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sabato 3 settembre 2016
venerdì 2 settembre 2016
Come eravamo: Maturità cristiana e impegno con la Chiesa locale
Il carisma suscita un avvenimento in cui è possibile incontrare la realtà della Chiesa e farne esperienza nella sua autenticità. (Giussani, Luigi. “Comunione e Liberazione: l’impegno con la Chiesa locale segno di maturità cristiana.”L’Osservatore Romano, 7 marzo 1984).
Il primo sentimento che si impone a chi consideri con intelligenza di fede la vicenda contemporanea della Chiesa è di stupore. Stupore per l'azione dello Spirito che dona alla Chiesa stessa una straordinaria ricchezza di carismi. Questo avvenimento di Grazia è all'origine del fenomeno dei movimenti: non frammenti, parzialità, nemmeno fondamentalmente accentuazione di una particolare spiritualità, ma «riflesso dell'unica Chiesa», come affermò S. E. Monsignor Lucas Moreira Neves al I° Convegno Internazionale «I movimenti nella Chiesa» (Roma, 23-27 settembre 1981).
Il carisma, infatti, attua una reale esperienza ecclesiale: «I carismi sono conferiti ai singoli non attraverso la Chiesa, bensì — in vista della Chiesa — immediatamente da Dio (Rm 12, 13), immediatamente dal Cristo glorificato (Ef 3, 8-11). Il singolo riceve in dono dall'assoluta singolarità di Dio e di Cristo una singolarità che non può essere dedotta dalla comunità, ne in essa congetturata, benché la comunità può contare su questa singolarità come su qualcosa che l'arricchisce e che è stato pensato per essa. Perciò il singolo, insignito da Dio di qualche dono speciale, è inserito più a fondo nella comunità e ad essa vincolato da una generosità maggiore» (H.U. Von Balthasar, Teodrammatica, vol. II, Jaca Book, Milano 1982, pp. 389). Il carisma suscita, cioè, un avvenimento in cui è possibile incontrare la realtà della Chiesa e farne esperienza nella sua autenticità. Si tratta di un avvenimento definito dalla partecipazione al dinamismo missionario della Chiesa: quel dinamismo che, come ha messo in luce il Concilio Vaticano II e come continuamente richiama il Magistero di Giovanni Paolo II, costituisce la stessa ragion d'essere della Chiesa, la sua ineludibile responsabilità nei confronti dell'uomo contemporaneo e del suo irrisolto desiderio di salvezza.
Comunione e Liberazione si concepisce come una modalità storica di evocazione alla fede ecclesiale e di educazione alla vita cristiana. Non desidera essere altro che questo, per chiunque, qualunque posizione abbia nella Chiesa. Non è caratterizzato dalla preferenza per un determinato settore di apostolato specializzato: ciò non è dell'essenza di un movimento ecclesiale. Essenziale è aiutare il fedele (termine che il Concilio ha messo al centro della sua riflessione) a prendere coscienza del proprio Battesimo e della novità di vita che esso contiene come seme, per comunicarla; aiutare il fedele, dunque, fino ad assumere in modo personale la responsabilità della missione ecclesiale, di cui esso è soggetto autentico: anche «i laici derivano il dovere e il diritto all'apostolato dalla loro stessa unione con Cristo Capo. Inseriti nel Corpo mistico di Cristo per mezzo del Battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo per mezzo della Cresima, sono deputati dal Signore stesso all'apostolato» (Apostolicam Actuositatem, n. 3).
Anche l'apostolato laicale è, quindi, parte integrante dell'unica missione ecclesiale, ed è modalità specifica per attuarla nel mondo. Si realizza costruendo e rendendo presente la Chiesa nel fermento della vita dell'uomo di oggi, sia personale che sociale: non c'è ambiente che non debba essere investito e risignificato dall'annunzio di Cristo Redentore dell'uomo.
Come in Comunione e Liberazione ci si educa a vivere la fede ecclesiale?
Innanzitutto attraverso un rapporto personale con Cristo, nel Sacramento e nella preghiera, cioè nei gesti della «memoria» della Sua presenza di Salvatore Crocifisso e Risorto. Una opportuna catechesi tende poi a rendere la persona cosciente dell'avvenimento della fede, comprendendone le ragioni e cogliendone l'incidenza sulla mentalità e sulla dinamica dell'azione.
In secondo luogo, attraverso una vita di concreta comunione in nome di Cristo, la quale renda possibile un cambiamento di mentalità (metanoia), generi un nuovo ethos della persona, per cui la carità diventi l'unica legge del comportamento verso se stessi e verso gli altri uomini. Tale comunionalità è alla radice di una nuova visione della realtà — «cultura di comunione ... (che) produce una mentalità nuova» (cfr. Cei, Comunione e Comunità, n. 63) — e sostiene il quotidiano impeto missionario.
Vivere il carisma del movimento coincide con l'assumere personalmente e attivamente la responsabilità di servizio all'unica Chiesa del Signore, per renderla presente nel mondo come annuncio di Salvezza ed insieme come luogo obiettivo in cui compiere l'esperienza storica della Redenzione, cioè della restituzione dell'uomo a se stesso nella verità e nella pace.
Il recupero e l'incremento della fede come cultura è ciò che sentiamo più urgente. La crisi della presenza cristiana nel nostro Paese è nata infatti per la separazione artificiosa tra fede e impegno culturale, sociale e politico: «Una fede che non diventa cultura, è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta» (Giovanni Paolo II al Congresso del Meic, 16 gennaio 1982).
Lo stesso associazionismo cattolico, se da un lato ha superato il momento più acuto della crisi, non può evitare oggi di misurarsi fino in fondo con il problema del recupero di un' identità culturale cristiana. Tanto più che, al di là degli ideologismi e di una secolarizzazione troppo spesso ritenuta indiscutibile, gli uomini di oggi attendono — per quanto inconsapevolmente — la testimonianza di un uomo nuovo, redento, capace cioè di affrontare le circostanze della vita alla luce della salvezza che è Cristo. Un uomo, quindi, teso a vivere e a proporre il cristianesimo come modo nuovo di vita autenticamente umano.
Ha detto il Papa nell'Udienza generale di mercoledì 25 gennaio 1984: «II fondamento della dignità umana, che ogni uomo può cogliere riflettendo sulla sua natura di essere dotato di libertà, cioè di intelligenza, volontà ed energia affettiva, trova nella Redenzione di Cristo la sua piena intelligibilità. Nella Lettera Enciclica Redemptor Hominis ho scritto che "quel profondo stupore riguardo al valore e alla dignità dell' uomo si chiama Vangelo, cioè la Buona Novella. Si chiama cristianesimo". (...) il "cristiano" fa scoprire "l'umano" e la grazia la natura».
Il compito impellente è quindi «rendere di nuovo cultura la fede»: portare l'esperienza cristiana alla sua maturità e dignità umane, non confinandola nell'ambito privato di un cultualismo inincidente o di un richiamo alla carità moralistico e perciò ideologizzato. Occorre rinnovare l'esperienza di una vita cristiana, fondata sulla certezza lieta della fede, resa visibile in un soggetto comunionale, rischiata nel giudizio sul mondo e nella costruzione di una società più umana.
A seimila adulti della Diocesi di Milano aderenti a Comunione e Liberazione, riuniti a Varese per l'incontro d'inizio d'anno il 17 settembre 1983, è stato indicato come «sintomo della maturità cristiana l'impegno con la Chiesa locale e l'intensità di presenza missionaria nell'ambiente». Il frutto dell'educazione cristiana che Cl cerca di impartire ai suoi aderenti si misura proprio dalla capacità che singoli e gruppi hanno di portare un servizio qualificato alla edificazione della Chiesa locale ed universale. E dalla passione ad assumere, come cristiani, responsabilità culturali, sociali e politiche al servizio del bene dell'uomo, per la difesa e la promozione della sua libertà e della sua dignità, contro ogni violenza e strumentalizzazione. Simile passione tende a costruire un tessuto sociale nuovo — «forme nuove di vita per l'uomo» — continuo inizio nella storia della «civiltà della verità e dell' amore».
Nell'ambito della Chiesa italiana, ed in particolare nel dialogo fraterno con gli altri movimenti ed aggregazioni laicali, Cl intende favorire l'autentica unità del Popolo di Dio. Una unità ecclesiale nasce dall'affermazione coerente dei vari carismi e dalla loro valorizzazione in un prudente coordinamento ad opera dell'autorità della Chiesa. È quindi un'unione organica ed articolata, in cui ciascuna esperienza di Chiesa possa approfondire la fedeltà al proprio originale carisma nel sacrificio e nella libertà.
Su questa viva ed attiva disponibilità, l'autorità è chiamata ad esercitare la sua funzione di riconoscimento della verità ecclesiale, chiedendo i sacrifici necessari, e a compiere essa stessa il sacrificio di impostare i piani pastorali in base alle varie fisionomie che lo Spirito rende "fatti" nell'ambito della Chiesa: «Si deve avere un atteggiamento di favore e di incoraggiamento per le nuove forme di responsabilità che sorgono nella Chiesa; di rispetto e di accoglienza della responsabile libertà e della sana creatività con le quali si esprimono concretamente le odierne maniere della partecipazione e del servizio; di accettazione e di conferma quando ne viene fatta richiesta per ministeri già praticamente esercitati» (cfr. Cei, Evangelizzazione e ministeri, n. 96).
Una presenza unitaria dei cristiani socialmente visibile è soprattutto richiesta, a nostro avviso, di fronte al mondo, in particolare negli ambienti e nell'impatto coi problemi sociali, dove una mentalità secolarizzata continuamente emargina la stessa proposta cristiana. In questo senso, nelle più gravi sfide che la società italiana ha rivolto ai cristiani in questi anni e che hanno richiesto via via la difesa della indissolubilità del matrimonio e del valore della vita, la proposta di un autentico ordine sociale, la promozione della libertà di educazione e di espressione culturale, CL si è resa sempre attivamente favorevole ad una vasta aggregazione di cattolici, chiaramente consapevoli della propria identità e aperti al dialogo e alla collaborazione con tutti quanti hanno a cuore le esigenze vere dell'uomo.
La nostra è epoca di una nuova opera evangelizzatrice, che abbia l'interezza di orizzonte indicata da Giovanni Paolo II ai vescovi dello Zimbawe in visita ad limina (15 giugno 1982): «..."l'evangelizzazione non sarebbe completa se non tenesse conto della crescente reciproca influenza del Vangelo e della vita concreta degli uomini" (Evangelii nuntiandi), e così essi (i missionari) cercarono di servire la persona intera, consci che la risposta della fede chiede un coinvolgimento totale con la vita dell'altro nella sua interezza. Per questa ragione essi si sono occupati dei bisogni concreti dell'educazione, dell'assistenza medica e della preparazione al lavoro, perché la conversione interna della fede potesse manifestarsi all'esterno, e, in questo modo, divenire causa di fede profonda per l'intera comunità».
Il primo sentimento che si impone a chi consideri con intelligenza di fede la vicenda contemporanea della Chiesa è di stupore. Stupore per l'azione dello Spirito che dona alla Chiesa stessa una straordinaria ricchezza di carismi. Questo avvenimento di Grazia è all'origine del fenomeno dei movimenti: non frammenti, parzialità, nemmeno fondamentalmente accentuazione di una particolare spiritualità, ma «riflesso dell'unica Chiesa», come affermò S. E. Monsignor Lucas Moreira Neves al I° Convegno Internazionale «I movimenti nella Chiesa» (Roma, 23-27 settembre 1981).
Il carisma, infatti, attua una reale esperienza ecclesiale: «I carismi sono conferiti ai singoli non attraverso la Chiesa, bensì — in vista della Chiesa — immediatamente da Dio (Rm 12, 13), immediatamente dal Cristo glorificato (Ef 3, 8-11). Il singolo riceve in dono dall'assoluta singolarità di Dio e di Cristo una singolarità che non può essere dedotta dalla comunità, ne in essa congetturata, benché la comunità può contare su questa singolarità come su qualcosa che l'arricchisce e che è stato pensato per essa. Perciò il singolo, insignito da Dio di qualche dono speciale, è inserito più a fondo nella comunità e ad essa vincolato da una generosità maggiore» (H.U. Von Balthasar, Teodrammatica, vol. II, Jaca Book, Milano 1982, pp. 389). Il carisma suscita, cioè, un avvenimento in cui è possibile incontrare la realtà della Chiesa e farne esperienza nella sua autenticità. Si tratta di un avvenimento definito dalla partecipazione al dinamismo missionario della Chiesa: quel dinamismo che, come ha messo in luce il Concilio Vaticano II e come continuamente richiama il Magistero di Giovanni Paolo II, costituisce la stessa ragion d'essere della Chiesa, la sua ineludibile responsabilità nei confronti dell'uomo contemporaneo e del suo irrisolto desiderio di salvezza.
Comunione e Liberazione si concepisce come una modalità storica di evocazione alla fede ecclesiale e di educazione alla vita cristiana. Non desidera essere altro che questo, per chiunque, qualunque posizione abbia nella Chiesa. Non è caratterizzato dalla preferenza per un determinato settore di apostolato specializzato: ciò non è dell'essenza di un movimento ecclesiale. Essenziale è aiutare il fedele (termine che il Concilio ha messo al centro della sua riflessione) a prendere coscienza del proprio Battesimo e della novità di vita che esso contiene come seme, per comunicarla; aiutare il fedele, dunque, fino ad assumere in modo personale la responsabilità della missione ecclesiale, di cui esso è soggetto autentico: anche «i laici derivano il dovere e il diritto all'apostolato dalla loro stessa unione con Cristo Capo. Inseriti nel Corpo mistico di Cristo per mezzo del Battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo per mezzo della Cresima, sono deputati dal Signore stesso all'apostolato» (Apostolicam Actuositatem, n. 3).
Anche l'apostolato laicale è, quindi, parte integrante dell'unica missione ecclesiale, ed è modalità specifica per attuarla nel mondo. Si realizza costruendo e rendendo presente la Chiesa nel fermento della vita dell'uomo di oggi, sia personale che sociale: non c'è ambiente che non debba essere investito e risignificato dall'annunzio di Cristo Redentore dell'uomo.
Come in Comunione e Liberazione ci si educa a vivere la fede ecclesiale?
Innanzitutto attraverso un rapporto personale con Cristo, nel Sacramento e nella preghiera, cioè nei gesti della «memoria» della Sua presenza di Salvatore Crocifisso e Risorto. Una opportuna catechesi tende poi a rendere la persona cosciente dell'avvenimento della fede, comprendendone le ragioni e cogliendone l'incidenza sulla mentalità e sulla dinamica dell'azione.
In secondo luogo, attraverso una vita di concreta comunione in nome di Cristo, la quale renda possibile un cambiamento di mentalità (metanoia), generi un nuovo ethos della persona, per cui la carità diventi l'unica legge del comportamento verso se stessi e verso gli altri uomini. Tale comunionalità è alla radice di una nuova visione della realtà — «cultura di comunione ... (che) produce una mentalità nuova» (cfr. Cei, Comunione e Comunità, n. 63) — e sostiene il quotidiano impeto missionario.
Vivere il carisma del movimento coincide con l'assumere personalmente e attivamente la responsabilità di servizio all'unica Chiesa del Signore, per renderla presente nel mondo come annuncio di Salvezza ed insieme come luogo obiettivo in cui compiere l'esperienza storica della Redenzione, cioè della restituzione dell'uomo a se stesso nella verità e nella pace.
Il recupero e l'incremento della fede come cultura è ciò che sentiamo più urgente. La crisi della presenza cristiana nel nostro Paese è nata infatti per la separazione artificiosa tra fede e impegno culturale, sociale e politico: «Una fede che non diventa cultura, è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta» (Giovanni Paolo II al Congresso del Meic, 16 gennaio 1982).
Lo stesso associazionismo cattolico, se da un lato ha superato il momento più acuto della crisi, non può evitare oggi di misurarsi fino in fondo con il problema del recupero di un' identità culturale cristiana. Tanto più che, al di là degli ideologismi e di una secolarizzazione troppo spesso ritenuta indiscutibile, gli uomini di oggi attendono — per quanto inconsapevolmente — la testimonianza di un uomo nuovo, redento, capace cioè di affrontare le circostanze della vita alla luce della salvezza che è Cristo. Un uomo, quindi, teso a vivere e a proporre il cristianesimo come modo nuovo di vita autenticamente umano.
Ha detto il Papa nell'Udienza generale di mercoledì 25 gennaio 1984: «II fondamento della dignità umana, che ogni uomo può cogliere riflettendo sulla sua natura di essere dotato di libertà, cioè di intelligenza, volontà ed energia affettiva, trova nella Redenzione di Cristo la sua piena intelligibilità. Nella Lettera Enciclica Redemptor Hominis ho scritto che "quel profondo stupore riguardo al valore e alla dignità dell' uomo si chiama Vangelo, cioè la Buona Novella. Si chiama cristianesimo". (...) il "cristiano" fa scoprire "l'umano" e la grazia la natura».
Il compito impellente è quindi «rendere di nuovo cultura la fede»: portare l'esperienza cristiana alla sua maturità e dignità umane, non confinandola nell'ambito privato di un cultualismo inincidente o di un richiamo alla carità moralistico e perciò ideologizzato. Occorre rinnovare l'esperienza di una vita cristiana, fondata sulla certezza lieta della fede, resa visibile in un soggetto comunionale, rischiata nel giudizio sul mondo e nella costruzione di una società più umana.
A seimila adulti della Diocesi di Milano aderenti a Comunione e Liberazione, riuniti a Varese per l'incontro d'inizio d'anno il 17 settembre 1983, è stato indicato come «sintomo della maturità cristiana l'impegno con la Chiesa locale e l'intensità di presenza missionaria nell'ambiente». Il frutto dell'educazione cristiana che Cl cerca di impartire ai suoi aderenti si misura proprio dalla capacità che singoli e gruppi hanno di portare un servizio qualificato alla edificazione della Chiesa locale ed universale. E dalla passione ad assumere, come cristiani, responsabilità culturali, sociali e politiche al servizio del bene dell'uomo, per la difesa e la promozione della sua libertà e della sua dignità, contro ogni violenza e strumentalizzazione. Simile passione tende a costruire un tessuto sociale nuovo — «forme nuove di vita per l'uomo» — continuo inizio nella storia della «civiltà della verità e dell' amore».
Nell'ambito della Chiesa italiana, ed in particolare nel dialogo fraterno con gli altri movimenti ed aggregazioni laicali, Cl intende favorire l'autentica unità del Popolo di Dio. Una unità ecclesiale nasce dall'affermazione coerente dei vari carismi e dalla loro valorizzazione in un prudente coordinamento ad opera dell'autorità della Chiesa. È quindi un'unione organica ed articolata, in cui ciascuna esperienza di Chiesa possa approfondire la fedeltà al proprio originale carisma nel sacrificio e nella libertà.
Su questa viva ed attiva disponibilità, l'autorità è chiamata ad esercitare la sua funzione di riconoscimento della verità ecclesiale, chiedendo i sacrifici necessari, e a compiere essa stessa il sacrificio di impostare i piani pastorali in base alle varie fisionomie che lo Spirito rende "fatti" nell'ambito della Chiesa: «Si deve avere un atteggiamento di favore e di incoraggiamento per le nuove forme di responsabilità che sorgono nella Chiesa; di rispetto e di accoglienza della responsabile libertà e della sana creatività con le quali si esprimono concretamente le odierne maniere della partecipazione e del servizio; di accettazione e di conferma quando ne viene fatta richiesta per ministeri già praticamente esercitati» (cfr. Cei, Evangelizzazione e ministeri, n. 96).
Una presenza unitaria dei cristiani socialmente visibile è soprattutto richiesta, a nostro avviso, di fronte al mondo, in particolare negli ambienti e nell'impatto coi problemi sociali, dove una mentalità secolarizzata continuamente emargina la stessa proposta cristiana. In questo senso, nelle più gravi sfide che la società italiana ha rivolto ai cristiani in questi anni e che hanno richiesto via via la difesa della indissolubilità del matrimonio e del valore della vita, la proposta di un autentico ordine sociale, la promozione della libertà di educazione e di espressione culturale, CL si è resa sempre attivamente favorevole ad una vasta aggregazione di cattolici, chiaramente consapevoli della propria identità e aperti al dialogo e alla collaborazione con tutti quanti hanno a cuore le esigenze vere dell'uomo.
La nostra è epoca di una nuova opera evangelizzatrice, che abbia l'interezza di orizzonte indicata da Giovanni Paolo II ai vescovi dello Zimbawe in visita ad limina (15 giugno 1982): «..."l'evangelizzazione non sarebbe completa se non tenesse conto della crescente reciproca influenza del Vangelo e della vita concreta degli uomini" (Evangelii nuntiandi), e così essi (i missionari) cercarono di servire la persona intera, consci che la risposta della fede chiede un coinvolgimento totale con la vita dell'altro nella sua interezza. Per questa ragione essi si sono occupati dei bisogni concreti dell'educazione, dell'assistenza medica e della preparazione al lavoro, perché la conversione interna della fede potesse manifestarsi all'esterno, e, in questo modo, divenire causa di fede profonda per l'intera comunità».
Obice: Difendere e tramandare nel modo giusto il fatto cristiano
Non pochi, oggi, si chiedono come mai la Chiesa cattolica attraversa una crisi gravissima, dopo averne, d'altronde, attraversate molte altre nel corso della sua bimillenaria storia. Si constata con grande dolore che molte autorità ecclesiastiche sono responsabili della crisi nella Chiesa, perché sostengono e diffondono delle dottrine in contraddizione col “deposito della Fede, trasmesso da Cristo agli Apostoli e da questi a noi”; dottrine modernistiche, le quali propongono i significati erronei di parole come ecumenismo libertà religiosa e collegialità. Sopratutto l'ecumenismo, fin troppo spesso confuso con quello delle assemblee protestanti, che dall'incontro di Amsterdam del 1948 e da quello di Evanston del 1954 ad oggi cerca di fare concorrenza alla giusta idea di ecumenismo della Chiesa Cattolica, e cioè: non tanto una Onu delle Religioni, bensì il ritorno “a Roma dolce casa” (citazione dei coniugi Hahn) dei scismatici. San Giovanni (17,20-26) docet, 'Come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato... ut unum sint'. Dunque, un cattolico che dimenticasse ciò, rischierebbe di dimenticare che Extra Ecclasiam nulla salus e potrebbe cader vittima dell'indifferentismo religioso più generalizzato, il cui principio afferma le altre religioni sono mezzi di salvezza; ne conseguirebbe che essere cattolico o membro di qualsiasi altra religione è lo stesso. Così sarà pure difficile capire che il cattolicesimo semplicemente non è né religione né dottrina ma un fatto: l'incontro con Dio incarnato. Allo stesso tempo, occorre non confondere il dialogo ecumenico, che riguarda la Chiesa cattolica e gli scismatici, con quello cosiddetto interreligioso, poiché questi riguarda la Chiesa e le altre religioni non cristiane.
Da dove trae origine questa crisi? Come si diceva sopra, la responsabilità è anche di molti uomini di Chiesa, e non solo del potere del mondo; di persone come il cardinal Kasper, Enzo Bianchi (che non è sacerdote ma laico), che diffondono pensieri non cattolici. Ma prima di parlare di questi, su cui varrà la pena tornare prossimamente, con un articolo dedicato, è necessario tornare indietro nel tempo e analizzare le cause dell'attuale situazione, che permette a loro di trovare, purtroppo, argomentazioni utili.
Occorre partire dagli anni 60-70. Il beato Paolo VI, non a caso e costatando la presenza della crisi, iniziata durante e dopo il Concilio Vaticano II, sui cui si tornerà, parlò del “fumo di Satana” penetrato nel Tempio di Dio (Allocuzione del 29 giugno 1972) e di “autodemolizione della Chiesa”, cioè la Chiesa che si demolisce da sé, la Chiesa demolita dalla sue stesse autorità. E lo stesso Paolo VI disingannò anche coloro che consideravano il Vaticano II una primavera nella Chiesa: “si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta, invece, una giornata di nuvole, di tempesta, di dubbio” (Allocuzione del 29 giugno 1972). A sua volta, il Papa San Giovanni Paolo II il 6 febbraio 1981 fu molto chiaro nel suo discorso al Convegno per le missioni al popolo: “Bisogna ammettere realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità che i cristiani oggi in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi; si sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata; si sono propalate vere e proprie eresie, in campo dogmatico e morale... si è manomessa la liturgia.”
Preoccupazioni che riceveranno conferma dall'incontro interreligioso di Assisi nel 1986. Fu uno scandalo senza precedenti. Anche il card. Silvio Oddi, che vi assistette, ne restò scandalizzato. In un'intervista a “30 giorni” (novembre 1990) affermò: “ … in quel giorno ho girato per Assisi, essendo il Legato pontificio della basilica di San Francesco, ed in alcuni luoghi di preghiera ho assistito a delle profanazioni. Ho visto buddisti danzare attorno all'altare, sul quale al posto di Cristo era stata messo Budda, incensato e riverito. Un benedettino che ha gridato allora allo scandalo è stato portato via dalla polizia. Io non ho gridato, ma lo scandalo era nel mio cuore. La confusione era evidente sui volti dei cattolici che assistevano alla cerimonia. Pensai: se adesso i buddisti distribuissero del pane dedicato a Budda, questa gente lo prenderebbe. E lo mangerebbe magari con maggiore devozione che non l'Ostia sacra”. NB luglio scorso: ci ha pensato un sacerdote di Ventimiglia a distribuire il pane ai musulmani presenti in chiesa. Certo, il dialogo è cosa buona, ma nei luoghi appropriati e non durante la Messa, che ha uno scopo preciso: il Sacrificio Eucaristico.
Però, anche San Giovanni Paolo II non ha aiutato a risolvere le ambiguità e le confusioni. Precisazione: lungi il pensiero di giudicare le intenzioni, allo stesso tempo la papolatria: visto che il Pontefice sui temi ecumenico e interreligioso non ha espresso giudizi ex cathedra, non è peccato esprimere perplessità su alcune sue scelte. Il predecessore di Benedetto XVI nel 1986 chiese che si mantenesse sempre vivo nella Chiesa “lo spirito di Assisi” (Allocuzione ai cardinali e ai prelati della Curia Romana 22/12/1986-cf. L'Osservatore Romano 4-1-1987); egli disse anche: “La Chiesa cattolica è irrevocabilmente impegnata nell'opera ecumenica” (Discorso nell'incontro ecumenico con diversi pastori protestanti a Nairobi il 18-9-1985: cf. L'Osservatore Romano 8-9-1985). In questo medesimo spirito ecumenico il Papa organizzò il Giubileo dell'anno 2000. Sulle dieci Commissioni preparatorie cinque avevano per oggetto l'ecumenismo. Il card. Etchegaray, presidente del Comitato Centrale del Giubileo, invocò: “Spirito d'Assisi, discendi su di noi!” (cf. la rivista Tertium Millennium sett/ott. 1996 “Spirito d'Assisi). Per non parlare delle visite papali alle sinagoghe ebraiche, ai templi di diverse altre religioni, come al tempio protestante, dove il Papa recitò una preghiera composta da Lutero (cf. L'Osservatore Romano 18/12/1983, p. 7). Per non parlare delle dichiarazioni in cui considerava le altre religioni come sorelle; lodava la fede dei musulmani nel medesimo Dio dei cristiani (cf. L'Osservatore Romano 15/09/1985 p.9); esaltava la religiosità di Lutero (cf. Documentation Catholique 21/12/1980 n. 1798): si impegnava a non cercare la conversione degli eretici e degli scismatici, come nella dichiarazione congiunta col patriarca ortodosso, scismatico ed eretico, Dimitrios I: “Noi rigettiamo ogni forma di proselitismo” (cf. L'Osservatore Romano 20/12/1987, p. 6), come hanno fatto i rappresentanti del Papa nella Dichiarazione di Balamand, firmata con gli ortodossi: “Non si tratta di cercare la conversione delle eprsone da una Chiesa all'altra per assicurare loro la salvezza” (cfr. Documentation Catholique n. 2077, p. 711-714, 23/06/1993). E, a motivo di questo impegno con gli ortodossi, la Santa Sede chiese il ritorno allo scisma dei due Vescovi convertiti, con i loro sacerdoti e fedeli, ed accolti nella Chiesa Cattolica da Mons. Vladimir Sterniouk, vescovo cattolico di Russia.
Questo disastroso ecumenismo non era e non è ristretto nel cerchio del Vaticano; al contrario, è esteso a tutte le diocesi e parrocchie. Per esempio, nell'XI convegno dei sacerdoti e vescovi negri, i cento ecclesiastici partecipanti avevano celebrato la Messa rivestiti di ornamenti africani. Il punto culminante del convegno fu la visita a due dei più famosi centri di candoblé (culto con predominio di elementi africani simile al voudou e praticato in Brasile) della città, l'Yle Axé Opo Afonjà e la Casa Branca, dove sacerdoti e vescovi ricevettero la benedizione degli dei. L'arcivescovo Mons. Geraldo Magela Agnello partecipò all'apertura del Convegno, allorché fu festeggiata Madre Estella, sacerdotessa del centro sopra menzionato per i suoi sessanta anni d'iniziazione al candoblé. L'arcidiocesi pubblicò una nota che giustificò il Convegno con le direttive del Concilio Vaticano II sul dialogo interreligioso (cfr. Jornal do Brasil 10 agosto 1999 p. 7).
Cosa fare per evitare questi e altri errori? Prima di tutto occorre non farsi confondere dalle “sirene del mondo” ma rimanere ancorati al fermo proposito di obbedire a Gesù Cristo, che è Dio incarnato. Per non allontanarci da Lui, dimenticandone le fattezze e gli insegnamenti, a causa dell'indifferentismo; e di conseguenza per superare la crisi; ci vengono incontro santi maestri, fratelli padri e amici. Ce ne sono, e non pochi, però bisogna compiere uno sforzo: cercare loro e non i pokemon; Cerchiamoli, perché avremo la grazia di trovare personalità come G.K.Chesterton e Sant'Ireneo.
Sul New Witness nel quale ribatté l'insinuazione di un giornale secondo il quale la Chiesa avrebbe dovuto “muoversi” coi tempi, Chesterton disse:
E Sant'Ireneo vescovo diceva nel trattato Contro le eresie (Lib. 1, 10, 1-3; PG 7, 550-554 ):
Da dove trae origine questa crisi? Come si diceva sopra, la responsabilità è anche di molti uomini di Chiesa, e non solo del potere del mondo; di persone come il cardinal Kasper, Enzo Bianchi (che non è sacerdote ma laico), che diffondono pensieri non cattolici. Ma prima di parlare di questi, su cui varrà la pena tornare prossimamente, con un articolo dedicato, è necessario tornare indietro nel tempo e analizzare le cause dell'attuale situazione, che permette a loro di trovare, purtroppo, argomentazioni utili.
Occorre partire dagli anni 60-70. Il beato Paolo VI, non a caso e costatando la presenza della crisi, iniziata durante e dopo il Concilio Vaticano II, sui cui si tornerà, parlò del “fumo di Satana” penetrato nel Tempio di Dio (Allocuzione del 29 giugno 1972) e di “autodemolizione della Chiesa”, cioè la Chiesa che si demolisce da sé, la Chiesa demolita dalla sue stesse autorità. E lo stesso Paolo VI disingannò anche coloro che consideravano il Vaticano II una primavera nella Chiesa: “si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta, invece, una giornata di nuvole, di tempesta, di dubbio” (Allocuzione del 29 giugno 1972). A sua volta, il Papa San Giovanni Paolo II il 6 febbraio 1981 fu molto chiaro nel suo discorso al Convegno per le missioni al popolo: “Bisogna ammettere realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità che i cristiani oggi in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi; si sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata; si sono propalate vere e proprie eresie, in campo dogmatico e morale... si è manomessa la liturgia.”
Preoccupazioni che riceveranno conferma dall'incontro interreligioso di Assisi nel 1986. Fu uno scandalo senza precedenti. Anche il card. Silvio Oddi, che vi assistette, ne restò scandalizzato. In un'intervista a “30 giorni” (novembre 1990) affermò: “ … in quel giorno ho girato per Assisi, essendo il Legato pontificio della basilica di San Francesco, ed in alcuni luoghi di preghiera ho assistito a delle profanazioni. Ho visto buddisti danzare attorno all'altare, sul quale al posto di Cristo era stata messo Budda, incensato e riverito. Un benedettino che ha gridato allora allo scandalo è stato portato via dalla polizia. Io non ho gridato, ma lo scandalo era nel mio cuore. La confusione era evidente sui volti dei cattolici che assistevano alla cerimonia. Pensai: se adesso i buddisti distribuissero del pane dedicato a Budda, questa gente lo prenderebbe. E lo mangerebbe magari con maggiore devozione che non l'Ostia sacra”. NB luglio scorso: ci ha pensato un sacerdote di Ventimiglia a distribuire il pane ai musulmani presenti in chiesa. Certo, il dialogo è cosa buona, ma nei luoghi appropriati e non durante la Messa, che ha uno scopo preciso: il Sacrificio Eucaristico.
Però, anche San Giovanni Paolo II non ha aiutato a risolvere le ambiguità e le confusioni. Precisazione: lungi il pensiero di giudicare le intenzioni, allo stesso tempo la papolatria: visto che il Pontefice sui temi ecumenico e interreligioso non ha espresso giudizi ex cathedra, non è peccato esprimere perplessità su alcune sue scelte. Il predecessore di Benedetto XVI nel 1986 chiese che si mantenesse sempre vivo nella Chiesa “lo spirito di Assisi” (Allocuzione ai cardinali e ai prelati della Curia Romana 22/12/1986-cf. L'Osservatore Romano 4-1-1987); egli disse anche: “La Chiesa cattolica è irrevocabilmente impegnata nell'opera ecumenica” (Discorso nell'incontro ecumenico con diversi pastori protestanti a Nairobi il 18-9-1985: cf. L'Osservatore Romano 8-9-1985). In questo medesimo spirito ecumenico il Papa organizzò il Giubileo dell'anno 2000. Sulle dieci Commissioni preparatorie cinque avevano per oggetto l'ecumenismo. Il card. Etchegaray, presidente del Comitato Centrale del Giubileo, invocò: “Spirito d'Assisi, discendi su di noi!” (cf. la rivista Tertium Millennium sett/ott. 1996 “Spirito d'Assisi). Per non parlare delle visite papali alle sinagoghe ebraiche, ai templi di diverse altre religioni, come al tempio protestante, dove il Papa recitò una preghiera composta da Lutero (cf. L'Osservatore Romano 18/12/1983, p. 7). Per non parlare delle dichiarazioni in cui considerava le altre religioni come sorelle; lodava la fede dei musulmani nel medesimo Dio dei cristiani (cf. L'Osservatore Romano 15/09/1985 p.9); esaltava la religiosità di Lutero (cf. Documentation Catholique 21/12/1980 n. 1798): si impegnava a non cercare la conversione degli eretici e degli scismatici, come nella dichiarazione congiunta col patriarca ortodosso, scismatico ed eretico, Dimitrios I: “Noi rigettiamo ogni forma di proselitismo” (cf. L'Osservatore Romano 20/12/1987, p. 6), come hanno fatto i rappresentanti del Papa nella Dichiarazione di Balamand, firmata con gli ortodossi: “Non si tratta di cercare la conversione delle eprsone da una Chiesa all'altra per assicurare loro la salvezza” (cfr. Documentation Catholique n. 2077, p. 711-714, 23/06/1993). E, a motivo di questo impegno con gli ortodossi, la Santa Sede chiese il ritorno allo scisma dei due Vescovi convertiti, con i loro sacerdoti e fedeli, ed accolti nella Chiesa Cattolica da Mons. Vladimir Sterniouk, vescovo cattolico di Russia.
Questo disastroso ecumenismo non era e non è ristretto nel cerchio del Vaticano; al contrario, è esteso a tutte le diocesi e parrocchie. Per esempio, nell'XI convegno dei sacerdoti e vescovi negri, i cento ecclesiastici partecipanti avevano celebrato la Messa rivestiti di ornamenti africani. Il punto culminante del convegno fu la visita a due dei più famosi centri di candoblé (culto con predominio di elementi africani simile al voudou e praticato in Brasile) della città, l'Yle Axé Opo Afonjà e la Casa Branca, dove sacerdoti e vescovi ricevettero la benedizione degli dei. L'arcivescovo Mons. Geraldo Magela Agnello partecipò all'apertura del Convegno, allorché fu festeggiata Madre Estella, sacerdotessa del centro sopra menzionato per i suoi sessanta anni d'iniziazione al candoblé. L'arcidiocesi pubblicò una nota che giustificò il Convegno con le direttive del Concilio Vaticano II sul dialogo interreligioso (cfr. Jornal do Brasil 10 agosto 1999 p. 7).
Cosa fare per evitare questi e altri errori? Prima di tutto occorre non farsi confondere dalle “sirene del mondo” ma rimanere ancorati al fermo proposito di obbedire a Gesù Cristo, che è Dio incarnato. Per non allontanarci da Lui, dimenticandone le fattezze e gli insegnamenti, a causa dell'indifferentismo; e di conseguenza per superare la crisi; ci vengono incontro santi maestri, fratelli padri e amici. Ce ne sono, e non pochi, però bisogna compiere uno sforzo: cercare loro e non i pokemon; Cerchiamoli, perché avremo la grazia di trovare personalità come G.K.Chesterton e Sant'Ireneo.
Sul New Witness nel quale ribatté l'insinuazione di un giornale secondo il quale la Chiesa avrebbe dovuto “muoversi” coi tempi, Chesterton disse:
“La Chiesa non può muoversi coi tempi; semplicemente perché i tempi non si muovono. La Chiesa può solo infangarsi coi tempi e corrompersi e puzzare coi tempi. Nel mondo economico e sociale, come tale, non c'è attività, eccettuata quella specie di attività automatica che è chiamata decadenza: l'appassire dei fiori della libertà e la loro decomposizione nel suolo originario della schiavitù. In questo, il mondo si trova per molte cose allo stesso piano dell'inizio dell'oscuro Medioevo."E la Chiesa ha lo stesso compito di allora: salvare tutta la luce e la libertà che può essere salvata, resistere a quella forza del mondo che attrae in basso, e attendere giorni migliori. Una Chiesa vera vorrebbe certo fare tutto questo, ma una Chiesa vera può fare di più. Può fare di questi tempi di oscurantismo qualcosa di più di un tempo di semina; può farli il vero opposto dell'oscurità. Può presentare i suoi ideali in tale e attraente e improvviso contrasto con l'inumano declivio del tempo da ispirare d'un tratto agli uomini qualcuna delle rivoluzioni morali della storia, così che gli uomini oggi viventi non siano toccati dalla morte finché non abbiamo visto il ritorno della giustizia. Non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che muova il mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che lo smuova da molte cose verso le quali muove oggi, per esempio lo stato servile. È da questo che la storia giudicherà realmente di qualsiasi chiesa, se è o non è la Chiesa autentica”.
E Sant'Ireneo vescovo diceva nel trattato Contro le eresie (Lib. 1, 10, 1-3; PG 7, 550-554 ):
“Avendo ricevuto tale messaggio e tale fede, la Chiesa li custodisce con estrema cura, tutta compatta come abitasse in un'unica casa, benché ovunque disseminata. Vi aderisce unanimemente quasi avesse una sola anima e un solo cuore. Li proclama, li insegna e li trasmette all'unisono, come possedesse un'unica bocca. Benché infatti nel mondo diverse siano le lingue, unica e identica è la forza della tradizione. Per cui le chiese fondate in Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa da quelle che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in Egitto o in Libia o al centro del mondo. Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l'universo, così la predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla conoscenza della verità. E così tra coloro che presiedono le chiese nessuno annunzia una dottrina diversa da questa, perché nessuno è al di sopra del suo maestro. Si tratti di un grande oratore o di un misero parlatore, tutti insegnano la medesima verità. Nessuno sminuisce il contenuto della tradizione. Unica e identica è la fede. Perciò né il facondo può arricchirla, né il balbuziente impoverirla.”
giovedì 1 settembre 2016
Obice: La presenza pubblica dei cattolici è “bene comune”
“Il credente è minus habens perché incapace di interiorizzare autonomamente la scelta pro-democrazia e in grado di riconoscerla solo affidandosi all'autorità religiosa di riferimento... La democrazia è atea imprescindibilmente”. Sembrano le parole dell'imperatore Giuliano ma non è così. Sono state dette, anzi scritte, nell'ottobre del 2013, non nel 362 d.C., dal leader italiano del radicalchiccismo, nonché direttore di MicroMega, Paolo Flores d'Arcais. Fanno parte del saggio che scrisse per la collana Idolà della casa editrice Laterza, “La democrazia ha bisogno di Dio. Falso!”
L'autore così ha voluto sbattere la porta dell'impegno pubblico in faccia ai tanti per i quali, da Tocqueville in poi, la democrazia non sta in piedi senza Dio. I credenti secondo lui vanno isolati.
In questo decennio, specialmente, non è l'unico a pensare in questo modo, però, è colui che meglio di tutti gli altri rappresenta bene il fronte degli atei militanti e ideologici. Non a caso, sotto il suo stendardo marciano personaggi come Piergiorgio Odifreddi (ex seminarista), sempre pronto a dare del cretino ai cattolici, a incolparli di essere la causa dei mali della società. Sulla scia di Voltaire, tollerante per finta, anche perché verso gli ebrei era poco carino e sul commercio degli schiavi africani aveva costruito le sue grandi fortune. Forse un avo di Obama potrebbe essere stato venduto per arricchire il maitre à penser del suo mondo liberal. Troviamo pure Cecchi Paone e Luxuria, che incapaci di levarsi i paraocchi di un'ideologia radicale soffocante, accusano i cattolici di “oscurantismo” quando dicono una delle verità più universali e più certe (valida per credenti e non): i bambini nascono da una mamma e un papà, che amandosi si completano e aprono alla vita.
Riassumendo, i credenti, soprattutto i cattolici sarebbero dei deficienti, un problema per la democrazia, oscurantisti... Ma è proprio così? Niente di più falso.
Il mondo, soprattutto la parte europea, ha scoperto grazie al cristianesimo l’armonia e la collaborazione tra ragione e fede. Ed anche la considerazione delle opinioni altrui: come insegna San Tommaso, ricordato di recente dal domenicano p. Carbone in un'intervista per la NBQ, il cristiano deve dar prova di conoscere e prendere sul serio le tesi degli altri. Non le liquida mai scrivendo “è un’idiozia” (ndr cosa che amano fare Odifreddi e d'Arcais quando vogliono imbavagliare chi trovano antipatico: comportamento da bimbi, poco scientifico). Ma le studia, cerca in esse qualche elemento di verità e anche se sono opinioni erronee dimostra razionalmente dov’è l’errore. Questo perché è convinto che «Omne verum a quocumque dicatur a Spiritu Sancto est» cioè «Ogni verità, da chiunque sia stata detta, proviene dallo Spirito Santo; ed è anche convinto che se amo il bene della persona che mi sta accanto, dovrò impegnarmi a cercare con lei il vero e a fuggire il falso. Questa resta sempre un’opera di misericordia intellettuale.
Lungi da ciò si generano i mostri come la secolarizzazione della religione, la disumanizzazione della politica, dell'economia, dell'intera società, fino alla rivoluzione biopolitica, di cui il gender, prassi violenta, è uno degli aspetti; e si aggiungono ad essa l'eutanasia, l'aborto, il controllo delle nascite: biobusiness, grazie al quale la potentissima Planned Parenthood fa grossi affari, sì, vendendo organi di bimbi abortiti. Mostri che trovano sostegno nel M5S e nel PD, i due volti della stessa medaglia, il 'Partito radicale di massa'. Per ricordare del Noce. Appunto, oggi “La questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica” (Benedetto XVI Caritas in veritate, 75).
La lettura delnociana, unita a quella di Benedetto XVI e di altri autorevoli maestri, quali il già citato San Tommaso d'Aquino, San Tommaso Moro, l'Abate di Solesmes Prosper Guéranger, Chesterton, Leone XIII, padre McNabb, Hilaire Belloc, don Luigi Sturzo, Gustave Thibon, Giovannino Guareschi, don Baget Bozzo, Cornelio Fabro, Augusto del Noce, don Luigi Giussani, Card. Giacomo Biffi, Mons. Antonio Livi, Fabrice Hadjadj, Vittorio Possenti, permette di scoprire la bellezza e la ragionevolezza dell'impegno politico per il bene comune, di credenti e non. Una delle forme più alte della Carità (Populorum Progressio).
Perciò, nel seguire le loro strade, si scopre che il cristianesimo è un fatto, un incontro; l'Incarnazione. Rende felici non solo nell'altra vita ma anche in questa, con il centuplo quaggiù. Perfino Montesquieu lo riconosce in un denso capitolo del suo Esprit des Lois (24.3). Il cristianesimo abbraccia tutto, proprio perché il Cristo non ebbe ritegno alcuno nell'assumere natura umana: l'uomo e quanto lo riguarda (sia come individuo che come membro di una comunità, familiare, politica o ecclesiale) è come posto sotto l'amorevole cura di Dio, perché nulla che in esso si possa dare di buono corra il rischio di andare perduto. In questo modo, perfino il male può avere un senso e può essere compreso con intelligenza, fronteggiato con coraggio e al limite superato vittoriosamente.
È per questo che, posto a confronto con le esigenze della politica, il fatto cristiano è in grado di mostrare tutta la sua fecondità, perché è vita! Il modo in cui insegna San Tommaso, il cristiano è e deve essere un realista, perché è stato salvato a ben caro prezzo e perché il solo sminuire tale prezzo, sia pure in minima parte, sarebbe una colpa imperdonabile. Questa consapevolezza non mi ha mai fatto cedere a nessuna forma di pessimismo e di scelta religiosa: sarei diventato cieco, incapace di percepire la quantità di bene di cui è intessuta la vita del mondo e avrei corso il rischio di cedere all'accidia, a quella tentazione di inerzia che non è solo psicologica, ma ontologica, perché equivale a non riconoscere nella creazione l'impronta divina che la contraddistingue.
“La prima politica è vivere”, giacché la vita di ciascuno è come l'impegno pubblico: è fatto di scelte che richiedono il miglior bene, privato e comune. Dunque, il realismo cristiano è necessario al bene di una comunità. Altrimenti, non avremo avuto la famosa lettera “Spesse Volte” che Leone XIII scrisse il 5 agosto 1898, quando uno stato liberale accentrato sopprimeva la società civile e arrestava chi scendeva in piazza per chiedere solo il pane. Che tanto fece per liberare la società civile dai soprusi di una classe dirigente laicista e massonica. Assieme alla Rerum Novarum, fu capace di influenzare l'opera di Sturzo e di quei cattolici che a Camaldoli gettarono le basi per la ripresa dell'Italia, dopo il disastro della II Guerra Mondiale, e che ispirarono, con De Gasperi, l'dea di sussidiarietà all'Europa.
Quindi, la bellezza la bontà e la verità sono la forza della Tradizione bimillenaria della Chiesa. Che Ella mette a disposizione di tutti, indipendentemente dal credo di ciascuno.
I cattolici, soprattutto quelli tentati dalla scelta religiosa o da complessi di inferiorità per colpe inesistenti, devono ridestarsi con fierezza e farsi guidare da quella certezza. Una certezza che abbraccia la verità immutabile sull'uomo e sul mondo: è l'unica in grado di fondare su di una onesta conoscenza della realtà quella laicità che consente ai cristiani di essere operosi nel mondo, non per massimizzare i propri interessi confessionali, ma per realizzare il bene di tutti.
L'autore così ha voluto sbattere la porta dell'impegno pubblico in faccia ai tanti per i quali, da Tocqueville in poi, la democrazia non sta in piedi senza Dio. I credenti secondo lui vanno isolati.
In questo decennio, specialmente, non è l'unico a pensare in questo modo, però, è colui che meglio di tutti gli altri rappresenta bene il fronte degli atei militanti e ideologici. Non a caso, sotto il suo stendardo marciano personaggi come Piergiorgio Odifreddi (ex seminarista), sempre pronto a dare del cretino ai cattolici, a incolparli di essere la causa dei mali della società. Sulla scia di Voltaire, tollerante per finta, anche perché verso gli ebrei era poco carino e sul commercio degli schiavi africani aveva costruito le sue grandi fortune. Forse un avo di Obama potrebbe essere stato venduto per arricchire il maitre à penser del suo mondo liberal. Troviamo pure Cecchi Paone e Luxuria, che incapaci di levarsi i paraocchi di un'ideologia radicale soffocante, accusano i cattolici di “oscurantismo” quando dicono una delle verità più universali e più certe (valida per credenti e non): i bambini nascono da una mamma e un papà, che amandosi si completano e aprono alla vita.
Riassumendo, i credenti, soprattutto i cattolici sarebbero dei deficienti, un problema per la democrazia, oscurantisti... Ma è proprio così? Niente di più falso.
Il mondo, soprattutto la parte europea, ha scoperto grazie al cristianesimo l’armonia e la collaborazione tra ragione e fede. Ed anche la considerazione delle opinioni altrui: come insegna San Tommaso, ricordato di recente dal domenicano p. Carbone in un'intervista per la NBQ, il cristiano deve dar prova di conoscere e prendere sul serio le tesi degli altri. Non le liquida mai scrivendo “è un’idiozia” (ndr cosa che amano fare Odifreddi e d'Arcais quando vogliono imbavagliare chi trovano antipatico: comportamento da bimbi, poco scientifico). Ma le studia, cerca in esse qualche elemento di verità e anche se sono opinioni erronee dimostra razionalmente dov’è l’errore. Questo perché è convinto che «Omne verum a quocumque dicatur a Spiritu Sancto est» cioè «Ogni verità, da chiunque sia stata detta, proviene dallo Spirito Santo; ed è anche convinto che se amo il bene della persona che mi sta accanto, dovrò impegnarmi a cercare con lei il vero e a fuggire il falso. Questa resta sempre un’opera di misericordia intellettuale.
Lungi da ciò si generano i mostri come la secolarizzazione della religione, la disumanizzazione della politica, dell'economia, dell'intera società, fino alla rivoluzione biopolitica, di cui il gender, prassi violenta, è uno degli aspetti; e si aggiungono ad essa l'eutanasia, l'aborto, il controllo delle nascite: biobusiness, grazie al quale la potentissima Planned Parenthood fa grossi affari, sì, vendendo organi di bimbi abortiti. Mostri che trovano sostegno nel M5S e nel PD, i due volti della stessa medaglia, il 'Partito radicale di massa'. Per ricordare del Noce. Appunto, oggi “La questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica” (Benedetto XVI Caritas in veritate, 75).
La lettura delnociana, unita a quella di Benedetto XVI e di altri autorevoli maestri, quali il già citato San Tommaso d'Aquino, San Tommaso Moro, l'Abate di Solesmes Prosper Guéranger, Chesterton, Leone XIII, padre McNabb, Hilaire Belloc, don Luigi Sturzo, Gustave Thibon, Giovannino Guareschi, don Baget Bozzo, Cornelio Fabro, Augusto del Noce, don Luigi Giussani, Card. Giacomo Biffi, Mons. Antonio Livi, Fabrice Hadjadj, Vittorio Possenti, permette di scoprire la bellezza e la ragionevolezza dell'impegno politico per il bene comune, di credenti e non. Una delle forme più alte della Carità (Populorum Progressio).
Perciò, nel seguire le loro strade, si scopre che il cristianesimo è un fatto, un incontro; l'Incarnazione. Rende felici non solo nell'altra vita ma anche in questa, con il centuplo quaggiù. Perfino Montesquieu lo riconosce in un denso capitolo del suo Esprit des Lois (24.3). Il cristianesimo abbraccia tutto, proprio perché il Cristo non ebbe ritegno alcuno nell'assumere natura umana: l'uomo e quanto lo riguarda (sia come individuo che come membro di una comunità, familiare, politica o ecclesiale) è come posto sotto l'amorevole cura di Dio, perché nulla che in esso si possa dare di buono corra il rischio di andare perduto. In questo modo, perfino il male può avere un senso e può essere compreso con intelligenza, fronteggiato con coraggio e al limite superato vittoriosamente.
È per questo che, posto a confronto con le esigenze della politica, il fatto cristiano è in grado di mostrare tutta la sua fecondità, perché è vita! Il modo in cui insegna San Tommaso, il cristiano è e deve essere un realista, perché è stato salvato a ben caro prezzo e perché il solo sminuire tale prezzo, sia pure in minima parte, sarebbe una colpa imperdonabile. Questa consapevolezza non mi ha mai fatto cedere a nessuna forma di pessimismo e di scelta religiosa: sarei diventato cieco, incapace di percepire la quantità di bene di cui è intessuta la vita del mondo e avrei corso il rischio di cedere all'accidia, a quella tentazione di inerzia che non è solo psicologica, ma ontologica, perché equivale a non riconoscere nella creazione l'impronta divina che la contraddistingue.
“La prima politica è vivere”, giacché la vita di ciascuno è come l'impegno pubblico: è fatto di scelte che richiedono il miglior bene, privato e comune. Dunque, il realismo cristiano è necessario al bene di una comunità. Altrimenti, non avremo avuto la famosa lettera “Spesse Volte” che Leone XIII scrisse il 5 agosto 1898, quando uno stato liberale accentrato sopprimeva la società civile e arrestava chi scendeva in piazza per chiedere solo il pane. Che tanto fece per liberare la società civile dai soprusi di una classe dirigente laicista e massonica. Assieme alla Rerum Novarum, fu capace di influenzare l'opera di Sturzo e di quei cattolici che a Camaldoli gettarono le basi per la ripresa dell'Italia, dopo il disastro della II Guerra Mondiale, e che ispirarono, con De Gasperi, l'dea di sussidiarietà all'Europa.
Quindi, la bellezza la bontà e la verità sono la forza della Tradizione bimillenaria della Chiesa. Che Ella mette a disposizione di tutti, indipendentemente dal credo di ciascuno.
I cattolici, soprattutto quelli tentati dalla scelta religiosa o da complessi di inferiorità per colpe inesistenti, devono ridestarsi con fierezza e farsi guidare da quella certezza. Una certezza che abbraccia la verità immutabile sull'uomo e sul mondo: è l'unica in grado di fondare su di una onesta conoscenza della realtà quella laicità che consente ai cristiani di essere operosi nel mondo, non per massimizzare i propri interessi confessionali, ma per realizzare il bene di tutti.
mercoledì 31 agosto 2016
lunedì 29 agosto 2016
Cinematografo dell'alpino: La Rabbia - Pier Paolo Pasolini
Iniziamo con il docufilm La Rabbia, opera "profetica" che il grande Giovannino Guareschi realizzò con un altro cercatore della verità contro ogni ipocrisia, moralismo e menzogna del pensiero unico totalitario: Pier Paolo Pasolini.
Profetici giacché le sfide all'umano intraviste, affrontate e giudicate da entrambi si sono avverate. Ma, tranquilli, è lo stesso Guareschi a rasserenare e ricordare a noi perché occorre "sperare contro ogni speranza":
«È su questo pianeta che il Figlio di Dio ha voluto nascere, soffrire e morire come uomo». Per questo «bisogna cercare qui, e non sulla Luna, la soluzione ai nostri problemi. Perché nonostante Mao, Khruschev e gli altri guai vale ancora la pena di vivere su questo pianeta [...] e in noi è più forte la speranza che la paura».