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sabato 23 aprile 2016
venerdì 22 aprile 2016
Radio Monte Grappa: Unioni Civili/Gandolfini: legge va in aula senza mai essere stata dibattuta, Mattarella ne tenga conto
“L’esame del testo sulle Unioni Civili si è rivelato una farsa anche in Commissione Giustizia alla Camera, dove il Partito democratico ha negato ogni reale possibilità di confronto. A quanto sia apprende il ddl approderà in aula a metà maggio e il governo sarebbe intenzionato a porre la questione di fiducia anche a Montecitorio per impedire definitivamente ogni possibilità di confronto democratico”. Così il presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli promotore dei due Family day di giugno e gennaio scorsi.
“C’è il rischio sempre più concreto quindi che si arrivi al varo definitivo di questa legge, che è in grado di cambiare la stessa antropologia umana, attraverso la violazione di tutte le prerogative del dibattito parlamentare. A maggior ragione - ha detto ancora Gandolfini - si richiede con forza un’attenta valutazione delle palesi violazioni delle procedure parlamentari e dei profili di incostituzionalità del testo da parte del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale”.
“Faccio appello inoltre alla coscienza di tutti quei deputati e quelle deputate che chiedono con forza moratorie internazionali contro la barbara pratica dell’utero in affitto ma allo stesso tempo si dicono pronti a votare una legge che, senza le dovute modifiche, apre di fatto la strada alla legittimazione delle programmazione consapevole di bambini orfani di padre o di madre”. Conclude il presidente del Comitato promotore del Family day.
Roma, 21 aprile 2016
giovedì 21 aprile 2016
Come eravamo: Francesco e il feroce saladino
Proponiamo il racconto del dialogo tra san Francesco e il Sultano. Abbiamo scelto come fonte la Leggenda Maggiore di san Bonaventura da Bagnoregio, nell’edizione “Fonti Francescane” (Messaggero, Padova 1990). Probabilmente san Francesco arrivò dal sultano Melek-el-Kamel nella tregua d’armi tra la fine d’agosto e la fine di settembre del 1219. (ndr. Tracce N. 2, Febbraio 2002)
La figura di san Francesco è stata spesso indicata da un certo pacifismo, anche cattolico, come il simbolo della pace. Ma è stato fatto in modo equivoco. La forza di Francesco, infatti, sarebbe il suo spogliarsi di tutto per predicare un generico vangelo dell’amore e della pace, che non avrebbe pretesa di portare l’annuncio della verità che salva e che proprio per questo sarebbe il modello per il dialogo tra popoli e religioni.
Ben diverso è il san Francesco del quale ha parlato Giovanni Paolo II ad Assisi il 24 gennaio scorso, e che emerge anche da questo racconto, un uomo che proprio la certezza della fede ricevuta porta a sfidare il feroce Saladino, fino a ingiungergli di convertirsi al cristianesimo se vuole avere salva l’anima. «Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità. E predicò al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: “Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire”». Un coraggio della verità che fa di san Francesco un esempio, alla maniera di Giovanni Paolo II, che come vicario di Cristo - e col coraggio disarmato che deriva in lui solo dalla fede - ha invitato i rappresentanti delle religioni del mondo ad Assisi.
A tredici anni dalla sua conversione, partì verso le regioni della Siria, affrontando coraggiosamente molti pericoli, alfine di potersi presentare al cospetto del Soldano di Babilonia.
Fra i cristiani e i saraceni era in corso una guerra implacabile: i due eserciti si trovavano accampati vicinissimi, l’uno di fronte all’altro, separati da una striscia di terra, che non si poteva attraversare senza pericolo di morte. Il Soldano aveva emanato un editto crudele: chiunque portasse la testa di un cristiano, avrebbe ricevuto il compenso di un bisante d’oro. Ma Francesco, l’intrepido soldato di Cristo, animato dalla speranza di poter realizzare presto il suo sogno, decise di tentare l’impresa, non atterrito dalla paura della morte, ma, anzi, desideroso di affrontarla.
Confortandosi nel Signore (1Sam 30,6), pregava fiducioso e ripeteva cantando quella parola del profeta: infatti anche se dovessi camminare in mezzo all’ombra di morte, non temerò alcun male, perché tu sei con me (Sal 22,4).
Partì, dunque, prendendo con sé un compagno, che si chiamava Illuminato ed era davvero illuminato e virtuoso.
Appena si furono avviati, incontrarono due pecorelle, il Santo si rallegrò e disse al compagno: «Abbi fiducia nel Signore (Sir 11,22), fratello, perché si sta realizzando in noi quella parola del Vangelo: “Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”».
Avanzarono ancora e si imbatterono nelle sentinelle saracene, che, slanciandosi come lupi contro le pecore, catturarono i servi di Dio e, minacciandoli di morte, crudelmente e sprezzantemente li maltrattarono, li coprirono d’ingiurie e di percosse e li incatenarono. Finalmente, dopo averli malmenati in mille modi e calpestati, per disposizione della divina provvidenza, li portarono dal Sultano, come l’uomo di Dio voleva. Quel principe incominciò a indagare da chi, e a quale scopo e a quale titolo erano stati inviati e in che modo erano giunti fin là.
Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità.
E predicò al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: «Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire» (Lc 21,15).
Anche il Soldano, infatti, vedendo l’ammirevole fervore di spirito e la virtù dell’uomo di Dio, lo ascoltò volentieri e lo pregava vivamente di restare presso di lui. Ma il servo di Cristo, illuminato da un oracolo del cielo, gli disse: «Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, dà ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa». Ma il Soldano, a lui: «Non credo che qualcuno dei miei sacerdoti abbia voglia di esporsi al fuoco o di affrontare la tortura per difendere la sua fede» (egli si era visto, infatti, scomparire immediatamente sotto gli occhi, uno dei suoi sacerdoti, famoso e d’età avanzata, appena udite le parole della sfida).
E il Santo a lui: «Se mi vuoi promettere, a nome tuo e a nome del tuo popolo, che passerete alla religione di Cristo, qualora io esca illeso dal fuoco, entrerò nel fuoco da solo. Se verrò bruciato, ciò venga imputato ai miei peccati; se, invece, la potenza divina mi farà uscire sano e salvo, riconoscerete Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio, come il vero Dio e signore, salvatore di tutti» (1Cor 1,24; Gv 17,3 e 4,42).
Ma il Soldano gli rispose che non osava accettare questa sfida, per timore di una sedizione popolare. Tuttavia gli offrì molti doni preziosi; ma l’uomo di Dio, avido non di cose mondane ma della salvezza delle anime, li disprezzò tutti come fango.
Vedendo quanto perfettamente il Santo disprezzasse le cose del mondo, il Soldano ne fu ammirato e concepì verso di lui devozione ancora maggiore. E, benché non volesse passare alla fede cristiana, o forse non osasse, pure pregò devotamente il servo di Cristo di accettare quei doni per distribuirli ai cristiani poveri e alle chiese, a salvezza dell’anima sua. Ma il Santo, poiché voleva restare libero dal peso del denaro e poiché non vedeva nell’animo del Soldano la radice della vera pietà, non volle assolutamente accondiscendere.
Vedendo, inoltre, che non faceva progressi nella conversione di quella gente e che non poteva realizzare il suo sogno, preammonito da una rivelazione divina, ritornò nei paesi cristiani.
Ben diverso è il san Francesco del quale ha parlato Giovanni Paolo II ad Assisi il 24 gennaio scorso, e che emerge anche da questo racconto, un uomo che proprio la certezza della fede ricevuta porta a sfidare il feroce Saladino, fino a ingiungergli di convertirsi al cristianesimo se vuole avere salva l’anima. «Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità. E predicò al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: “Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire”». Un coraggio della verità che fa di san Francesco un esempio, alla maniera di Giovanni Paolo II, che come vicario di Cristo - e col coraggio disarmato che deriva in lui solo dalla fede - ha invitato i rappresentanti delle religioni del mondo ad Assisi.
A tredici anni dalla sua conversione, partì verso le regioni della Siria, affrontando coraggiosamente molti pericoli, alfine di potersi presentare al cospetto del Soldano di Babilonia.
Fra i cristiani e i saraceni era in corso una guerra implacabile: i due eserciti si trovavano accampati vicinissimi, l’uno di fronte all’altro, separati da una striscia di terra, che non si poteva attraversare senza pericolo di morte. Il Soldano aveva emanato un editto crudele: chiunque portasse la testa di un cristiano, avrebbe ricevuto il compenso di un bisante d’oro. Ma Francesco, l’intrepido soldato di Cristo, animato dalla speranza di poter realizzare presto il suo sogno, decise di tentare l’impresa, non atterrito dalla paura della morte, ma, anzi, desideroso di affrontarla.
Confortandosi nel Signore (1Sam 30,6), pregava fiducioso e ripeteva cantando quella parola del profeta: infatti anche se dovessi camminare in mezzo all’ombra di morte, non temerò alcun male, perché tu sei con me (Sal 22,4).
Partì, dunque, prendendo con sé un compagno, che si chiamava Illuminato ed era davvero illuminato e virtuoso.
Appena si furono avviati, incontrarono due pecorelle, il Santo si rallegrò e disse al compagno: «Abbi fiducia nel Signore (Sir 11,22), fratello, perché si sta realizzando in noi quella parola del Vangelo: “Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”».
Avanzarono ancora e si imbatterono nelle sentinelle saracene, che, slanciandosi come lupi contro le pecore, catturarono i servi di Dio e, minacciandoli di morte, crudelmente e sprezzantemente li maltrattarono, li coprirono d’ingiurie e di percosse e li incatenarono. Finalmente, dopo averli malmenati in mille modi e calpestati, per disposizione della divina provvidenza, li portarono dal Sultano, come l’uomo di Dio voleva. Quel principe incominciò a indagare da chi, e a quale scopo e a quale titolo erano stati inviati e in che modo erano giunti fin là.
Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità.
E predicò al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: «Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire» (Lc 21,15).
Anche il Soldano, infatti, vedendo l’ammirevole fervore di spirito e la virtù dell’uomo di Dio, lo ascoltò volentieri e lo pregava vivamente di restare presso di lui. Ma il servo di Cristo, illuminato da un oracolo del cielo, gli disse: «Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, dà ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa». Ma il Soldano, a lui: «Non credo che qualcuno dei miei sacerdoti abbia voglia di esporsi al fuoco o di affrontare la tortura per difendere la sua fede» (egli si era visto, infatti, scomparire immediatamente sotto gli occhi, uno dei suoi sacerdoti, famoso e d’età avanzata, appena udite le parole della sfida).
E il Santo a lui: «Se mi vuoi promettere, a nome tuo e a nome del tuo popolo, che passerete alla religione di Cristo, qualora io esca illeso dal fuoco, entrerò nel fuoco da solo. Se verrò bruciato, ciò venga imputato ai miei peccati; se, invece, la potenza divina mi farà uscire sano e salvo, riconoscerete Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio, come il vero Dio e signore, salvatore di tutti» (1Cor 1,24; Gv 17,3 e 4,42).
Ma il Soldano gli rispose che non osava accettare questa sfida, per timore di una sedizione popolare. Tuttavia gli offrì molti doni preziosi; ma l’uomo di Dio, avido non di cose mondane ma della salvezza delle anime, li disprezzò tutti come fango.
Vedendo quanto perfettamente il Santo disprezzasse le cose del mondo, il Soldano ne fu ammirato e concepì verso di lui devozione ancora maggiore. E, benché non volesse passare alla fede cristiana, o forse non osasse, pure pregò devotamente il servo di Cristo di accettare quei doni per distribuirli ai cristiani poveri e alle chiese, a salvezza dell’anima sua. Ma il Santo, poiché voleva restare libero dal peso del denaro e poiché non vedeva nell’animo del Soldano la radice della vera pietà, non volle assolutamente accondiscendere.
Vedendo, inoltre, che non faceva progressi nella conversione di quella gente e che non poteva realizzare il suo sogno, preammonito da una rivelazione divina, ritornò nei paesi cristiani.
mercoledì 20 aprile 2016
martedì 19 aprile 2016
Lettera dal fronte: Ai Rappresentanti CP di Perugia
Diamo spazio ad alcuni amici che hanno sentito l'esigenza di esprimere pubblicamente un giudizio dato, partendo dalla presenza di domande legittime, sull'importante e spinosa vicenda del doppio libretto.
Pubblichiamo la loro mail con il desiderio di favorire un dialogo capace di andare al cuore delle questioni e di aiutare tutti a rendere questo un metodo applicabile ad ogni circostanza.
Carissimi colleghi e amici,
abbiamo saputo che dopo il caso eclatante di Firenze, seguito da Padova, Bologna, Torino, e da alcune università qui a Milano, anche a Perugia sta arrivando la discussione dei doppi libretti, portata avanti da UDU e dalle liste affini.
Si è molto discusso tra noi studenti, al Politecnico di Milano, rispetto a quanto successo a Firenze, partendo dall'articolo di Tracce di Settembre. Per questo state leggendo questa mail, che è più una preghiera affinché vi opponiate fino in fondo a quella che Papa Francesco definì "colonizzazione ideologica".
Il vostro ruolo, come rappresentanti degli studenti, è innanzitutto quello di lavorare al fine di rendere l'università un luogo di vera crescita, di vera educazione della persona; per fare questo occorre partire da ciò che c'è al fondo della vostra (nostra) esperienza di persone, un fondamento che va oltre l'essere rappresentanti o studenti. Questo fondamento è ciò che accomuna i Cattolici Popolari, cioè l'esperienza viva e vissuta del cattolicesimo. Per cosa siete entrati nei CP se non per il desiderio (che è bisogno umano) di condividere l'esperienza cattolica (e ciò che essa genera) con tutti? Se non per il portare il vostro contributo, nato da un'esperienza di fede, anche nella politica universitaria?
Per questo quindi scriviamo questa mail: per chiedervi di proseguire questo contributo davanti alle sfide più rischiose che la vita ci mette man mano davanti. Nel merito, la questione spinosa oggi è l'ideologia del genere, che sta cercando di infiltrarsi ovunque e di sradicare le persone da ciò che esse sono e da come Dio le ha volute. Sta diventando una vera e propria battaglia quella in cui ci troviamo come cattolici dalla parte apparentemente più debole, attaccati da tutti e abbandonati dai nostri.
Per questo vi chiediamo di opporvi con ogni mezzo a quello che vi sta investendo. Siate magari sconfitti ma non conniventi, perdenti ma non arresi. Questo vi chiediamo: rappresentate ciò che siamo e ciò che siete, rappresentate la Verità che è scritta nella vostra vita.
Con affetto, supporto e fiducia
Alcuni studenti del CLU del Politecnico di Milano
Pubblichiamo la loro mail con il desiderio di favorire un dialogo capace di andare al cuore delle questioni e di aiutare tutti a rendere questo un metodo applicabile ad ogni circostanza.
Carissimi colleghi e amici,
abbiamo saputo che dopo il caso eclatante di Firenze, seguito da Padova, Bologna, Torino, e da alcune università qui a Milano, anche a Perugia sta arrivando la discussione dei doppi libretti, portata avanti da UDU e dalle liste affini.
Si è molto discusso tra noi studenti, al Politecnico di Milano, rispetto a quanto successo a Firenze, partendo dall'articolo di Tracce di Settembre. Per questo state leggendo questa mail, che è più una preghiera affinché vi opponiate fino in fondo a quella che Papa Francesco definì "colonizzazione ideologica".
Il vostro ruolo, come rappresentanti degli studenti, è innanzitutto quello di lavorare al fine di rendere l'università un luogo di vera crescita, di vera educazione della persona; per fare questo occorre partire da ciò che c'è al fondo della vostra (nostra) esperienza di persone, un fondamento che va oltre l'essere rappresentanti o studenti. Questo fondamento è ciò che accomuna i Cattolici Popolari, cioè l'esperienza viva e vissuta del cattolicesimo. Per cosa siete entrati nei CP se non per il desiderio (che è bisogno umano) di condividere l'esperienza cattolica (e ciò che essa genera) con tutti? Se non per il portare il vostro contributo, nato da un'esperienza di fede, anche nella politica universitaria?
Per questo quindi scriviamo questa mail: per chiedervi di proseguire questo contributo davanti alle sfide più rischiose che la vita ci mette man mano davanti. Nel merito, la questione spinosa oggi è l'ideologia del genere, che sta cercando di infiltrarsi ovunque e di sradicare le persone da ciò che esse sono e da come Dio le ha volute. Sta diventando una vera e propria battaglia quella in cui ci troviamo come cattolici dalla parte apparentemente più debole, attaccati da tutti e abbandonati dai nostri.
Siamo chiamati a non arrenderci, a continuare a dire il nostro "NO" forte e chiaro, fossimo anche gli ultimi sulla Terra. Perché davanti ad un nulla di valori, ad un nulla di certezze, ad una incapacità di giudizio, per cui tutto diventa relativo, noi, e solo noi, abbiamo da mostrare una verità, una certezza e un giudizio chiaro, perché o siamo certi di ciò che siamo, del fatto che la realtà è data e positiva per noi perché siamo stati voluti in questo modo e in queste circostanze per uno scopo, oppure non abbiamo davvero nulla da proporre, nulla su cui basare un giudizio, non possiamo essere in nessun modo un bene per l'altro.
La nostra rappresentanza deve partire dal fatto che la nostra fede non parte da un'ideologia o da un'utopia, ma parte da una realtà innanzitutto storica, che è quanto narrato nel Vangelo, e prosegue in una realtà presente (la presenza terrena di Cristo nella Chiesa), di cui noi facciamo esperienza tangibile. Da questo e solo da questo può nascere una proposta vera, che supera i progetti umani (utopie) e che, con tutta l'irruenza della verità e della realtà, sradica la menzogna da noi innanzitutto in modo che noi a nostra volta possiamo aiutare gli altri.
Quindi che fare?
Votare SI vuol dire arrendersi al pensiero dominante, vuol dire ammettere di non avere una proposta più grande e più vera del relativismo.
Astenersi vuol dire mostrare la paura di essere giudicati; nulla di più terribile, una paura che ci annulla nel non scegliere.
Votare NO vuol dire affermare il bene che ciascuna persona è in quanto tale, in quanto voluta. Vuol dire essere disposti a rimanere soli tra gli uomini ma in comunione con Dio, vuol dire avere il coraggio e la forza di affermare che la nostra verità non è un'utopia, un progetto, un'idea, ma è La Verità, che non può essere messa in discussione non perché è ideologia ma perché essa stessa si è rivelata da più di 2000 anni, non può essere messa in discussione in quanto unica vera e possibile risposta in grado di compiere il desiderio di bene che ogni uomo è. Votare No, opporsi a questa proposta, non vuol dire eliminare il dialogo, ma avere un contributo da dare in questo dialogo: è dire "ho incontrato qualcosa di così vero e così corrispondente alla mia umanità che non posso non annunciarvelo, non posso permettere che vi addormentiate con questo placebo, vi voglio talmente bene che sono disposto a che mi isoliate, mi denigriate, pur di dirvi che quello che ho incontrato è un bene anche per voi".
Votare SI vuol dire arrendersi al pensiero dominante, vuol dire ammettere di non avere una proposta più grande e più vera del relativismo.
Astenersi vuol dire mostrare la paura di essere giudicati; nulla di più terribile, una paura che ci annulla nel non scegliere.
Votare NO vuol dire affermare il bene che ciascuna persona è in quanto tale, in quanto voluta. Vuol dire essere disposti a rimanere soli tra gli uomini ma in comunione con Dio, vuol dire avere il coraggio e la forza di affermare che la nostra verità non è un'utopia, un progetto, un'idea, ma è La Verità, che non può essere messa in discussione non perché è ideologia ma perché essa stessa si è rivelata da più di 2000 anni, non può essere messa in discussione in quanto unica vera e possibile risposta in grado di compiere il desiderio di bene che ogni uomo è. Votare No, opporsi a questa proposta, non vuol dire eliminare il dialogo, ma avere un contributo da dare in questo dialogo: è dire "ho incontrato qualcosa di così vero e così corrispondente alla mia umanità che non posso non annunciarvelo, non posso permettere che vi addormentiate con questo placebo, vi voglio talmente bene che sono disposto a che mi isoliate, mi denigriate, pur di dirvi che quello che ho incontrato è un bene anche per voi".
Non facciamoci imbrogliare dalla retorica che sta investendo la società, dall'apparente soddisfazione di un apparente desiderio, dall'apparente innocuità di questa scelta. I CP sono rappresentanti innanzitutto di un bene incontrato e riconosciuto da chi li ha eletti; sono responsabili di portare questo. Non ci interessa il compromesso, non siamo al mondo per evitare il meno peggio o evitare lo scontro. Siamo al mondo per testimoniare, e se qualcuno ci attacca non lo lasciamo passare, offriamo l'altra guancia ma restando dritti e fermi.
Per questo vi chiediamo di opporvi con ogni mezzo a quello che vi sta investendo. Siate magari sconfitti ma non conniventi, perdenti ma non arresi. Questo vi chiediamo: rappresentate ciò che siamo e ciò che siete, rappresentate la Verità che è scritta nella vostra vita.
Con affetto, supporto e fiducia
Alcuni studenti del CLU del Politecnico di Milano
lunedì 18 aprile 2016
Radio Monte Grappa: Unioni Civili/Gandolfini: Renzi vuole chiudere al confronto anche alla Camera
“Il Presidente del Consiglio, augurando la rapidissima approvazione alla Camera del
ddl sulle Unioni Civili, ha auspicato anche sedute notturne in Commissione Giustizia
per accelerare i tempi. Già si profila quindi un nuovo voto di fiducia anche a
Montecitorio, reiterando la strategia di chiudere la bocca al confronto democratico.
Diviene sempre più intollerabile l’atteggiamento di protervia e arroganza del Governo,
di fronte ad un tema di enorme coinvolgimento sociale”. Lo dichiara Massimo
Gandolfini, presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli promotore dei Family day
del gennaio e giugno scorsi.
“La giustificazione adottata della necessità di riconoscere alle unioni civili diritti essenziali è falsa e destituita di ogni fondamento – prosegue Gandolfini - Il vigente Codice Civile già riconosce diritti civili di convivenza e di mutuo soccorso, senza ricorrere a derive di simil-matrimonio pericolosissime per i bambini”.
“La coraggiosa battaglia dei ‘Parlamentari per la Famiglia’ si scontra con il muro ideologico di chi ha già deciso di non ascoltare le istanze del popolo italiano, espresse in Piazza S. Giovanni ed al Circo Massimo, scegliendo di servire rivendicazioni lobbistiche che aprono la strada a pratiche che offendono il diritto dei bimbi di avere una madre ed un padre. È in atto una vera strategia di impoverimento morale della società: dopo le unioni civili, sono già alle porte l’eutanasia, la liberalizzazione delle droghe, il divorzio express … Ce ne ricorderemo!”, conclude Massimo Gandolfini.
Roma, 18 aprile 2016
“La giustificazione adottata della necessità di riconoscere alle unioni civili diritti essenziali è falsa e destituita di ogni fondamento – prosegue Gandolfini - Il vigente Codice Civile già riconosce diritti civili di convivenza e di mutuo soccorso, senza ricorrere a derive di simil-matrimonio pericolosissime per i bambini”.
“La coraggiosa battaglia dei ‘Parlamentari per la Famiglia’ si scontra con il muro ideologico di chi ha già deciso di non ascoltare le istanze del popolo italiano, espresse in Piazza S. Giovanni ed al Circo Massimo, scegliendo di servire rivendicazioni lobbistiche che aprono la strada a pratiche che offendono il diritto dei bimbi di avere una madre ed un padre. È in atto una vera strategia di impoverimento morale della società: dopo le unioni civili, sono già alle porte l’eutanasia, la liberalizzazione delle droghe, il divorzio express … Ce ne ricorderemo!”, conclude Massimo Gandolfini.
Roma, 18 aprile 2016
Comitato Difendiamo i Nostri figli
domenica 17 aprile 2016
Obice: Il respiro della coscienza
Pensando a ciò che ha condiviso Fabio e alla nostra intervista a Waters credo che sia utile rileggere una delle parti più significative del discorso di Solzenicyn all'universota di Harvard nel 1978. Oltre a confermare la veridicità dei giudizi di don Giussani ieri e di Waters oggi, rende evidente i pericoli che abbiamo di fronte e l'importanza di guide autorevoli.
«Anche senza bisogno della censura, in Occidente viene operata una puntigliosa selezione che separa le idee alla moda da quelle che non lo sono, e benché queste ultime non vengano colpite da alcun esplicito divieto, non hanno la possibilità di esprimersi veramente né nella stampa periodica, né in un libro, né da una cattedra universitaria. Lo spirito dei vostri ricercatori è sì libero, giuridicamente, ma in realtà impedito dagli idoli del pensiero alla moda. Senza che ci sia, come all’Est, un’aperta violenza, questa selezione operata dalla moda, questa necessità di conformare ogni cosa a dei modelli standardizzati, impediscono ai pensatori più originali e indipendenti di dare il loro contributo alla vita pubblica e determinano il manifestarsi di un pericoloso spirito gregario che è di ostacolo a qualsiasi sviluppo degno di questo nome».
Il respiro della coscienza. Saggi e interventi sulla vera libertà 1967-1974, Jaca Book, 2015.