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sabato 8 luglio 2017
venerdì 7 luglio 2017
Obice: Piccolo Charlie, non perdiamo la Speranza!
Dopo
aver negato ai genitori di potere portare Charlie a casa, o in un
hospice o di concedere loro il weekend per permettere ad amici e
parenti di salutarlo, i medici del Great Ormond Street Hospital di
Londra avevano deciso di staccare i supporti vitali di Charlie
venerdì 30 giugno. Poi il dietrofront, inatteso: «Si sono trovati
d’accordo per darci più tempo», ha annunciato la mamma Connie
Yates.
Merito sia del coraggio e della determinazione dei coniugi Gard, sia della mobilitazione di popolo che ha accompagnato e sostenuto loro e il piccolo; solidarietà che continua, ovviamente. Nelle ultime ore il clamore si è moltiplicato. Autorità civili, istituzioni come il Movimento Cristiano Lavoratori, gruppi come la squadra di CitizenGo, associazioni e soprattutto semplici cittadini da tutto il mondo hanno fatto sentire la loro voce. Persone cattoliche e non si sono mobilitate, e concretamente hanno messo in moto un'incredibile macchina della solidarietà. Telefonando facendo sit-in al Consolato e all'ambasciata britannica, su Internet, ma anche in piazza, nelle parrocchie per recitare il Rosario, come è successo a Torino venerdì 30 giugno, presso la chiesa del Cafasso. Ma non solo: a Charlie e ai suoi genitori sono stati donati più di un milione di sterline, per permettere le eventuali cure (lo si spera tanto) richieste negli Stati Uniti.
A tutto questo, si sono aggiunte la disponibilità generosa della Santa Sede dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma e della Comunità Giovanni XXIII. Ed è anche intervenuto il presidente degli Stati Uniti d'America: "Se possiamo aiutare il piccolo #CharlieGard, come i nostri amici in Gb e il papa, saremmo felici di farlo".
Papa Francesco per ben due volte ha manifestato la sua vicinanza al piccolo Charlie e alla sua famiglia. Quel venerdì ha mandato un post su Twitter, senza nominare direttamente il bambino: “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo”. Il 2 luglio è intervenuto più direttamente, nominandolo per nome e cognome: “Il santo Padre segue con affetto e commozione la vicenda del piccolo Charlie Gard ed esprime la propria vicinanza ai suoi genitori. Per essi prega, auspicando che non si trascuri il loro desiderio di accompagnare e curare sino alla fine il proprio bimbo”. E' intervenuta la Conferenza episcopale italiana, con un invito rivolto alla famiglia Gard da don Carmine Arice, Direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei e membro della Pontificia commissione per le strutture sanitarie: “Le strutture cattoliche, come il Gemelli o il Bambin Gesù, o altre strutture simili, sarebbero ben disposte ad accogliere questo fanciullo per potergli dare vita. Mi chiedo perché ci debbano essere dei luoghi nei quali, la vita quando è così fragile, non possa essere altrettanto curata e custodita?”. “Da parte della comunità cristiana non c'è solo una dichiarazione di solidarietà, c'è anche un intento concreto, per quanto permesso fare, di poter restare vicini a questa famiglia. E qualora chiedessero un aiuto più concreto, offrirlo”. E non sono nemmeno mancate le argomentazioni ricche di amore per Charlie del cardinal Elio Sgreccia, uno dei più autorevoli bioeticisti, a livello mondiale.
Tuttavia, mercoledì 5 luglio il ministro degli esteri britannico, Boris Johnson ha fatto sapere al titolare della Farnesina Angelino Alfano, che si è mosso per sollevare il caso e ribadire l'offerta dell'ospedale “Bambin Gesù”: E’ impossibile accogliere la richiesta dell’Italia di ricoverare il piccolo Charlie Gard all'ospedale “Bambino Gesù”, a causa di ragioni legali. Che sono le stesse del Great Ormond Street Hospital, ove si trova ricoverato Charlie Gard. Giustamente, ha sottolineato Alberto Gambino, giurista, ordinario di diritto privato all'Università Europea di Roma e presidente di Scienza & Vita: “Non comprendo quali siano le motivazioni legali addotte dal Great Ormond Street Hospital di Londra per non trasportare il piccolo Charlie in Italia presso il Bambin Gesù. Agli atti processuali, infatti il 21° statement della decisione dell’High Court of Justice statuisce espressamente che ‘Transporting Charlie to the USA would be problematic, but possible’”.
“Ciò indica inequivocabilmente che come è tecnicamente possibile il trasferimento di Charlie negli Usa, così lo può essere anche in Italia nella struttura ospedaliera Bambino Gesù”. "Sarebbe, del resto, davvero in contrasto con lo spirito tipicamente liberale anglosassone privare per motivi burocratici della libertà di circolazione e di cura un essere umano malato e costringerlo a morire nel suo luogo di residenza".
In questo modo si può capire che i medici del Gosh e i quattro tribunali con le loro sentenze di morte (Alta corte britannica, Corte d'Appello, Corte Suprema britannica, Corte europea per i diritti umani) hanno scatenato un potere violento sul piccolo Charlie e i suoi genitori. Aspetto inquietante della questione, che ha ben descritto Domenico Coviello, direttore del Laboratorio di Genetica Umana dell'Ospedale Galliera di Genova, durante un'intervista con Caterina Giojelli di Tempi: «La scienza non sa tutto. La storia di Charlie Gard è la storia di un potere violento, quello esercitato dalla scienza di fronte all’ignoto: la scienza che non sa, non può aiutare Charlie, si avvale della legge per eliminarlo, eliminare un problema. Ma nessun medico può arrogarsi il diritto di emanare un simile verdetto. Non può sospendere la vita di un bambino solo perché “non è possibile guarirlo”, perché non sa “se soffre”, perché non sa “quali effetti potrebbe avere una terapia sperimentale sul bambino”. Altrimenti si aprono scenari di onnipotenza sull'ignoto. Charlie Gard, stando alle conoscenze di cui disponiamo oggi, non si può guarire. E allora? Se non possono guarirlo, se la sua malattia è irreversibile – e questa pare essere l’unica certezza degli inglesi –, i medici si devono arrendere al loro compito che è quello di assistere il malato, fino alla fine. Non quello di accelerare l’esito finale e fatale della sua vita. I medici non sono demiurghi».
Così il dottor Coviello svela quale delirio di onnipotenza muove medici e giudici. Un delirio da “mondo nuovo” (Voeglin, Samek Lodovici, Chesterton docent), gnostico ed eugenetico, che attraverso la scienza medica e le sentenze pretende di manipolare il mondo la vita; decide quale vita merita di essere vissuta e quale invece è da considerare indegna. Non a caso, ciò che più sorprende è che la stessa idea di sottoporre Charlie ad un protocollo sperimentale di terapie nucleosidiche che si sta mettendo a punto negli Stati Uniti, proposta a più riprese avanzata dai genitori, è stata considerata inattuabile, meglio ancora “futile”, dai consulenti medici interpellati dai giudici.
La Speranza deve essere forte in noi, nonostante tale situazione, con i medici i giudici che appaiono troppo potenti, i media che appoggiano loro e squallidi politici come il radicale Silvio Viale, che ha perso l'occasione per mostrare rispetto e tacere: “L'ospedale Bambin Gesù offre la camera di tortura per conto della Santa Sede”. Nemmeno se proprio da pulpiti cattolici abbiamo sentito e letto parole che lacerano più della sentenza di morte annunciata su Charlie. Ad esempio, si potrebbe pensare alla scelta di Marco Tarquinio di ospitare su Avvenire Maria Antonietta Farina Coscioni, la quale ha definito la legittima difesa di Charlie da parte dei genitori come "atto di egoismo"; che il direttore ha definito pensoso e appassionato, utile a costruire un dialogo.
E' il caso di dire che di fronte a chi non vuole dialogare, i ponti del confronto senza respiro vanno fatti brillare. Sul giornale della Cei non deve esserci lo spazio per chi condanna il comportamento naturale e ragionevole, quindi giusto, dei genitori verso il proprio figlio. Diceva Chesterton:
In quest'epoca così barbarica in cui è facile buttare via le persone, non farle nascere, giacché “reificate” a causa di un pensiero mainstream totalitario, mortifero, i coniugi Gard hanno compiuto un gesto di sana dissidenza, tra i più grandi; che in tempi diversi sarebbe stato additato quale frutto di virtù, di buon senso comune, di civiltà. Gesto di eroico altruismo, paragonabile a quello degli eroi di certe fiabe saghe, i quali salvano i bambini dagli orchi cattivi. I coniugi Gard hanno fatto quello che ogni mamma e papà vuole e deve fare: desiderare che il proprio bambino viva! E questo non indica un egoistico allontanamento dalla realtà, ma il contrario: per loro la realtà non è un insopportabile fardello (come certo pensiero gnostico giuridico-culturale pretende), l’hanno affrontata con Speranza, anche se tutto sembrava suggerire il contrario.
Dunque, mamma Connie e papà Chris con la difesa del figlio non ricordano soltanto la potestà dei genitori sui figli, bensì pure che il rapporto papà mamma e figlio è “sacro”, non si tocca. I medici i giudici non possono sottrarre il bambino a loro, senza inciampare nella tirannia.
Asseriva sempre Chesterton: "La famiglia è il test della libertà, perché è l'unica cosa che l'uomo libero fa da sé e per sé”.
I genitori possono non sapere nulla della malattia e delle terapie sperimentali di Charlie, e si fa bene ad avvisarli; ma due cose sono certe: conoscono bene, più di qualsiasi esperto, chi è Charlie e che il suo bene non coincide con “la condanna a morte” per sentenza. Solo prima della venuta di Cristo si era così sbrigativi verso i piccoli considerati 'difettosi'. Siamo innanzi al ritorno del peggior paganeismo. Basterebbe saper stare ai fatti, oltre ogni falsificazione ideologica, per vedere che la storia umana è costellata di tante vite che la scienza aveva considerato spacciate, le quali hanno poi dimostrato il contrario, grazie anche alla temperanza di chi ha creduto in e pregato per loro. Bastarebbe andare a Lourdes per capirlo, come fece il premio Nobel per la medicina Alexis Carrel, il quale si convertì proprio per la guarigione inattesa di una donna. Non a caso è suo il detto: “Molto ragionamento e poca osservazione (si potrebbe dire ai giudici e ai medici inglesi) conducono all'errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità”.
Solo che questo richiede la capacità di “Sperare contro ogni speranza” (San Paolo, Lettera ai Romani 4,18). Nemmeno Nando Broglio smise di sperare. Il vigile del fuoco morto la scorsa settimana, che per tre giorni e per tre notti, nel giugno del 1981, restò accanto al pozzo artesiano in cui era caduto il piccolo Alfredino Rampi (di 6 anni), per fargli compagnia, mentre i medici tentavano di nutrire il bambino con una sonda e gli speleologi più magri d’Italia si calavano nel buco, ci provavano, rischiando, senza calcoli.
Loro non smisero di Sperare, nonostante la gravità della situazione; anzi, non decisero di imperio di ucciderlo ma lo sostennero fino alla fine. E noi posti di fronte alle maggiori possibilità di Charlie: è ancora tra le braccia dei genitori, in diversi ospedali lo vogliono accogliere, dovremmo smettere di Sperare? Direi proprio di no, dato che pure la Federazione italiana malattie rare ha fatto sapere di recente: “Molti bimbi con stessa malattia sono migliorati oltre ogni aspettativa medica”. Inoltre, per la Federazione Uniamo la sentenza sul bimbo inglese “segna fortemente il destino di tutti i piccoli” che nascono con patologie rare e complesse. Ed evidenzia come le malattie mitocondriali siano “molto poco conosciute e imprevedibili”. Ma la decisione di “porre fine alle sofferenze” di Charlie non tiene conto delle “sia pur flebili possibilità offerte dalla ricerca in un campo ancora tutto da esplorare come quello delle malattie rare”.
Sperando contro ogni speranza, dobbiamo dire il nostro sì alla vita. Questa battaglia è da fare per Charlie e tutti i piccoli indifesi. In modo particolare lo possiamo capire noi cattolici, però, visto che la ragione non ci manca, perfino i non credenti possono arrivarci.
Lo faceva capire Charles Péguy quando parlava della Speranza “sorella piccola” di Fede e Carità, del padre come avventuriero più grande, il quale deve compiere grandi imprese per il bene della famiglia: la vita bambina rivela l’umano che c’è in noi. La vita indifesa, la vita bisognosa, la vita innocente. Perché è la vita di ciascuno di noi, la vita di cui, in fondo in fondo abbiamo paura. Perché un bambino è totalmente in balìa del padre e della madre: ed è bene che sia così, perché l’alternativa è il tribunale, l'ospedale, lo stato.
Quindi, continuiamo ad essere “l'Italia e l'Europa” che pregano, fanno veglie nelle chiese e nelle piazze, che scrivono e firmano lettere ai potenti, che fanno telefonate, che Sperano e credono nel cuore dell'uomo, perché in quel cuore risiede il desiderio del vero bene. Tutto questo è una delle prove che le persone insieme possono veramente fare qualcosa di bello buono e giusto per cambiare in meglio il corso della storia. Solo così l'Italia l'Europa potranno tornare ad essere civiltà della vita. Fari di Speranza nel mondo.
Merito sia del coraggio e della determinazione dei coniugi Gard, sia della mobilitazione di popolo che ha accompagnato e sostenuto loro e il piccolo; solidarietà che continua, ovviamente. Nelle ultime ore il clamore si è moltiplicato. Autorità civili, istituzioni come il Movimento Cristiano Lavoratori, gruppi come la squadra di CitizenGo, associazioni e soprattutto semplici cittadini da tutto il mondo hanno fatto sentire la loro voce. Persone cattoliche e non si sono mobilitate, e concretamente hanno messo in moto un'incredibile macchina della solidarietà. Telefonando facendo sit-in al Consolato e all'ambasciata britannica, su Internet, ma anche in piazza, nelle parrocchie per recitare il Rosario, come è successo a Torino venerdì 30 giugno, presso la chiesa del Cafasso. Ma non solo: a Charlie e ai suoi genitori sono stati donati più di un milione di sterline, per permettere le eventuali cure (lo si spera tanto) richieste negli Stati Uniti.
A tutto questo, si sono aggiunte la disponibilità generosa della Santa Sede dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma e della Comunità Giovanni XXIII. Ed è anche intervenuto il presidente degli Stati Uniti d'America: "Se possiamo aiutare il piccolo #CharlieGard, come i nostri amici in Gb e il papa, saremmo felici di farlo".
Papa Francesco per ben due volte ha manifestato la sua vicinanza al piccolo Charlie e alla sua famiglia. Quel venerdì ha mandato un post su Twitter, senza nominare direttamente il bambino: “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo”. Il 2 luglio è intervenuto più direttamente, nominandolo per nome e cognome: “Il santo Padre segue con affetto e commozione la vicenda del piccolo Charlie Gard ed esprime la propria vicinanza ai suoi genitori. Per essi prega, auspicando che non si trascuri il loro desiderio di accompagnare e curare sino alla fine il proprio bimbo”. E' intervenuta la Conferenza episcopale italiana, con un invito rivolto alla famiglia Gard da don Carmine Arice, Direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei e membro della Pontificia commissione per le strutture sanitarie: “Le strutture cattoliche, come il Gemelli o il Bambin Gesù, o altre strutture simili, sarebbero ben disposte ad accogliere questo fanciullo per potergli dare vita. Mi chiedo perché ci debbano essere dei luoghi nei quali, la vita quando è così fragile, non possa essere altrettanto curata e custodita?”. “Da parte della comunità cristiana non c'è solo una dichiarazione di solidarietà, c'è anche un intento concreto, per quanto permesso fare, di poter restare vicini a questa famiglia. E qualora chiedessero un aiuto più concreto, offrirlo”. E non sono nemmeno mancate le argomentazioni ricche di amore per Charlie del cardinal Elio Sgreccia, uno dei più autorevoli bioeticisti, a livello mondiale.
Tuttavia, mercoledì 5 luglio il ministro degli esteri britannico, Boris Johnson ha fatto sapere al titolare della Farnesina Angelino Alfano, che si è mosso per sollevare il caso e ribadire l'offerta dell'ospedale “Bambin Gesù”: E’ impossibile accogliere la richiesta dell’Italia di ricoverare il piccolo Charlie Gard all'ospedale “Bambino Gesù”, a causa di ragioni legali. Che sono le stesse del Great Ormond Street Hospital, ove si trova ricoverato Charlie Gard. Giustamente, ha sottolineato Alberto Gambino, giurista, ordinario di diritto privato all'Università Europea di Roma e presidente di Scienza & Vita: “Non comprendo quali siano le motivazioni legali addotte dal Great Ormond Street Hospital di Londra per non trasportare il piccolo Charlie in Italia presso il Bambin Gesù. Agli atti processuali, infatti il 21° statement della decisione dell’High Court of Justice statuisce espressamente che ‘Transporting Charlie to the USA would be problematic, but possible’”.
“Ciò indica inequivocabilmente che come è tecnicamente possibile il trasferimento di Charlie negli Usa, così lo può essere anche in Italia nella struttura ospedaliera Bambino Gesù”. "Sarebbe, del resto, davvero in contrasto con lo spirito tipicamente liberale anglosassone privare per motivi burocratici della libertà di circolazione e di cura un essere umano malato e costringerlo a morire nel suo luogo di residenza".
In questo modo si può capire che i medici del Gosh e i quattro tribunali con le loro sentenze di morte (Alta corte britannica, Corte d'Appello, Corte Suprema britannica, Corte europea per i diritti umani) hanno scatenato un potere violento sul piccolo Charlie e i suoi genitori. Aspetto inquietante della questione, che ha ben descritto Domenico Coviello, direttore del Laboratorio di Genetica Umana dell'Ospedale Galliera di Genova, durante un'intervista con Caterina Giojelli di Tempi: «La scienza non sa tutto. La storia di Charlie Gard è la storia di un potere violento, quello esercitato dalla scienza di fronte all’ignoto: la scienza che non sa, non può aiutare Charlie, si avvale della legge per eliminarlo, eliminare un problema. Ma nessun medico può arrogarsi il diritto di emanare un simile verdetto. Non può sospendere la vita di un bambino solo perché “non è possibile guarirlo”, perché non sa “se soffre”, perché non sa “quali effetti potrebbe avere una terapia sperimentale sul bambino”. Altrimenti si aprono scenari di onnipotenza sull'ignoto. Charlie Gard, stando alle conoscenze di cui disponiamo oggi, non si può guarire. E allora? Se non possono guarirlo, se la sua malattia è irreversibile – e questa pare essere l’unica certezza degli inglesi –, i medici si devono arrendere al loro compito che è quello di assistere il malato, fino alla fine. Non quello di accelerare l’esito finale e fatale della sua vita. I medici non sono demiurghi».
Così il dottor Coviello svela quale delirio di onnipotenza muove medici e giudici. Un delirio da “mondo nuovo” (Voeglin, Samek Lodovici, Chesterton docent), gnostico ed eugenetico, che attraverso la scienza medica e le sentenze pretende di manipolare il mondo la vita; decide quale vita merita di essere vissuta e quale invece è da considerare indegna. Non a caso, ciò che più sorprende è che la stessa idea di sottoporre Charlie ad un protocollo sperimentale di terapie nucleosidiche che si sta mettendo a punto negli Stati Uniti, proposta a più riprese avanzata dai genitori, è stata considerata inattuabile, meglio ancora “futile”, dai consulenti medici interpellati dai giudici.
La Speranza deve essere forte in noi, nonostante tale situazione, con i medici i giudici che appaiono troppo potenti, i media che appoggiano loro e squallidi politici come il radicale Silvio Viale, che ha perso l'occasione per mostrare rispetto e tacere: “L'ospedale Bambin Gesù offre la camera di tortura per conto della Santa Sede”. Nemmeno se proprio da pulpiti cattolici abbiamo sentito e letto parole che lacerano più della sentenza di morte annunciata su Charlie. Ad esempio, si potrebbe pensare alla scelta di Marco Tarquinio di ospitare su Avvenire Maria Antonietta Farina Coscioni, la quale ha definito la legittima difesa di Charlie da parte dei genitori come "atto di egoismo"; che il direttore ha definito pensoso e appassionato, utile a costruire un dialogo.
E' il caso di dire che di fronte a chi non vuole dialogare, i ponti del confronto senza respiro vanno fatti brillare. Sul giornale della Cei non deve esserci lo spazio per chi condanna il comportamento naturale e ragionevole, quindi giusto, dei genitori verso il proprio figlio. Diceva Chesterton:
In quest'epoca così barbarica in cui è facile buttare via le persone, non farle nascere, giacché “reificate” a causa di un pensiero mainstream totalitario, mortifero, i coniugi Gard hanno compiuto un gesto di sana dissidenza, tra i più grandi; che in tempi diversi sarebbe stato additato quale frutto di virtù, di buon senso comune, di civiltà. Gesto di eroico altruismo, paragonabile a quello degli eroi di certe fiabe saghe, i quali salvano i bambini dagli orchi cattivi. I coniugi Gard hanno fatto quello che ogni mamma e papà vuole e deve fare: desiderare che il proprio bambino viva! E questo non indica un egoistico allontanamento dalla realtà, ma il contrario: per loro la realtà non è un insopportabile fardello (come certo pensiero gnostico giuridico-culturale pretende), l’hanno affrontata con Speranza, anche se tutto sembrava suggerire il contrario.
Dunque, mamma Connie e papà Chris con la difesa del figlio non ricordano soltanto la potestà dei genitori sui figli, bensì pure che il rapporto papà mamma e figlio è “sacro”, non si tocca. I medici i giudici non possono sottrarre il bambino a loro, senza inciampare nella tirannia.
Asseriva sempre Chesterton: "La famiglia è il test della libertà, perché è l'unica cosa che l'uomo libero fa da sé e per sé”.
I genitori possono non sapere nulla della malattia e delle terapie sperimentali di Charlie, e si fa bene ad avvisarli; ma due cose sono certe: conoscono bene, più di qualsiasi esperto, chi è Charlie e che il suo bene non coincide con “la condanna a morte” per sentenza. Solo prima della venuta di Cristo si era così sbrigativi verso i piccoli considerati 'difettosi'. Siamo innanzi al ritorno del peggior paganeismo. Basterebbe saper stare ai fatti, oltre ogni falsificazione ideologica, per vedere che la storia umana è costellata di tante vite che la scienza aveva considerato spacciate, le quali hanno poi dimostrato il contrario, grazie anche alla temperanza di chi ha creduto in e pregato per loro. Bastarebbe andare a Lourdes per capirlo, come fece il premio Nobel per la medicina Alexis Carrel, il quale si convertì proprio per la guarigione inattesa di una donna. Non a caso è suo il detto: “Molto ragionamento e poca osservazione (si potrebbe dire ai giudici e ai medici inglesi) conducono all'errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità”.
Solo che questo richiede la capacità di “Sperare contro ogni speranza” (San Paolo, Lettera ai Romani 4,18). Nemmeno Nando Broglio smise di sperare. Il vigile del fuoco morto la scorsa settimana, che per tre giorni e per tre notti, nel giugno del 1981, restò accanto al pozzo artesiano in cui era caduto il piccolo Alfredino Rampi (di 6 anni), per fargli compagnia, mentre i medici tentavano di nutrire il bambino con una sonda e gli speleologi più magri d’Italia si calavano nel buco, ci provavano, rischiando, senza calcoli.
Loro non smisero di Sperare, nonostante la gravità della situazione; anzi, non decisero di imperio di ucciderlo ma lo sostennero fino alla fine. E noi posti di fronte alle maggiori possibilità di Charlie: è ancora tra le braccia dei genitori, in diversi ospedali lo vogliono accogliere, dovremmo smettere di Sperare? Direi proprio di no, dato che pure la Federazione italiana malattie rare ha fatto sapere di recente: “Molti bimbi con stessa malattia sono migliorati oltre ogni aspettativa medica”. Inoltre, per la Federazione Uniamo la sentenza sul bimbo inglese “segna fortemente il destino di tutti i piccoli” che nascono con patologie rare e complesse. Ed evidenzia come le malattie mitocondriali siano “molto poco conosciute e imprevedibili”. Ma la decisione di “porre fine alle sofferenze” di Charlie non tiene conto delle “sia pur flebili possibilità offerte dalla ricerca in un campo ancora tutto da esplorare come quello delle malattie rare”.
Sperando contro ogni speranza, dobbiamo dire il nostro sì alla vita. Questa battaglia è da fare per Charlie e tutti i piccoli indifesi. In modo particolare lo possiamo capire noi cattolici, però, visto che la ragione non ci manca, perfino i non credenti possono arrivarci.
Lo faceva capire Charles Péguy quando parlava della Speranza “sorella piccola” di Fede e Carità, del padre come avventuriero più grande, il quale deve compiere grandi imprese per il bene della famiglia: la vita bambina rivela l’umano che c’è in noi. La vita indifesa, la vita bisognosa, la vita innocente. Perché è la vita di ciascuno di noi, la vita di cui, in fondo in fondo abbiamo paura. Perché un bambino è totalmente in balìa del padre e della madre: ed è bene che sia così, perché l’alternativa è il tribunale, l'ospedale, lo stato.
Quindi, continuiamo ad essere “l'Italia e l'Europa” che pregano, fanno veglie nelle chiese e nelle piazze, che scrivono e firmano lettere ai potenti, che fanno telefonate, che Sperano e credono nel cuore dell'uomo, perché in quel cuore risiede il desiderio del vero bene. Tutto questo è una delle prove che le persone insieme possono veramente fare qualcosa di bello buono e giusto per cambiare in meglio il corso della storia. Solo così l'Italia l'Europa potranno tornare ad essere civiltà della vita. Fari di Speranza nel mondo.
Cappellano militare: Un giudizio rigido
Niente è più diabolico del rinunciare a credere che qualcosa possa realmente cambiare.
Nessuno è più lontano da Dio di chi ha un giudizio rigido quanto le gambe intirizzite di chi si è perduto per aver sbagliato strada.
Nessuna bestemmia è più offensiva del cuore che non sa [com]promettere per l'altro una nuova corsa, nonostante tutto.
Nessuno è più lontano da Dio di chi ha un giudizio rigido quanto le gambe intirizzite di chi si è perduto per aver sbagliato strada.
Nessuna bestemmia è più offensiva del cuore che non sa [com]promettere per l'altro una nuova corsa, nonostante tutto.
Don Carlo Pizzocaro