giovedì 22 dicembre 2022

Sub tutela Dei, caro Vito



Presso la casa natale di Santa Maria Domenica Mazzarello, Mornese (AL)

Nelle scorse ore, l'amico Vito Facciolla si è incamminato, da Torino, sulla "strada dritta" del ritorno alla casa del Padre Eterno. Lo conobbi circa dieci anni fa, al movimento dei Cursillos di Cristianità e da allora rimanemmo buoni amici. 
 
Caro Vito, tu eri/sei tra quelle persone che si possono definire "amiche" nel modo tratteggiato da C.S. Lewis ne I quattro amori (p. 66): «In questo tipo di affetto – come disse Emerson - “Mi vuoi bene?” significa: “Vedi la stessa verità?” o, per lo meno, hai a cuore la stessa verità? Chi concorda con noi sul fatto che una certa questione, dagli altri considerata secondaria, è invece della massima importanza, potrà essere nostro amico. Non è necessario, invece, che egli sia d’accordo sulla risposta da dare al problema [...]». Un autentico "strano cristiano", che avrebbe fatto arricciare le "tre narici" (di guareschiana memoria) a certi odierni cattolici e non credenti "à la page"; semplicemente, te ne infischiavi del politicamente corretto e del radicalismo di massa, andando controcorrente, allo scopo di mantenere una fedeltà creativa alla Tradizione Cattolica. Sì, eri un "uomo vivo" (oltre il senso meramente biologico), perché consapevole di essere "nato per non morire mai più"; pronto a guardare la realtà con gli occhi dell'innocenza e ad abbandonarti, fiducioso e grato, a Dio, come fa un bambino col proprio padre.

Ce la mettevi tutta per essere sempre presente agli incontri de La Baionetta; fosti tra i primissimi (nel 2015) a credere e a sostenere i talenti di noi fondatori del blog e dei nostri amici, anche quando sembravamo "4 sgarrupàti". Ci hai ricordato molte cose preziose, tra cui il saper valorizzare le opere e l'impegno altrui, se compiuti virtuosamente, e l'importanza di essere amici. Antidoti ai mali di questo tempo, come la solitudine e la noia che, come già avvertiva Bernanos, quasi novant'anni fa, in Diario di un curato di campagna, rende tristi e indifferenti alla nostalgia del Cielo e di tutto ciò che arricchisce la vita, compresa la stessa amicizia. "Fecisti nos ad te, Domine, et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te!" ("Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non trova riposo in Te”; Confessioni 1,1). 
 
Tu meriti pertanto di cingerti il capo d'alloro, quale "atleta di Dio": "Sapete pure che tutti gli atleti, durante i loro allenamenti, si sottopongono a una rigida disciplina. Essi l'accettano per avere in premio una corona che presto appassisce; noi invece lo facciamo per avere una corona che durerà sempre. Perciò io mi comporto come uno che corre per raggiungere il traguardo, e come un pugile che non tira colpi a vuoto. Mi sottopongo a dura disciplina e cerco di dominarmi per non essere squalificato proprio io che ho predicato agli altri" (1Cor 9,25-26). 
 
Mi mancherà non vederti pronto, alla fine di ogni incontro pubblico, a salutarmi per primo, facendomi dono delle tue impressioni e dei documenti che conservavi per me. 

Ora, che sei nel novero di coloro che ci hanno preceduto, costituendo una sorta di costellazione-guida nelle "notti oscure", continua a ricordaci nelle preghiere; a noi, cui aspetta ancora della strada da percorrere, nel pellegrinaggio della vita, il compito di rischiare, sul tuo esempio, per "L'amor che move il sole e l'altre stelle".  
 
"La Speranza è un rischio da correre. È addirittura il rischio dei rischi. [...] Sperare è, certo, un rischio, esige coraggio, reazione, impegno. Ma è solo per questa via che si ritrova il senso smarrito della vita e si fa tacere l'urlo della disperazione che è segno di morte" (La libertà perché?; sempre Bernanos).

Come ci dicevamo al Cursillos, Ultreya!