidi, invitandoli a mettere in campo «diverse iniziative» prima del Natale ma «in ogni caso la carta della laicità deve essere al centro di tutti gli avvenimenti». A scanso di equivoci, ha fornito qualche consiglio favorendo «lavori di esplorazione lessicale, di produzione letteraria o poetica» a partire proprio dalla Carta. Le religioni ovviamente non si devono bandire, si possono anche usare in modo strumentale «facendo una lettura comparata di testi sacri di religioni diverse che veicolino lo stesso messaggio di fraternità e pace». Segno che in Francia la laicità è ormai la vera e propria religione dello Stato, e di fatti il rettore ha consigliato alle scuole di comporre «canti e inni» alla laicità, di rappresentarla con «esposizioni e quadri» e di festeggiarla «piantando l’albero della laicità o lanciando dei palloncini».

Resta da chiedersi che tipo di regali si potranno lasciare sotto un albero del genere. Forse un pacchetto di buon senso?

Però quel tipo di buon senso che porta il nome di “senso comune” e si esprime attraverso il paradosso. Lo strumento principe di Chesterton, che ora ci aiuterà a capire il vero significato del Natale, ricondando a credenti e non che un fatto così grande e commovente riguarda tutti e merita maggior rispetto.

Si diceva che il paradosso è lo strumento argomentativo principe dell'autore britannico, lo è per due motivi. Il primo: con la sua apparente assurdità e con la naturalezza con cui viene utilizzato da Chesterton scuote l'ascoltatore, lo sveglia dal torpore nel quale abitualmente si rifugia l'intelligenza abituata ai luoghi comuni del pensiero unico laicista, che tende a ridicolizzare e svuotare di significato l'Avvenimento cristiano, che invece merita maggiore rispetto, perché costituisce le radici della nostra Europa. Il paradosso chestertoniano è come uno schiaffo che obbliga all'attenzione. Il secondo motivo: è il modo più appropriato per indicare la verità, anzi, si potrebbe dire che la verità si presenta a noi nella forma del paradosso, di una contraddizione apparentemente inconciliabile. L'urto con la doxa (l'opinione comune) risveglia nell'uomo ciò che lo rende tale (il “senso comune”), lo distingue dagli altri livelli della natura e lo accomuna agli altri uomini di ogni tempo e latitudine.
L'uomo risvegliato a se stesso capisce che il linguaggio della verità corrisponde a ciò che egli desidera (che la sua sete di infinito sia saziata da Qualcuno di Eterno), ma capisce anche che non ha termini per esprimerla adeguatamente, quindi la verità non può essere evocata che in modo paradossale. La verità per i laicisti che si dicono “razionalisti” sembra una cosa da pazzi, soprattutto quando ha la pretesa di presentarsi sotto spoglie umane.

Come GKC ci ricorda nel suo capolavoro L'uomo eterno fu allora che anche Dio divenne un “uomo della caverna” (pagina 185). L'incarnazione fu una risposta alla domanda dei filosofi (ogni uomo che ama e cerca la verità), tali erano i Magi che si recarono a Betlemme, ma fu anche di più, fu una sorpresa, fu una novità. Chesterton, appoggiandosi sull'esperienza dei Magi, batte con insistenza su questo tasto della novità.

Gaspare, Melchiorre e Baldassarre portarono con sé alla grotta anche Confucio, Pitagora e Platone, “poiché la loro sete di verità era per se stessa sete di Dio”, e “quegli uomini sapienti sarebbero certamente venuti, come costoro vennero, per trovarsi rafforzati in molte convinzioni […]. Ma, inoltre, questi sapienti avrebbero appreso qualche cosa. Sarebbero arrivati a completare la loro concezione con qualche cosa che non avevano concepito. […] Dobbiamo afferrare prima di tutto questo carattere del nuovo mondo: che era più grande del vecchio” (ivi, p. 184). Vale la pena ricordare che la categoria di “grande” per Chesterton ha caratteristica sia quantitativa sia qualitativa: l'idea guida è quella di un mondo più “vasto”. “In questo senso il cristianesimo è più grande della creazione […] e anche dove non possiamo chiamare più grande il cristiano, siamo forzati a chiamarlo più vasto”. Un esempio? Se paragoniamo Aristotele con Tommaso d'Aquino abbiamo la sensazione di “qualcosa che si aggiunge” (ivi, p. 195).

Dalla grotta di Betlemme nasce una “filosofia più larga delle altre filosofie” nella quale in una parola, c'è più roba”. La descrizione di questa vastità tratteggia un'esistenza più vera perché più ricca di umanità: “Vede la vita con mille occhi, […], ha qualche cosa da dire e da dare ad ogni sorta di uomini, comprende i segreti della psicologia, è consapevole della profondità del male. […] tien conto dei casi difficili; e tutto ciò con una molteplicità e una sottigliezza e una immaginativa, secondo la varietà della vita, che è molto al di sopra delle nude e ventose generalità di quasi tutta la filosofia morale antica e moderna. (ivi, p. 202).

L'esperienza dei Magi -ricorda Ubaldo Casotto, un grande studioso di Chesterton- come quella di qualsiasi convertito in ogni epoca e a ogni latitudine, fu quella della sorpresa, “alla ricerca di qualche cosa di nuovo”, ma di cui avevano in qualche modo tracciato l'identikit, come ogni tentativo filosofico o religioso è portato a fare, si trovarono invece “di fronte a qualche cosa di inaspettato” (ivi, p. 196), un paradosso, perché il “cielo era finito sottoterra” (ivi, p. 199).

Dunque, per tutto questo occorre rispettare il Natale, che per tutti: cattolici, atei, agnostici, mussulmani etc... non dev'essere la festa del materialismo ma un momento in cui si sta insieme ai propri cari, in un'atmosfera accogliente di calore umano e tenerezza, proprio quella che accolse pastori e Magi quando arrivarono da Gesù Giuseppe e Maria; allo stesso tempo, male non fa fermarsi a riflettere sul Mistero che ha formato questa famiglia, l'Incarnazione: una “forza” incommensurabile e affascinante, che ha cambiato positivamente, come mai era successo prima, il cuore dell'uomo e il corso della storia.

In primis noi cattolici dobbiamo avere il coraggio di urlarlo dai tetti, senza cedere al politicamente corretto o a qualsiasi minaccia laicista di stampo francese o italiano; senza fare passi indietro in nome di non si sa bene quale pace sociale: non facciamo l'errore del vescovo di Padova, Monsignor Claudio Cipolla e di altri. Il Presepe, grande regalo di San Francesco d'Assisi, come il Crocifisso, ci ricorda cos'è il vero amore: qualcosa di concreto e autentico come la famiglia naturale e il sacrificio che porta il nome di “dare la vita per le persone amate”. Tutto questo è quello che ogni uomo dotato di senso comune (cattolico, mussulmano, ateo non) desidera sopra ogni cosa nel proprio cuore. Quindi Gesù Bambino e i suoi Santi Familiari non offendono nessuno, poiché offrono un senso più “vasto” alla vita di ogni persona.

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